domenica 26 aprile 2015

HIN UND ZURÜCK *

Come sopra un tapis roulant.  Luca si era subito accorto di muoversi velocemente senza dover mettere i piedi uno avanti all'altro. Adesso, dopo un po' che si spostava col suo angelo accanto, si accorse di stare su un viottolo illuminato che scorreva in avanti. A fianco del suo, sia a destra che a sinistra, altri viottoli luminosi come il suo andavano nella stessa direzione, sopra ognuno di essi un uomo o una donna affiancati da un angelo. Quello che vide lo incuriosì perché gli altri angeli accompagnatori avevano tutti le ali, solamente il suo ne era privo.
-Non sono balle che mi hanno raccontato da piccolo, gli disse Luca. Guardali i tuoi amici: hanno tutti le ali. Sei speciale tu?
Gli sembrò per un attimo che il suo angelo indugiasse per cercare una risposta, poi gli vide abbassare la testa.
-In un certo senso sono speciale. Sono forse l'unico ad essere stato punito per avere impedito al destino di compiere la sua opera. Ci ho rimesso le ali e buona parte della mia reputazione.
-Non vuoi raccontarmi come sia andata?
-È successo non tanto tempo fa, a Berlino durante l'ultima guerra. Io badavo ad un giovane musicista molto dotato. Mi ero innamorato della sua musica e volevo salvarlo da quel disastro. Una notte sentii che stavano arrivando bombardieri inglesi e mi misi all'erta. Percepii che una bomba stava arrivando proprio sopra la casa del mio custodito e che lo avrebbe ucciso, perché quello era il suo destino, che io conoscevo. Ma non potevo lasciarlo morire così, non volevo. Pertanto volai verso la bomba inglese, l'afferrai, mi ci misi a cavalcioni e ne deviai il percorso mandandola ad esplodere lontano dalla casa del mio protetto. Lui si salvò ma io fui immediatamente degradato ad angelo di seconda schiera e mi furono tolte le ali. Un paio di mesi dopo dovetti assistere senza poter fare nulla all'uccisione del mio musicista, perché la sua sorte si compisse. Gli sparò in fronte un russo di diciotto anni morto di paura.
-Non riavrai mai più indietro le tue ali?
-Non lo so. Forse. Ma dovrò assistere a tanti altri come te prima che questo avvenga e non dovrò mai fare errori, mai immischiarmi in cose più grandi di me.
Per un po' Luca rimase in silenzio, ma non troppo.
-Puoi dirmi come ti chiami?
-Miricriz.
-Era il mio destino farmi ammazzare a carnevale, Miricriz?
-Non so dirti. Qualcosa o qualcuno mi ha impedito di intervenire in tempo. Te l'ho detto che sono arrivato troppo tardi, ma certamente quello era il tuo destino. Qualcuno deve aver pensato che volessi ripetere l'impresa di Berlino e mi ha impedito di starti accanto.
Luca si era accorto che qualcosa stava cambiando: le corsie di quell'immensa autostrada erano ormai talmente vicine che praticamente si toccavano congiungedosi in un'unica enorme corsia, ma ognuno degli occupanti manteneva un suo percorso autonomo. Qualcosa però stava cambiando nell'atmosfera intorno a loro. La luce. La luce stava cambiando, non diminuiva di intensità ma cambiava di colore. Luca lo confrontò immediatamente volgendosi indietro a guardare la strada che avevano percorso: quella era intensamente illuminata di luce chiarissima, mentre davanti a sé vedeva una luce buia, una luce scura sul viola che scuriva man mano che si inoltravano dentro di essa.
-Non devi voltarti indietro, gli disse Miricriz, vedi farlo agli altri?
In effetti adesso che glielo aveva chiesto si accorgeva che tutti fissavano col volto teso verso l'alto un punto indeterminato davanti a loro. Ma lui non riusciva a starsene immobile col muso proteso in avanti. Era più forte di lui e continuamente si girava di qua, di là e soprattutto indietro ad osservare la strada percorsa, a guardare gli altri, insomma ad avere qualcosa da fare come se fosse l'unico cui importasse sapere mentre gli altri accettavano tutto.
Più tempo passava più il quadro complessivo cambiava. Non solamente la luce, che adesso virava su uno scuro marrone brillante, ma anche le genti che popolavano la scena. Mentre all'inizio vestivano ognuno i propri abiti, colorati e diversi, adesso Luca vide che tutti avevano indossato una specie di camicione che si infilava in basso in due capaci stivali. Tutto andava sul marrone brillante che si faceva sempre più scuro, sempre più uniforme. Non tutti però avevano vestito il camicione e indossato gli stivali. Luca si accorse con rabbia che lui era rimasto vestito come era quando gli avevano sparato, solo che la diagonale del sottotenente dei carabinieri era bianca e non nera e brillava nel suo chiarore, unica lì in mezzo. Perché solo io, pensò. Ma non chiese niente a Miricriz, che gli sembrava molto turbato.
E gli altri incamiciati e stivalati si erano messi a marciare, rigidi come soldati, uomini e donne, ragazzi e vecchi, tutti marciavano a petto in fuori con lunghi passi marziali. Solamente lui continuava a starsene fermo sul tapis roulant, che si muoveva al posto suo.
-Che cosa sta succedendo, Miricriz?
-Non lo so, ma ho un brutto presentimento. Voltati e dimmi cosa vedi dietro di te.
Adesso gli diceva di voltarsi, vallo a capire. Lo fece però immediatamente, anche perché era esattamente quello che desiderava fare.
-Vedo una cosa strana, Miricriz.
-Cosa?
-Soltanto la mia corsia è illuminata chiara come era all'inizio, le altre sono tutte scure davanti e dietro chi ci cammina dentro. Sai cosa significa?
-Non mi è mai successo prima d'ora ma comincio a capire.
-Dimmi cosa cominci a capire, Miricriz.
Ma il suo angelo gli afferrò un braccio e gli fece cenno di tacere. Anche questa era nuova.
Luca vide che qualcuno si stava avvicinando davanti a loro.
Un angelo enorme, a gambe divaricate sul percorso.
-Fermi, intimò.
Si fermarono e Luca vide che Miricriz si era inginocchiato immediatamente.
-Lui non è ancora pronto, disse il grande angelo. Riportalo indietro.
Nemmeno il tempo di fare una riflessione e già vide che il tapis roulant aveva cambiato direzione tornando a velocità vertiginosa sul percorso già effettuato. Di nuovo la luce chiara si impossessava del tutto, mentre erano spariti improvvisamente tutti gli altri compagni di viaggio.
-Stammi bene a sentire, gli disse Miricriz. Non ho molto tempo, per cui ascolta e non fare domande. Quando ti lascerò tu dimenticherai tutto quello che hai visto. Dimenticherai me, la strada fatta e tutto il resto. Un giorno ci rincontreremo, quando sarà compiuto il tuo destino.


Un lampo giallo, poi qualcosa di verde chiaro. Odori. Di qualche cosa che pungeva dentro le narici. Rumori. Attutiti, ma rumori di qualcosa che si spostava, oppure era qualcuno che camminava adagio. Di nuovo un lampo giallo. Poi il verdino, poi il quadrante di un orologio a muro. Il fastidio ad una gamba, il braccio faceva anche un po' male.
-Si è mosso.
Qualcuno aveva parlato. Qualcuno si avvicina. Il volto di una donna vestita di azzurro chiaro con una mascherina davanti, si vedono soltanto gli occhi. Qualcuna lo chiama.
-Luca...Luca...mi sente?
Forte e chiaro vorrebbe dire ma non gli esce dalla bocca che un fischietto.
-Non parli, è molto affaticato.
Gli prende una mano.
-Mi stringa la mano se mi sente.
Luca stringe la mano.
-Benissimo. Adesso chiamo il dottore.
Ah ecco dove stava. Se c'era un dottore quella era un'infermiera, anzi due, perché ce n'è un'altra, la vede oramai chiaramente. Sembra la sorella gemella della prima ma sono due diverse. Stringe di nuovo la mano della prima infermiera, quella che gli ha parlato.
-Le spiegherà tutto il medico. Lei è stato ferito gravemente, ma penso che ormai ce l'abbia fatta. Sono passati dodici giorni e mezzo e finalmente lei Luca è uscito dal coma.
Se ne è andata, anche l'altra. Adesso arriverà il medico.
Dodici giorni. Allora carnevale deve essere finito da un pezzo. Adesso ricorda qualcosa. Doveva prendere dei soldi contanti al Bancomat. Poi sono usciti i due pierrot.
Luca chiude di nuovo gli occhi, ma non vuole dormire. Aspetta che arrivi il medico.


* "Hin und zurück" significa avanti e indietro, oppure anche andata e ritorno. 



lunedì 20 aprile 2015

MARE MORTUUM - IL NAUFRAGIO DELLA POLITICA EUROPEA

Chi mi conosce sa che non cavalco le tigri, non vado in cerca dell'applauso facile come certi politici che tanto vanno di moda, ma non si può rimanere inerti e zitti di fronte a una mattanza come quella che si sta verificando davanti alle coste della Sicilia.
La notte tra sabato e domenica un barcone con centinaia di fuggitivi, di schiavi moderni a bordo si è rovesciato. Sembra che siano morte annegate più di settecento persone, tra cui una cinquantina di bambini. Questa mattina un altro naufragio. Oramai non si contano più. 
L'Italia, con "Mare nostrum" e adesso con "Triton" -che non si capisce bene cosa sia- si è dovuta accollare il massimo sforzo, come se la cosa riguardasse solamente la nostra nazione e non l'Europa intera. Esiste un trattato, di cui si sapeva poco, il trattato di Dublino del 2003, che stabilisce che gli emigranti, i fuggitivi, non debbano espandersi oltre i confini del paese che li ha ospitati per primo. Una bella stronzata, perché nel 2003 c'era ancora Gheddafi che bloccava il traffico dalla Libia, non c'era stata ancora la primavera araba e non esisteva ancora l'ISIS, né le turbolenze così atroci degli ultimi anni in Africa, né era iniziata la rivoluzione in Siria. In sostanza non si paventava un esodo così massiccio di popolazioni verso l'Europa, cioè verso l'Italia che è il confine più vicino da raggiungere via mare.
Adesso i nostri cari politici vanno in giro a fare chiacchiere e a mostrare il petto, ma nessuno affronta in sede europea l'argomento con cipiglio e voglia di risolverlo. Tanto meno Renzi, che fa il paino passando da un microfono all'altro, da una telecamera all'altra parlando forbito col suo sorrisino da furbetto.
Ma l'Europa gira la testa dall'altra parte e fa finta di niente.
Questa Europa Unita cosa cavolo è? Un'unione monetaria che favorisce quasi esclusivamente la Germania, che altrimenti avrebbe avuto enormi difficoltà a competere col suo Marco fortissimo con la Lira e il Franco francese assai più deboli.
Oltre all'unione monetaria cos'è? Niente. Non abbiamo una politica estera comune, con un direttorio o un ministro degli esteri che parli a nome dell'Europa e non a nome del suo stato di origine; non abbiamo un esercito comune, nè una marina comune, nè un'aviazione comune, insomma non abbiamo Forze Armate sotto un unico comando e vedrete che bel casino che succederà se si tratterà di fermare questi bastardi dell'ISIS, e prima o poi bisognerà farlo. Se si dovesse demandare tutto alla NATO dovremmo fare i conti con gli Stati Uniti, che nella NATO comandano impunemente, che non avrebbero tanto interesse per motivi loro si capisce di farsi coinvolgere.
E allora a cosa serve questa tanto decantata Europa? A poco o niente. Quando le cose vanno bene tutto va ben madama la marchesa, ma poi arriva la crisi economica e ognuno se la deve sbrigare coi mezzi propri. Poi arriva questa crisi nel Mediterraneo e l'Europa fischietta tranquillamente, tanto ci pensano gli italiani, basta dar loro un contributo in soldoni e sono contentissimi. Poi arriverà -a Parigi e a Copenaghen è già arrivata ma se ne sono già dimenticati- anche l'ISIS magari a Roma e a Berlino, con morti e feriti e si faranno cerimonie con l'intervento della Cancelliera in nero e di Mattarella in capelli bianchi. E poi? Poi niente e amen.

Ho interrotto la serie dei racconti di Luca perché nessuno dovrebbe rimanere inerte ad aspettare che gli sparino sui coglioni, ma dovremmo andare tutti in marcia a Bruxelles ognuno con una cesta di pomodori marci per bersagliare quei poco onorevoli deputati che scaldano le sedie nel Parlamento europeo.
Dovremmo, ma non lo faremo. Ignavia, inerzia, attesa della sera che viene e del letto che ci accolga. 
Mamma mia che vita di merda!  

domenica 5 aprile 2015

CRONACA DI UN MARTEDÌ GRASSO DI MERDA

Luca buttò le gambe fuori dal letto con rabbia. Come al solito non aveva sentito la sveglia. Proprio oggi che aveva i minuti contati. Tanto valeva mascherarsi subito e fare innanzitutto un salto in Banca per prelevare i quattro soldi che gli sarebbero serviti.
Mascherarsi! Gli veniva da ridere: aveva deciso da un pezzo di indossare la diagonale smessa da sottotenente di complemento per recarsi alla festa dove l'avevano invitato. Era in congedo da otto anni, ma non aveva messo su un grammo di ciccia dai suoi anni migliori, e poi già l'aveva provata un paio di volte, quando voleva fare uno scherzo alla ragazza: lui il servizio militare lo aveva fatto tra i Carabinieri e lei sniffava. Le aveva detto che l'avrebbe arrestata prima o poi. Uno scherzo lo si può sempre fare, ma a pensarci bene meglio non strafare, non si sa mai che reazione poteva avere quella matta. Così aveva lasciato la bella diagonale nera con gli alamari argentati dentro l'armadio.
Anche indossarla per il Carnevale poteva essere un rischio: vilipendio della divisa o chissà quale accusa avrebbero tirato fuori, ma l'idea gli era sembrata bellissima e oramai chi gliela strappava dalla testa? E poi era una festa privata nella villa di un'amica di amici suoi, non in un locale pubblico; la cosa non avrebbe avuto nessuno strascico.
Dovette fare un salto in cantina dove teneva la scarpiera. Lì c'erano un paio di scarpe di cuoio nere, scarpe di ordinanza, che non calzava quasi mai. Luca usava le Nike durante l'inverno e i sandali nei mesi più caldi. 
Indossata la divisa calcò il berretto con visiera e si rimirò allo specchio: i capelli erano un po' troppo lunghetti, ma non ci avrebbe fatto caso nessuno; bastava bagnarli un po' e lisciarli ai lati della testa.
Uscì claudicando appena per via delle scarpe un po' dure cui non era abituato.
Sul portone un gatto nero quasi gli saltò addosso. Luca scartò di lato con abilità velocemente. Guai se quel gatto fosse riuscito ad attraversagli la strada e dio ci salvi a toccarlo: Luca era terribilmente scaramantico e odiava i gatti. Gli sembrò che un paio di quei pelacci fosse rimasto attaccato ai suoi pantaloni e vi picchiò sopra energicamente col palmo di una mano finché non fu certo di averli ripuliti.
Andò con cautela verso la sua macchina. Qualcuno aveva parcheggiato così male che dovette manovrare per alcuni minuti per essere sicuro di uscire dal suo posto senza fare graffi sulla carrozzeria. Ancora un contrattempo, stava perdendo la pazienza e questo avrebbe significato una cascata di parolacce e di bestemmie di cui non sentiva la necessità.
Il traffico era assai sostenuto e caotico, sembrava che si fossero dati convegno per strada tutti i fannulloni della città, quelli più scarsi al volante, quelli più imbranati. Gli occorse il doppio del tempo normale per arrivare sul piazzale della Banca. Trovò un parcheggio in una zona dove normalmente era proibito lasciare la macchina, ma pensò di fare in fretta, in fin dei conti doveva prelevare pochi soldi al Bancomat, nessuna operazione con lungaggini e perdita di tempo.  Attraversò il piazzale correndo. Una giovane donna, mascherata da olandesina con le treccine bionde tirate in su e gli zoccoletti ben noti, lo guardava con un sorriso sulle labbra.
Sono un bell'uomo in una bella divisa, pensò Luca e ricambiò il sorriso.
Dalla Banca uscirono correndo due Pierrot con una maschera nera sul viso: entrambi avevano dei sacchetti di plastica in una mano e nell'altra una pistola giocattolo. Quello davanti si fermò di colpo spalancando la bocca, quello dietro un po' più robusto alzò immediatamente la pistola giocattolo e sparò.

Luca era rimasto fermo a braccia incrociate e gli sembrava che il tempo si fosse improvvisamente fermato. I due Pierrot erano corsi via, l'olandesina era inginocchiata a terra con le mani davanti alla bocca e gridava come una pazza. Ma che diavolo stava succedendo? E poi quella pallina nera che era uscita dalla pistola giocattolo e che era diventata sempre più grande che voleva dire?
-Non sono arrivato in tempo, disse l'uomo giovane che stava fermo vicino a Luca. Dovevo custodirti ma ho perso l'attimo. Quando sono arrivato era già successo.
Questo era il mio angelo, immaginò Luca.
-Dove sono le ali? Tu non hai le ali?
-Queste sono baggianate che vi dicono da piccoli. Mi dispiace per come è andata, ora dobbiamo sparire da qui in fretta; abbiamo molta strada da fare.
-Sai che l'ho vista arrivare?
-Cosa hai visto arrivare?
-La pallottola.
-Non hai visto arrivare quello che pensi tu.
-Ti dico che l'ho vista, una cosa piccola e nera, che diventava sempre più grande fino a coprire tutta la visuale.
-Quello che hai veduto era la fine della tua vita. Adesso andiamo.
Luca si girò e guardò verso il basso, nella direzione dove stava guardando l'olandesina, là dove stavano accorrendo tante persone e si vide, cioè vide disteso a terra immerso nel suo sangue un corpo umano vestito da ufficiale dei Carabinieri.
-Allora, ti muovi? Chiese l'angelo.
E Luca finalmente si staccò da quella visione e lo seguì.