Questo è il titolo di una cronaca biografica che Indro Montanelli scrisse nell'agosto del 2001 per il "Dizionario biografico degli italiani". Vi raccontava la vita e le opere di Augusto Guerriero, che quelli della mia generazione hanno conosciuto con lo pseudonimo di Ricciardetto.
Mio padre nel marzo del 1950 arrivò un sabato a casa con una rivista nuova di Mondadori, EPOCA; non era il primo numero, ma uno dei primissimi. Credo sia stato il primo rotocalco moderno edito in Italia, con tantissimi servizi fotografici. Era quello che interessava mio padre, appassionato fotografo dilettante, il primo artista della famiglia.
Ricordo che sfogliai distrattamente quella rivista. Trovai un articolo di politica estera in una delle prime pagine; mi piacque il nome dell'autore, Ricciardetto, così lo lessi. Fu una lezione di concisione e di coerenza letteraria. Avevo pensato fino allora, da bravo liceale, che così potesse scrivere solamente un autore latino, uno come Tacito, Plinio il vecchio o Tertulliano. Da quella volta non ho mai mancato di leggere il pezzo di Riacciardetto e la rubrica che subito dopo intratteneva coi suoi lettori, che gli scrivevano mucchi di lettere. L'aveva intitolata "Conversazioni con i lettori".
Proprio questo è il motivo del blog odierno. Ricciardetto rispondeva a tutti, perfino ai comunisti che lo insultavano sempre; non era fascista, era un liberale assolutamente anticomunista convinto. Rispondeva a tutti, confutando e ribattendo con argomenti che non traballavano mai, tanto erano lucidi e logici; era infatti un esimio giurista, come ho appreso dopo la sua morte, e a volte polemizzava con lo stesso scrivente anche per diverse puntate. Insomma era duro, ma corretto a patto che chi scriveva non facesse errori di grammatica o di sintassi. Allora diventava caustico, addirettura pedante: bacchettava il malcauto scrittore anche pesantemente dandogli dell'illetterato, quando era in buona luna, per arrivare a definirlo ignorante e stupido, quando aveva la luna storta; e questo avveniva il più delle volte.
Mi è venuto di pensare alle risposte ai lettori di Ricciardetto su Epoca, leggendo una mail, che un tale A.R. ha spedito alla nostra amica Fuma in risposta ad un suo intervento su "Italians" di Severgnini di qualche giorno fà; là dove Fuma fa riferimento a quel tale onorevole leghista che si scandalizzava per come Anna Frank nel suo diario parlasse delle parti intime femminili, e ne chiedeva la messa al bando dalle nostre scuole.
Mi sono detto: come avrebbe reagito Ricciardetto nel ricevere questa lettera? Per meglio dire, come avrebbe chiosato questo testo nelle sue Conversazioni, posto che pubblicava tutto quel che gli veniva indirizzato?
Proviamoci, e speriamo che Augusto Guerriero non si giri nella tomba.
Scrive A.R.: "Quando parla in quel modo che Lei (sic) riporta, immagino fedelmente, quell'onorevole di onorevole ha poco; o d'intelligente." Innanzi tutto ci si rivolge ad altri usando il pronome con la maiuscola in una lettera privata, per il resto va bene il corsivo. In secondo luogo il punto e virgola dopo "ha poco" non va, basta una virgola. Infine non si usa mai elidere con un apostrofo "di intelligente"; pertanto il suo modo è sbagliato, errore blu.
Continua A.R.: "come poco d'intelligente, al di là del trito, ha il commento del Severgnini."
Per l'apostrofo abbiamo già detto, altro erroraccio blu. "Al di là del trito" non significa niente, mai quello che intendeva scrivere lei. Si usa dire al di là dei monti, degli alberi, della siepe, della strada eccetera; volendo intendere che il commento di Severgnini (non del Severgnini, non è il Pascoli, il Carducci, il Boccaccio o il Manzoni) non è niente altro che la solita aria fritta, non c'è bisogno di andare al di là di niente, all'infuori della decenza come ha fatto lei.
Insiste A.R.: "Basta essere al corrente di quel che succede in giro qua e là nel mondo". Se lei dice in giro ha già chiarito il concetto, non occorre dire qua e là, che è la stessa cosa; pertanto lei ha scritto quel che succede in giro in giro, oppure quel che succede qua e là qua e là, a suo piacere. Pessimo.
Continua A.R.: "non solo poco al di là delle coste orientali del mediterraneo, per sapere che cose simili stanno accadendo oggidì". Lei voleva forse parlare di ciò che avviene nell'entroterra delle coste libiche, immagino dato il contesto. Orbene, egregio signore, quelle sono le coste ORIENTALI del continente africano, non già del Mediterraneo: le coste orientali di questo mare sono quelle croate, quelle albanesi, quelle greche, quelle turche, mentre quelle cui allude lei sono le coste OCCIDENTALI di detto mare. Zero in geografia.
Insiste A.R.: "Si è trovato il modo facile perché certe cose, come sembra affermare il Severgnini, è vero che non vogliamo riviverle più". Il modo facile di fare cosa, signor A.R.? Sa almeno lei cosa sta dicendo? Penso di no, credo che si sia incartato con le sue stesse parole, non ho detto concetti badi bene.
Ancora A.R.: "Proprio come PioXII, noi, quasi tutti, come Severgnini, guardiamo altrove. È orribilmente (sic) facile puntare il dito ad altri." Sugli altri, amico, contro gli altri.
Conclude finalmente A.R. con un P.S., che trascrivo integralmente per la gloria dei posteri: "non credo sia realistico, e di gran lunga, dire che ci possa essere alcun partito cui sia cara, se non opportunisticamente o per interesse personale, la preziosa lingua dei segni".
Questo inciso non merita commenti, è troppo bello per guastarlo con una qualsivoglia nota.
Ricciardetto sarebbe stato ancora più salace, sarebbe stato spietato con un saccente che vuole esibire una cultura che non gli appartiene.
Mi accorgo di avere scomodato Ricciardetto per un simile caprone, mi scuso con Augusto Guerriero. A mia discolpa gli mando a dire, parafrasando Cicerone "Mihi Ricciardetto vivit, semperque vivet". ´Spero di averne placato l'anima.
Grazie, Vincenzo, mi hai fatto iniziare la giornata con una bella risata! Che poi, quel tizio, ha appioppato a Severgnini concetti che lui non ha mai espresso, anzi Severgnini ha ribadito che non bisogna scordare e che è indispensabile insegnare la storia ai giovani affinchè ciò non avvenga!
RispondiEliminaQuando leggo un testo con un errore o anche solo qualcosa che stona, mi viene fastidio come quando una mosca mi gira davanti al naso. Ma ciò che più mi fa incazzare è quando gli errori li trovo (non raramente) negli scritti di un giornalista o nella traduzione di un libro, cioè quando sono fatti non da gente normale come me, ma da professionisti pagati per scrivere, se non bene, almeno correttamente.
RispondiEliminaGiusto ieri, nel leggere "Un uomo nel Buio" di Paul Auster, trovavo questa frase: ops, il libro è in auto e l'auto è con mio figlio. C'era un tempo verbale che secondo me era sbagliato, ho avuto consolazione da mia figlia (OK,mamma..)e ora volevo avere il vostro parere. Va beh.
Già che siamo in tema, Iaco, il tuo "ed a volte" mi ha fatto l'effetto di una zanzara sul braccio. Ciao!
Centro perfetto Fuma! Hai affondato un cacciatorpediniere. Brava! Non volevo che la zanzara continuasse a pungere il tuo braccio ed ho corretto.
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