QUARANTA PEZZI DA CINQUECENTO
Un anno fa, proprio di questi tempi, nella soffitta che ho usato per tanti anni come atelier ho distrutto l'ultimo mio quadro, un acrilico 150 x 150, che avevo dipinto qualche giorno prima in appena due ore.
Dice che si chiama arte gestuale quella che si ottiene con ampie pennellate ad apertura di braccia.
Un cielo blu, o qualcosa di blu su in alto, una fascia rossa terra di Siena bruciata a metà della tela, ancora fasce di azzurro e rosa a chiudere, giù in basso.
Si chiama arte gestuale. Non bisogna pensare, solo muovere il braccio lungo la tela. E basta.
L'ho fatto a pezzi. Perché mi faceva schifo.
Sentivo che quella era la fine di un amore tempestoso, mai completo, mai compreso tra me e la pittura, tra me e l'arte. Un amore durato quarantacinque anni.
Al contrario di tutte le relazioni umane che vanno a male, la fine di questa non mi ha dato amarezza, ma un senso di pace, un "grazie a Dio mi sono liberato di questo peso". Era diventata da anni una sofferenza, infatti. Non mi rendeva più felice. Dipingevo velocissimo, non vedevo l'ora di finirlo il quadro. Come quando non ami più una donna, o meglio quando non la desideri più ma pensi di amarla ancora in qualche modo e ci vai lo stesso a letto insieme, ma cerchi di finirla in fretta in modo che lei poi si addormenti, soprattutto perché non ti capiti qualche abbattimento di tensione, che faccia capire alla donna come stanno le cose. Non è bello che lei lo capisca, e poi non ti lascerebbe più in pace.
Con la pittura è stato diverso: lei non si è lamentata, non ha pianto; le tele inconsumate stanno tutte lì nella soffitta, appoggiate bianche e nude a una parete per quanto è lunga, perché sono tante e grandi. Difficile da svenderle così montate su telai, infatti quegli enormi formati non possono interessare nessuno; dunque occorrerà smontarle e arrotolarle insieme per tentare di sbolognarle sotto costo a qualche pittorello dilettante.
Bene! Chiuso, finito, morto e sepolto. Ma perché tutto a un tratto? Perché da anni mi ripetevo, pasticciavo e ci giravo intorno. Non c'è niente di più triste di un artista alla frutta, peggio al digestivo. Ricordo gli ultimi trenta o quaranta quadri di Picasso, che disperazione! La caricatura di sé stesso. Tranne l'ultimo, intitolato postumo "femme nue couchée et tête", un vecchio dipinto del 25 maggio 1972, che Picasso aveva per circa la metà spalmato di bianco il 7 aprile 1973 per finirlo l'indomani, ma al mattino morì.
Solo perché incompleto è così bello e tragico.
I miei ultimi trenta o quaranta quadri mi fanno schifo. Li tengo arrotolati in soffitta; li ho staccati dai telai per non guardarli.
Ecco perché ho smesso e mi sono subito sentito bene, migliorato, liberato.
Benissimo, ho pensato; adesso smonto tutto e affitto la soffitta a ore a questi gruppi rock di giovani scassacazzi, che vogliono fare musica e hanno bisogno di provare le cose loro in un ambiente ampio e insonorizzato, e la mia soffitta è ampia e insonorizzata.
Mi è sembrata una buona idea, così mi sono messo subito al lavoro per ripulire tutto il sudiciume di anni di schizzi di colore, di colle e di soventi; e poi creare lo spazio necessario agli scassacazzi.
Mentre mi trovavo inzaccherato e lercio, fetente di sudore, sentii salire sull'ultima rampa di scale, che porta solamente alla mia soffitta, qualcuno che picchiettava sui gradini con due piedini leggeri sospesi su altissimi tacchi a spillo (si sente, si sente, e come si sente).
Cristo! Ho pensato; arriva una bellissima e io puzzo.
Ne ho atteso l'ingresso spavaldo immaginandomela come non poteva che essere: altissima, biondissima, bellissima, coscia infinita, bocca carnosa e lasciva.
Cinque o sei scalini prima della porta me ne è arrivato il profumo: Chanel numero 5, vuoi mettere!
No ha bussato, ha aperto e regalmente è entrata: una stupenda femmina di Labrador dal manto bianco a pelo raso, muso lungo e intelligente, con al guinzaglio di vernice rossa una donna, che certamente era bellissima, ma piccola, bruna e cinese.
Andò in ogni angolo, seguendo il suo cane. Guardò compiaciuta le grandi tele già pronte appoggiate alla parete di fondo.
-Mi occorrono alcuni quadri -disse, tirando a sé il Labrador.
Chi lo avrebbe mai detto che avrei venduto un quadro proprio adesso, pensai.
-Ho parecchia roba qui; se mi dice le sue preferenze, che so, figure, nature morte, paesaggi -le dissi avvicinandomi alla grande scaffalatura di legno che occupava tutta una parete, dove tenevo i quadri finiti ed asciugati.
-No, no -mi interruppe- niente roba vecchia. Io voglio quattro quadri nuovi, che lei dipingerà per me.
E poiché ero rimasto a guardarla a bocca aperta, continuò spiegandomi le sue intenzioni.
-Lei mi fa quattro ritratti per la mia nuova casa di campagna. D'accordo?
Provai ad evitarmi quel tormento.
-Non è possibile.
-Cosa non è possibile? Glieli pagherò bene i suoi quadri.
-Non è una questione di soldi; io non dipingo più, signora.
-È questo che non è possibile: un pittore non smette mai di dipingere; solo quando è morto smette.
Come cavolo facevo a spiegarle che mi sentivo arrivare la merda fino alle orecchie quando prendevo un pennello in mano?
-Ho dei problemi...personali, e poi non sono un ritrattista...non ho tempo per le pose...né la pazienza. Se li immagina io e lei chiusi qui dentro a posare per settimane, per trovare le giuste espressioni del viso...no, no signora, rifiuto. Negativo.
-Io non vengo qui a posare, come dice lei, nemmeno per un minuto.
Aprì la sua borsa e ne estrasse un pacco di foto formato 18 x 13.
-Due quadri li voglio col mio cane, come queste due foto; gli altri due da sola, a figura intera, in piedi naturalmente, e qui può trovare tutte le espressioni del mio viso, quando rido, quando sono pensierosa, quando sono ironica, quando sono sorniona, tutte. Scelga lei.
-Naturalismo assoluto, copie fotografiche, insomma. Un delirio! -esclamai.
-Non esattamente copie fotografiche -rispose.
Tirò fuori dalla borsa un libretto illustrato e me lo porse. Lessi il titolo:"Gustav Klimt, die Wiener Secession und der Jugendstil". Oh Dio! Pensai. Che vuole questa da me? Odio il Liberty.
Come se mi avesse letto nel pensiero la cinese aggiunse:
-Sono molto amica di Olga Borg e frequento il suo bel locale il "Lord Pub". Ho visto lì appesi i due quadri che lei ha dipinto su commissione per Olga. Bellissimi. I miei quattro li voglio proprio così.
Ricordavo benissimo quei due quadri e la fatica che mi erano costati. Più che altro erano un assemblaggio di elementi presi da quadri di Klimt, spudoratamente copiati. Un orrore; ma Olga me li aveva pagati tremila marchi l'uno e io in quel momento avevo uno schifoso bisogno di soldi.
-Si è trattato di due unicum -obiettai- nel senso che non ne avevo mai fatti e mai ne rifarò.
Fece un sorrisetto beffardo.
-Le darò cinquemila euro per quadro. Fanno ventimila euro. Non si trovano per terra tutti 'sti soldi.
La guardavo in silenzio. Non sapevo che dire, ma mi sentivo tanto triste.
-Bene, ci siamo capiti. Grandi come quelle tele appoggiate al muro, mi raccomando. Quando li avrà finiti me li porterà a questo indirizzo -concluse lasciandomi un biglietto da visita.
Uscì come era entrata, preceduta dal suo meraviglioso cane. Quando il ticchettio dei suoi tacchi a spillo si fu perduto sedetti sopra una sedia per riprendere fiato. Per lo meno non dovevo smontare tutte quelle tele.
La prima cosa razionale che feci fu telefonare a Olga. Mi attaccò un bottone di mezzora, ma alla fine sapevo quel che mi interessava.
Liù, nome vero o d'arte poco importa, non era cinese, ma nata a Kyoto, per cui giapponese; era sposata con un magnate dell'edilizia nel mondo che conta, ricco da crepare, trentacinque anni più vecchio di lei, che la ricopriva di regali. Ogni desiderio di Liù era un ordine, per cui possedeva sette cani di razza, più di duecento quadri d'autore. Le ville, gli appartamenti e i gioielli non li contava ormai più.
-Ventimila euro? Li hai già in tasca. Piantala di lamentarti e dipingile 'sti quadri perché ti stai scavando un pozzo di petrolio in casa. Tu non hai idea di quanti soldi può buttare in un giorno. Datti da fare, bello!
Ottimo consiglio: sui soldi non si sputa, anche a costo di lavorare con la porta del cesso aperta per andare a vomitare ogni volta che mi sarebbe venuto su. Ma mi sentivo una gran puttana.
La seconda cosa razionale fu di recarmi al Teatro di Stato dove avevo lavorato per dieci anni come pittore di scena, e dove contavo ancora tanti amici, a cominciare dal capo deposito. Fu lui a fornirmi a costo zero tutta una serie di colle e pigmenti d'oro, d'argento e di bronzo indispensabili per quello schifo di pittura piena di arzigogoli. Se avessi dovuto comprarli in un negozio d'arte in quella quantità mi sarebbero costati un occhio della testa. Ottenni perfino quattro dosi da mezzo litro di lacca essiccante: un attimo per spruzzarla e due ore dopo tutto asciugato e pronto per la consegna.
Adesso dovevo scegliere le foto e non fu una gran fatica: la tipa di Kyoto era fotogenica e per niente difficile da ritrarre. Una foto poi ha i suoi vantaggi: quando l'hai fermata sopra una superficie con due puntine da disegno non si muove come una modella in carne e ossa, puoi tenerla lì tutto il tempo che occorre, perché una foto non beve, non mangia, non piscia e non deve dormire.
Per i soggetti imitai -mi vergogno come un ladro a scrivere copiai- i tanti quadri in cui Gustav ritrasse la sua amante, quella Emile Flöge che a Vienna in quei tempi era una specie di Donatella Versace. Aveva un salone di alta moda e una figura splendida.
Tre settimane dopo allineai i quattro quadri 180 x 120 lungo una parete in piena luce. Li osservai a lungo: poi mi diedi una pacca sopra una spalla. Ottimo lavoro, perdio! E non ero mai dovuto correre al cesso per vomitare, come temevo. Un successone!
Affittai un furgone Mercedes, vi caricai dentro due gabbie fatte di tavole di legno incrociate, che lasciavano libero uno spazio minimo dove le tele, due per gabbia, si andavano a incastrare. Un lavoretto da professionisti. Mi misi al volante e partii, non prima di aver preavvisato il mio arrivo con una e-mail.
Il cancello che dava sulla strada si spalancò davanti al muso del Mercedes, dovetti solo scalare in seconda.
Davanti all'ingresso della villa mi aspettavano due uomini aitanti in tuta grigia: li battezzai giardinieri, ma va a sapere quali fossero le loro mansioni. Portarono via gabbie e tutto.
Mi venne incontro una signora ancora giovane e molto elegante con un grande sorriso stampato sulla faccia.
-Mi chiamo Ursula Pfefferle; sono la segretaria di madame Song.
Senza neanche stringermi la mano mi consegnò una busta.
-Questo è il suo onorario. Se vuole controllare.
Contai quaranta pezzi da cinquecento. Era quanto pattuito.
-Tutto in ordine? -chiese Ursula Pfefferle- Allora buona giornata.
-Non devo firmarle una ricevuta?
-No. Buongiorno.
Se ne andò, piantandomi nell'atrio.
Dopo un po' viaggiavo verso il parcheggio della ditta dove avevo affittato il furgone, e mi sentivo straordinariamente allegro. Pensavo al pozzo di petrolio che avevo scavato nella mia soffitta.
Nei dieci mesi successivi, però, non ho ricevuto nessuna visita da parte di madame Song con o senza Labrador, né telefonate, né e-mail. Silenzio polare.
Non ho nemmeno tentato di telefonare a Olga per sapere quel che combinava la sua amica. Devo confessare che ogni mattina accendendo il PC ho cercato nella posta elettronica in arrivo che uscisse fuori in fondo in neretto il nome di Liù Song. Niente.
Ieri pomeriggio, per caso (bugia, bugia) sono passato davanti alla cancellata d'ingresso di Villa Song. Ne usciva in quel momento un camion di una ditta di traslochi. Il cancello automatico rimaneva aperto, allora ho imboccato il vialetto. C'erano altri uomini aitanti in tuta grigia, che spostavano casse.
-Traslochiamo -mi ha detto il più loquace- la signora è andata via da più di un mese.
Volevo chiedere degli oltre duecento quadri; volevo anche chiedere dei miei quattro quadri, ma io non sono così sfacciato, e poi le opere d'arte si trasportano sempre per prime. Cosa ne poteva sapere quell'operaio?
Ho percorso tutta la facciata a piccoli passi e proprio dietro l'angolo c'era un grosso contenitore, che nei traslochi serve sempre per ammucchiare immondizie, stracci e cose che si vuole distruggere, che non servono a nulla, che nessuno vuole più.
Mi sono alzato sulla punta dei piedi per guardarvi dentro e li ho visti: distrutti, a pezzi, come il mio acrilico 150 x 150 di pittura gestuale. Tra i pezzi dei telai e delle tele strapazzate usciva fuori il muso di un Labrador che guardava in alto verso il viso della padrona, il viso di Liù. Ma qualcuno aveva tagliato via quel pezzo e di Liù si vedeva solo una mano, che reggeva un guinzaglio di vernice rossa.
Sono tornato rapidamente alla mia auto e me ne sono andato. Mi sentivo furioso e mortalmente addolorato, come se mi avessero ammazzato il mio miglior amico.
Ho guidato fino a notte, senza meta; poi sono ritornato a casa e mi sono infilato sotto le coperte senza toccare cibo, perché avevo lo stomaco chiuso.
Dopo un po' per fortuna sono crollato nel sonno.
Hai ragione "come se mi avessero ammazzato il mio migliore amico" eri andato contro te stesso per quei quadri....
RispondiEliminaSolo se li avessi distrutti tu personalmente avresti provato sollievo.
Il racconto è una mia invenzione, non è realtà. Realtà è stata una volta vedere un mio quadro, venduto per molti soldi, usato senza telaio come poggia abiti: stava incollato a una parete tutta polverosa con vecchie tute da lavoro appese ad un paio di miserabili ganci. Non avevo i soldi che me lo avevano pagato, altrimenti lo avrei strappato da quella immonda parete e magari fatto a pezzi, ma da me. Tu hai capito benissimo.
EliminaRiflessione n.1: io amo Klimt e quei arzigogoli d'oro e gli abbracci e tutti quei colori hanno avuto il potere di parlarmi di passione, sono strana io.
RispondiEliminaRiflessione n.2: Picasso lo trovo insopportabile, non lo capisco e l'unico periodo che mi piace abbastanza è quello blu.
Riflessione n.3: non lo hai nominato ma mi emoziona anche Dante Gabriele Rossetti, va, te la butto lì.
Riflessione n.4: hai fatto di tutto per non dipingerli quei quadri, sei stato costretto dal "vile" denaro per poi scoprire che della tua arte in realtà sei geloso e possessivo. Puoi parlarne male solo tu, ma guai se qualcun altro ci prova, direi che è normale, non riuscirai a liberartene mai.
Riflessione n.5: ho sempre in mente che un giorno riuscirò a vederlo un tuo quadro, vedrai.
Ti abbraccio.
Con ordine.
Elimina1. Capisco che si possa amare Klimt, lo fa mia moglie che ha preteso un suo ritratto à la Klimt. È un esimio e raffinato artista, troppo raffinato per i miei gusti. Non c'è spontaneità, ma tanto tantissimo studio. Non riesco a immaginarmi mentre studio per giorni un arabesco da mettere sul fondo di un mio quadro.
2. Il Picasso rosa e blu è semplicemente favoloso, ma uno dei tanti. Il Picasso delle "Mademoiselle d'Avignon" è l'inventore della pittura moderna. Da lì tutto quello che dopo avvenne in pittura.
3. Dante Gabriele Rossetti. Ti credo che non lo nomino: cosa vuoi che dica di un eccellentissimo scopiazzatore di Raffaello e di tutti quei pittori fiorentini di quel secolo? Si facevano chiamare Preraffaelliti, lui e i suoi soci inglesi e no, non a caso. Bravo bravissimo nell'uso del pennello, ma la sua pittura mi ha sempre lasciato indifferente.
4. Se trovi un pittore o un autore che non sia geloso e possessivo delle sue opere hai beccato una medaglia d'oro all'olimpiade. Non è che possa parlarne male solo io, inesatto Mariella; possono parlarne male gli intenditori e i critici, a patto che mi convincano che non ci sia prevenzione, che non ne parlino male a prescindere. Intendo dire che io ascolto molto attentamente le critiche quando sono costruttive, nessuno è perfetto e nessuno è in grado di capire bene bene se stesso e trovarci i difetti, ma detesto le critiche a caz de can fatte da chi mi ha in antipatia o peggio.
5. Te lo auguro.
Quando sono stata al Metropolitan e mi sono ritrovata di fronte quel capolavoro di Klimt che si chiama " Ritratto di Mada Primavesi" ti sembrerà assurdo ma non ho visto nè ori nè arzigogoli ma solo un ritratto di fanciulla vitale, intenso e pieno di poesia. A parte che non c'erano.
EliminaE' uno dei miei preferiti.
Tu te ne intendi certo più di me, riconosco che lo studio è fondamentale in Klimt, se solo penso al " Fregio di Beethoven" ma, in alcuni casi. secondo il mio personale e ignorante giudizio, vedo l'anima dell'artista a nudo, senza alcun arteficio.
Per Picasso che sarà pure l'inventore della pittura moderna, non amando molto l'uomo non ho mai capito l'artista. I suoi quadri sono duri e crudeli e quello che io preferisco " Bevitrice d'assenzio", mi ha sempre parlato di dolore e abbandono.
Dante Gabriel Rossetti, sicuramente ha scopiazzato, ma a me sono sempre piaciuti i pittori maledetti ghghghghghhgh!
Tutti siamo gelosi del nostro lavoro e possessivi, forse mi sono espressa male, non era una critica, volevo solo dire che alla fine l'arte che stavi fuggendo in realtà è ancora dentro di te profondamente. Scoprire che avevano trattato male qualcosa DI TUO, ti aveva fatto capire che non ci si può mai liberare di qualcosa che fa parte della tua anima; questo vale per ognuno di noi.
Lo ritengo normale, come condivido l'idea che possano esserci critiche anche spietate nei confronti di un artista, da parte di chi lo fa di mestiere ed è un intenditore.
Sulle critiche alla cazzo direi che a me le fanno girare ad "elica".
PS: il mio pittore preferito è Renoir. Nessuno come lui, apre il mio cuore.
Ma io appartengo proprio ad un'altra epoca.
Ti abbraccio
Non sono mai stato al Metropolitan (temo che mai potrò andarci), quindi conosco solo per foto quel quadro, e non si può mai giudicare da una foto, anche se Alinari.
EliminaRipeto: un grande raffinatissimo artista, troppo preciso e raffinato per i miei gusti. Io non vedo l'artificio, ma la troppa maestria, a discapito dell'invenzione pura, che nell'arte deve sempre venire per prima. Pensa a Michelangelo e alla Cappella Sistina: quando mai un suo contemporaneo avrebbe avuto il coraggio di dipingere un Cristo di sghembo, tozzo ma infinitamente bello?
Pensa a Giotto, che appiattisce tutti i fondali per far risaltare le figure in primo piano. Chi lo avrebbe fatto? Per i suoi tempi una bestemmia.
Picasso capovolge i canoni della pittura, non i cubisti, no, ma solamente lui raggiunge quei risultati.
Questione di gusti, quindi come vedi, ma non mi ci mettere Dante Gabriele Rossetti, che di suo non ha fatto niente di nuovo, e uno con la sua bravura avrebbe potuto diventare un Velasquez se solo avesse avuto un briciolo della fantasia di un inventore.
L'avevo capita e forse mi sono spiegato male.
Un pittore, che sia io in persona o una mia invenzione poco conta, decide di farla finita con la pittura con cui ha costruito un rapporto di amore odio. Questo non significa che rinneghi ciò che ha dipinto, né tanto meno la sua tendenza artistica.
Riesce infatti da foto a ricavare quadri belli essenzialmente creazioni autentiche.
Quando li vede distrutti si prende una pugnalata al cuore. Normale.
Le critiche, purché sincere e valide, cioè non artificiose o preconcette, ben vengano. In questo caso per certi soggetti intelligenti quale io mi sono costituiscono motivo di riflessione. Ciò non significa automaticamente motivo di cambiamento, ho detto riflessione, cioè comparazione con la propria visione artistica e quella del critico, e quindi vedere sotto questa nuova lampada la cosa un po' più chiaramente. Alche si potrebbe dedurre che il critico abbia ragione, e in questo caso si cambi, ma si potrebbe anche evincere che il critico abbia visto giusto, ma non valga la pena di cambiare nulla perché cambiando si perderebbe l'originalità e si avrebbe solamente una copia delle idee altri, e io ci tengo maledettamente alle mie idee.
Può suonare come il discorso di un superbo, quale io sono lo ammetto, ma non il discorso di uno sciocco che solo quello sa fare, che ha appena fatto e consegnato alla critica, e che altro non sarebbe capace di fare.
PS: Vermeer come terzo; Velasquez come secondo; Caravaggio come primo nella mia personale classifica, e poi un mucchio di grandissimi eccelsi pittori, tra cui un certo Goya, da non dimenticare, e naturalmente anche Renoir e Van Gohg.
Occhèi!
EliminaOra è tutto più chiaro. Non insisto con Rossetti, mi divertivo a stuzzicarti un po'.
Su Picasso resto ferma sulla mia idea, forse perchè per me pittura è emozione e lui non mi smuove proprio un bel niente. Che ci vuoi fare sono fatta così.
Poi lui sarà anche il padre della pittura moderna. E chi gliela vuole togliere la corona di alloro attorno alla fronte.
Renoir come primo, Van Gogh come secondo, Friederick come terzo.
E poi Gauguin,Klimt, Pissarro,Matisse,Monet,Tiziano, Raffaello, Goya, Turner.
Tanti altri.
PS: Caravaggio è il pittore preferito di mio marito. Ogni volta che vedo un suo quadro mi procura angoscia, non ce la posso fare.
Bisogna rimanere sempre fermi nelle proprie idee (vedi la prima mia risposta) quando si sente che dette idee siano sincere e corrispondano ai moti del proprio animo.
EliminaQuel Friederick al terzo posto per me è una bestemmia di inaudita violenza. Ma che cosa fa di eccelso? Un paesaggista e bozzettista insieme può mai star vicino a un Van Gogh?
Accetto Tiziano e Turner, e passo sopra a Raffaello, ma su Pissarro eccepisco e di molto.
Congratulazioni a tuo marito! L'angoscia è un profondo ribaltamento e surriscaldamento dell'anima per cui ben venga, perché produce spazio per altre sensazioni.
PS: ieri sera mi è piaciuto Guarin, per come ha dipinto quel piattone di destro!!! E per come ha fintato su un difensore per dare la palla a Milito, quella del secondo gol.
Il loro era viziato da fuorigioco, come sempre col Napoli a San Siro (memento l'anno scorso).
Malgrado gli sforzi che faccia Morattone per farcela diventare antipatica, tu amala!
Friederick è caro al mio cuore, per così dire perchè è legato profondamente alla mia infanzia.
EliminaCi sono ragioni del cuore che la mente non riesce a concepire.
Mi spiace per il tuo modo di aver preso la notizia, ma a volte non è possibile spiegare ulteriormente.
Per il resto ho letto il tuo punto di vista, ma non lo condivido.
Mariella
Se ci sono di mezzo motivi legati all'infanzia non si può discutere; mi meravigliava quel tuo mettere Friederick accanto a dei colossi, per questo la mia risposta.
EliminaHai letto il mio punto di vista ma non lo condividi? Perfetto. Questo è il senso della dialettica e ti allinei integralmente alla prima frase della risposta di ieri alle 10,38.
Senza alcun risentimento, Mariella. Ciao.
Si sono stata abbastanza lapidaria.
Eliminaghghghghhghghgh
Buona giornata Vincè!
Anche a te.
EliminaCiao Vincenzo!
RispondiEliminaA me Picasso non piace per niente,non capisco la sua Arte scombussolata e disarmoniosa,questione di gusti,io adoro Matisse e Gauguin e E. Quaglia mio fratello ho la casa piena dei suoi quadri ^___^
Che mazzata,posso immaginare quello che hai provato a vedere le tue "creature" dentro il cassonetto,anche se i dipinti erano commissionati rimanevano comunque una parte di te espressa in pittura,un lavoro tuo eseguito con impegno,quanto poco rispetto ha la gente..
Buona serata :DD
Il guaio di Picasso è che quando lo vedi o rimani a bocca aperta a guardarlo o scappi urlando. Non c'è un'altra possibilità. È chiaro che solo avendo una cultura specifica dello sviluppo di tutta l'arte moderna dall'inizio dell'ottocento in poi si possa inquadrare il valore costruttivo di Picasso, che rivoluziona tutto.
EliminaSei assolta.
Per Gauguin sono d'accordo, un po' meno entusiasta di Matisse, perché troppo precostruito, lascia poco spazio alla fantasia sfrenata come invece sembra.
Quaglia lo conosco poco e quindi mi astengo.
Succede sempre quando un incompetente maltratta cose che ti sono uscite dall'anima, anche se fatte per vil denaro.
Ciao
tre parole: sono con te ;)
RispondiEliminaCinque Riccardì: tu sì che mi capisci.:))
EliminaNon mi permetto di dire nulla, l'arte è arte a prescindere!
RispondiEliminaLa Spia
Ben detto Anonimo La Spia, te lo sottoscrivo rosso e blu, che non vuol dire errore, bensì cosa da rimarcare, detta bene insomma.
EliminaCiao.
Sto diventendo rossa, ma grazie "a prescindere".
RispondiEliminaLa Spia
Prego, prego a prescindere:))
EliminaPer un attimo quel muso di labrador rivolto al cielo e quella Liù scomparsa lasciando solo una mano come traccia, mi hanno fatto sperare in un altro Tator.
RispondiEliminaMa, in effetti, anche questo post è come fosse un'edizione speciale di un giallo, interiore, che tiene avvinti fino alla fine. Se quella Song i tuoi quadri se li fosse portati via, magari tappezzando interamente una camera da letto dei suoi molteplici palazzi, il finale sarebbe stato troppo scontato. In fondo è successa la stessa cosa dei Tator: letti e gustati fino a rimanere a bocca aperta per un finale inatteso e mai previsto.
(Quando parli di dodici post tuoi sui settecento da leggere, fai finta di non sapere che dodici tuoi da soli ne fanno settecento; a tuo favore c'è il fatto che sono talmente avvincenti che finito di leggerli verrebbe voglia di rileggerli da capo e poi ancora).
Ciao, alla prossima.
Mi piace leggere i tuoi commenti, non sono mai banali, e graffi sempre come un gatto che avevamo in casa quando ero un ragazzo. Non era mio, ma di mio fratello, ma lo usavo io. Veniva a dormire nella mia stanza, cioè di notte ci provava a dormire nel mio letto. Rra un gran paraculo perché entrava sotto le coperte, tenute aperte da me che ero suo complice e si distendeva con la pancia su un mio fianco allungando le quattro zampe e iniziando a ronfare. Quando arrivava mia mamma, che faceva finta di cercarlo e lo chiamava "Fuffi, dove sei esci fuori, lo so che sei qui", lui smetteva addirittura di fiatare, e quando mia mamma sollevava le mie coperte avessi visto che muso da figlio di zoccola che faceva, come uno che dicesse, passavo di qui. Un campione assoluto, ma graffiava quando meno te lo aspettavi. Indimenticabile.
EliminaSulla lunghezza dei 12 hai ragione, ma io confido sulla qualità dei miei lettori, capito micione?
Ciao, alla prossima.
Ciao Vincenzo!
RispondiEliminaAggiornamento sulla situazione che ti pensiamo sempre,ovviamente se l'argomento in questione non ti provoca ulteriore incazzatura :DDD
Buona serata
Stiamo aspettando che le pompe succhino quanta acqua possibile sia da ciucciare. Adesso si è manifestata anche una bolla d'acqua "horribilis" in un angolo della cucina, si sentiva aumentare l'umidità, tanto che lo zucchero nella zuccheriera si era bagnato. Devono adesso prendere un appuntamento con noi e venire a sbaraccare anche in cucina. Noi dormiamo da nostra figlia, ma da mangiare e il resto lo facevamo in casa nostra; se ci levano anche la cucina per un paio di settimane dovremo pensare seriamente a una soluzione definitiva, perché l'assicurazione della casa paga i danni al proprietario ma non i nostri disagi e non l'albergo. Io non pago affitto fino a che la casa non è a mia disposizione, questo è quello che ci guadagno io, secondo loro.
EliminaIn questo le leggi tedesche sono carenti.
Posso cercarmi un altro appartamento e andarmene dall'oggi al domani, ma tutti i costi del trasloco, la cauzione e il resto sarebbero a carico mio. Un bel casino e adesso sta arrivando natale, che complica la vita, non solo dal punto di vista morale -il natale era il momento di incontro DA ME A CASA MIA di tutta la famiglia, da sempre- ma anche materiale, c'è un po' di casino da tutte le parti e io e mia moglie odiamo dare fastidio ai figli.
Un gran bel casino.
Grazie dell'interessamento, Claudia.
RispondiEliminaInsomma sei ancora in alto mare,speravo che almeno si fossero dati una mossa per risolvere in tempi più'brevi la situazione,mannaggia quanto mi spiace per il vostro Natale totalmente diverso dagli altri anni,oltre al disagio enorme qui ci sono di mezzo le tradizioni di una famiglia..davvero un gran casino
Ciao Vincè,su di morale mi raccomando,ti auguro si trovi una soluzione al più'presto
A presto :DD
Io sono uno che si spezza ma non si piega, almeno questo è stato il credo della mia vita. Stavolta però mi tocca imparare in fretta a piegarmi per non spezzarmi, guarda un po'.
EliminaGrazie di tutto. :DD
Ciao Vincenzo,
RispondiEliminami aggiungo agli auguri di Claudia; mettila cosi,
ora hai una esperienza di vita in più :D
certo ne avresti fatto volentieri a meno ma...
se dovesse capitare ancora ora sei "scafato" =D
una stretta di mano.
Riccardo
Grazie per gli auguri, grazie per la stretta di mano, grazie del pensiero, ma che te possino mi vorresti scafato se ricapitasse?
EliminaT'aripossino Riccardì:DD
Ma sì, ho fatto un'esperienza in più, non gradevole, ma non sempre le cose sanno di zucchero, qualche volta d'aceto.
Ciao Riccà
Enzo
ah ah ma no dai, è per cercare di sdrammatizzare e tirarti su ;-)
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