mercoledì 25 marzo 2015

IL GIORNO CHE LUDOVICA MORÌ

Il giorno che Ludovica morì Luca non c'era. Stava pescando in un laghetto carpe giganti, bestie da almeno venti venticinque chili. Le portava a riva, le teneva in braccio e si faceva fotografare da un amico con quel trofeo, poi le rigettava in acqua. Ne aveva tirate fuori due enormi e fotografate, la terza aveva strappato il filo di nylon e subito riguadagnato il largo, lasciandolo con un muso lungo fino a terra. Adesso se ne rimaneva sdraiato a gambe allargate per riprendere fiato. Pensava a niente, pensava ad un sacco di cose confuse, anche a Ludovica.
Non l'aveva mai incontrata, non ci aveva mai parlato al telefono pertanto non ne conosceva la voce, anzi non conosceva niente di lei, solo una piccola fotografia piuttosto sfocata e di chissà quanti anni prima gli aveva mostrato un volto piccolo affondato in una massa di capelli scuri e ricci, con un sardonico sorriso piantato nel mezzo. Sulla trentina, le aveva scritto lei una volta in una mail, single e niente affatto soddisfatta della vita, ma quello non c'era bisogno che lo dichiarasse perché traspariva da ogni riga dei suoi post quasi giornalieri. 
Ecco, di Ludovica conosceva solamente quello che lei predicava nei suoi post, brevi, secchi dove gli aggettivi latitavano come la punteggiatura. Bollettini di guerra, li aveva definiti lei una volta, una guerra che lei centellinava nel tempo lasciando sempre i suoi commentatori col fiato sospeso su quello che sarebbe capitato di leggere il giorno dopo.
Luca se ne stava sdraiato a gambe larghe pensando proprio all'ultimo post di Ludovica, che aveva letto di corsa prima di partire con le sue canne. Il post parlava di solitudine, di angoscia, sembrava un grido disperato. Luca aveva pensato che gli occorreva un po' di tempo per formulare un commento da amico, da persona che vuole essere utile, e adesso stava appunto pensando al tono del suo commento più che al contenuto, tanto lei oramai lo conosceva assai bene e non aveva bisogno di scrivere molto per farle capire cosa pensasse.
Raccolse le sue canne, salutò i suoi amici e si accinse tornare a casa, perché la voglia di farsi immortalare con in braccio pescioni enormi se ne era andata.
Aprì immediatamente il portatile sul blog di Ludovica. I soliti commenti dei frequentatori abituali. Mancava il suo, che di solito era il primo. Scrisse rapidamente, in punta di pennino, come si suol dire: sobrio, parole scabre, dirette, pochissimi aggettivi per allinearsi allo stile dell'autrice del blog. Lo rilesse e ne fu soddisfatto. Cliccò l'invio. Sapeva che Ludovica avrebbe risposto immediatamente. A quell'ora sembrava stare in agguato davanti alla tastiera del suo computer. Luca si abbandonò sulla poltrona girevole e chiuse gli occhi. Che strana storia era stata la loro, strana certamente da parte sua, ma questo a Ludovica non lo aveva mai rivelato.
Si trattava del sogno, del suo sogno, che faceva da quando era un adolescente, tutte le notti. Andava a letto pregustando il momento in cui l'avrebbe vista: una ragazza bellissima, sempre ridente coi lunghi capelli fulvi avvolti intorno alla testa, alta almeno quanto Luca irradiava gioia intorno a sé. Quante volte aveva avuto l'impulso di correrle incontro e di abbracciarla, ma poi le sembrava troppo bella e troppo irraggiungibile. Così arrivava il mattino e lei scompariva con la luce del giorno. Ogni volta Luca si incitava: parlale, parlale almeno lei ti risponde e senti la sua voce, dille qualcosa, qualunque cosa. Ma invece rimaneva muto e inchiodato al suolo. Conclusa l'adolescenza era finito anche il sogno, lasciandogli il rammarico di non aver mai osato e la nostalgia di quel viso sorridente.
Ciattando a casaccio un bel mattino aveva sbattuto il muso su quel blog agro dolce, di difficile comprensione istantanea. Si era chiesto se l'autrice, una certa Ludovica Zorzi, facesse sul serio o fosse una di quelle adescatrici di curiosi e di sciocchi di cui il web è pieno. All'inizio c'era andato cauto, tastando il terreno come si suol dire. Commenti brevi, ironici, senza esporsi tanto. Lo aveva sorpreso la velocità con cui Ludovica rispondeva, come se stesse aspettando solo il suo commento, ma guardando gli orari si vedeva che faceva così con tutti i suoi frequentatori. Probabilmente usava il cellulare, non era pensabile che se ne stesse attaccata al computer tutto il suo tempo.
Così era nata una frequentazione quotidiana sul blog, prolungata in una serie di email, al ritmo a volte di tre o quattro al giorno e anche più, in cui il loro rapporto era diventato un'amicizia stretta. Quel che Luca non aveva mai rivelato a Ludovica era che fin dall'inizio nella sua immaginazione quel che aveva visto dinnanzi a sé era il volto della fanciulla dei suoi sogni giovanili. Era successo automaticamente, man mano che il feeling tra loro prendeva consistenza. E poco importa se la piccola foto che lei gli aveva inviato via WhatsApp raffigurasse un viso completamente diverso, per Luca lei era la morbida ragazza fulva che gli sorrideva tutte le notti.
Come adesso, sulla poltrona girevole davanti al suo portatile che aspettava la risposta al suo commento: lei stava in un angolo della stanza e gli sorrideva tranquilla.
Ma la risposta stranamente ritardava. E dopo due ore non era ancora arrivata e questa sì che era una cosa sensazionale. 
Si tratta certamente di un contrattempo, pensò Luca e si decise s chiudere il portatile, dato che c'erano un paio di cosette che non poteva rimandare. Ma alla sera, quando riaprì il portatile non c'era ancora la risposta al suo commento. Quel che era peggio al mattino dopo non c'era il solito post sobrio e sferzante. Non c'era niente. Silenzio. 
La sera stessa Luca inviò una brevissima email a Ludovica.
"Che ti sta succedendo?". 
Era preoccupatissimo, ma per quattro giorni tutto rimase in silenzio sul blog di Ludovica.
Il mercoledì sera, alla televisione, sul programma serale del terzo canale "Chi l'ha visto", apparve l'annuncio della scomparsa improvvisa da quattro giorni di Ludovica Zorzi.
Dissero che era scomparsa da casa sua a Padova la mattina del sabato, che aveva 31 anni, altezza un metro e settantun centimetri, occhi scuri, capelli scuri, segni particolari nessuno. Non aveva preso la macchina che stava ancora in garage.
Luca passò una settimana come se stesse nell'inferno, ma non poteva fare niente altro che sperare che Ludovica tornasse. Ogni tanto una guardata alla sua posta elettronica, un'altra al blog dell'amica scomparsa, ma naturalmente non ci fu mai una variazione. Solo silenzio.
Il mercoledì successivo a "Chi l'ha visto" annunciarono il ritrovamento di Ludovica Zorzi padovana. L'avevano ripescata proprio quella mattina i pompieri dal Brenta vicino a Vigodárzere. Omicidio o suicidio, mistero. 
Ancora una settimana dopo sempre durante la stessa trasmissione dissero che l'autopsia non aveva chiarito nessun dubbio e che adesso il cadavere era nell'Obitorio comunale di Padova in attesa che qualche parente la reclamasse per il funerale. Finora non si era fatto vivo nessuno e sembrava che questa donna fosse sola al mondo.
Il giovedì mattina Luca partì per Padova.
All'Obitorio c'era solo un guardiano.
"Voglio vedere la Zorzi".
"Ci vuole un permesso dei Carabinieri", gli rispose il guardiano.
Luca tirò fuori dal portafoglio una banconota ca 50 euro poi, visto che l'altro ancora indugiava, una seconda. Il guardiano si guardò intorno e cacciò in tasca le banconote.
"Facciamo alla svelta, ma io non ti ho mai visto".
Sarà il suo spasimante, pensò e lo introdusse nella stanza delle celle frigorifere.
Ne aprì una, come si apre un cassetto. Dentro c'era un sacco di plastica nero chiuso con una lunga cerniera. Luca si avvicinò e rabbrividì. Dentro c'era un corpo nudo di donna di un colore livido, come pietra antica. Fissò quel corpo intensamente dall'ombelico al collo e poi la guardò in viso e per un pelo non svenne: gli occhi, i lineamenti, la bocca, i capelli fulvi, quella era la donna del suo sogno giovanile, anche nella rigidità della morte manteneva la stessa espressione, come l'aveva vista ogni notte per tanti anni. Cadde in ginocchio e si aggrappò al bordo della lettiga scorrevole che la conteneva, appoggiando la fronte al metallo gelido come per averne un ristoro. Sentì qualcosa sotto le dita, era un cartoncino. C'era scritto qualcosa, ma quello che lo colpì fu il nome scritto stampatello a grosse lettere: P. ZORZI.
"Che significa questa P.?" chiese al guardiano.
"È il suo nome, Paola".
"Ma io cercavo Ludovica Zorzi, quella affogata nel Brenta".
"È in un'altra cella. Sa, Zorzi è un nome molto comune da queste parti. Venga che gliela faccio vedere".
"No, non voglio vederla, mi basta così".
Si alzò in piedi e si diresse verso l'uscita. Fuori il sole quasi lo accecò. Barcollò mentre scendeva i quattro gradini dell'ingresso. Un attimo dopo entrò nella sua auto, mise in moto e sparì.







venerdì 13 marzo 2015

RAPIDA FINE DI UNA BREVE STORIA

Splendida giornata di sole. Luca pensò che si imponeva una camminata lungo la sponda del Reno. L'ultima volta era successo nel tardo autunno dell'anno prima. Tirò fuori dal garage il suo Passat combi e marciò in direzione del fiume. Quando attraversò il ponte a Maxau diede una veloce occhiata alla sponda e la vide colma di popolo che si godeva il sole. Sarà arduo trovare uno spazio libero dove parcheggiare, pensò. Ma ebbe fortuna: mentre procedeva a passo d'uomo vide una BMW uscire da un parcheggio a pettine e subito dopo una piccola cilindrata che le era stata accanto. Un doppio parcheggio, che culo che ho oggi, si disse. Si tenne un po' largo per lasciare abbondante spazio all'apertura della portiera, spense il motore e tirò il freno a mano. Proprio in quel momento una Citroen C3 color verde bottiglia parcheggiò accanto a lui. Al volante una giovane donna coi capelli tagliati cortissimi. Come diavolo esce questa? Si chiese Luca. In effetti tra il fianco destro del Passat e quello sinistro della Citroen c'erano si e no dieci centimetri. Nemmeno dall'altra parte lo spazio era sufficiente per aprire una portiera.
Probabilmente vuole rimanere dentro la macchina a sentir musica, come fanno molti giovani, pensò Luca. Ma proprio in quel momento la ragazza aprì il tettuccio di tela lasciandolo scorrere. Si inerpicò salendo sui sedili prima, poi sul tetto della macchina e saltò fuori.
Una manovra da contorsionista. 
Quando Luca scese dalla sua auto la ragazza stava richiudendo il tettuccio di tela usando un comando a distanza. Era altissima, quasi quanto Luca che superava abbondantemente il metro e novanta. Automaticamente guardò ai piedi della ragazza e vide che indossava scarpe senza tacchi. Era tutta donna e niente tacchi, insomma. Quello che colpì Luca fu la magrezza delle gambe, una magrezza che non alterava però le curve e le forme di gambe belle e affusolate, ma lunghissime. Era chiaramente effetta da macroscelía e a Luca ricordò un vecchio cartone animato in bianco e nero di Walt Disney dove c'era un ragno nero dalle zampe lunghissime come le gambe di quella ragazza. Indossava una giacca di pelle blu corta e attillata, e le gambe le aveva inguainate in leggings neri. Insomma un ragno con la groppa blu, che era uscito dalla Citroen come fanno i ragni, appunto.
Lei si incamminò verso la sponda del fiume e Luca la seguì a breve distanza, come fanno i cani. La ragazza si fermò. Guardava l'acqua scorrere. Luca guardava lei. La ragazza sedette sull'erba incrociando le gambe. Luca le si fermò a tre metri.
La ragazza tirò fuori da una tasca un pacchetto di Marlboro. Ne estrasse una.
-Hai da farmi accendere?
Luca le porse il suo accendino. 
La ragazza estrasse un'altra sigaretta dal pacchetto e tenedole entrambe in bocca le accese. Poi passò a Luca l'accendino e una delle due sigarette.
Luca sedette accanto a lei. 
Fumavano in silenzio; guardavano il fiume.
Sul ponte di ferro passò un treno in una direzione, poi un altro nella direzione opposta, poi ancora un altro dopo qualche tempo in una delle due direzioni, ma Luca non si accorse di quale fosse. Sull'acqua scivolavano di tanto in tanto battelli fluviali carichi di conteiner. Quelli che andavano verso sinistra procedevano lentamente perché risalivano la corrente; quelli che invece andavano verso destra scendevano veloci e quasi silenziosi portati dalla corrente.
Il sole calava lentamente e loro due continuavano a fumare le sigarette della ragazza.
Luca non osava farle domande. Lei non sembrava aver voglia di parlare.Stava scendendo la sera e il sole lentamente si infilava in un banco di nuvole grigio chiaro che era comparso all'orizzonte.
La ragazza spense l'ultima sigaretta e si alzò, incamminandosi verso l'area di parcheggio. Luca la seguì standole al fianco.
-Aspetta che ti sposto la mia auto.
Ma lei aveva già azionato il tetto apribile col telecomando.
Si arrampicò con le sue lunghissime gambe fasciate dai leggings neri e in un attimo fu dentro l'abitacolo. Anche Luca entrò nel Passat. Mentre inseriva la chiave di avviamento nel cruscotto vide la Citroen C3 che si staccava a marcia indietro, faceva manovra e scompariva velocemente.
Luca non mise in moto. Tirò giù lo schienale, ci si allungò e chiuse gli occhi. Non gli sembrò di essersi addormentato, ma era certo di avere sognato una strada asfaltata sotto il sole in mezzo a due pareti altissime e lunghissime di materiale nero, che gli si apriva davanti come una vu rovesciata. Rimase a lungo così disteso. Poi rimise a posto il sedile, accese il motore del Passat, accese le luci e partì.





venerdì 6 marzo 2015

SU TUTTO

Su tutto
il dominio del dolore,

dove il dolore è il soggetto, 
il predicato verbale 
e il complemento,

l'acquisizione di una realtà,
la conquista di te medesimo

la costruzione di un edificio di falsità
mattone per mattone
gradino per gradino.

Certamente,
biascicatore di frottole e di lamentele,
adesso che sei prono in attesa
della tua prossima sventura
ti sia finalmente chiaro
che una sorta di maledizione divina
incombe su di te.

Come pensi di sfuggirle?

Cosa speri?

Dio potrebbe cambiare idea?

martedì 3 marzo 2015

STOP S T O P SSSS TTT OOO PPP

voi non avete fatto niente per me STOP nessuno si è dato da fare per me e nemmeno io per voi e non venite a scocciarmi richiedendo comprensione come una cambiale scaduta STOP in questa stagione di vita merdacea in cui i furbi si accaparrano tutto e lasciano briciole sbavazzate ai fessi nessuno ha il diritto di prelazione di valori che valori non sono più STOP che di sicuro mai furono valori ma che una propaganda strapazzata dava come tali a beneficio dei grulli che ci credono sempre in queste menate del controcazzo STOP che proprio stamattina o ieri sera non ricordo bene ma chi se ne frega leggevo o pensavo o qualcuno mi ha detto che bisogna pensare positivo che è proprio una gran minchiata come se io pensassi negativo e gli altri no o viceversa ma che cazzo ci azzecca STOP con mio figlio che conta le miglia che corre ogni giorno e poi si fa tatuare nomi strani sulla schiena e io gli ho suggerito sul culo e se c'è qualcosa di veramente carino sulla punta del pisello così ogni tanto se lo legge in cinemascope STOP e poi mi viene a raccontare a me che lui corre e io no e che quindi lui pensa positivo perché bisogna credere ma non obbedire e combattere e lui già non mi segue più e dice a sua madre lo vedi che scantona sempre quando gli parlo seriamente STOP e sua madre che poi sarebbe e invece è mia moglie da un sacco di tempo annuisce ma non ha capito una mazza ma non vuole contraddire il figliolino e soprattutto mai dare ragione a me STOP che poi qualcuno mi dovrebbe spiegare cosa c'entra tutto questo con le farfalle che mi volano nella testa e col male che ho a un piede che da un po' di tempo mi fa male tutto un pezzo per volta sì anche il culo che qualche volta mi sforzo di ricordare se questo mal di culo dipenda dal fatto che sono diventato nu poco ricchione ma non mi ricordo ma tutto può essere che i vecchi spesso dimenticano tante cose STOP eppure questo me lo dovrei ricordare perché un conto è essere gay naturale originale con marchio DOC un conto e diventarlo così tanto per sfizio che poi a qualcuno potrebbe venire in mente che io sia un tipo alla ricerca di sensazioni forti STOP e invece io vado cercando un posto tranquillo dove farmi una pennica senza qualcuno che mi venga a rompere i coglioni e voi siete tutti lì che fate la fila col numerino progressivo per potermi scassare il cazzo da mane a sera e perché tu sei egoista e pensi solo ai cazzi e agli stracazzi tuoi e non ti preoccupi di me che soffro e te ne sbatti di tutto quello che ti cade intorno solo ti scansi per non farti prendere in pieno STOP beh certo non sono mica stronzo che mi faccio centrare dalla cacata di vacca che piove dal cielo che ieri ne sono venute giù a tonnellate che erano le vacche di Giorgio Gaber che volavano verso Roma per cagare in testa a tutti i politici del cazzo della gloriosa nazione italica e hanno fatto un giro largo per prendere una veloce rincorsa e stavano tutte sopra la mia capoccia e hanno fatto una prova per vedere se riuscivano a centrare bene bene un politicante della madonna che diceva stronzate STOP e allora plaff giù tonnellate di merda bovina che se non scappo in copertura mi sotterrano e poi via verso la città eterna che già faceva scuro e non c'era più tanto tempo e passando sopra Firenze non potevano farci più niente che avevano nel frattempo cambiato il sindaco e quello di adesso non se lo caga nessuno mentre quello di prima se l'è squagliata nei sotterranei di palazzo Chigi dove le sue ministre gli stanno facendo un trattamento sicuro sicurissimo per rimetterlo a nuovo dopo le fatiche delle mille cazzate che sciorina a tutte le TV nazionali e internazionali STOP che ci vuole una fantasia grandiosa vuoi mettere a trovare tutte quelle cose da raccontare ogni mattina per farsi ascoltare da una platea che ha orecchi solamente per chi gli narra quante volte ha scoreggiato nel cesso della sua cella la presunta assassina di suo figlio Loris che suo marito non la vuole più vedere e poi quante lacrime ha pianto il caporale che ha ammazzato Melania senza crudeltà ma con la delicatezza di trentacinque coltellate così perché lei non stava ferma e poi quante pagine della Bibbia ha letto il pompiere che ha scaricato presumibilmente il cadavere nudo di sua moglie Elena nel fosso davanti casa sua ma solo mogli ammazzano questi non gli capita mai una cugina una suora vergine niente solo mogli STOP e allora tu mi capisci Cri che certa gente beve solo queste cazzate e che il nostro si fa per dire presidente del consiglio se ne deve inventare ogni mattina di cazzate buone buone perché la gente si distragga da queste importantissime cose delittuose STOP che sembra che sua moglie si sia già stufata di questa nuova situazione e gli abbia già dato lo sfratto e dicono che non dorma già più a casa sua e lo si capisce anche dal fatto che sono sei giorni che cammina sempre dentro lo stesso vestito blu un poco stazzonato e chissà se se le cambia regolarmente le mutande e per questo le sue ministre lo stanno rimettendo a nuovo perché è un po' strapazzato e chissà che figuraccia che farebbe se dovesse incontrare una di queste mattine Angela Merkel lei sì bella tranquilla con otto ore di sonno ogni notte e il marito a sorvegliarne la tranquillità del sonno cancellieresco che poi lei se ne frega proprio e quando ha sonno dorme non passa di stanza in stanza distribuendo sorrisini e brani della futura Bibbia STOP e adesso basta che a me Anna Maria non mi sorveglia il sonno e quindi devo recuperare in fretta le forze e a quest'ora non posso pretendere che si metta di nuovo a cucinare per me solo per me perché lei di sera mangiucchia e io o mi metto davanti ai fornelli e mi cucino qualcosa altrimenti mi attacco e quindi buona notte e grazie per il tempo che avete perso per colpa mia STOP  S T O P  SSSTTTOOOPPP