giovedì 30 gennaio 2014

TORNATO BAMBINO


Tornato bambino.
Ho appena
balbettato la mia prima parola;
assorbo la luminosità dell'ombra,
sento il suono dell'acqua sospesa
nel profondo del cielo;

me ne abbevero 
a piccoli sorsi.

Eco di passi dentro il bosco violato
della mia vita innocente.
Inutile dibattersi:
resto impotente nel fango
della mia ignoranza vergine, che mai

riuscirò a profanare,
non più.


sabato 25 gennaio 2014

IN PRIMA PERSONA


Dimentico la pazienza,
la lascio ai morti;
dimentico la bava di saggezza
che ho distillato dallo scorcio di vita
attraversata di corsa;
dimentico il bene,
le buone maniere, i precetti
e tutte le vuote parole
lette sui libri;
dimentico il cielo sereno
e la luce sfolgorante del sole.

Brucio la mia vita prima
che nuovi invasori la privino
di ogni significato,
ma non elimino la speranza
dal mio vocabolario

e dedico l'ultima 
ora di giovane uomo libero
unicamente a me,
egoisticamente fiero,

di nulla
riconoscente.

giovedì 23 gennaio 2014

LAMA DI VOCE



Una lama di voce
attraversa le mie notti d'insonnia
coltivata con cura,
semina bisbigli in ognuno
degli angoli bui di questa casa
ancora indigerita.

Nebbia trasparente che si addensa
come ovatta impastata.
Maschera forme:
immagini e ombre
dei miei sogni a occhi aperti.


sabato 18 gennaio 2014

RISPOSTA NON IMMEDIATA

Nel mese di aprile dello scorso anno mi pervenne via mail una bella poesia di
una poetessa, che non vuole accettare di esserlo. La poesia mi toccò nel pro-
fondo e la trascrissi nel mio quaderno delle poesie, in un posto d'onore.
In questi tempi quella poetessa sta passando un momento molto difficile del-
la sua vita, per cui proprio adesso trascrivo la sua bella poesia e vi aggiungo
la mia, forse non altrettanto bella, ma da quella ispirata.
La poesia della mia poetessa è questa:


Non stai per arrivare.
Scostare la tendina con il tocco leggero
di un gesto inutile
gettando lo sguardo alla cieca
con l'illusione di mandarlo lontano
-arco lanciato nel folto di una radura, lenza
gettata nel fiume, sasso scagliato nel pozzo-.

Ma niente!
La visuale si arresta subito, all'inizio della salita,
tornando indietro.
Il lampione acceso troppo presto
mi mostra il suo faccione da buontempone,
intercetta il mio pensiero e lo spegne
con un click beffardo.

Il vetro della finestra non più protetto dalla tenda
si rivela per quello che è
una superficie appannata che necessita
di una energica pulita.


E questa è la mia breve "RISPOSTA NON IMMEDIATA", finita di scrivere questa notte alle ore 05,00 come dicono i milanesi col cuore in man.


Sto cercando di arrivare
ma è difficile giungere all'inizio
della salita,
all'angolo del tuo
lampione che si accende solo
di giorno.

Non ho nulla
da portarti

le mani piene di parole,
gli occhi di sabbia
il cuore una palude. 


Maximiliansau, 18 gennaio 2014

venerdì 17 gennaio 2014

UTILITÀ DEL WHATS APP DI GRUPPO IN UN TORNEO DI CALCIO A 5 CITTADINO

A metà maggio dell'anno scorso in occasione del mio ricovero in ospedale mia nipote Cristina organizzò un Whats App di gruppo in cui mise tutta la famiglia per tenersi informati sulle condizioni del capostipite. Una brillante idea, dico io. Lo chiamò Calzone perché io odio la pizza e mangio solo calzone. Quest'anno mio figlio Federico -che noi chiamiamo Chicco- lo ha modificato in Calzone 2.0.
L'altro sabato, 11 gennaio 2014, c'era il torneo cittadino di calcetto a 5, che la nostra squadretta l'anno scorso, rinforzata da Chicco e da mio nipote Alessandro -che noi chiamiamo Sandro piccolo per distinguerlo da mio figlio Alessandro e basta- vinse incredibilmente. Pertanto si presentava come la squadra da battere, considerato che si erano aggiunti alcuni elementi giovani e capaci. Insomma ci si poteva credere.
La mattina iniziò su Calzone 2.0 ben presto.

Ore 08,54   Chicco (spedisce due immagini dei gemelli a colazione)
                 Buon giorno a tutti

Ore 09,06   Enzo Buon giorno ai mocciosi

Il tempo passa pigramente mentre ci si immedesima nel ruolo di primi tifosi della squadra e si pensa poco al resto. Solo mangiare in fretta perché loro, come difensori del titolo, saranno i primi a scendere in campo alle 13,00 in punto. Anna Maria ha deciso, si va a piedi, così ci si muove un po'. Io approvo, tanto quanto potrà mai durare, non più di quattro ore, penso io.

Ore 09,44   Monica manda da Cervignano due immagini a colazione
                 Buongiorno

Ore 09,54   Chicco Sparami na ventata tremendamente calda ah ah ah

Questa la capisce solo lui, ma tant'è.

Ore 10,07   Alessandro Iacoponi da Istanbul dove sta in vacanza con Edyta
                 Buon giorno

Si sono svegliati anche loro.

Ore 10,08   Enzo Monica, nella prima foto mi sembravi mia madre.
                 A tutti: chi sa dirmi che differenza c'è tra questi due simboli
                 :-) e :-]. Chi lo sa? Non è un quiz, ma voglio saperlo. Grazie.

Ore 11,37   Sara (la moglie di Chicco)
                 Boooooo. Forse il primo sorride e l'altro fa vedere anche i denti.

Intanto siamo arrivati tutti alla Halle del paese. Si incomincia e loro vincono la prima facile 4-1. Chicco fa subito un paio di gollassi. I bambini strepitano, quando non giocano col loro tablet. C'è un gran casino, ma fa freddo dico io, chi tiene aperte le porte?

Ore 14,03   Sara (immagine di gioco senza commento)

Ore 15,57   Alessandro I. Io ho finalmente la maglia di R7, è stata una guerra
                 minchia ma per il mio fratellino questo e altro

Ore 15,41   Sara Che caro!

Ore 15,42   Alessandro I. Chi scrive? Io vedo solo una erre

Ore 15,45   Sara la moglie di tuo fratello

Ore 15,46   Alessandro I. Oh scusa, adesso lo so

IL torneo va avanti e loro continuano a vincere, 5-1 e poi 3-0 e poi ancora un 4-1. Delle avversarie solo una mi sembra pericolosa e sta nel loro gruppo, la incontrano alla fine, tra mezzora circa. Non devono perdere perché altrimenti sarebbero secondi, ma loro all'italiana fanno i calcoli e vedono che gli conviene il secondo posto perché la vincitrice dell'altro gruppo è più debole della seconda, ma non vorrebbero perdere per cui andrebbe bene un pari. Tutte ste chiacchiere per un torneo cittadino, dico io...Insomma loro vogliono giocare la semifinale con la squadra meno ostica e non avrebbero tutti i torti.

Ore 16,14   Sara (invia due immagini di gioco senza commento)

Ore 16,17   Alessandro I. Hanno vinto? Chicco ha fatto gol?

Ore 16,18   Cristina Chicco ha fatto dei gol e finora hanno sempre vinto

Ore 16,18   Alessandro I. Bello

Ore 16,19   Cristina Cinque gol penso

Ore 16,19   Enzo Hanno fatto 4-1; 5-1; 3-0; 4-1 e Chicco ha fatto 5 gol

Ore 16,22   Alessandro I. Il prossimo anno gioco pure io

Ore 16,23   Kim (il ragazzo di Cristina che sta in Francia) Avanti così

Ore 17,15   Monica (foto di Sofia che mangia nutella)

Ore 17,15   Sara Stiamo arrivando Monica

Ore 17,16   Monica Pancake

Ore 17,17   Sara Noi siamo tutti al torneo

Ore 17,17   Enzo E a panza vota. Prepara una montagna di Pancake

Ore 17,20   Monica Beh, almeno si vince?

Ore 17,20   Enzo Sì, la coppa del ravanello cotto

Ore 17,22   Monica Era meglio crudo

Ore 17,23   Enzo forse pensavi a una carota...

Ore 17,39   Enzo Ultima del girone A. 0-0. Non volevano vincere

Ore 17,42   Enzo Si rincontrano in finale perché sono le due più forti

Ore 18,31   Alessandro I. Non c'ero io se no...

Ore 18,31   Enzo Perdevano 0-4

Ore 18,37   Alessandro I. Il papà scherza sempre ma sa quanto valgo

Ore 18,43   Enzo e quanto culo ciai

Intanto hanno giocato la semifinale. Nella prima quelli bravi sono stati eliminati ai rigori. Nella loro vincono con fatica ma vincono e sono in finale. Sandro piccolo ha fatto un gran bel gol. Comlimenti anche dagli avversari. Ma qui si conoscono tutti. Sandro è quello che Trapattoni diceva fosse il miglior tipo di giocatore possibile: ha la velocità innata, la potenza e la determinazione tedesca e la fantasia italiana, nonchè i piedi buoni e una visione di gioco non comune. Penso di avere sbagliato io a portarlo alla Siemens Sport, avrei dovuto portarlo al KSC, e sarebbe arrivato di sicuro in Bundesliga. Ma poteva andarci lui a 16 anni, perché non l'ha fatto? Perché è un ragazzo intelligente. Ha capito che nello sport basta un infortunio e sei finito, allora ha preferito fare il liceo e poi andare all'università Adesso sta preparando l'esame di laurea e poi farà ancora due anni di Master. Mentre stava a Saarbrücken ha sempre giocato nella squadra che sta nella Oberliga, ma poi si è innamorato del Kik-box e fa anche quello come un guerriero antico.
Bisogna dargli fiducia e lasciarlo in pace. Ha ragione lui con il Master avrà un titolo di studio che gli aprirà tutte le porte, non si può dire che non abbia cervello. E poi non fuma, non beve e non sa cosa sia l'erba. Che cosa si può dire in questi casi? Che ha scelto bene lui.

Ore 18,47   Alessandro I. invia due foto da Istanbul con vista mare.

Ore 18,50   Monica Che bel ricordo quel panorama, io l'ho visto dalla nave.

Ore 18,53   Alessandro I. Qui è davvero bello.

Ore 19,10   Cristina Finaleeeeeeeeeee!!!!!

Ore 19,22  Enzo A tutti: vinto la semifinale 2-0. Sandro piccolo ha fatto un bel gol e noi non abbiamo ancora mangiato.

Ore 19,25   Alessandro I. E magna no?

Ore 19,26   Enzo E che me magno?

Ore 19,28   Alessandro I. Magnete uno Jufka con 57.000 calorie che ti esce la salsa turca dalle orecchie.

Ore 19,30   Enzo Mi hanno detto che a Istanbul i turchi non fanno Jufka.

Ore 19,31   Alessandro I. Non è vero li fanno più saporiti.

A questo punto si mettono finalmente in moto le ganasse, quelle grandi e quelle piccole. Ci si siede compostamente nell'ala ristorazione e si prende quel che c'è. I piccoli naturalmente un pezzo di torta, che poi sputazzano perché ingannati dall'occhio e il sapore non corrisponde alla bellezza del piatto, e Chicco da buon padre italiano si incazza come una bestia e gli compra altra torta che va a finire metà nelle pance e metà per terra, ma qui è pieno di ragazzini che fanno casino e nessuno ci fa caso, solamente Chicco.
Sandro piccolo deve essere morto di fame perché si fa due panini con salsiccia e li fa fuori con due bocconi grandi e tre piccoli. Beve soltanto acqua minerale.
Io solo caffè, Anna Maria sorbisce cappuccino e mangiucchia. Insomma cuique suum. Alle ventuno si ritorna nella sala di gioco e ci si rimette seduti ai nostri posti, che sono ancora liberi (grazie, ci avevamo lasciato una montagna di giacche e di cappotti a presidio). Ci sarà da aspettare perché loro giocano l'ultima partita alle 21,30.

Ore 21,32   Cristina (che da tempo è ritornata a casa) Bitte, Play della finale

Alle 21,34   Le tre donne rimaste, Anna Maria Stefania e Sara, coi telefonini sopra la testa riprendono la finale. Si scoprirà dopo che Stefania -e chi se no- non ha premuto il tasto di avvio e non ha filmato un beato cavolozzo fritto, ma solo tenuto il cellulare sopra la capoccia.
Anna Maria e Sara riprendono tutto compresa la premiazione.
La finale non ha storia, troppo superiori i nostri, che vincono 5-1 con due gol i Chicco e uno di Sandro piccolo.

Ore 21,42   Sara Abbiamo rivinto il torneo.

Ore 21,43   Enzo Vinta la coppa del ravanello zoppo!

Ore 21,48   Cristina (foto della tavola apparecchiata) E adesso si mangia, alla faccia dei campioni.

Ore 21,50   Enzo Metti i piatti che fra cinque minuti arriviamo.

Ore 22,07   Sara (foto di gruppo della squadra) I vincitori.

Ore 22,17   Monica Siamo soddisfatti

Ore 22,25   Enzo Adesso tutti al Mc Donald's!!! Che cosa grande ragazzi, che finale di serata!!!

Così termina al Mc Donald's coi gemelli i delirio e il sottoscritto che mangia solo patatine fritte, perché io a sti maialoni non regalo i miei soldi per farmi cucinare hamburger di sorcio tritato.
Ma vedo che sono l'unico e tutti se strafugano tutto. Stomaci come quelli dello struzzo devono avere costoro. 


lunedì 13 gennaio 2014

I ROSSI LIMONI ACCESI


Quando mi scoppiarono le estati
dei rossi limoni accesi
il corpo del cielo mi prese forma dall'acqua.

Da allora di giorno in giorno
io mi tramando verso silenzi impalpabili, 
silenzi che non so liberare
dai segreti dell'anima meno toccati,
incolti, come notti cupe e senza sonno;

silenzi inviolabili.

Ne trapelano a volte parole scandite
da megafoni all'orizzonte,
significati
che sfumano appena coniati. 


domenica 12 gennaio 2014

MOMENTO CREATIVO


Ho questo quaderno a quadretti 
spalancato davanti,
la punta della Parker automatica spinta
in fuori e pronta all'uso,
aspetto con impazienza
che il mio mondo
che tengo nascosto dentro si liberi
e si manifesti
in parole che si aggroviglino
ai miei pensieri,
agli impulsi
delle mie emozioni.

È un'attesa dolorosa, snervante,
ma quando ha fine
è l'attimo più bello della mia vita.

venerdì 10 gennaio 2014

FIGLI E FIGLIASTRI

L'argomento mi affascina, lo ammetto, anche se a livello personale sono immune da questo peccato parecchio diffuso: la preferenza tra due o più figli.
"Io ho due occhi, diceva mia madre, e uguale è l'importanza che hanno. Per me tu e tuo fratello siete come i miei due occhi". Belle parole, di sicuro. In effetti era una partigiana di razza: prima tutta per mio fratello già ventenne e io marmocchio le davo a volte fastidio; alla fine per lei contavo solamente io e il mio fratellone ci soffriva.
Conosco famiglie dove il fenomeno è esasperato al massimo: c'è un figlio/a prediletto/a cui tutto è permesso e l'altro/a è solo un figlio/a e basta.
A casa nostra funziona abbastanza equamente dato che abbiamo un perfetto pareggio, due femmine e due maschi, anche se per mia moglie Alessandro è il cocco e lui ci gongola. Ma gli altri non sono barboni, vengono a ruota tutti insieme.
Io non ho preferenze anche se la Stefi mi fa venire quasi sempre l'orticaria. Ma è parecchio colpa sua. Mai una volta, sollevando il telefono alla sua chiamata giornaliera, che io mi senta dire "ciao papà, come stai?". Mai, mai, mai. Sempre un "c'è la mamma?". Questo mi fa imbufalire, ma i suoi problemi sono anche i miei. Figlia è figlia, immer, toujours, siempre.
Io vorrei un mondo di figli che venissero da me a discuterli sti problemi, a cercare un consiglio, un parere, oppure -anzi, meglio, solamente- la mia opinione. Invece a parte Chicco corrono tutti dalla chioccia a farsi spidocchiare.
Avrei voluto quattro femmine, come un mio amico comunista. Adesso che non è più in gran salute le ha tutte intorno che si danno il cambio per essergli utili. Beato lui.
A me le due ragazze giovanissime facevano a gara per portarmi la colazione la mattina della domenica. A me bastava e loro si allenavano a far le mogli.
Una volta Monica, la mia primogenita, mi ha chiesto, non ricordo più in quale contesto, se non avessi mai preferito quattro maschi. Le risposi di gran carriera: "No, per l'amor di Dio! Casomai quattro femmine".
Adesso che il traguardo finale non è più così lontano comincio a credere che avrei avuto bisogno di quattro uomini. "E tutti della stessa altezza a livello del mare" ho detto a Federico. "E perché poi?" mi ha chiesto Alessandro. "Per portare a spalla la mia bara. Mi sarebbe piaciuto".
Ho visto facce strane. Che roba! Nessuno vuole parlare della propria morte. Tutti si mettono due dita dentro il colletto della camicia come Don Abbondio in avvicinamento ai Bravi e fanno finta di niente. A me invece non fa nessun effetto, anzi un giorno ci scriverò un post. Prossimamente su questo schermo.


giovedì 9 gennaio 2014

GENITORI E FIGLI

I figli ce la mettono tutta per rovinarti le giornate e le nottate e devo dire che ci riescono benissimo anche se sono principianti. Come quando fanno un cianchettone all'amico uscendo di classe e lui si spacca due incisivi (vero Alessandro?), e i genitori vengono poi a casa a bussare a quattrini. Come quando escono sul far della sera e invece di giocare a pallone come sempre hanno fatto si divertono a tagliare tutti i bei fiori piantati nel giardino del vicino, che poi naturalmente viene a chiedere a te padre paterno un equo risarcimento (vero Federico?). Oppure come quando ti chiedono in prestito la macchina per andare in città, dove hanno un certo movimento, e tu gliela dai sfidando le ire della genitrice furibonda, e dopo un po' ti arriva la telefonata del piccolo che ti agghiaccia il sangue: "È diventato tutto rosso il cruscotto, che sarà papà?" Saranno seimila marchi a dir poco, saranno (vero senza far nomi tanto ce lo sai?). D'altra parte io ho incominciato da piccolo a far disperare mia madre. "Mi hai tolto dieci anni di vita" mi disse a Valentano mentre piangeva abbracciata a me, che avevo rischiata la mia vita e la sua per proteggere il mio gatto di tre mesi da un caccia americano che mitragliava noi tre a bassissima quota, colpendo solamente la santa quercia secolare che ci riparava.
Mio fratello la fece più grossa. Disse a mamma andando via "Spero di ritornare presto" e invece ci lasciò per un anno e mezzo senza notizie, ma aveva un alibi di ferro: stava infognato nel fango e nella neve della steppa russa durante il trasferimento dal Don alla Bulgaria e poi alla Grecia dei resti della AMIR, l'armata italiana in Russia. Mamma gliela perdonò quella bugia infantile.
Poi ci sono i viaggi all'estero che i figli fanno nei momenti meno opportuni, specialmente a New York. 
New York, New York canta Frank e tutti ascoltano felici, come certe mamme e certi papà che si devono accontentare di sentire via Whats App la figliolina amata appena laureata che se ne va nella grande metropoli decisamente nella stagione peggiore, scegliendo l'anno in cui sta arrivando nel continente nord americano la "tempesta perfetta" con temperature che sfioreranno i 45 gradi sotto lo zero. E si sa che gli aerei non partono con quel tempo e i genitori restano ad aspettare col naso per aria a vedere se arriva qualche mongolfiera.
Mio figlio Alessandro, sì sempre quello, mi mandò una sms dall'alto di una delle due Torri gemelle: "Sto fotografando il mondo da quassù. Vedessi che bello, ci devi venire anche tu. Partiamo stasera per FfM". Grazie per  averci avvisato. 
Bellissima la data in basso e l'ora: 10 settembre 2001, ore 09,05.
Solo 24 ore dopo, meno due minuti esatti, Marwan al Shehri, membro combattente di Al Qaeda si sarebbe schiantato in Mondovisione sulla Torre Sud col Volo United Airlines 175.
Sì, i figli sono doni di Dio e se non ci fossero la vita sarebbe assai monotona, ma forse un po' più tranquilla.


domenica 5 gennaio 2014

DUE GIORNI INSIEME CON PAPÀ

Durante la notte non avevo quasi chiuso occhio. Erano successi due miracoli: mia madre si era rassegnata all'idea di lasciarmi andare a Civitavecchia da solo con papà, seduto sulla canna della sua Viscontea nera; un po' perché fino a metà settembre non sarei andato a scuola; un po' perché stufa di corrermi dietro per strapparmi da immaginari pericoli mortali, che vedeva solo lei; un po' -un po' tanto direi- perché ormai gli americani non sarebbero più venuti a bombardare una città deserta, con un porto reso inattivo dal primo bombardamento di maggio.
"Oramai è agosto, non vengono più", era la litania di tutti gli altri civitavecchiesi, una trentina di quelli buoni, che erano sfollati a Valentano. Dalla finestra della nostra camera da letto comune si vedeva il lago di Bolsena, coll'isola bella lunga distesa nel mezzo e la penisoletta di Capodimonte sulla destra. La cosa più bella che c'era a Valentano era quel quadro che si vedeva da casa nostra.
Ma era il paese originario di nonna Michelina e lì c'erano tutti i nostri più affezionati parenti di paese: i contadini, i vignaioli, gli stradini, i ciabattini e i trasportatori, cioè guidatori di ciuchi da soma e di micce da riproduzione. La miccia era l'asina e chi non ne aveva una era un poveraccio. Dove andavi senza la miccia? Che facevi senza la miccia?
E proprio a causa della miccia dello zio Tóto era venuto fuori il secondo miracolo, o forse era stato il primo che aveva generato quello di mia madre, diamo a nonna Michelina il diritto di priorità che se lo merita. Era stata lei a sognare dove s'era cacciato il puledro "giù nel fosso delle canne, in fondo alla grotta". Ed erano andati in processione in quel dirupo tutti i membri della famiglia Viti, con mezzo paese dietro perché il puledrino aveva si e no un mese e mezzo e non mangiava da due giorni. Così era andata nonna Michelina in testa a tutti, ma era scivolata nell'acqua gelida del torrente che scorreva nel canneto e s'era presa l'influenza e la tosse, che ad agosto e con quella callaccia ci voleva una bella faccia tosta a scatarrare e a misurar la febbre. Così mamma, che era sua figlia, non si poteva muovere perché non si fidava di sua sorella Giulia e non poteva tenermi tra i piedi.
Ecco fatto: questi erano stati i due miracoli, che poi erano uno solo ché mai un puledrino si stacca dalla madre e mai una madre non se ne accorge e si pianta sul posto e non la schiodi più finché non è tornato il puledro.

Papà mi tirò fuori dal letto che non erano ancora le sei. "Adesso facciamo colazione e poi via". "Quanto ci mettiamo, papà?". "Se non abbiamo fortuna che non passa nemmeno un camion occorrono una decina d'ore". "Sotto il sole non sarà uno scherzo -disse mamma- fagli tenere in testa sempre il suo cappello, mi raccomando".
Figurarsi se non ci trattava da principianti Maria Maddalena Malavisi, coniugata Giuliani, separata e convivente Iacoponi, che a quei tempi era un record ufficialmente riconosciuto ma non apprezzato da Santa Romana Chiesa, che le rifiutava tutti i sacramenti, ma io quella cosa lì non la sapevo ancora.
Sulla canna della Viscontea papà aveva montato un sellino per me e mi ci andai ad appollaiare sopra puntando i piedi sulla forcella della ruota anteriore. Nel mio cuore mi auguravo di non trovare camion strada facendo che ci potessero caricare perché mi sentivo più sicuro lì sopra e poi vuoi mettere dieci ore con papà? Non mi era mai capitato.
Fino a Canino fui fortunato: niente camion. Papà pedalava e cantava. Aveva una gran bella voce da tenore di grazia, come quella di Tito Schipa e conosceva arie di opere, di operette e tutte le canzoni napoletane. Vicino Cellere passammo accanto ad una apicultura e lui mi spiegò tutto sulla cera e sul miele e perché gli uomini indossavano quegli strani cappelli e tutti quei veli. "Perché le api difendono il loro lavoro", disse papà. Così mi spiegò la storia dela Regina che non fa niente e delle operaie che fanno tutto. Quante cose non sapevo, quante cose mia nonna Michelina e mia mamma mi avevano tenute nascoste.
Dopo Canino passò un camion mezzo vuoto. Si fermò subito. Il cassone era pieno di gente, tutti seduti sul fondo. Sedemmo anche noi accanto alla Viscontea. Nessuno ci salutò e nessuno parlava. Scendemmo tutti a Montalto di Castro perché il camion andava verso Grosseto, dalla parte opposta alla nostra.
Di nuovo sul sellino e di nuovo canzoni. Ma la strada era in salita e dopo un po' papà mi fece scendere e continuammo a piedi. Il sole era bello alto e scaldava di brutto. Papà aveva messo un fazzoletto in testa facendo i nodi ai quattro angoli. Io avevo il mio cappelleto di tela bianca ma sudavo forte.
Vicino Tarquinia c'era un'osteria dove papà comprò pane e prosciutto: fette di pane paesano buonissimo e fettone di prosciutto. Mangiava prima tutto con gli occhi, come gli avevo sempre visto fare. Io sbocconcellavo, come al solito, ma era tutto più buono sotto quell'albero. C'era una fontanella che buttava acqua freddissima. "Bevi piano", mi disse papà. "Non la faccio più da quasi un anno la cacca brutta". "Comunque bevi piano, a sorsetti". "La devo tenere un po' in bocca come dice mamma?". "Sì, meglio se fai piccoli sorsi e te li scaldi in bocca". Un po' li scaldavo un po' li buttavo giù di corsa, non va bene col sole forte bere acqua calda.
"Quando finisce la guerra, papà?" Mi era proprio venuta su spontanea la domanda. 
"Non credo tanto presto". "La vinciamo noi, vero?" . "Speriamo", ma aveva una faccia strana. 
"Il Duce ha detto che dobbiamo vincere". "Il duce non c'è più". "Ma noi dobbiamo vincere lo stesso, così dopo lui torna". "Tu vuoi che torni?". "Il prossimo anno divento balilla moschettiere" ."Forse il prossimo anno è finito tutto". "E noi avremo vinto, vero?". "Non lo so, figlio mio. Tutti questi bombardamenti stanno cambiando le cose". "Ma tu una guerra già l'hai vinta". "Erano altri tempi ed era un'altra guerra. La popolazione lontano dal fronte nemmeno se ne accorgeva, mentre adesso ti vengono ad ammazzare mentre dormi a casa tua".
Era la prima volta che parlava di queste cose serie con me. Sentivo dalla voce che era triste e mi fece tanta pena, ma non glielo dissi perché volevo fargli credere che ero forte e coraggioso.
Arrivammo a Civitavecchia che era pomeriggio inoltrato. Non mi aspettavo di incontrare tanta gente per strada. Non fosse stato per le macerie e per tante case sventrate si sarebbe potuto credere che non fosse successo mai niente. Papà doveva comperare roba da mangiare per noi due e qualcosa da portare a casa a Valentano, pesce per esempio.
In pescheria al Mercato Centrale non era rimasto più niente, così andammo al porto, alla Darsena dove stavano rientrando i pescherecci. Fu quella la prima volta che andai al porto dopo il bombardamento. C'erano ancora gli scafi di quattro navi affondate.
"Qui non entra nessuna nave se non portano via quei relitti, disse papà. Il porto di Civitavecchia è bello che morto". Comprò gamberi, cozze, un paio di merluzzi per me e un dentice per lui.
"Questa sera ce li mangiamo", mi disse. "E dove andiamo?" ."A casa nostra". "In Viale Baccelli?" . "Abbiamo solo quella casa".
La notizia mi rese felicissimo, ma poi pensai che affacciandomi alla finestra della camera da letto avrei visto il vuoto dove prima stava la casa di Marcellino, il mio amico, con lui dentro, i suoi genitori e la sua sorellina di tre anni. Come una bocca senza un dente davanti. Non ci dovevo pensare sennò mi rimettevo a piangere come in quella sera di maggio quando lo vidi tirare fuori dalle macerie morto stecchito.
Non mi affacciai proprio, nemmeno un volta. Quendo fui a letto dissi una preghiera per lui e per la sua famiglia, mentre aspettavo che papà venisse a letto. Mi vide nel mio lettino.
"Vieni qui in quello grande, vicino a papà". Mi sembrò tanto bello da parte sua e di sicuro dormii meglio.

L'indomani mattina alle otto eravamo già in giro. Papà doveva andare in Banca a prendere i soldi dello stipendio e poi si tornava a Valentano. Ma i soldi non erano arrivati e rimanemmo in Banca fino quasi alle undici e mezza. Quando uscimmo lui mi portò in bici al Viale Garibaldi. Voleva dare un'altra guardata al mare e poi ce ne saremmo andati. Ma proprio allora suonò l'allarme.
Corremmo al rifugio più vicino, ma dopo una ventina di minuti suonò il cessate allarme.
Mentre eravamo tutti fuori cominciarono a piovere bombe come i botti di Capodanno.
Questa storia l''ho già raccontata e non lo rifarò adesso. In quel giorno morirono il doppio dei cristiani morti a maggio, quasi cinquemila. Il mio papà mi salvò la vita buttando via la bicicletta e caricandomi sulle spalle e correndo con quanto fiato aveva in corpo fino al rifugio. Io vidi e sentii tutto Quel giorno vidi il mio primo morto morire davanti a me, un giovanotto che correva disperatamente verso il rifugio.
Prima di partire papà passò all'Ufficio postale per fare un telegramma per mia mamma.
"Stasera la radio dà il bollettino di guerra e a mamma viene il terrore che siamo morti".
Dormimmo all'addiaccio insieme ai tanti, tantissimi che non si fidavano di rimanere dentro le case, come la prima volta. Casa nostra era ancora intatta. Papà prese solo una coperta e ci bastò per la notte. Non riuscivo a dormire e lui mi parlò per tutto il tempo finché crollai esausto.
Al mattino, prestissimo, ripartimmo con la Viscontea. Fu dura. Ci dovemmo nascondere più di una volta perché c'erano caccia americani a bassa quota che sparavano su tutto quello che si muoveva.
Arrivammo a Valentano sul far della sera. Mamma c'era venuta incontro insiema alla cugina Antonietta, che faceva la sarta. Il telegramma lo aveva ricevuto ma piangeva come se avesse visto il diavolo. Mi abbracciò strettissimo che quasi non respiravo più e sentii ch tremava come una foglia.

Questo post mi è stato ispirato da un bel post di Mia Euridice di qualche giorno fa e dal commento altrettanto bello di Silvia. Parlavano di padri che insegnano ai figli le cose della vita. A me in quei due giorni papà ha insegnato tutto. 






































giovedì 2 gennaio 2014

LUCE DI VENTO



Luce di vento

scorre tra le schiume
del fiume grande,
trasporta voci
suoni
dal fondo.

S'arricchisce di nuove sillabe
salendo dalle rive
al fogliame dei pioppi;

illumina e intreccia un alfabeto diverso
bisbigliato nel primo
timido cinguettio dei passeri
poco prima dell'alba.

Si rituffa cercando fondali inesplorati
prosciugati dal silenzio
mai quieta mai assente del tutto.


Maximiliansau, 2 gennaio 2014 ore 12,58 am

mercoledì 1 gennaio 2014

BENVENUTO 2014 TE LO DICO CON ARROGANZA COME SEMPRE:

Iniziamo l'anno con la mia consueta arroganza.
L'arroganza è un difetto per tanti ma una virtù per gli eletti, per gli unti dal Signore, vero Euri? Fosti tu a sostenerlo in un tuo post.
Naturalmente l'arroganza non va confusa con la presunzione, che è il difetto degli imbecilli, né con la prepotenza, che è il difetto dei violenti.
E allora? Dove sta stavolta la tua arroganza, Vincenzo?
Nel postare una poesia, la prima, che è in parte la continuazione, o se preferite, la variazione di un'altra da me postata il 9 giugno scorso, che si intitolava "Mani" e che riguardava appunto mani in genere, mentre questa si riferisce a mani particolari.
E nel postare un'altra poesia, la seconda, dandole per titolo quello che è il simbolo dei gay e io non lo sono, ma questo non c'entra nulla, il senso è ben altro e i miei colti ed intelligenti ospiti sapranno coglierlo, ne sono certo.




MANI  CHE  MANCANO


Mani
giunte che pregano,
mani che benedicono, mani
che accarezzano, 
mani che appaiono
in sogno e quante cose
si possono fare con le mani
ma tutte
quelle cose belle io riesco soltanto 
a sognarle perché sono le tue mani,
solo le tue mani,
sempre le tue mani
che si muovono per me, verso
di me, sopra di me
e che tanto mi mancano adesso
mamma.




I  AM  WHAT  I  AM


Io sono quel che sono:
un'insalata di cose schifose
e di cose sublimi, di cose
splendide e di cose orribili,
un sortilegio e una dannazione,
un miracolo e un aborto.
Io sono come sono
e voi non provate a cambiarmi
a trascinarmi al livello
del suolo
perché io non cammino, io volo.

Se non riuscite a capire
è colpa vostra, pentitevene, 
ma io vi metterò sulla buona strada
dicendovi che io non sono mai nato e che
io non morirò mai.

Quanto a lungo io abbia vissuto
vuoi sapere adesso tu.
Vorrei conoscerlo anch'io
ma non riesco a contare più di tanto.

Insomma
quante vite hai vissute, Vincenzo,
mille, tremila o trentatré?