Questa non è una barzelletta, né una cosa sognata, questa è realtà tedesca che si può confrontare con quella italiana di tutti i giorni, o meglio di tutti i telegiornali della RAI e di Mediaset.
Non passa giorno infatti che tra le notizie di cronaca non appaia quella di una donna assalita in una strada di Napoli, di Palermo, di Roma, di Milano, di Torino di Vattelappesca dove tra i dettagli, abbondantissimi, non venga messo in evidenza il fatto che nessuno -ripeto, nessuno- degli astanti abbia cercato di impedire la violenza personalmente o chiamando le Forze dell'Ordine. Mai.
È di ieri la notizia che una madre magrebina, dopo una furibonda lite serale col marito -lite udita da tutto lo stabile, come in seguito molteplici testimoni hanno asserito- durante la notte abbia accoltellato il marito, colpendolo tre volte all'addome e alle spalle. Il marito dopo essersi dato alla fuga è riuscito a recarsi al Pronto Soccorso di un ospedale, dove ha riferito di essere stato aggredito per strada da sconosciuti, per salvare la moglie dall'arresto dato che in casa c'erano le tre figlie della coppia. La donna magrebina invece, rimasta sola in casa, forse in preda alla sindrome di Medea e di Didone, ha tentato di scannare le tre figlie che dormivano ignare di tutto, riuscendo solo in parte nel suo folle intento. Le due più grandi sono morte nei loro letti, la più piccola è miracolosamente sopravvissuta e adesso lotta contro la morte. La donna, certa di averle uccise tutte e tre, si è tolta la vita.
Dal letto dell'Ospedale il marito ferito ha cercato di telefonare a casa, ma non ricevendo risposta ha pregato un suo amico di andare a vedere cosa stesse succedendo. È stato l'amico di famiglia a rinvenire le tre donne morte e la bambina ferita.
Nessuno dei coinquilini dello stabile di cinque piani, pur avendo sentito la concitata lite della sera avanti aveva avuto la bella idea di allertare i Carabinieri o la Polizia. Nessuno. Si fecero tutti i fatti propri. Comportamento tipicamente italiota.
Adesso ascoltate quello che è successo a Saarbrücken, Sud ovest della Germania federale, nella nostra Europa, in questo nostro Mondo.
Mio nipote, che abita in un ostello per studenti universitari, stava nel suo miniappartamento giocando con un suo amico una partita di calcio alla play station. Condivano il gioco con urli gutturali in tedesco, italiano, inglese, francese e chissà quale altra lingua, esultando con urla bestiali ad ogni gol segnato. Quando mia nipote, sua sorella, gli ha telefonato ha sentito queste urla ed ha chiesto allarmata cosa stesse succedendo.
"Giochiamo alla play station, le ha risposto il fratello.
Circa un'ora dopo mio nipote telefonava alla sorella e le raccontava:
"Sapessi cosa è successo. Qualcuno allarmato dalle nostre urla ha avvertito la Polizei che stava succedendo qualcosa di grave. Sono arrivate due auto della Polizei, che hanno immediatamente fatto venire un camion dei Pompieri e un'autoambulanza per il pronto intervento. Poi hanno incominciato a bussare a tutte le porte, chiedendo se avessero sentito urla o rumori di violente colluttazioni. Quando sono arrivate da noi, gli abbiamo risposto che stavamo sentendo musica con le cuffie e che non avevamo sentito niente. Pensa che avremmo dovuto pagare l'intervento di tutti e che ci sarebbe costato bello salato quel gioco alla play station".
Lì per lì, quando mia nipote me lo ha riferito mi ci sono fatto due risate. Poi mi è venuto il magone. Ho ripensato a quello che mi avevano detto appena arrivato in Germania, di stare attento a quello che facevo perché quello tedesco era un popolo di poliziotti e di spie. Allora mi sembrò eccessivo che la gente prendesse il numero di targa di un'automobile che parcheggiava due minuti in divieto di sosta. A conti fatti mi viene oggi da pensare che qui la Polizei conta su un popolo di collaboratori, che hanno il massimo rispetto per la loro divisa e per il loro lavoro; da noi invece si cerca di fregare gli sbirri e quando capita li si riempie di botte, come è successo ieri e c'è subito chi chiede le dimissioni del Ministro agli Interni. Questi comportamenti collettivi fanno anche la differenza e spiegano perché loro siano la locomotiva e noi uno degli ultimi vagoni di questo treno europeo.