Chi s'intende di tennis conosce la maledizione del braccino corto: capita ad alcuni tennisti, particolarmente emotivi, di sentirsi il braccio che regge la racchetta improvvisamente accorciato in prossimità di un punto decisivo; assai spesso del match point.
Non si raggiunge più la palla che entra nel tuo campo; non si piazzano più i colpi; non si vede più la rete né le linee che delimitano il campo avversario. Risultato: le palle che vanno in campo avverso tutte fuori, palle irraggiungibili e tutte dentro le linee quelle che arrivano nel proprio campo. La partita è persa.
Ricordo una finale femminile a Wimbledon nel 1994 tra Stefi Graf e Jana Novotná.
Jana perse il primo set 7-6, ma vinse il secondo stracciando la Graf 6-1. Al terzo e ultimo set sul 4-1 con la battuta ebbe una crisi di paura di vincere. Le venne il braccino corto: perse cinque giochi in fila, gli ultimi due addirittura a zero. Stefi Graf, come un eisberg, ringraziò e portò a casa il titolo.
Jana cominciò a piangere durante il terzo set, negli ultimi due giochi, dove nemmeno vedeva la palla. Pianse durante la premiazione, mentre la Duchessa di Kent cercava di consolarla. Pianse negli spogliatoi. Pianse in albergo. Pianse in ristorante. Pianse sull'aereo al ritorno il giorno dopo. Pianse tutte le sue lacrime perché intanto sentiva che le si era nuovamente allungato il braccio, ma la finale era andata alla tedesca di acciaio inossidabile.
Uno scrittore è a volte una bestia simile.
Gli viene il blocco quando imbocca il rettilineo finale. Niente più idee; niente più parole; niente di niente. Hai voglia a rileggere tutto da capo; hai voglia a provare a scrivere a mano come ai vecchi tempi, perché dalla penna escono fuori ghirigori e basta. I fogli si riempiono di pupazzetti e parolacce oscene ma il tuo manoscritto, il tuo libro non va avanti. Irrimediabilmente fermo.
Il tempo passa e l'idea se ne è andata. Il filone si è esaurito.
A me è capitato col mio ultimo romanzo.
78 pagine di Word, carattere 12, tirate tutte d'un fiato in poco più di due mesi di lavoro. Mesi pesanti, con le ferie estive di mezzo ad interrompere il ritmo della giornata di lavoro normale. Con i problemi di una casa da vendere al meglio.
Con un delinquente che di notte va in giro a bruciare le auto in sosta -tra cui la mia, la prima, l'unica che mai mi aveva tradito, mai mi aveva lasciato a piedi, la mia prediletta- che mi ha costretto ad affittarne una per 10 giorni e a farmi venire a prendere dal primo dei miei due maschi per poter rientrare.
Quindi nervi a fior di pelle; tempo perduto per trovare un'altra auto che andasse a genio a me e all'altro polo del mio mondo.
E intanto arriva Natale, e Capodanno, inevitabili feste scassacazzi che ti piombano addosso quando meno ti occorrono. E poi il fatidico mese di febbraio col mio compleanno, certamente importante, mai però come quello di mia moglie -il secondo polo...ops...il primo polo del mio mondo- ; nel frattempo si scatena l'inverno, che questa volta ci prende gusto e ci strapazza col suo gelo e con 11 -ich wiederhole- con 11 nevicate 11, con conseguenti 11 mattinate passate a spalare neve nel cortile e sulle scale.
Insomma poca voglia di lavorare sul manoscritto.
Però è un blocco strano, perché scrivo racconti nel frattempo e posto pezzi sul mio blog niente male.
Però il mio romanzo è fermo lì, alle 78 pagine di Word, carattere 12, scritte in poco più di mesi due.
"Resta immobile in ver la terra" dice Guglielmo Tell a suo figlio, che ha già la mela in testa.
Ma il mio romanzo si vorrebbe muovere, sono io la statua di sale che guarda a terra, e non ho nemmeno la mela, o un mandarino, o la buccia di una banana sul testone.
Mi sento umiliato e triste. Non ne parlo nemmeno con le mie migliori amicizie.
Poi, due notti or sono, alle 3,40, spalanco gli occhi nel buio.
"È il finale che è fasullo", dico a voce alta, che quasi sveglio il primo polo del mio mondo.
Certo, perdio! Ho lavorato tutto il tempo pensando di avere da concludere un romanzo di fantascienza, uno di quelli che Mondadori pubblica sotto la classifica "Urania"; con un finale che doveva essere così e così e quindi poi cosà e cosò.
Invece no!
Adesso ce l'ho il finale. Ce l'ho talmente chiaro che potrei permettermi una variazione ancora più brillante. Così avrei una bomba di incipit e un finale ancora più bombastico.
E mi viene da ridere a pensare alla faccia che farà una mia amica, che ha letto il primo capitolo in esclusiva e ha storto il nasino perché a lei la fantascienza fa venire l'orticaria. E me la faccio una bella risata sulla sua prevedibile espressione stupita, tanto ormai sono in piedi in cucina che mi faccio un panino con la nutella, perché a me la produzione di letteratura e di arte mettono fame, e la mia castellana rimasta a letto anche se si svegliasse non potrebbe far altro che riaddormentarsi. In caso contrario potrebbe rimanere sveglia, inutilmente perché io col cavolo che le direi perché mi sono sganasciato dalle risate.
E con questo chiudo: ho ricominciato a scrivere il mio libro.
È una sensazione appagante.
Inoltre ho appreso da poco che appartengo a un gruppo ristrettissimo -saremmo due o tre secondo l'informatore- di scrittori che pubblicano non a pagamento senza avere santi in paradiso.
Che bella notizia, gente!
Ho il cuore caldo, adesso; più caldo di ieri.
Lo sai che sono tenero di cuore, no? Lo sai che non posso sopportare la solitudine; lo sai che odio la solitudine degli altri, anche dei post, non è vero?
RispondiEliminaAllora vengo io a farti compagnia, a non lasciarti solo, perché sei un bel post, come tanti altri nati prima di te, come tanti che verranno dopo di te.
Hai qualcosa da rimproverarmi? Cosa ti ha umiliato e offeso? Che io abbia cancellato la parte finale per fare un omaggio ad una bella castellana? Vuoi che la riscriva e te la aggiunga? Ma non si può. No, no, non capire male: tecnicamente è possibile...lo so che tu lo sai...beh! è il tuo mestiere di post, non voglio rubartelo io. Tecnicamente basta cliccare su "modifica post" e via col tango. Ma non posso farlo io. Non era una cosa buona da parte mia nei confronti della bella castellana.
E poi me lo ha chiesto con tanto garbo.
Cosa dici? Non è vero? Non è stata molto garbata? E tu come lo sai? Chi te lo ha detto?
Hai amici da Outlook Express?
Leggi anche le mie e mail?
Beh, va bene: non è stata molto garbata, ma devi sapere che le donne certe volte non sanno quanto possono far male con una sola parola.
È un bel guaio, sai Post? Loro pensano che noi maschietti abbiamo la pelle come i coccodrilli, i rinoceronti, gli elefanti incartapecoriti di 150 anni. Pensano che noi non soffriamo.
Stupidi siamo noi, che non piangiamo mai, come fanno loro. Noi forti e stupidi; loro deboli e geniali.
Possono fare quello che vogliono, tanto poi basta poco a farci stare buoni: una parola carina e noi pronti a dimenare la coda.
T'è andata bene, caro Post: tu sei e rimarrai sempre solamente un Post. Non dovrai né ridere né piangere, né preoccuparti se della parte migliore di te fanno hamburger.
Ciao mio Post. Hai visto? Adesso non stai più a zero commenti: lo hai avuto il tuo bel commento, il più sincero, di chi ti ha scritto e ti vuole
veramente bene, e non solo a parole.
Spero che non te la sia presa se quel mio amico ha commentato il tuo collega e non te. Non ti ha visto; ti ha considerato vecchio, sorpassato, e invece tu eri così pieno di entusiasmo e fresco di vita.
RispondiEliminaÈ il destino di quelli che sono nati prima, un po' prima degli altri: ti considerano una cosa muffita, di cui privarsi in fretta, se ti hanno fra le mani, da evitare, se invece te ne stai buono buono senza far del male a nessuno.
Cosa dici? Che allora è meglio fare casino e fare del male agli altri? Non farti sentire da nessuno.
Voglio raccomandarti una cosa: rimani come sei, tranquillo e puro, e che gli altri pensino che sei vecchio e muffito non importa. Quello che importa che tu sappia quello che vali. Stai sicuro che prima o poi qualcuno verrà a verificare se vali qualcosa veramente oppure no.
Che sia un uomo o una donna non fa differenza; che sia un vecchio o un bambino, conta poco; purché sia un essere umano, intelligente e buono, e soprattutto privo o priva di pregiudizi.
Sono i pregiudizi che fregano al mondo: se pensano che sei bravo e buono, puoi anche rubargli soldi dalle tasche, diranno che sei il migliore. Guai però se ti hanno giudicato una mezza misura: non ti leverai mai dalla cappa quel marchio.
Stattene buono, possibilmente defilato e vivrai più a lungo e meglio.
Ciao amico post del giorno prima; adesso hai due commenti anche tu.