domenica 19 settembre 2010

MISCELLANEA

Quando non si ha una idea brillante da proporre buona cosa sarebbe spegnere il PC e andarsene a spasso; ma io oggi l'ho già fatta la mia buona azione, quindi adesso acchiappo due o tre spezzoni di argomenti e butto giù questo pezzullo, che ho pomposamente intitolato "Miscellanea", sperando che Agnolo Poliziano non mi si rivolti nella tomba.

*
Parliamo un po' di Gianfranco Fini.
Guarda tu che mi tocca fare!
Ho incominciato ad interessarmi -positivamente- di lui quando ha lasciato chiaramente intendere che riteneva il Movimento Sociale Italiano la brutta copia sbiadita dell'ultimo Fascismo, quello della Repubblica di Salò.
Era ora di finirla con le nostalgie; coi cinque punti di Verona, letti come il quinto Vangelo; con l'odio contro i sovversivi nascosto sotto la canottiera.
Mi era piaciuto subito: parlava in modo chiaro in faccia a tutti, senza usare i giri di parole tanto cari ai democristiani e ai comunisti del tempo, che si facevano piedino sotto il tavolo.
Ho applaudito alla risolutezza con cui ha preso in mano il partito e poi quando a Fiuggi ha creato Alleanza Nazionale. È riuscito a sdoganare la destra dal ghetto in cui l'avevano rinchiusa (con l'aiuto del Berlusca, va detto). Bravo! Ho pensato in quella circostanza.
Bravissimo! Quando è andato in Israele a cospargersi il capo di cenere e a chiedere scusa per le infami leggi razziali fasciste del 1938.
Bel colpo! Ho esclamato quando ha fuso le sue forze a quelle del solito Berlusca.
La Presidenza della Camera mi era sembrato il coronamento di una carriera politica come poche e la consacrazione a delfino e successore di un capo oramai col fiatone.
Ma quando meno te lo aspetti guarda cosa ti combina: sfascia il giocattolo che ha contribuito a costruire e si mette a sparare calci a destra e a manca.
Il nostro amico sostiene di aver sentito la necessità di ergersi a difensore delle democrazia, visto l'uso che ne sta facendo il Berlusca e l'uso che vorrebbe farne l'Umberto padanico.
Ma non ci conti balle: voleva il malloppo e lo voleva subito.
Non gliene è fregato niente di mandare in crisi uno schieramento già in difficoltà per conto proprio, sfasciando una maggioranza che bene o male stava governando. E poi -gravissimo errore politico- ha dato ossigeno ad una concorrenza allo sbando.
Harakiri, autogol, chiamatelo come vi pare, ma soprattutto ha fatto come il marito, che accortosi che la moglie gli mette le corna, si taglia i coglioni per punirla. Voglio dire che se Gianfranco pensa di guadagnare voti alle prossime è proprio un pirla.
Prenderà una bella legnata sullo stomaco, perché tanti, tantissimi gli volteranno le spalle.
Scommettiamo?
Io, intanto, non lo voterò mai più.

*
Durante le ferie ho avuto qualche disturbo, tipo diarrea acuta, una quasi disfunzione cardiaca e compagnia bella, al punto di autonominarmi "kakarone-kkà, 'npocquì 'npollà"
Appena rientrato in Cruccolandia mi sono dedicato alla mia salute risolvendo i miei problemi in quattro giorni quattro; spostandomi dal mio medico di casa -dieci minuti di tempo a piedi- al cardiologo in una cittadina sette chilometri da casa mia.
Facciamo un po' di conti: 4 giorni di tempo; 7+7 chilometri in macchina; 2 ore scarse di tempo per le visite; 0 (zero) centesimi di costo per ticket e gabelle varie.
Tutto vero, lo giuro!
La matematica non è un optional.
Di quanto tempo avrei avuto bisogno in Italia?
Quanti chilometri avrei dovuto percorrere?
Quante ore in sala d'attesa?
Quanto mi sarebbe costato in moneta?
Vi giuro, gente, che mi viene da vomitare. Dovrei essere felice di stare in Germania e godere di questi trattamenti, ma io sono profondamente italiano e mi viene il magone a parlare di quello schifo nostrano che è la Sanità Pubblica dalle Alpi alle isole.

*
Due parole sull'ultima porcheria nazionale: l'elezione di Miss Italia 2010 nella nuova versione Milly Carlucci+Emanuele Filiberto Chicazzè.
Non mi vergogno di dire di avere sempre seguito le edizioni di Fabrizio Frizzi e di Carlo Conti e di essermi divertito, soprattutto perché alla fine il popolo sovrano si votava la SUA Miss.
Infatti c'era una Giuria in sala di 10 o 12 elementi, i cui voti erano "segreti" e contavano veramente il 50%, nel senso che, all'arrivo del televoto, veniva fatto un semplice calcolo matematico in base al monte voti del pubblico a casa e dato un valore da 1000 a 10000 per ogni punto, da 1 a 10, della Giuria in sala. Cioè, se i voti popolari erano pochi, ogni punto dei giurati valeva 1000, altrimenti aumentava di valore via via fino a 10000.
La Carlucci ha stravolto il Concorso portando tre giurati in sala con voto "palese" come nella sua trasmissione "Ballando con le stelle".
Così si sono viste cose oscene: 3 volte 10 per qualcuna e 3 volte 4 per qualcun'altra.
A prescindere dalla considerazione che è ignominioso votare una diciottenne 4-4-4, se dopo una serie di concorsi ed una attenta selezione è stata prescelta tra le 60 finaliste, non si può gabbare l'intelligenza dei telespettatori dicendo, come ha detto il giurato Mariotto: "noi votiamo dentro o fuori"; perché NON È VERO! È stato manipolato il Concorso.
Mi spiego in chiaro.
Alla fine di ogni serie di dieci ragazze veniva fatta una classifica dalla prima alla decima, perché solamente le prime tre passavano il turno. Se la Giuria voleva favorire Anna, Bianca e Carla e fottere Maria, bastava che desse i voti migliori ad Anna, Bianca e Carla e tutti quattro a Maria.
Classifica:
prima Anna, quoziente 1; seconda Bianca, quoziente 2; terza Carla, quoziente 3; ultima Maria, quoziente 10.
Contati i voti popolari del televoto, anche qui veniva fatta una classifica dalla prima all'ultima. Anche se Maria avesse preso un milione di voti e fosse risultata la prima, mentre Anna, Bianca e Carla avessero preso solo centomila a testa, ma avessero mantenuto posizioni centrali si sarebbe avuta questa classifica, per esempio:
Prima Maria, quoziente 1; quarta Anna, quoziente 4; quinta Bianca, quoziente 5; sesta Carla, quoziente 6; e Maria sarebbe stata fregata, perché sommando i quozienti si avrebbe avuto questo risultato:
Anna 1+4=5
Bianca2+5=7
Carla 3+6=9
Maria 10+1=11
Dato che qui conta il MINUS VALORE come a traversone, Maria sarebbe stata eliminata, malgrado il milione di voti popolari.
Infatti è stata portata avanti a tutta forza quella cammella coi brufolini e qualche rughetta (a 17 anni!) di Miss Veneto e le altra due, che non erano le più belle del lotto. C'era la 47 ad esempio che meritava di entrare nelle prime tre, ma è stata trombata dal primo voto della Giuria.
Anche a Miss Italia politica sporca e mezzucci da bottega del pesce. Ma poteva essere diverso con questa RAI? In questa Italia?

*
Ho deciso di partecipare ad un concorso di poesia, promosso da una casa editrice romana, anche se non mi ritengo un poeta. Io scrivo racconti e romanzi, dove c'è una storia, una trama, un susseguirsi di approfondimento di sentimenti, e di sensazioni ad ampio respiro.
Le poesie invece sono lampi di sentimenti, squarci di sensazioni, situazioni brevi e profonde che si risolvono in rapidi accostamenti di parole e di forme.
Ho scritto forse un duecento poesie. Ne ho scelte cinque e le ho spedite.
In questa mia ricerca tra vecchie cose mi sono ritrovato tra le mani la mia prima poesia, scritta quando avevo da poco compiuto 17 anni, una notte di febbraio del 1951.
Da qualche mese era morta di leucemia una mia carissima amica d'infanzia, malata da anni.
Non riuscivo a togliermela di mente ed ho scritto questa poesia, che ho intitolata "Solitudine", intendendo la mia e la sua oramai.

Era bello ascoltarti parlare
guardandoti i limpidi occhi;
ora è triste il silenzio
e la casa non ode il tuo riso.
Trepidando aspettavo
ogni giorno il rumore
dei tuoi passi leggeri.
Entravi danzando
quando da me tu venivi,
e ti ridevano gli occhi;
la tua mano teneva
con garbo la gonna,
mentre lanciata alla danza
il candido petto anelava.

Dicevi che mai m'avresti lasciato:
e tu sei morta
senza dirmi nulla.

Ora senza di me
che farai? Dove andrai?
Nessuno udrà più la tua voce
e forse pel freddo
i tuoi candidi denti tintinnano.

*
A questo punto qualcuno penserà: "Meno male che non aveva un'idea brillante da proporre. Speriamo gliene vengano sempre, così non ci scassa i cabasisi con i suoi tormenti"
Avete ragione, ragazzi. Scusatemi per questa volta.


venerdì 10 settembre 2010

COSE (BUONE) DA CRUCCOLANDIA

L'appuntamento è per le 16,30. Arrivo con dieci minuti di anticipo perché qui siamo in Cruccolandia e se ritardi qualche minuto capace che perdi il tuo turno.
Alle 16,32 il doc mi riceve.
-Passate bene le vacanze? Mi chiede gioiosamente.
Una gran cagata, nel vero senso della parola, vorrei rispondere; ma non starebbe bene, visto che lui è stato così carino.
-C'è di peggio -mi limito a dire-. Un paio di giorni chiuso nel cesso in profonda meditazione sulle miserie umane.
-Di che si trattava?
-Di un virus intestinale importato in albergo da un ospite che veniva dal freddo. Ha fregato metà dei clienti e metà del personale.
-Si è recato al Pronto Soccorso?
Mi vergogno a descrivergli la miseria di un Pronto Soccorso in un qualsiasi ospedale italico.
-No. Ho preso Imodium per bloccare il flusso, e poi fermenti lattici per rimettere in ordine la funzionalità dei miei intestini.
-Assunto medicine specifiche contro quel virus?
-Nessuna.
-Scommetto che non sa nemmeno di che virus si trattasse.
-Scommessa vinta, doc.
Fa una faccia triste. Deve pensare che sono a metà tra un vecchio deficiente e un vecchio coglione; un vecchio deficiglione insomma.
-Adesso come va?
-Bene, bene.
Mi guarda come per dire: "e che vuoi allora adesso da me?".
-Il problema è quello che è successo dopo col mio cuore.
E gli racconto la storia delle 151 pulsazioni al minuto, della gabbia di uccelli semoventi che mi sentivo dentro la cassa toracica, e di una notte passata seduto dentro il letto a misurare ogni benedetta ora il numero delle mie pulsazioni, sempre immenso considerate le mie abitudini di bradicardico da 48-50 pulsazioni al minuto; e questo da una vita.
Lui lo sa perché lo legge dalla mia cartella.
Mi ausculta con lo stetoscopio.
-Adesso è regolare.
-Adesso sì, Gott sei dank!
Mi misura la pressione e il polso.
-Facciamo subito un EKG in fase di riposo e uno sotto sforzo. Poi preleviamo il sangue per una accurata analisi.
Si va subito nella stanza degli elettrocardiogrammi. Mi distendo sul lettino a torso nudo e una infermiera si prende cura di me. È quella alta e bionda, che ride sempre e che commenta ogni cosa che fa con un "sooooo!" finale, che più crucco non si può.
La bionda ridente mi riempie di elettrodi -dieci- e mette in moto l'apparecchio.
Cinque minuti dopo già mi devo alzare per sedermi sulla ciclette, così bardato di elettrodi e cavi -dieci- e in quel momento entra il doc, perché deve essere presente.
Mette il freno della ciclette al massimo e mi invita a pedalare.
Io so già che farò un culo così grande e che quasi mi scoppieranno i polmoni. L'ho fatto altre volte, per controlli periodici del mio stato di salute. Spero che stavolta il corazon tenga botta.
Quando arriva a 200 pulsazioni smetto. Mi fa male dappertutto e ho un martello pneumatico in testa che lavora sodo.
Mentre mi rimetto in vita il doc controlla il risultato dei due EKG, tenendo sempre d'occhio il numero delle mie pulsazioni sul display della ciclette: devono tornare normali entro tre minuti.
Dopo due minuti e mezzo stanno a 58.
Bel colpo, Iaco!
-Gli EKG non evidenziano nessuna anomalia, dice il doc; ma è meglio che lei porti un apparecchio per 24 ore, un "lange EKG", così siamo tranquilli.
A me va bene tutto pur di uscire da questa psicosi da infarto cardiaco imminente ed immanente. Mi dice che dovrà applicarmelo un cardiologo e mi da alcuni indirizzi.
-Adesso preleviamo il sangue.
Dura ancora dieci minuti. I due campioni di sangue saranno inviati in un centro privato di analisi a Karlsruhe, dove anche i cinque ospedali cittadini inviano campioni da analizzare quando i loro laboratori sono al massimo.
-Lunedì avrò il risultato -mi dice il doc-; mi telefoni nel primo pomeriggio e glielo riferisco.

Quando esco dalla Praxis sono le 17,35.
È passata poco più di un'ora per una visita, due EKG ed un prelievo di sangue. Il mio dottore è un internista, ma qui anche gli altri sono attrezzati come lui per favorire i propri pazienti.

Nemmeno a Milano o a Roma sarebbe potuta succedere una cosa del genere.
Mi viene da vomitare nel ripensare quello che Fazio o altri ministri della sanità pubblica dei precedenti governi hanno dichiarato più volte ai quattro venti: che cioè la situazione sanitaria in Italia è molto vicina allo standard europeo. Con rispetto parlando, forse alludevano allo standard della Grecia e della Romania. Nei confronti della Germania la nostra Sanità è a livello da terzo mondo.
Certe cose bisogna dirle; bisogna avere il coraggio di dirle.
Ai nostri politici -tutti- manca il coraggio, oppure manca la giusta informazione, oppure ancora -e temo di averla azzeccata questa volta- manca la coscienza pulita.

martedì 7 settembre 2010

FAMECESE SOPRA DU RISATE CHE È MEJO

-Allora, sei ito dar dottore?
-Ancora nun c'è, li mortacci sua.
-Ma oggi è marteddì...
-E lui torna de gioveddì.
-Ma tu avevi detto de luneddì.
-Vor dì che m'ero sbajato a legge.
-Nun te riesce più de legge er tedesco?
-Me lo devo da esse scordato. Me l'ha puro mannato a dì n'amica mia. Doppo un mese in mezzo a li friulani me lo so scordato er crucco.
-Ma nzomma te serve o nun te serve sto dottore?
-E se capisce che me serve! Che me fo la visita da solo?
-Ma nzomma se po sapé che ciai?
-Come che ciò? Gnente, che ciò da avé.
-Allora perché ce vai dar dottore?
-Pe famme fa quer coso là..,l'elettro comecazzosechiama.
-Voi dì l'elettrocardiogramma?
-Brava, propio quello, ciai azzeccato.
-Allora vor dì che stai malato.
-Vor dì che vojo sapé che ciò.
-Ma che te senti, che te dole?
-Nun me dole gnente de specifico...però...
-...però che?
-...però...
-...però de che? Se po sapé?
-Annamarì, si nun me lassi concrude er discorso. Te dicevo: però me sento na cosa qui che nun te la so spiegà.
-E tu provece a spiegammela.
-Me pare de avecce na gabbia piena de ucelli qua drento ar petto.
-Na gabbia de ucelli?
-De ucelli.
-Lì drento?
-Qui drento.
-E che fanno st'ucelli?
-Se coreno dietro tutti quanti.
-E nun pigoleno?
-Nun che?
-Nun pigoleno, nun cinguetteno, nun canteno?
-Ahò, e mica so ucelli come quelli veri! So ucelli che me pareno a me che se coreno dietro.
-Nun voleno?
-E dajje! Ma che cazzo stai a fà? L'ornitorinca?
-Voresti da dì l'ornitologa, voresti.
-De tu sorella! Te l'ho spiegato che adè na sensazzione mia de me drento ar petto, come se ce sta na piazza de paese e tutti coreno. Va mejo mo? Me so fatto capì?
-Nzomma so ucelli o paesani?
-Quello che cazzo so! Fanno casino e basta.
-Tutto er santo giorno?
-Me cojoni! Me te vedressi buttà da la finestra.
-Allora un po' se fermeno?
-Ettecredo.
-Nzomma coreno un pochettino e poi se fermeno.
-Nun me stai propio a capì. Allora stamme bene a sentì che nun me vojo ripete: io drento ar petto ce tengo li pormoni, er core, li muscoli er sangue e le coste come che ciavevo primma. Però mo gni momento ce fanno le corze.
-L'ucelli tua?
-L'ucelli mia.
-Allora vacce dar dottore a fatte vede, poi decidi.
-Che devo da decide?
-Se abbasta quello che te dice lui.
-E se nun abbasta?
-Vai da quell'antro.
-Quell'antro quale?
-Ma dar veterinaro: so ucelli, no?


giovedì 2 settembre 2010

I DISPIACERI DELLA VILLEGGIATURA

Quest'anno ho battuto tutti i record negativi della mia famiglia.
Cominciamo dal viaggio di andata: un colabrodo, cioè 30 chilometri e una pausa; 40 chilometri e una pausa; 20 chilometri e una pausa. Ogni pausa superava il quarto d'ora.
Ho calcolato di aver percorso quasi 100 chilometri usando solamente la prima e la seconda marcia. Avevo i muscoli della coscia sinistra indolenziti per l'eccessivo premere il pedale della frizione. Considerato che di solito in autostrada il piede sinistro serve solo da appoggio per l'equilibrio e altro non deve fare, credo di avere chiarito a sufficienza l'uso improprio cui è stato sottoposto per circa nove ore.
Il viaggio di ritorno è stato la brutta copia del primo: alle continue soste si è aggiunta una schifosa pioggia battente, che ci ha innaffiato per tutta l'Austria e buona parte del percorso in Cruccolandia.
Aggiungiamoci uno sbalzo di 18° in basso della temperatura, che a Tarvisio stava a 30°, mentre a Karlsruhe otto ore dopo raggiungeva a stento i 12°.
Risultato: raffreddore e mal di gola a fine agosto e pullover tirati fuori di corsa dall'armadio.

Soggiorno ad Aquileia, nobile città della Roma imperiale, che avrebbe potuto essere magnifico. In quella cittadina arriva gente da tutto il mondo, perché ogni giorno si scava e saltano fuori reperti archeologici di valore. Proprio di recente sono venuti alla luce i resti di una Domus patritia di oltre 1000 metri quadrati di estensione. Ci doveva abitare un riccone o un potente o un mafioso ante litteram, aveva infatti preziosissimi mosaici sui pavimenti che ho visto, per mia fortuna.
Collocazione geografica ideale, a 10 chilometri dall'isola di Grado, 30 da Lignano Sabbia d'Oro, 40 dalle Alpi carniche. Si tratta insomma di un posto incantevole dove rilassarsi, godersi il sole, respirare il salmastro del mare e l'aria pura montana; oltre a rilucidare la cultura e la storia nella terra dei padri, delle madri e dei nonni.

Invece un minchione di turista proveniente da una non meglio identificata nazione dell'Est e ospite nel mio stesso albergo, si è andato a beccare il virus di una infezione intestinale impiastrando mezzo albergo, personale incluso -compreso il capo cuoco, porco boia- vedi un po' che figata.
Allora la cosa è diventata allegra e divertente.
Si sono infatti scoperte le infinite gioie che può darti un capace water italico in ottima porcellana, alto e largo la misura giusta.
Naturalmente bisogna sedervi almeno quattro ore al giorno, non consecutivamente si capisce, ma a rate di 10 oppure 15 minuti, per apprezzarne il sollievo che può arrecare: una sorta di confortevole abbraccio a livello chiappe, con l'immediata istallazione di un ponte di salvataggio liquido dall'alto in basso -non viceversa fortunatamente- che ha il suono di una moderna musica metallara aromatizzata al barbecue.
Uno spasso gente, uno sbraco! Da consigliare agli amici intimi, ed anche alla amiche, va da sé.
Data la contingenza si rimane chiusi in hotel per due giorni -chi se ne frega, tanto piove a dirotto- esprimendosi in versi onomatopeici, senza poter ingerire altro che acqua, perché anche una cucchiaiata di riso in bianco fa venire il voltastomaco.

Finito il giraculo, mi scopro un giradito. Una specie di foruncolo odioso, molle e giallastro, che richiede una incisione al Pronto Soccorso dell'ospedale di Palmanova.
"Un taglietto e passa tutto" dice la dottoressa.
Col cavolo! Adesso è passato sotto l'unghia e mi sa che dovrò andare al Pronto Soccorso di un ospedale teutonico per farmi stoicamente tirar via l'unghione oramai aggredito.
TIMEO NE.
Ma guarda che mi sa di sì, perché i macellai stanno sempre col coltello pronto in attesa dei vitelloni.

Quindi ha fatto tris: giraculo, giradito e girapalle, come mi ha brillantemente suggerito una mia carissima amica. Adesso infatti mi stanno proprio andando in orbita come un primordiale Sputnik sovietico dei famigerati anni 70.

Dimenticavo un particolare quasi insignificante, una sciocchezzuola da farci su due risate davanti a un bicchiere di Barbera. Or vi ragguaglio.
Dovete sapere che io sono bradicardico, con pulsazioni cardiache che vanno -in condizioni di normale riposo- da 46 a 52 al minuto. Quando ho quaranta di febbre, salgono oltre le 80 pulsazioni.
La sera dopo la nostra gita a Lignano -dove senza sapere ho mancato l'incontro con una splendida fanciulla lombarda, vedi caso- avverto all'improvviso nella mia gabbia toracica l'effetto ponte di ferro sul Reno mentre passa un treno: vibrava tutto inesorabilmente.
Mi dura fino all'arrivo al mio hotel. Salito in camera agguanto il misuratore della pressione, che collego al polso sinistro e premo il tasto di avvio.
È un aggeggio importantissimo di cui i vecchietti hanno bisogno per tenere sotto controllo la pressione. Temo che sia oltre i livelli di guardia, invece è buona: 140 la massima, 80 la minima. Congratulazioni, Herr Iacoponi!
Ma appena mi da il valore del polso faccio un salto per aria: 151 pulsazioni in 60 secondi!!!
Nemmeno se avessi scalato il Tourmalet sotto il sole di luglio.
Mi viene un colpo e sto male tutta la notte. Misuro ogni ora: il polso scende, ma è sempre stratosferico. 120; 105; 98 alle quattro del mattino, dopo quasi sei ore che sto disteso immobile sul letto.
Dopo devo essere crollato per il sonno.
Alle otto del mattino è di nuovo normale, 52.
Ma non mi fido e rimango concentratissimo sul mio muscolo cardiaco, l'unico muscolo che finora non mi ha fregato mai.
Nella settimana successiva il mio corazon ripete l'exploit altre due volte, ma solo per alcuni minuti.
Decido immediatamente: appena sbarco in Cruccolandia vado di corsa dal mio Doc a farmi fare un EKG sotto sforzo.
Arrivo e corro, ma sulla porta c'è affisso un cartello bicolore: dice che sono in ferie fino a venerdì 3 settembre.
Ma vaffanculo!
Aspetterò stringendo fortemente le chiappe.
Se non sono ferie del CA queste, non so più cosa significhi questa bella espressione.


Per concludere, amici, lasciatemi fare un pensiero affettuoso per mia madre, che è venuta al mondo il 2 settembre di 110 anni or sono.
"Ho gli anni del secolo", diceva e ne era orgogliosa.
Se ne è andata silenziosa e tranquilla senza un lamento.
Ha lasciato un vuoto?
Certamente: nel cuore di tutti quelli che l'avevano vissuta da vicino, i suoi due figli cioè, e i suoi sette nipoti.
Gli altri non se ne sono nemmeno accorti, perché mia madre aveva il dono dell'umiltà e mai si era messa in mostra. Non le piaceva; preferiva vivere nell'ombra dei suoi tre maschietti: mio padre, un uomo orgoglioso fino alla superbia, che l'aveva lasciata vedova per 18 anni, mio fratello e me.
Si è portata via tutta l'umiltà e la tranquillità della nostra famiglia: io non sono umile, mio fratello non lo era affatto; io non sono tranquillo né mio fratello lo era.
Buon compleanno, mamma, dovunque tu sia.