Oggi pomeriggio ho ricevuto una mail da Silvia, con due splendide foto di uccellini: un Codirosso spazzacamino ed un Cardellino. Che strano! I passeri tedeschi sono coloratissimi, non come la maggior parte dei passeracei nostrani. Mi sono automaticamente alzato dalla mia scrivania per andare alla finestra, da dove si vede la casetta invernale dentro cui mettiamo il mangime per i nostri piccoli amici.
Qui nevica e nevichicchia da quindici giorni. C'eravamo finora salvati dal ghiaccio, ma stanotte la temperatura è scesa a -12° e durante il giorno non è salita oltre -7°. Il prato intorno alla nostra casa è completamente ghiacciato. Sopra ci nevica ancora abbondantemente: ormai saranno oltre 3o centimetri. Rimane oramai pochissimo verde: sotto la siepe sempreverde di bacche rosse, e sotto i due abeti ultraquarantenni che stanno ai due lati del garage.
Di uccellini nemmeno l'ombra, come quando in alto veleggia un falco, il pirata predatore sempre pronto a colpire. Ma il falco se ne sta anche lui a casa sua con questo tempo. Perchè allora non vengono almeno spinti dalla fame? Perché fa troppo freddo e se ne stanno immobili, conservando energie.
Stavo per andarmene quando ho visto una biglia nera muoversi sotto la siepe sempreverde: movimenti strani, come piccoli saltelli. Guarda e guarda, finalmente sono riuscito ad intravedere attraverso l'intrigo degli arbusti semighiacciati e rigonfi di neve fresca. La biglia nera aveva un becco giallo da una parte, e dalla parte opposta penne caudali, tenute basse, ammainate. Il proprietario della pastura, del prato quando è bello verde, un merlo che ormai tiene la posizione da oltre tre anni.
Se ne stava al riparo della siepe, facendo dei piccoli salti per arrivare a cogliere una bacca, che poi inghiottiva con una certa fatica. Teneva le sue penne idrorepellenti tutte gonfie perché formassero un cuscinetto d'aria protettivo, per mantenere il calore corporeo. Ogni tanto dava dei poderosi colpi di becco sul terreno per smuoverlo e cercarvi qualche vermetto, qualche insetto; ma quel poco di terra ancora non coperta dalla neve era talmente gelata da sembrare una lastra di cemento a me, che stavo dietro i vetri della finestra al caldo. Dal suo punto di vista il merlo nel gelo non si dava per vinto e martellava il suolo, per poi tornare sconsolato al suo saltino, alla sua bacca durissima, ai suoi sforzi per ingozzarla.
Ci conosciamo da un pezzo io e Cirillo -l'ho chiamato così- da almeno tre anni e mezzo; oramai non scappa più quando mi affaccio alla finestra, solo mi tiene un attimo d'occhio, poi ricomincia a lavorare. Perché è un grande lavoratore: parte con la prima luce del giorno e finisce quando il buio si impossessa di tutto. Dieci ore d'inverno, più di diciotto d'estate. Non demorde mai. Scava e scava, e quando ha afferrato un lombrico inizia a tirare, a volte tira per qualche minuto, perché il lombrico non collabora, anzi si attacca al sottosuolo con tutte le sue ventose e tira dalla parte opposta. Una sudata bestiale! Ma alla fine Cirillo lo estrae completamente, lo spezzetta e se lo divora in pochissime ingozzate.
Dai Cirillo, sei forte! Quante volte gliel'ho gridato. Sembra che mi capisca, perché raddoppia gli sforzi e finita la pappata si fa un voletto sotto la mia finestra come un centravanti quando ha segnato un bel gol che corre sotto la sua curva per esultare coi suoi tifosi.
Guai se un concorrente, un altro merlo oppure anche una femmina -sono più piccole, non nere, con un becco giallo paglierino- entra nel suo campo: schizza come un missile a volo radente ed estromette l'intruso senza tanti complimenti. Quando il falco vola alto intorno alla nostra casa Cirillo resta vicinissimo ad uno degli abeti: becca per terra e guarda in su con un occhio per volta; aggancia la coda del lombrico e guarda in su; tira il lombrico e guarda in su; se lo mangia e guarda in su. Ti ho fregato, sembra dire.
Smette di lavorare, si colloca sopra il nostro garage e lascia che un altro merlo pascoli sul suo prato nella stagione degli amori. Guardo bene e vedo che non è un maschio. Cirillo sta facendo dono alla sua sposa della cosa più preziosa che ha, il suo prato. Per tutto il giorno lei becca e lui la guarda, poi scende la sera e se ne vanno tutti e due tra il fogliame dell'abete.
Questa non è una favola, è la storia della vita quotidiana di Cirillo.