Mia figlia Monica e i miei due nipoti da Roma avevano l'aereo di ritorno domenica 9 febbraio alle 14,55. Non si poteva fare la grande mangiata il giorno del mio compleanno. Allora abbiamo ripiegato, si fa per dire, sulla cena di sabato 8 in un eccellente ristorante greco a Kandel. Dai greci si stramagna, ci si ingozza se si vuole. Basta accettare le portate e infilare la forchetta sui cibi e poi portarla alla bocca. E alla fine non mi è costata una cifra, tuttaltro.
Tornati a casa mia abbiamo tutti aspettato non la mezzanotte, ma l'una e dieci minuti esatti, perché quella è l'ora in cui sono arrivato io su questo pianeta ottanta anni fa.
Consentitemi di fare un'amara considerazione. Il destino è beffardo e a volte vigliacco: mentre io insieme ad un branco di gaudenti stappavo il mio champagne, dono di Kim e Cristina, un Dom Perignon d'annata, probabilmente alla stessa ora alcune centinaia di chilometri oltre le Alpi svizzere rendeva l'anima a Dio una persona cara, un mio quasi coetaneo, lasciando un grande vuoto intorno a sé. L'ho chiamato destino, ma purtroppo questo è il senso della vita.
Sbevazzato il Dom Perignon sono arrivati i regali, sontuosi stavolta. Per ultima una busta A4 da parte di Cristina con uno di questi cartoni grandi con fiori e all'interno scritta su entrambe le parti, a sinistra una poesia in tedesco molto bella, piena di affetto e a destra in italiano. Tutti aspettavano che io leggessi e io invece perdevo tempo, finché Cristina non si è incavolata.
"Leggi, nonno, sta cavola di lettera".
Leggo e c'è scritto che quello era il mio regalo, cioè un volo Karlsruhe-Roma e ritorno, in modo che io potessi stare là il giorno del mio ottantesimo.
Carinissimo!
Il problema era che io volevo portare con me Anna Maria, ma lei aveva rifiutato già ai figli e ai nipoti. Mi sono agitato, mi sono incavolato e infine mi sono incazzato di brutto, ma non si schiodava. C'è voluto l'intervento di mia nipote Barbara, che le ha ricordato che una volta Anna Maria le aveva promesso che il primo volo lo avrebbero fatto insieme (non ne sapevo niente); poi è intervenuta mia figlia Monica ricordandole che anche a lei aveva fatto una volta la stessa promessa (e nemmeno di questo naturalmente sapevo niente). Così si è convinta.
In mezzora ha preparato -leggi HO preparato- il mio troller con tutta la nostra roba, è salita sull'auto del primo a disposizione e siamo arrivati al terminal di gran carriera.
Temevamo tutti che chissà come avrebbe reagito sull'aereo, invece era calmissima, circondata dal parentame nei posti prioritari là davanti a tutti, per via che Mauro ha gambe lunghissime e cerca spazio. E comunque c'erano posti da regalare, ma in aereo adesso devi stare al tuo posto durante decollo e atterraggio, poi puoi andare a deporre le tue chiappe dove ti pare.
Volo tranquillo al di sopra delle nuvole con qualche turbolenza sulle Alpi, come sempre.
A Roma il gran casino cui non sono più abituato. Penso che mi occorrerebbero un paio di giorni non di più per rientrare in sintonia con questi scalmanati, basta fare il contrario esatto di quello che faccio quassù, cioè basta dimenticare tutte le regole e guidare la cavalla selvaggia del West in mezzo ad altre selvagge come la tua. Dopo un po' ci si adatta. In fin dei conti da questo traffico provengo.
Monica è partita subito col treno e noi abbiamo impiegato in macchina dalla Stazione Termini fino ad Ostia Mare il tempo che il suo treno arrivava a Bologna.
Abbiamo cenato in un ristorantino carino -mangiando io un rigatone all'amatriciana da urlo, ma niente carciofi alla giudia perché erano finiti, cavolozzo fritto!- poi ce ne siamo andati a letto, sperando nel domani, perché i nostri telefonini promettevano bel tempo.
Invece niente. Pioggia di quella buona e dispettosa, per cui solo il tempo di fare una colazione frettolosa a base di cornetti con la crema e accontentiamoci tirando giù moccoli. Verso le undici e mezza si parte per Civitavecchia, dove certamente farà bel tempo. Si schioppa di caldo, questo sì, ma piove come Dio la manda così tutto si riduce ad una visita ai due cimiteri per salutare chi mi stava aspettando da un sacco di tempo, poi di corsa a casa di mia cognata, la mamma di Barbara, che ha cucinato per noi. Ottimamente come sempre. Di lì a casa dell'altra mia nipote che non vedevamo da tre anni e poi di sera si rientra in mezzo agli spruzzi. Non siamo potuti nemmeno scendere per il lungo mare nuovo che va dal Forte Michelangelo a Borgo Odescalchi, cazzarola, dove io ho consumato suole di scarpe nuove per anni cercando pollastrelle ed evitando le galline loro madri che non mi vedevano di buon occhio e mi avrebbero beccato via il cervello se mi pigliavano.
Ma domani, martedì, ci rifaremo perché il tempo reggerà di sicuro.
Mai dire mai. Il tempo è ancora più schifoso di ieri e tutto si riduce a grandi pappate: colazione nella pasticceria siciliana con cannoli siciliani con la ricotta e i canditi (mamma mia, non li mangiavo da una vita); poi si va a pranzo in un localino dove fanno tutte fritture di pesce e lì il pesce è freschissimo, mica come da noi. Seppiette, gamberi, un polpetto e n'antra bestia che non ho capito ma che era bbona assai. Bevuto un bicchiere dei castelli bianco ambrato -bbooono da moricce- poi si ritorna sotto l'acqua e si rivà a prendere la macchina per arrivare a casa. Una breve sosta, poi coi mezzi pubblici e cioè la metro zozza de Roma, dentro e fuori sudicia come mai in tre tappe: prima tappa all'aria libera Ostia Nord-EUR La Magliana; seconda tappa linea B La Magliana- Termini; ultima tappa 25 metri sotto terra (Anna Maria non lo sa e non glielo diciamo) linea A Termini-San Giovanni Via della Magna Grecia. Di lì a fette
fino a via Gallia e poi un'altra che non ricordo dove ha il suo laboratorio lo schiavo, cioè Enrico il marito di Barbara, odontotecnico raffinato, che per via delle tasse lavora oramai da solo essendo stato costretto a licenziare tutti per sopravvivere, ma si deve spanzare di fatica dalle sei della mattina (sveglia alle cinque e via un quarto d'ora dopo) per ritornare a casa alle 22, ogni giorno. Se questa è vita.
Da lì si va in macchina -guida Enrico- fino a Campagnano Romano sulla Cassia due, attraversando mezza Roma. Lì Cristina, la moglie di Mauro ha preparato una cena per panzoni romani, non per gente che viene dal Nord tedesco e che di sera mangia pochino da anni.
Insomma una gran faticata, perché la robba è bona e fa dispiacere lassalla nder piatto, ma quanno è troppo è troppo, che s'ha da fa? Alla fine Cristina, povera anima, ce fa "avete mangiato poco assai" che te dovemo da dì cocca mia?
Se ritorna sotto l'acqua che è stata la componente vincente della nostra vacanza e si va a letto per l'ultima notte romana o ostiense per essere precisi.
L'indomani mattina alle nove fa 16 gradi, niente vento solo sulla spiaggia, e , pensate un po', alle dieci e mezza viene fuori il miglior sole de Roma, lo possino ammazzallo, proprio adesso che ce ne stiamo andando. Ci vuole prendere per il sedere.
Uno spaghetto rapido buttato giù, poi via di corsa verso Ciampino ché alle 14,55 decolla il nostro volo.
Lasciamo Barbara molto dispiaciuta, Roma sotto un sole de estate, l'ariposseno ammazzà, e ci avviamo al nostro aereo. Anna Maria avanti a me come una veterana, ma io questo lo sapevo e glielo avevo detto. Nessun disturbo nel volo di ritorno, ha letto il suo giornale tutto il tempo, mentre il resto della famiglia a terra segue il nostro volo chi al PC chi al telefonino con un programma dove si vede sempre la posizione esatta dell'aereo. Una cosa carinissima sapere, magari dopo, che tutti sono stati lì a guardare come ti andava.
A Baden Baden c'è Alessandro che ci riporta a casa.
È stata un'esperienza meravigliosa. Ringrazio i miei figli e i miei nipoti che l'hanno organizzata.
Ho passato tre giorni magnifici anche se sotto la pioggia, ho svezzato Anna Maria che adesso già sta pensando al prossimo volo e non ho pensato alle quotidiane miserie.
Che cosa chiedere di più dalla vita?
Un Lucano, magari!
noooooo nun ce posso pensà stavi a Roma sti giorni? E poi io sto sempre da quei pizzi che mi fja abita a Ostia!! Ao so Ottanta campanelle eh?? Io so diventata nonna da un mese e mezzo de na creatura che pare esse scesa dar cielo Vincè..comunque amico mio so contenta pe te , pe er fatto che c'hai 80 anni e stai bene , pe il regalo che t'hanno fatto li familiari tua indice dell'amore che proveno pe te e puro perchè hai rivisto Roma..na bella cosa. Auguri ancora.
RispondiEliminaComplimenti nonna, ce ne fussero de nonne come a te noantri fussimo tutti nipoti tua
Eliminaah ah ah ah ah ah
Sto bene sì, quanno te sento sto mejo e allora fatte sentì.
Li parenti mia più stretti m'hanno fatto sta sorpresona, peccato er tempo, ma me so fatto na spanzata de aria bbona de mare e nparde magnate come dio commanna.
Ciao Mariagrà mantienite come sei pe te e pe Gaetano tuo.
Ciao Vincenzo!!!
RispondiEliminaCe emozione leggere del tuo viaggio a Roma mi sembrava di stare li con te,io l'ho girata in lungo e in largo e ci conto di tornarci ancora e quando lo faro lo diro' alla mia amica del piano di sopra che la voglio incontrare per un caffè!!
Belllissimo leggerti così felice la tua famiglia ti ha fatto un regalo indimenticabile
Tanti auguri!! Baciiiiiii
Ciao Claudia, bentornata!
EliminaGirata in lungo e largo non ho potuto proprio perché pioveva come piove solamente a Roma, a dirotto. Ma una rimpatriata fa sempre bene anche sotto l'acqua.
Grazie degli auguri. Ciao a presto.