Il signor Blog si scosse dal torpore, rinfilò le ciabatte e uscì a precipizio dalla sua stanza di lavoro, come la chiamava lui, la stanza dei sogni cretini e inutili come la chiamava sua moglie Luise. Inciampò subito sul tappeto nuovo prendendo la scorciatoia per arrivare al bagno, dove era già pronto l'annaffiatoio da riempire d'acqua.
Tornato indietro reggendo l'annaffiatoio con due mani, perché non cadesse nemmeno una goccia sul pavimento, passò davanti alla cospicua mole di Luise. Sentì il suo sguardo frugargli tra le rughe della faccia alla ricerca delle tracce dell'ultimo suo sogno. Il signor Blog fece alla moglie allora un abbozzo di sorriso.
-Le gardenie le faccio io. Tuonò lei e gli volse le spalle. Aveva visto abbastanza. Quell'allocco era di nuovo con le sue sporche fantasticherie sotto le sottane di chissà chi.
Un quattro di picche, pensò; niente altro che un quattro di picche.
Quante volte gliel'aveva sbattuta in faccia quella storia? Un'infinità di occasioni le aveva dato suo marito, che poi aveva sempre il coraggio di chiederle cosa dovesse significare quella sua teoria, che certi uomini sono solamente dei quattro di picche.
La carta più inutile del mazzo, la scartina per eccellenza.
"Conosci la regola del come quando fuori piove? -gli aveva chiesto una volta, che era stufa di vederselo davanti col naso all'insù e la bocca aperta- Le picche sono le ultime nella gerarchia dei semi. Il quattro è la scartina che non piglia mai, nemmeno buona a traversone in mano ad un incapace come te". Come a dire, in mano mia frutterebbe qualcosa.
I quattro di picche sono tutte quelle mezze pugnette che non ce la faranno mai nella vita a combinare un qualche cosa di utile, pensò Luise; solo a sognare di diventare un asso di cuori o almeno un asso di quadri, un fenomeno con le donne oppure un fenomeno a far denari.
Guardò Manfred intento a versare acqua sulle piante e trattenne a stento una risata.
Tu resterai per tutta la vita un quattro di picche, si disse rientrando in cucina.
Versava l'acqua cercando di non affogare le piante; intanto correva dietro alle sue fantasticherie. Ma quale asso di cuori, ma quale asso di quadri, Manfred rincorreva nell'Universo le sue vite trascorse. Ci credeva lui nella reincarnazione e pensava che quella volta gli doveva essere andata proprio buca, perché era nato piccolo, grassottello e non troppo intelligente, non quanto avrebbe preteso lui. Ci sono delle reincarnazioni intermedie, pensava lasciando cadere le ultime gocce d'acqua; come quando durante una corsa ci si deve fermare per riprendere fiato. Questa volta era toccato a lui, ma poteva solo sperare nella prossima, perché ci sarebbe stata una prossima, di questo era sicuro.
Gli sembrò che un po' della sua acqua fosse andata sulla loggia del piano di sotto. Non gli andava proprio di litigare con quella gente presuntuosa e si sporse un pochino per controllare. Gli sembrò che tutto fosse a posto sulla loggia sottostante. Volle controllare meglio e si sporse ancora di più. Un po' troppo sicuramente, perché perdette l'equilibrio e precipitò verso il basso: un bel volo dal quarto piano.
Dopo un po' si ritrovò seduto sopra un esile ramo di un albero della loro strada. Vedeva gente che si dava da fare intorno ad un corpo disteso sull'asfalto, il suo corpo. Si rese conto in quel momento che l'esile ramo che lo sosteneva nemmeno si stava flettendo. Capì di essere morto, ma non se ne rammaricò affatto. Pronto per un'altra reincarnazione, pensò; e speriamo che questa volta mi vada meglio.
Udì un richiamo ed incontrò tanti come lui che si muovevano nella direzione del richiamo. Sorrideva a tutti e tutti gli sorridevano. Finché non si trovarono in un grandissimo prato, senza vento, senza rumori. Si accorse allora Manfred che tutti gli altri gli somigliavano come gocce d'acqua. Che strano, pensò; sembriamo tutti gemelli. Anche gli altri stavano facendo la sua stessa osservazione, ed erano tutti molto sorpresi.
Colui che aveva mandato il richiamo, e che stava al centro del grande prato, era anche lui simile a loro in altezza e corporatura. Perfino nel taglio dei capelli. Una totale uniformità.
-Sì, disse quell'essere; questo è il raduno dei quattro di picche. Rallegratevi gente perché siete i più facilmente sistemabili nel nostro grande ostello e quelli che per primi tornerete a nuova vita.
Tutti si congratularono gli uni con gli altri, dandosi vigorose pacche sulle spalle.
-Mi scusi, chiese Manfred a quel signore dall'aria mansueta e capace; che carta avremo nella prossima vita?
-Il cinque di picche, amico mio.
-Solo il cinque? Disse Manfred un po' deluso. Speravo in qualcosa di meglio.
-La strada per la perfezione è molto lunga, ed è meglio percorrerla a passettini, rispose il signore dall'aria mansueta con voce calma e suadente.
Si girò ed iniziò a camminare verso un punto dell'orizzonte.
Tutti i quattro di picche, dopo un attimo di incertezza, lo seguirono convinti.
Da noi si dice "valere un due di picche", per intendere valore zero. Deduco che il tuo signor Blog è alla sua seconda reincarnazione, quindi in ascesa verso il meglio, quindi sulla via dell'asse di denari ... o di cuori, come preferisce (se vogliamo lasciare qualcosa al libero arbitrio)
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