sabato 6 febbraio 2010

L'ULTIMO MURALE EGIZIO

Ogni volta che mi trovo dalle parti della Baumeisterstrasse a Karlsruhe entro nel parcheggio sotterraneo del Badisches Staatstheater; mollo la macchina e salgo attraverso le scale interne del Teatro Statale del Baden, l'ingresso delle maestranze, dove sono entrato tutti i giorni per oltre dieci anni.
Non salgo più da tanto tempo nella Malersaal, la sala di pittura; ormai i vecchi colleghi sono tutti andati in pensione e dei nuovi non mi piacciono le facce.
Vado nel foyer, quasi sempre deserto se non c'è lo spettacolo. Sempre lo stesso percorso ogni volta: salgo due scalinate e arrivo alla grande loggia che immette all'ultima scalinata, quella che porta al loggione. Per me è diventato un rito, infatti so di trovarlo lì, appeso al centro della parete più larga ormai da ventidue anni, il mio ultimo Prospekt. Si tratta dell'ultimo fondale che ho dipinto, nemmeno tanto grande, dodici metri per cinque che nemmeno ricordo per quale opera dovesse servire: un murale egiziano, di quelli che di tanto in tanto vengono alla luce attraverso gli scavi di una tomba. Sembra semplice: una figura di donna -di profilo, come quei pittori sempre dipingevano- che emerge da un giardino. Ho detto che sembra semplice all'osservatore odierno, ma ventidue anni fa si trattava di accontentare un presuntuoso ed antipaticissimo scenografo della DDR agli ultimi guizzi del regime.
-Ha visto i colori, Iacoponi? Smorti i verdi, mi raccomando, pallidi e spenti. Pensi che sono stati al buio duemila, forse tremila anni, Iacoponi. Ha idea di cosa significhi? Ma non mi faccia il verde pisello sbiancato dalla biacca, por favor, che già mi ci sono imbufalito a Berlino con quei gaglioffi. Da lei, che è italiano, pretendo un capolavoro.
Mi accorgo di aver dimenticato di dire che lo scenografo, Herr Wolfgang Junghaus, era una formidabile checca di campagna. Sono quelli peggiori per chi come me, viaggiava già verso i cinquantacinque.
-E poi la veste della danzatrice, Iacoponi, guardi che rosso: qua e là di un'intensità da far venire il capogiro, ma poi, guardi guardi bene, Iacoponi, vede i graffi? Li vede? Sa cosa sono? L'usura dei secoli, Iacoponi. Lei mi deve riuscire a dipingere l'usura di due o tre millenni.
Se ne andò lasciando una scia di profumo al suo posto.
Ricordo che rimasi a guardare la grossa foto che mi aveva portato come bozzetto, mentre tutti i miei colleghi se ne stavano alla larga per paura di contaminarsene.
Pensavo: e adesso come cavolo lo sbianco 'sto verde, se non posso mescolarlo con la biacca? E questo rosso "da capogiro" come lo graffio? Ma perché doveva capitarmi proprio questa, adesso che ho dato le dimissioni e alla fine della stagione me ne vado?
Qualcuno mi toccò un braccio, era Herr Flaigg, il direttore tecnico. Un uomo mite, tranquillo, piccolo di statura. Mi sembrò diventato ancora più piccolo.
-È entrato nel mio ufficio gridando che nel nostro teatro abbiamo solo incapaci. "Quell'italiano di sopra non ha capito sicuramente un cacchio. Se fosse stato buono se ne sarebbe rimasto in Italia"
-Ha detto così?-gli chiesi.
-Ha detto proprio così; ma io sono sicuro che lei ce la farà a far star zitto quel comunista. La prego, Iacoponi, ce la metta tutta, ma gli chiuda la bocca ...(e qui disse una parola, che mai avrei pensato di sentirgli dire, e non la sussurrò, la gridò tanto che tutti sgranarono gli occhi dallo stupore)...chiuda la bocca a quell'Arschloch.
Non c'é nulla di più spregiativo per i tedeschi che definire qualcuno un orifizio da cui passa la cacca. Il mite Herr Flaigg, il purista Herr Flaigg, doveva aver superato ogni limite di sopportazione.
Io ce l'ho fatta, da buon italiano, che quando non sa spreme le meningi e inventa. Ho spalmato sulla tela una mano di gesso; poi l'ho grattata via, e di nuovo l'ho spalmata, badando bene di non coprire completamente i graffi. Su quel tessuto così trattato ho cominciato a lavorare a secco, cioè adoperando pigmenti e colla, senza acqua, lasciando che la colla seccasse un pochetto, così tirava, per così dire. Invece del verde pisellino, ho preso un feroce verde di Russia, verde bottiglia per intenderci, che a contatto della colla e trascinato sul gesso grattato perde il suo splendore e "sbiadisce", come fosse usurato dal tempo. Per il rosso della veste della danzatrice, ho raggiunto il massimo risultato lavorando con un pennello vecchio e consumato. In pratica con la metà delle setole, tirando pigmenti e colla già mezzo essiccata con forza sul gesso graffiato.
Ho impiegato una sola giornata di lavoro, laddove di norma occorre una settimana: i colori infatti non avevano bisogno di asciugare, mancando completamente l'acqua. Avevo tutta la squadra intorno, undici uomini e quattro donne, più Herr Flaigg, che ogni mezzora veniva su a vedere come procedeva l'operazione "tappatura della bocca di un cesso".
Junghaus rimase senza parole. Guardò e riguardò il fondale appeso; volle che lo si tirasse giù e lo riguardò da vicino, palmo a palmo. Poi venne da me e mi strinse la mano, senza proferir parola.
Flaigg, mi si accostò e mi disse:
-Firmi in basso col suo nome e metta la data.
-Devo firmare il Prospekt?
Ero sbalordito: nessuno in teatro firma un fondale.
-Questa è un'opera d'arte; va firmata, Iacoponi.
Così gliela firmai, ma non immaginavo che l'avrebbero messa dentro un telaio come un vero e proprio quadro e appesa nel foyer.
Ecco il motivo per cui salgo fin quassù quando capito da queste parti. È bello leggere in basso a destra a lettere maiuscole "Vincenzo Iacoponi - 1988".
Sono così poche le soddisfazioni che ti dà la vita, meglio goderne finchè si può.

3 commenti:

  1. Noi insegnanti invece non creiamo niente di tangibile, di visibile, ma quanta soddisfazione quando, dopo tanti anni, incontri i tuoi ex alunni, ormai laureandi o già laureati, e nel riconoscerti, con gli occhi che brillano di gioia, ti abbracciano forte, dicendoti che resterai per sempre nel loro cuore, che per loro non sei stata "una professoressa" ma "la professoressa"! Loro sono i miei capolavori!

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  2. Ma scusa, Iaco, allora quella "checca di campagna" non era poi così pessima come scrivi, se che con le sue indicazioni ti ha messo sulla buona strada e con le sue provocazioni ha messo il pepe nel tuo pennello e la sfida nel tuo modo di lavorare.
    Non fosse stato per lui, avresti dipinto così?

    p.s. Sei sicuro che sia una buona cosa scrivere i nomi e cognomi delle persone? Secondo me è più saggio limitarsi alle iniziali!
    Io, nel 1988, facevo il mio primo figlio. Anche se mi diede il mio bel da fare, non posso definirlo un capolavoro come il tuo Prospekt, specie oggi che ci ho litigato.

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  3. @ Ornella- Il tuo cuore di insegnante batte ancora forte assai. Questo è bellissimo. Io vorrei tanto poter incontrare il mio grande professore di latino e greco per stringerlo al mio cuore: non so se riuscirei a pronunciare una parola, ma se potessi, magari dopo un buon pianto liberatore per entrambi, gli direi che è stato il mio maestro di vita. Ho tenuto presente il suo insegnamento in ogni momento "brutto" della mia vita, quando ad un bivio dalla scelta della strada dipendeva non solo la mia sorte, ma anche quella di Annamaria e company.
    @ Fuma- Quella "checca di campagna", era pessimo, stronzo e diabolico. Mi ha sfidato ed io ho reagito. Non devo ringraziare lui, ma il mio amor proprio, che si è sentito calpestato alla sua allusione sui buoni pittori italiani che rimangono in Italia e quelli mediocri che emigrano all'estero. Ho inventato un metodo: un buon pittore deve spesso inventare.
    Per quanto attiene al tuo P.S., come sempre sei una saggia ragazza e spesso, molto spesso, dici cose giuste. È vero: non si usano nomi e cognomi; io approfitto del fatto che sono passati, ahimé, tanti anni, qualcuno dei testimoni è già svolazzato verso mondi migliori, ma soprattutto nessuno di quelli capisce l'italiano e anche se leggesse il mio blog rimarrebbe con le pive nel sacco.
    Non lo conosco, ma sicuramente tuo figlio È UN CAPOLAVORO: non già perché lo hai fatto tu, ma perché è un essere vivente e pensante. Il mio Prospekt resterà lì appeso finchè qualcuno non lo tirerà giù, lo arrotolerà e lo porterà in magazzino.

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