I poeti sono altra cosa dagli scrittori. I poeti inventano immagini, sottraendole ai Sogni, facendole uscire dall'ombra delle Illusioni, dalle pieghe delle vesti della Speranza.
Gli scrittori invece inventano storie, scarnificando la superficie del mondo, strappando la pelle del vivere quotidiano, mettendone a nudo la carne viva e il sangue fino alle ossa.
I poeti sono i saltimbanchi della parola in tutti i suoi significati più nascosti e inaccessibili; gli scrittori invece sono i manovali della parola, i vagabondi dei fatti inventati e narrati sempre zappando e vangando il medesimo pezzetto di mondo, usando sempre gli stessi aggettivi per ciò che deve apparire bello e limpido, e per ciò che apparirà brutto e tenebroso; le stesse iperboli, le stesse metafore per concludere un finale luminoso di gioia, oppure cupo con morti e feriti.
E non se ne vergognano gli scrittori, non se ne danno peso. Gli scrittori vogliono solo concludere una storia in modo che tutti coloro che la leggeranno vedano unicamente il quadro che loro hanno dipinto in ogni minuto dettaglio.
I poeti invece lasciano sempre ai loro lettori, alla conclusione dell'ultimo verso, una lacrima di dolore e un sorriso di speranza. Che ognuno finisca come vuole il suo cuore: in un mare di lacrime o in una risata di gioia.
Mi erano venute queste considerazioni lunedì scorso, davanti alla TV, alla conclusione della seconda e ultima puntata dello sceneggiato "Sangue pazzo". Nel 1945 a Milano in un tram una educanda chiede all'attore Osvaldo Valenti, interpretato da Luca Zingaretti, che film stia girando.
-Il mio film, di cui sono autore, interprete e regista -risponde Valenti/Zingaretti- Si chiamerà "Sangue pazzo".
-Che storia è? -chiede la ragazza.
-Due uomini amano la stessa donna, per questo si odiano.
-E lei? -insiste la ragazza.
-Lei li ama entrambi ma non sa decidersi con quale dei due andare.
-E come finisce la storia? -chiede un'altra educanda.
-Come in tutti i bei film: alla fine i buoni trionfano e il cattivo muore.
Classico triangolo, da sempre, sotto qualsiasi letteratura: due uomini e una donna.
E se provassi a cambiare il pezzetto di mondo dove sto vangando? Sempre un triangolo, ma invertendo i fattori, e non è detto che il prodotto non cambi.
Ci provo: due donne, un uomo.
A bordo di una BMW 530 M in una autostrada a tre corsie Cristina S. chiede a suo nonno:
-Le due donne amano entrambe quell'uomo?
-Forse -risponde il nonno mentre supera un TIR.
-E lui, le ama tutte e due?
-Forse -risponde il nonno superando una Mercedes.
-E come finirà?
Il nonno non risponde. C'è una Porsche davanti a lui, che non gli dà strada. Intanto pensa alla risposta, mimetizzandosi in questa rincorsa sulla corsia di sorpasso a 220 orari. Finalmente la Porsche si scansa e il BMW 530 M sfila via.
-Come finirà la storia? -insiste Cristina S.
-Una delle due donne gli dirà "lasciami vivere".
-E l'altra?
-Anche l'altra glielo dirà.
-E lui? Le lascerà vivere?
-Non potrà fare diversamente..
-Così vivrà anche lui, e forse meglio -conclude Cristina S. ridendo con la sua schietta risata di gola.
-No: lui ne morrà.
-Di dolore? Di rabbia? Di delusione?
-Ne morrà, Cris. E basta.
-Non capisco perché.
-Perché alla fine di ogni storia i cattivi muoiono sempre.
Cristina S. ci pensa un po' su.
-Una bella storia, nonno. Sì, proprio bella. Devi scriverla.
-Mi dai l'imprimatur?
-Sì, te lo do.
La scriverò allora, pensa il nonno. Certo, la scriverò.
Corri troppo, con quelle cavolo di macchine. Corri anche nella realtà, nella fantasia, nella metafora.
RispondiEliminaForse il lavoro dello scrittore sta proprio in questa corsa che a volte diventa rincorsa e a volte staffetta tra realtà fantasia pensieri e parole ... chi arriva prima, chi arriva dopo, chi torna indietro... bellissima la descrizione-distinzione che hai trattegggiato tra un poeta e uno scrittore, credo che in te ci siano entrambe le anime.
Ogni tanto però, occorre fermarsi a pensare. Ritrovare la calma. "RESPIRARE DOLCEMENTE DAVANTI ALLA FIAMMA LEGGERA DI UNA CANDELA CHE SVOLGE PACATAMENTE IL SUO LAVORO DI LUCE"
(gaston bachelard, la fiamma di una candela)
Forse hai ragione: corro troppo. Ma ho corso tutta la vita, con la macchina e con la fantasia, una staffetta -bello! complimenti- tra realtà e fantasia. Ma essere scrittore penso voglia dire anche ascoltare un paio di parole, dette magari nel sonno, e farsi venire un'idea, darne magari una interpretazione diversa, porle alla base di un racconto, di un post, di una possibilità di colloquio a distanza.
RispondiEliminaE non ho mai perso la calma e sono riuscito a respirare accanto alla fiammella di una candela senza farla tremolare, anche se -più che luce- emanava un tenero calore.
Per una volta concordo con Pimpa.
RispondiEliminaMi raccomando: preserva ancora per un po' la tua ricchezza di poeta-scrittore tenendo più leggero il piede su quel cavolo di acceleratore: anche se questo mondo impazzito vuol convincerci del contrario, la velocità è SHIT, o come dicono in Cruccolandia? SCHEISSE?
Ai signori di Bologna che ogni dicembre mettono in scena il loro obitorio non solo simbolico delle giovani menti (detto anche motorshow), io dico sempre: MOTOR? SLOW!
Nik, per fortuna (o piuttosto per sfortuna, maledizione!)non posseggo una BMW 530 M, sennò hai voglia le raccomandazioni degli amici...
RispondiEliminaMa corro troppo, anche se penso di essere sempre ben cosciente di quello che faccio. Ma chi può veramente dirlo? Vedessi che trogloditi al volante ti sbucano fuori in autostrada. A volte l'impegno maggiore è cercare di capire cosa farà la testa di cazzo che ti sta davanti.
Avete ragione tu e Simba: un vecchio nonno, anche se non decrepito, non deve dare il cattivo esempio a un ragazzino di 20 anni, perché poi lui ci proverà, prima o poi gli verrà la voglia di imitare lo Schumacher che ha in famiglia.
Pensa che il piccolo è entrato in aviazione -la Luftwaffe di gloriosa memoria- per fare l'ufficiale pilota di jet! La dice tutta sul soggetto.
Ne sarei felice, perché era quello che avrei voluto fare io e che avrei sicuramente fatto...se non si fosse messa di mezzo mia madre, tirando fuori tutte le conoscenze che aveva nell'esercito, in marina e in aviazione per ostacolare il mio progetto.
Anche questo la dice lunga sul soggetto...
e chi, invece, tra i tuoi figli-nipoti, ha ereditato la tua capacità di scrittura?
RispondiEliminaPurtroppo nemmeno uno ed è il mio unico grosso cruccio, credimi. D'altronde nessuno di loro sa leggere così intensamente e profondamente come me.
RispondiEliminaVoglio parafrasare mio cugino Gabriele La Rosa, mio coetaneo e avversario al liceo, che traduceva i classici greci senza bisogno del Rocci, il vocabolario Greco-Italiano. "Di sette fratelli e sorelle che ho nessuno è così come me. Ma non è mica sempre festa".
Verità amara. A casa mia solo dal lunedì al sabato. Mai di domenica.