sabato 27 settembre 2014

LA BALLATA DELLA FICA E DEI SUOI SUONATORI

Bella gente, visto che vi ho amareggiato con le ultime mie poesie tenterò di risollevarvi lo spirito con una canzonaccia goliardica dei miei tempi. L'ho trovata scritta sul mio papiro da matricola -anno 1953, nessuno di voi era ancora nato- e me la sono rigoduta scompisciandomi dalle risatacce. Le prime cinque erano originali, le altre le aggiunsi io vendendone poi il copyright alle colleghe matricole, quelle bone e quelle carine perché le bruttone e le racchie non le degnavo di uno sguardo, allora come adesso.

Viva la fica dai peli bianchi
gioia e delizia dei cani stanchi;

viva la fica dai peli grigi
gioia e delizia dei gatti bigi;

viva la fica dai peli gialli
gioia e delizia dei pappagalli;

viva la fica dai peli rossi
gioia e delizia dei saltafossi;

viva la fica dai peli azzurri
gioia e delizia dei gran buzzurri;

viva la fica dai peli blu
gioia e delizia dei cuccuruccù;

viva la fica dai peli scuri
gioia e delizia dei cazzi duri;

viva la fica dai peli alteri
gioia e delizia dei contrabbandieri;

viva la fica dai peli foschi
gioia e delizia dei tagliaboschi;

viva la fica dai peli rari
gioia e delizia dei lupi mannari;

viva la fica dai peli rasati
gioia e delizia degli assetati;

viva la fica dai peli color rame
gioia e delizia dei morti di fame;

viva la fica dai peli biondi
gioia e delizia dei vagabondi;

viva la fica dai peli color melagrana
gioia e delizia dei figli di puttana;

viva la fica dai peli caduti
gioia e delizia dei gran cornuti;

viva la fica dai peli spessi
gioia e delizia dei guarda cessi;

viva la fica dai peli marroni 
gioia e delizia dei rompicoglioni;

viva la fica dai peli mori
gioia e delizia degli assaltatori;

viva la fica dai peli obsoleti
gioia e delizia di tutti i preti;

viva la fica dai peli rosci
gioia e delizia dei cazzi mosci;

viva la fica dai peli rotondi
gioia e delizia dei gira mondi;

viva la fica dai peli di qua e di là
gioia e delizia dei quacquaracquà;

viva la fica dai peli sparsi
gioia e delizia dei troppo scarsi;

viva la fica dai peli boni
gioa e delizia di tutti i guardoni;

viva la fica dai peli modici
gioia e delizia dei nani monaci;

viva la fica dai peli campioni
gioia e delizia dei polentoni;

viva la fica dai peli verdi
sta attento che se glielo dai poi lo perdi;

viva la fica dai peli color cucuzza
che è tanto buona anche se puzza;

viva la fica comunque essa sia
basta che lei te la dia.


Giuro che non lo faccio più, ma quando ho ritrovato il papiro del 1953 mi sono sentito tanto giovane e allegro e ho voluto dividere la mia contentezza con voi.
La vita mica sule lacrime cià date
scurdammese o pasate
resta cummé e fatte du risate.

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mercoledì 24 settembre 2014

CHIUSO IN UN PUGNO



Il mio cuore è chiuso in un pugno,
murato, sospeso di fronte al vento,
aspetta che batta alla porta
della mia casa l'ora

della stanchezza e del distacco.

Si ripete la monotonia del quotidiano:
questo fluttuare tra ombra e ombra
evitando squarci di sole, 
sonore esplosioni alle tempie,

singhiozzi di fango,
attesa di un'assoluta immobile
indifferenza. 


30 aprile 2014

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sabato 20 settembre 2014

CHI ERA PER ACHILLE ALZI UNA MANO

Che gliela stacco a morsi.
Io, tanto per essere chiari, ero bartaliano, anche se convinto che Fausto Coppi gli fosse superiore. Ma quei due erano gambe e polmoni e un cuore, che sotto il massimo sforzo sull'Izoard arrivava a 65 pulsazioni al minuto, visto che normalmente non raggiungeva le 34. 
Diversa la storia di Ettore e Achille, eroi dei nostri sogni e dei nostri libri. Tutti i bartaliani erano naturalmente per Ettore, ma anche qualche coppiano non se la sentiva di fare il tifo per il pelide Achille, che oltre all'ira funesta sembra che fosse pure gay tutto sommato. Eh sì, d'accordo, il gran casino lo fa perché gli fottono la schiava Briseide per darla ad Agamennone. Sembra che poi Briseide se ne lamentasse con gli dei, perché il re di Micene puzzava come una capra, mica come Achille tutto profumato e unto di oli odorosi. Va bene, ma allora non era gay? Briseide era femmina. Sì, però lui aveva la funzione doppia, in fin dei conti era figlio di una dea, mica di una qualsiasi donna. E poi vinceva con tutti per via del bagnetto che sua madre gli aveva fatto fare nello Stige, rendendolo inattaccabile, almeno fino a quando quel furbacchione di Paride gli trafisse il calcagno. E tutti a chiedersi: fu un tiro mirato con estrema abilità oppure un colpo di culo?
Vabbè, chi se ne frega. Achille se ne resta in tenda finché Ettore non gli massacra il suo amichetto del cuore Patroclo, che si era messo le sue armi per far fuggire i troiani, ma Apollo, che era un gran figlio di Troia e per questo portava per i troiani, gli diede un gran cazzotto sull'armatura facendogli cadere l'elmo e rivelando a tutti, ma soprattutto a Ettore che messa in scena aveva progettato col suo amico. Ettore lo accoppa ed Achille si fa venire un'altra ira funesta e tutti sapete come andò a finire.
Da quella volta sono tanti, tantissimi gli Achille della storia e della cronaca, anche i Patroclo, uh mamma mia! Qui in Italia è pieno, non solo di travestiti, intendo dire, ma di gente che si camuffa in vari modi per non rivelare la propria vera natura. In genere gli va bene finché un procuratore avveduto (o meno venduto di altri, o meglio comperato  e pagato dall'altra banda) non gli fa mettere le manette e lo spedisce al gabbio.
Eppure siamo rimasti un po' tutti come noialtri ai tempi della scuola: ci si divide subito in tifosi di Ettore (a parole la maggior parte) e in partigiani di Achille.
L'impressione che ho è che anche gli ettoriani siano in fondo dei Patroclo travestiti, insomma che tanti, tantissimi, quasi tutti vorrebbero trovarsi per un po' di tempo -basta un paio di anni, amici miei- al posto del pelide Achille e fare i porci comodi loro, godendo di una qualche immunità, magari tenuti non per un calcagno ma per la pelle dei coglioni e chi se ne frega se poi qualcuno -un giudice, un capitano della Guardia di finanza- gli ci dà sopra un bel calcione. 
Allora siete ancora per Achille? Ritirate la manina, amici cari: mala tempora currunt, almeno sulla carta, cioè almeno ci stanno facendo vedere questo enorme fervore punitivo per farci venire le palline bianche davanti agli occhi. Mamma mia, ne arrestano uno al giorno e i telegiornali ne sono pieni. 
Come diceva il principe Salina nel Gattopardo: cambiare tutto per lasciare tutto come prima. In questo noi italiani siamo maestri, vero Matteo?


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mercoledì 17 settembre 2014

APOLOGIA DEL BIDET


Alessandro, filii mi, ieri eravamo a casa tua a festeggiare il compleanno di Edyta, la tua compagna. Splendida la scenografia allestita da te, eccellentemente cucinata -al solito- la cibarie da Edyta con abbondanza di porzioni e varietà di gusti, piccante la zuppa di zucca e zenzero, strabiliante l'antipasto a base di cikory che è amaro di suo addolcito garbatamente da una salsa al miele e limone e il ripieno di carote e ravanelli tritati. Niente da eccepire sui cannelloni con ricotta e spinaci e infine quegli spaghetti ai frutti di mare al dente e piccanti al punto giusto. Insomma tutto bello compresa la figlia di Edyta finalmente dimagrita al punto giusto e la ragazza russa del figlio, che sembra un angioletto ma da buona sovietica deve avere un carattere micidiale.
A un certo punto, satollo o quasi, ho avuto bisogno di andare al gabinetto per sgomberare la vescica ed ho notato che po po' di carta igienica adoperate voi: una pregiatissima marca a quadruplice foglio, dove insomma non si corre mai il rischio di cacciarsi un dito nel culo per quanto si spinga. Un solo difetto: costa un occhio della testa. Una confezione di quattro rotoli costa 12,90 euro. Insomma 3,30 euro a rotolo, sette centesimi a foglio. Io che ne adopero sempre tre alla volta, diciamo tre per tre per ogni volta che cago dovrei spendere 63 centesimi per ogni evacuazione intestinale. Considerato che in questa stagione vado a sedermi sul trono almeno due volte al giorno, fanno 1,26 euro al dì, cioè 37,80 euro al mese e per farla corta 453,60 all'anno solo per nettarmi il culo, il che mi sembra spropositato a dirla come me la sento.
Tutto questo però dovuto alla mancanza di bidet nei bagni teutonici. Qui non si usa, lo trovi solamente negli hotels a cinque stelle, sì quelli in cui vanno i grillini. Altrove è impensabile ed è un gravissimo manco nella cultura tedesca. Me ne sono sempre meravigliato, ma se ne ordini in Italia dopo devi rettificare l'intero impianto igienico e le tubature per acqua calda e fredda e ti costerebbe -coi prezzi tedeschi- un occhio della testa. Io uso il lavandino facendo acrobazie perché non posso sentirmi il bucolino sporco, che poi prude come se ci fosse un formicaio con un esercito di operaie in entrata e in uscita.
Ma mi rifaccio quando sono in Italia in Urlaub. Ah, che godimento! Immergere le chiappe e le palle pendule nell'acqua tiepida e lasciarsi beatamente massaggiare dal flusso e riflusso delle ondine provocate dai miei ditini usati a mò di remi degli gnomi e dei nanetti di Biancaneve.
Io ci passo una mezza mattinata. Quando l'acqua diventa fredda la ricambio, aggiungendo acqua calda e facendone scorrere via un po'.
È un'arte in cui sono maestro e me ne frego se la gente pensa che sono uno sporcaccione e chissà cosa diavolo combino tutto quel tempo chiuso nel cesso. Perché il cesso non è posto dove entrare, cagare, pisciare e scappare via arricciando il naso. No, di certo. Io intanto ai miei odori sono avvezzo; poi nel cesso vivrei tranquillamente anche mezze giornate intere, seduto nel bidet naturaliter, a sentire lo sciabordio pari a quello dell'onda marina sulla battigia della spiaggia di Lignano per dirne una, o di Bibione o di Rimini, che mi rallegra lo spirito oltre che massaggiarmi dovutamente i coglioni.
O beata solitudo, sola beatitudo. C'è un brano della Manon di Massenet dove il tenore innamorato canta: 
"o dolce incanto cui sempre agogno
essere in due, in due soltanto.
Manon, stanotte ho fatto un sogno".
Sì ho sognato di essere di nuovo in Italia, a casa di mia figlia e di sedere trionfante nel bidet con sopra il volto dipinta l'espressione della guduria più intensa.
Niente da dire, cara Angela Merkel, in questo noi italiani vi siamo superiori: noi immergiamo le chiappe e i territori adiacenti nei bidet della Pozzi, di Richard Ginori, meravigliosi e accoglienti come le labbra di una donna giovane e vogliosa. Voi crucchi dovete grattarvi il culo con la vostra carta igienica. Non c'è paragone, non c'è partita.

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sabato 13 settembre 2014

DOVE TUTTO È INCOMINCIATO


Dove tutto è incominciato
l'intonaco ristagna incolore,
beffarda edera ricopre il sentiero,
nel tetro fogliame si perde.

Sulla corteccia della placida quercia
dove incidemmo i nostri nomi
un roditore arditamente
ha scavato la sua tana.

Solo noi a sapere,
solo noi a ricordare e a sorridere.



Maximiliansau, 2 maggio 2014


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lunedì 8 settembre 2014

GIOVEDÌ GIORNO DI MERCATO

Sempre le stesse bancarelle allo stesso posto. Sempre più cinesi. Dopo un giro della piazza ho visto tutto e cerco un bar con un tavolino vuoto.
-Prendiamoci un cappuccino.
Ma mia figlia e mia moglie vogliono toccare merce appesa, solo toccare, niente comprare, come sempre. E io allora mi appoggio a un albero che sta lì da sempre e mi lascio annoiare dalla gente che passa.
La vedo arrivare e la riconosco subito. Spinge un passeggino con una bambina biondissima dentro, sua nipote di sicuro. Parla con un vecchio che le trotta al fianco.
Mamma mia quanto è invecchiata e imbruttita!
Margherita decrepita, piena di rughe, magra con due chiappette così dentro i calzoni attillatissimi. E quel culo divino che aveva che fine ha fatto?
Mi passa accanto; mi riconosce ma finge di avere visto l'albero in trasparenza. Chiacchiera col suo vecchio.
Mi aveva agganciato lei una domenica sera in un locale dove si ballava fino a tardi. Io sedevo con due S.Ten come me in un tavolo d'angolo. Ballava con una amica sua larga di fianchi. C'erano tante ragazze che ballavano in coppia, niente male come esibizione. 
Un valzer veloce e per due volte quasi mi cadeva addosso. Un sorriso e via. Gonna larga e roteare veloce, la gonna che si allargava come una campana e mostrava tutto il mappamondo che nascondeva sotto. Alla terza volta un pestone. Il valzer è finito. Mi alzo e la vado a prendere.
-Niente valzer, le dico; liscio e cha cha cha.
Tre lisci di fila con lei che mi fiata caldo sul collo.
-Usciamo? Chiede. Fa troppo caldo dentro.
Fuori è scuro e fa freddo. Mi si attacca addosso. Il mio primo bacio lingua in bocca in terra friulana. La prima pomiciata al sangue. Dove incomincio io e dove finisce lei, dove finisco io e dove incomincia lei. Siamo la matassa perfetta.
Mi son bagnato io o si è bagnata lei? Entrambi, ci giurerei.
-Ho una stanza insieme con un collega. No possible.
Si finisce in camera sua.
Non sapevo ancora che esistesse Anna Maria. Stesso paese, stessa piazza; due isolati più in là.
La sera dopo monto di picchetto. Viene con un'amica in bici. A sfottere. Al capoposto viene il torcicollo.
Ancora un paio di volte in casa sua. Poi sparisce per un mese. Va dalla sorella a Vicenza.
-Fai il bravo e pensami.
Io faccio il bravo e incontro Anna Maria. Quando torna Margherita è già troppo tardi.
Non me l'ha mai perdonata. Anni dopo andava dicendo ancora che mi aveva piantato lei. Ora sculetta con la mini porzione di culo rimastole e parla a voce alta col vecchietto.

Sento mia figlia che ride a gola spalancata. Con chi ce l'ha? Lei e sua madre parlano con una bella signora. Mi dà le spalle, poi si gira. Ma questa è Elisa. Neanche tanto invecchiata e sono passati più di trenta anni, diciamo trentatré come dal dottore.
A scuola con mia figlia, amiche intime. Normale. Qualche volta dorme Elisa qui, qualche volta dorme Monica da lei a Gradisca. La scuola è a Gorizia. Tutto normale. Due ragazze possono dormire nello stesso letto. Sono amiche, dice la gente. Per due ragazzi è diverso. Sono froci, dice la stessa gente di prima. Ma Elisa e Monica sono ragazze, questo è sicuro. Niente paura, è tutto OK.
Anna Maria rovistando ha trovato una lettera di Elisa nascosta nella biancheria. La cosa è sospetta. Dai leggila, così almeno sappiamo come si chiamano i loro ragazzi.
Ma Elisa non parla di ragazzi. Parla di tante cose. Tante stronzate. Le solite cose. Ma una no, non è una stronzata. Qui si parla di marijuana e di altra roba costosa. Questa si droga. Allora si interroga la figlia.
-Lo fai anche tu?
-Qualche canna, si decide alla fine.
-Quante?
-Due o tre, però non mi piace.
-E lei?
-Lei ogni giorno. Dice che non riesce a stare senza.
-Che dicono i suoi?
-Non sanno niente.
Qui reagisce il mio istinto di solidarietà: sono padre anche io e penso che farei un monumento a chi mi mettesse in guardia da guai che incombessero su mia figlia.
Ci penso su tutta la notte. Nemmeno ci dormo tanto mi dà pensiero. Al mattino ho deciso. Vado là all'ora di pranzo, le ragazze stanno a scuola anche il pomeriggio.
Sono gente carica di soldi con parecchia puzza sotto il naso. Ma io sono il padre della migliore amica di Elisa. Mi trattano bene. Mi offrono un caffè. 
-È bello conoscersi, dice il padre di Elisa.
La madre tace, porta gli occhiali, mi studia attentamente tutto il tempo. 
-Non è una visita di cortesia. Ho trovato questa.
Faccio vedere la lettera scritta fitto fitto.
Lui comincia a leggerla.
-Fai vedere, dice la moglie. Poi ci ripensa Dimmi che dice.
-Parla di droga leggera.
-Sniffa?
-Si fa le canne.
-Come tutte.
Il padre ha letto.
-L'ha scritta a Monica.
-L'ho trovata tra la sua roba.
Silenzio suo. Tiene la lettera in mano. Me la ridà.
-Appartiene a Monica.
-Ha fatto bene a venire, dice la madre di Elisa.
-Si ferma a pranzo da noi? Mi chiede il padre di Elisa.
-Mi aspettano. Grazie.
Mi accompagna al cancello.
-Ha fatto bene a venire. Mi stringe la mano.
Non credo che gliene freghi niente di quel che fa sua figlia.

Guardo Elisa adesso. Ride con mia figlia. Parla con mia figlia. Mi guarda.
-Come stanno i suoi genitori?
-Mamma si lamenta di tutto. Lo fa da una vita. Mio padre è morto da tre anni.
-Mi dispiace, dico.
Se ne va. Io mi riappoggio al mio albero. È dura ogni giovedì tornare a casa con le mie due donne, è proprio una faticaccia schiodarle da sto mercato.


Cervignano del Friuli, 4 settembre 2014

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