La parola composta Tatort significa in tedesco luogo dell'accadimento, e quindi come in questo caso luogo del delitto.
IL FATTO
1.
E così sono stato ucciso!
In quel corpo disteso per terra
dentro un bosco,
(vederlo lì bocconi
e inerte
mi fa perfino pena),
con la testa infilata tra sterpi e pietre,
tutto sporco di sangue,
lì dentro dunque
stavo io
per quaranta anni e passa.
Addosso gli sta l'autore del delitto,
la pietra lercia di sangue
ancora in mano:
aspetta da quelle membra
rattrappite
una qualsiasi mossa per colpire
di nuovo, più forte ancora.
Sul collo lo tocca:
segno di vita non trova.
Getta
la pietra allora
e tutto intorno si guarda.
Sassi raccatta e rami secchi
per buttarglieli sopra,
per nasconderlo un po'.
Poi di un passo indietreggia
e di nuovo
tutto intorno si guarda, e se ne va,
sicuro
senza fretta, lungo il sentiero,
lentamente
senza voltarsi mai indietro.
Io sempre al fianco gli rimango
e intensamente ogni
sua mossa osservo;
però a vederlo non riesco in faccia.
È alto,
veste bene, accurato,
camicia e cravatta,
scarpe di marca.
Un cappello di feltro a falde flosce,
un impermeabile chiaro
che rassomiglia
tanto a quello che indossavo io.
Guanti calza di pelle nera,
alzato tiene il bavero
e un foulard di seta gli
copre la faccia
fino agli occhi.
Non mi pare
di averlo mai incontrato:
questo qui deve
essere un sicario
venuto per colpire, per ammazzare,
e qualcuno per questo
lo ha pagato.
Una moto incontro ci viene
coi fari accesi,
abbastanza veloce su per il sentiero.
Subito si nasconde
il killer dietro un albero.
Un giovanotto con la giacca rossa
di pelle, senza casco in testa,
guida la moto.
La sua ragazza si appoggia
alla sua schiena,
lunghi capelli liberi
nel vento.
Appena passano cerco
il sicario: è sparito,
non lo vedo più.
Immediatamente mi sposto
accanto al corpo dell'ucciso
(non ho bisogno di camminare
per i miei spostamenti, né di volare:
basta che io voglia e sono subito altrove).
Rapida la moto passa oltre,
arriva poco più su, poi il ragazzo
la ferma; il fascio luminoso
si spegne. Ora è
di nuovo buio,
ma qualcuno
rovescia le tasche del morto.
Un vagabondo,
uno straccione che porta via un anello
con brillante da tre carati,
un Omega d'oro da 4.000 euro,
il portafogli e le scarpe.
Quando scappa
inciampa
nei sassi sporchi di sangue,
e fa un gran casino.
Spaventa a morte quei due
ragazzi là sopra,
che sono intanto scesi dalla moto.
Mi sposto da loro.
Lai sta appoggiata con la schiena
a un albero,
la gonna tirata su fino all'ombelico,
le mutande giù fino a sotto le ginocchia,
e lui sta sbracato
di fronte a lei
col grosso pene eretto.
Ma la ragazza non ha più voglia di scopare.
"Andiamo via, dice; c'è qualcuno".
E subito le mutande su si tira
e giù la gonna.
Lui è molto giovane e impacciato:
non protesta nemmeno.
Si arrangia coi calzoni
come può,
più svelto che può,
e in qualche modo
ricaccia dentro il suo pene
ancora eretto.
Saltano sulla moto e vanno via,
con lei che intorno si guarda
e batte i denti.
Scende pian piano il ragazzo,
per un momento illumina
il corpo a terra,
un attimo soltanto
ma che al ragazzo basta.
"Vai via, vai via di qui", lo supplica lei,
ma lui è già fermo.
Guarda fisso in quella direzione
ma non si avvicina.
"Non è normale".
"Che cosa non è normale?"
"Con questo freddo quello
se ne sta sdraiato sotto un albero".
"Andiamocene! Fai come ti dico".
"Forse sta male; non si muove nemmeno".
Solleva la moto sul cavalletto
e scende, ma non fa un passo avanti.
Deve avere una brutta fifa addosso,
però non ci mette tanto a capire
come stanno le cose;
dirige allora il fascio
di luce
sull'immobile corpo.
"Cristo! Ma quello è morto!"
"Come lo sai?"
"Non vedi quanto sangue? dice lui;
e non ha nemmeno le scarpe".
"Allora è un vagabondo,
qui in giro è sempre pieno".
"Sì, però questo è un vagabondo morto,
morto ammazzato".
Riparte subito,
con lei seduta dietro.
Questa volta guida più svelto
fino alla cabina del telefono,
giù in fondo ai margini del bosco.
Gli sto vicino
quando chiama la Kripo.
Dice nome e cognome,
scandendo bene le lettere,
e quello che ha trovato
là di sopra.
"Sì, resto qui", risponde,
e riattacca il telefono.
La sua ragazza è infelice adesso:
mette in ordine la gonna,
che è di nuovo salita
un po' troppo.
Tiene il muso lungo fino ai piedi:
maledice di sicuro
l'idea di venire nel bosco
questa sera
per farsi una sveltina.
La Kripo si sente da lontano
con tutti i suoi suoni di sirene e trombette,
e da lontano si vede
con le sue luci intermittenti blu.
Ma forse adesso ho perso
molti dei sensi che avevo prima
quando in quel corpo stavo;
chissà, forse anche tutti quanti.
Può darsi invece che adesso
riesco a concentrarmi
su quelle cose
che prima
non erano importanti,
che nemmeno vedevo,
che neppure ascoltavo.
Adesso per esempio rimango
ad ascoltare
il suono dei pensieri della ragazza
con la minigonna:
il suo desiderio soffocato,
e l'ira per il suo amico
che a fare l'eroe sta giocando.
Rimango pure ad ascoltare
il trambusto della paura e dell'ansia
nel cuore del ragazzo
con la moto:
resta lì, ma si piscia addosso
dalla tremarella.
Per questo non mi accorgo
che i poliziotti sono arrivati;
ma dopo pochi minuti
c'è più luce e più gente
in questo angolo di bosco
che al Luna Park nei giorni di festa grande.
Piantano fari tutto intorno,
tutto cercano e tutto
tastano e fotografano.
Un gruppo con un nastro
plastificato bianco e rosso
recinta la zona.
Dischetti numerati depone un altro gruppo:
accanto al sasso sporco di sangue,
a un ramo spezzato, e a chissà cosa ancora,
uno, due, tre e così via.
Qualcuno scatta foto,
atri scrivono,
e tutti parlano nel telefono portatile.
Girano intorno a quel corpo,
vanno, vengono, rivanno
e poi di nuovo ritornano indietro.
In mezzo a loro c'è uno che sembra
essere quello che comanda:
appartato se ne resta
senza dar l'aria di far niente,
ma tutti
ogni cosa a lui riferiscono,
tutto gli fanno vedere
quello che trovano,
e lui tutti ascolta
e poi con cenni brevi della testa
indietro tutti rimanda.
Il Comandante comincia a parlare
coi due ragazzi della moto.
A voce bassa fa le sue domande:
"Che facevate qui?"
"Vi conoscete da tanto?"
"Di dove siete?"
"Tu che lavoro fai?"
"Apprendista meccanico."
"E tu?"
"Io non faccio niente,
volevo dire che vado ancora a scuola."
"Perché, quanti anni hai?"
"Sedici, quasi fatti."
"Stai attento tu a portarla nei boschi,
ché questa è minorenne."
Gli prende un braccio,
negli occhi lo guarda, che sono grandi
e pieni di paura
in tutta quella luce.
"Dimmi quello che hai visto."
"Ho viso anch'io", dice minigonna.
"Va bene: tu confermi se è il caso,
oppure lo correggi."
Il ragazzo gli racconta
quel poco che sa:
del rumore che hanno sentito,
come qualcuno che inciampa,
cade e poi scappa:
e del corpo che poi ha visto
disteso per terra.
Il Comandante subito via li manda,
ha altro per la testa adesso.
Agli uomini chiede se documenti
hanno trovato,
qualunque cosa per identificare quel corpo
e dargli un nome.
Qualcuno fruga ben bene nei vestiti
e porta di corsa
al Comandante
un portamonete mezzo vuoto.
Lui ne tira fuori
una scheda gialla di plastica:
il tesserino di socio dell'ADAC.
Così adesso sanno che nome dare
a quel corpo.
È facile come un gioco
trovare l'indirizzo.
Il Comandante chiama un paio di uomini
e vanno via insieme sgommando
con una macchina veloce.
Ancora un po' rimango
a guardare quel corpo tutto imbrattato.
Lo hanno girato sulla schiena, e stanno
per portarselo via
in una grigia bara di lamiera.
Prima però devono infilarlo
in un sacco di plastica nero con cerniera.
Guardo la faccia del morto,
e mi sorprende vederla
così serena,
rilassata.
Non c'è traccia di orrore,
né di strazio:
è la faccia di un uomo che ha pagato
il suo prezzo al destino
e in pace è adesso.
È la faccia di chi è libero
da un peso,
da un rimorso,
che so io, da una vendetta
incombente.
È la faccia di un uomo
che non è più infelice.
La guardo ancora a lungo
quella faccia,
e quasi mi sembra
ci non averla vista mai.
(continua)
Ciao Vincé!!
RispondiEliminaCiao Soffio, ben entrato!
EliminaCiao Vince'
RispondiEliminaIn attesa di entrare nell'aldilà 'qualunque sia la destinazione nella speranza che non ci sia fregatura
Incuriosita da questo racconto criminal minds aspetto di conoscere il seguito
Buona serata :D
Lo spero anch'io, che non ci siano fregature intendo, ma non si sa mai...
EliminaIl seguito arriverà, tranquilla.
Buona serata anche a te. :D
Ciao Vincenzo!
RispondiEliminaLetto tutto di un fiato, saltando come il morto da un punto all'altro della scena.
Nella migliore tradizione dei gialli ambientati nella provincia italiana, anche se con un titolo tedesco, resto in attesa del resto.
Un abbraccio!
Vedremo se riuscirò ad interessarti anche con il seguito.
EliminaRicambio. Ciao.
uff! mi sono presa del tempo per venire a leggerlo con calma, avevo intravisto il Vincenzo "giallo" e dovevo fini de preparà la cena..vengo dopo me so detta...e dopo è arrrivato a quest'ora della notte. mo vado a letto..con questa strana sensazione di incompiuto, de pena pe st'omo che se vede morto e non capisce perchè..de sto racconto in versi che lascia da pensà. A presto Vincè. non lo so perchè, o forse si, ma de na cosa so certa. Non ce deluderai.
RispondiEliminaSpero tanto di non deludere nessuno dei miei assidui lettori.
EliminaIl racconto in versi doveva nel mio immaginario essere un poemetto, più che giallo nero. L'ho cominciato tanti anni fa e adesso lo finirò, dopo una stralunghissima pausa.
Ripeto: spero di non deludervi.
Ciao Mariagrà.
Il titolo mi aveva fatto pensare a un vecchio poliziesco tedesco. E in effetti...
RispondiEliminaUna volta le storie di killer avevano per me qualcosa di affascinante, adesso mi fanno solo accapponare la pelle. Il leggendario alone dato loro dai film lascia il posto a ciò che sono nella realtà: misere belve schifose che spengono vite umane in cambio di merdoso denaro. Proprio ieri, poi, leggendo l'autobiografia di Salman Rushdie, mi sono imbattuto nel peggiore: un fanatico caprone di merda che cercò di far fuori l'eroico e nobile editore norvegese Nygaard. Per fortuna facendo cilecca!
"Tatort" è una serie di gran successo della ARD. Sono stati e sono tuttora tantissimi i commissari che indagano, e le storie mai banali, insomma nessuna americanata.
EliminaMa non mi ha dato l'idea la serie, piuttosto una mia vecchissima idea di un romanzo raccontato dal morto.
Non credevo fosse una novità, per cui l'ho fatto in versi sciolti, senza rima.
In un mio vecchio racconto, dove c'era un angelo, Miricron, che aveva perduto banalmente le ali per essere sceso su Berlino a cavallo di una bomba di 1000 chili di tritolo americana, costui a chi gli chiedeva perché mai parlasse in versi risponde che all'altro mondo si usa così.
Anche questo avevo nella testa quando ho iniziato a scrivere Tatort.
I Killer sono una razza schifosa, ma esistono e bisogna prenderne atto. Peggio del killer c'è solamente il mandante, che nemmeno si sporca le mani.
Ciao amico mio.
Perfettamente d'accordo a proposito dei mandanti.
EliminaCiao carissimo!
Mai messo in dubbio.:))
EliminaCiao.
Ciao Vincenzo,molto simpatico questo racconto ,originale e ben scritto come sai fare tu.Sai a volte le persone scrivono molyo bene ma non cela fai a leggerle perchè sono noiose .Tu non sei fra queste.Complimenti e ...al seguito!
RispondiEliminaL'incubo di ogni scrittore è che i suoi lettori chiudano il libro dopo una ventina di pagine. A me finora è andata bene.
EliminaCi si risente.
Un racconto poliziesco scritto in versi ...
RispondiEliminadovesse anche -malauguratamente- indurre sonnolenza o altri effetti collaterali sgradevoli,
meriteresti comunque un premio per l'originalità della forma di scrittura!
bella l'idea di mettere come io narrante l'anima del morto
mi spieghi però il motivo, se c'è, per cui nella seconda parte hai messo la forma verbale alla fine della frase?
cos'è l'adac? la nostra aci?
Nella risposta che do a Nik c'è spiegato uno dei tanti motivi per cui l'ho scritto in versi. In effetti mi allettava l'idea di scrivere un poemetto, non un poliziesco.
EliminaNiente male come idea, no?
Mi ci è andata da sola e l'ho lasciata così. Non c'entra niente la lingua tedesca, mi è proprio piaciuta così come è venuta.
A.D.A.C. per esteso "Allgemeine Deutsche Automobil Club", appunto la nostra ACI.
Ciao, donna che parla nel sonno:))
Buonasera Vincenzo,
RispondiEliminaho letto tutto d'un fiato,
per un attimo ho pensato non sarà stato lui(cioè tu) ad aver commesso il fatto,
poi ho creduto che invece avessi assistito al fatto,
poi, e se invece fosse morto e poi tornato in vita?
La Kripo?
La Kriminalpolizei, cioè la polizia criminale tedesca, mi hai fatto anche studiare, certo mi sono informata perchè non conoscevo cosa fosse.
Mi son chiesta anche se fosse accaduto in Italia a quei due poveri ragazzi cosa sarebbe successo?
Bel racconto,
e che te lo dico a fà, aspetto il seguito.
Salutoni
La Spia
No, è il morto che racconta, da morto, quello che sta succedendo dopo che è morto.
EliminaQuei due poveri ragazzi sarebbero stati immediatamente arrestati e portati in galera, magari se fossero stati colpevoli li avrebbero scarcerati il giorno dopo e mandati ai domiciliari, magari in un hotel a quattro stelle sulla costa amalfitana; mentre invece se fossero stati innocenti li avrebbero trattenuti per accertamenti.
Qualcosa di nuovo da noi?
Salutoni a La Spia.
È sempre un piacere leggere i tuoi pezzi... :)
RispondiEliminaCiao Enzo. :D
Ti ringrazio, fratellino. È sempre un piacere ricevere una tua visita.:))
EliminaCiao Manuel. :D
Un morto che racconta il suo omicidio, bello, entra in campo una narrazione distaccata, un pò irreale, in particolare nella descrizione dell'abbigliamento del sicario. Guarda che il prologo è molto promettente non ti puoi permettere un finale senza colpo di scena. E' un piacere leggerti, Ciao
RispondiEliminaVedo che da artista hai di nuovo fatto centro: OK collega!
EliminaIl finale l'ho in mente e non l'ho ancora scritto, ma chi mi ha letto finora sa che i miei finali non sono mai banali, almeno mai prevedibili. Ho fatto incazzare più di una persona, che volevano un finale diverso, meno cattivo.
Ciao.