giovedì 31 dicembre 2015

BUON 2016 A TUTTI VOI

UN  FELICISSIMO  ANNO  NUOVO

AUGURO  DI  TUTTO  "QUORE"

AI  MIEI  AMICI  ED  AMICHE  DI  BLOG,

A  CHI  LO  COMMENTA  E  A  CHI  SOLO  LO  FREQUENTA.

OGNUNO  SI  PRENDA  DALL'ANNO  CHE  ARRIVA

IL  MEGLIO,  QUEL  CHE  PIÙ  GLI  AGGRADA

E  SE  LO  TENGA  BEN  STRETTO.

IO, DA  PARTE  MIA,

MI  TERRÒ  STRETTO  I  MIEI  AMICI.

E  ADESSO  ALLA  TEDESCA, PERCHÉ  MI  PIACE  TANTO:

SCHÖNER  RUTSCH  IN  DEN  NEUEN  JAHR

CHE  SIGNIFICA

UNA  BELLA SCIVOLATA  NELL'ANNO NUOVO

NEL  SENSO  DI  ENTRATA  MORBIDA

SENZA  ALCUN  OSTACOLO.


C  I  A  O    A  TUTTI


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martedì 8 dicembre 2015

QUANDO CI DECIDEREMO A SCENDERE DAGLI ALBERI ?

Quello del 13 novembre a Parigi è un eccidio eclatante, cui i media hanno dato un'enorme cassa di risonanza, ma non è stato il primo e non è rimasto a lungo l'ultimo, come tristemente sappiamo. Un po' in giro pel mondo si sono verificati mattanze più o meno sanguinose, tanto che ormai nessuno se ne meraviglia più, perché questo è il segnale della mediocrità degli uomini, abituarsi a tutto. Il mio grande papà ripeteva sempre che si fa il callo a tutto pian pianino, anche a prenderlo in c**o.
Quello che più mi ha dato fastidio è stata la reazione iniziale, quasi isterica con dichiarazioni solenni, inni della Marsigliese cantati dappertutto -la cantavano anche i topi dentro le fognature, garantisco io che li ho sentiti squittire in coro "allons topons de la patrie"- giuramenti di distruzione totale dell'inimico islamico, quasi caccia alla testa velata, al burkha, alle copiose barbe nere, con giornalisti di varia tendenza e nazionalità, rigorosamente cristiani e presumibilmente cattolici, che sbattevano il microfono sotto il muso dei musi scuri, della barbe copiose, delle teste femminili velate per chiedere sempre le stesse cose ed avere sempre le stesse risposte: "che ne pensa lei della strage di Parigi" e l'altro o l'altra sistematicamente a giurare che "non sono veri musulmani", sicuramente saranno anche stati finti, ma prima di sparacchiare e di farsi saltare in aria insieme a decine di vittime ignare ed innocenti strillavano come galline quando le spennano vive tutti la stessa cosa: "Allah akbar" che vuol dire letteralmente che Dio è grande, e fin qui nessuno obietterebbe nulla, ma sottinteso quel "Dio lo vuole" con cui i Crociati massacravano popolazioni inermi, e non troppo differente da quel "Gott mit uns" che era il motto delle SS di Hitler. Molto più sinceri erano i militi della Legione straniera, che come motto avevano "Les diables marcions avec nous", i diavoli, appunto, e quindi perdonateci tutte le schifezze e le ignominie che noi portiamo a termine. Ma ogni sera tutte le TV erano zeppe di talk show solo su questi musulmani assassini che non se ne poteva più, e ancora questo è oggi un argomento. Ma tutti devono fare fatturato e certe febbri le si riesce a capire, non troppo diverse dallo sbattere il mostro in prima pagina, tanto si sa che la gente questo cerca e di questo gode, di sangue umano, possibilmente innocente e giovane.
L'idea di andare a sganciare tonnellate di bombe sulle teste di siriani è venuta immediatamente al Presidente dei francesi Holland, tanto per non essere da meno del suo predecessore Sarkosi che aveva buttato bombe a gogò sulle capocce dei libici, col risultato che sta sotto gli occhi di tutti. Che poi mi si venga a parlare di bombe intelligenti è solletico sotto la pianta dei piedi: le bombe sono tutte CRETINE e cascano di solito sulle teste di chi non c'entra niente, i vecchi, le donne e i bambini, che non se le aspettano proprio, mentre i guerriglieri, che se le aspettavano si erano da tempo andati a nascondere in rifugi sicuri. Ci vuole tanto a capirlo monsieur le President?
Ma poi succede che qualcuno, più o meno musulmano, più o meno matto, più o meno delinquente va a fare morti negli U.S.A., dove tra l'altro a queste ammazzatine sono abituati. E qui scoppia il gran casino, perché ad un Presidente che cerca di limitare almeno la vendita di armi da combattimento si oppone la vera forza della nazione, la lobby dei guerrafondai nella fattispecie dei fabbricanti di armi. E si sentono frasi come quelle pronunciate da un senatore che concorre alle primarie repubblicane, che cioè potrebbe diventare il prossimo presidente degli Stati Uniti, che raccomanda ed auspica una ancor più massiccia vendita di fucili da guerra, Winchester naturalmente, perché la gente possa uscire al mattino armata come per andare alla guerra quotidiana.
E poi ci sono i signori della guerra turchi che non vedono l'ora di impossessarsi di nuovo dei territori dell'impero ottomano e creare una forza autonoma e non si dice contro chi, i quali sponte sua e proditoriamente, loro che sono membri di una coalizione di difesa chiamata NATO, abbattono senza una ragione apparente ma solo per una presunta violazione di territorio, contravvenendo a tutte le procedure di ingaggio internazionali e della NATO stessa, un aereo da guerra russo, provocando l'ovvia violenta reazione di Putin e del comando militare russo e rischiando di dare inizio ad una guerra che coinvolgerebbe tutta la NATO, quindi anche gli U.S.A. in quella che potrebbe diventare la terza guerra mondiale. Insomma hanno fatto un gran casino sti turchi, e il loro presidente Erdogan dichiara che non chiederà mai scusa al collega russo.
Abbiamo costruito città e strade e porti e aeroporti, abbiamo bonificato terre improduttive, abbiamo anche fatto cose buone su questo pianeta, ma una cosa non l'abbiamo mai fatta: non siamo mai discesi dagli alberi dove i nostri progenitori se ne stavano tranquilli. ed i nostri progenitori erano primati, cioè scimmie, amici miei. Noi quello siamo oggi e niente di più, e mi scusino le scimmie ma non volevo offenderle.
Sarebbe ora che ci decidessimo a discendere dagli alberi.






sabato 14 novembre 2015

I MACELLAI DI HALLAH

Lo so che non si scrive così il nome del loro dio, la acca davanti l'ho aggiunta io in modo che se lo possano leggere allo stesso modo sti figli di cagne da destra e da sinistra, ovunque essi si trovino mentre che crepano, quando finalmente qualcuno con le palle scatenerà contro di loro un esercito di sgozzatori.
Qui la carità cristiana vada a farsi fottere e io me ne frego delle buone maniere. Qui si ha a che fare con una banda di macellai che ha l'unico scopo di destabilizzare il nostro mondo già squassato da crisi economiche e da conduzioni politiche almeno discutibili, usando come mezzo destabilizzate la morte a casaccio. Non occorre essere avversari dell'ISIS, non occorre essere cristiani credenti o meno, non occorre appartenere ad una diversa classe sociale, ad una opposta fede politica, oppure essere tifosi della squadra sbagliata; tutto questo è superfluo, quello che basta è essere in vita e in salute, poter uscire una sera con la propria ragazza per andare a passare un paio d'ore allo stadio, o in un ristorantino del centro dove volevamo sempre andare ma poi non siamo mai andati, oppure a vedere quel Gruppo Rock di cui ci hanno parlato i nostri amici e che suonano, ma guarda, in quel bel locale del centro, com'è che si chiama? Basacan, Batacan? Ah ecco, Bataclan. Sì, io ed Erica siamo una coppia felice, ci vogliamo bene, stasera è venerdì e noi ce ne andiamo al Bataclan a sentire dei ragazzi californiani che suonano da dio. E siamo lì che guardiamo il batterista che fa tremare la casse e non pensiamo che sabato e domenica passano e che poi torna lunedì che ci fa lavorare di nuovo e mantenere il lavoro è l'unico pensiero al giorno d'oggi e non ci passa nemmeno per la capa di pensare che uno di quei quattro ragazzoni vestiti di nero che sono entrati per ultimi possa magari venirsi a sedere davanti a noi perché poi io sono sfigato e se c'è un posto libero davanti mi si piazza sempre uno alto due metri come al cinema e io non vedo più una mazza fiorita e alla sera mi becco il torcicollo e un'incazzatura coi fiocchi che poi mi va la serata di traverso e trovo il modo di litigare con la ragazza e per fortuna quelli se ne vanno verso la parete e non ci rompono le palle ma i colpi più forti che rimbombano adesso non sono quelli del batterista che non suona più ma è saltato per aria come una scheggia e sta scappando e tutti si alzano e gridano e dov'è Erica che non la vedo più e qui fischiano pallottole e le bestemmie di chi è stato colpito e non trovo più Erica e qualcosa di caldo mi è schizzata in faccia e sono quei quattro che sparano come pazzi sparano e sparano a casaccio alla chi cojo cojo e chi se ne frega e quella per terra mi pare Erica ma aveva la maglietta bianca che le ho regalato io e adesso mi pare rossa e non so se si muove e qualcosa mi è caduto sopra una spalla e un calabrone mi ha punto una gamba un calabrone qui dentro chi lo ha fatto entrare e questa non è Erica ma sicuro che è Erica e io sto pisciando sangue e adesso comincio a sentire come quando che si deve svenire e poi ti viene caldo e la saliva aumenta in bocca ed è come se avessi ovatta dentro la testa ma Erica non si muove proprio più e io avrei solo voglia di dormire e non mi chiedete più niente non mi chiedete adesso lasciatemi dormire che poi ci pensa Erica a svegliarmi

martedì 10 novembre 2015

DAVIDE E FAUSTO


Davide e Fausto si amavano da una vita, da quando stavano insieme all'asilo, ma non si erano mai toccati.
Eleonora li conobbe molti anni dopo, al liceo, ma non sapeva decidersi se fosse innamorata di Davide o di Fausto. Avrebbe preferito avere a che fare con Davidausto oppure Faustavide, ma gli venivano sempre fuori due diversi.
Per cui aspettava.
Davide era convinto di non essere gay, e che il gay tra loro fosse Fausto, ma non voleva si offendesse. Pensava che col tempo le cose si sarebbero chiarite.
Per cui aspettava.
Da parte sua Fausto era convinto di non essere gay e che invece lo fosse Davide, ma pensava che se gli avesse parlato chiaro avrebbe rovinato l'amicizia. Tutto meno che quello. Forse col tempo la cosa si sarebbe chiarita da sola.
Per cui aspettava.
Passavano gli anni e a chi chiedeva ad Eleonora che cosa se ne facesse della sua bellezza e perché non la si vedesse mai con un ragazzo, lei rispondeva che stava in attesa. Nessuno le chiedeva di cosa, per rispetto.
Così lei continuò ad attendere.
Davide e Fausto diventarono intanto vecchi, mentre Eleonora invecchiava più lentamente. Ma lei usava con sapienza ciprie e trucco.
Quando le vennero a dire che i suoi due migliori e unici amici erano morti in un incidente stradale Eleonora smise di truccarsi e visse gli ultimi anni visitandone le tombe ogni giorno.
Lo fa ancora adesso, anche se non ci vede quasi più, ma sente sotto i polpastrelli il marmo levigato e pensa "questo è Davide" e magari è Fausto, ma per lei fa lo stesso.


Maximiliansau, 9 novembre 2015

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martedì 20 ottobre 2015

CHIAMIAMOLI PARAFULMINI OPPURE TUTTI I PUPI E LE PUPE DEL PUPARO

Chi come me non è più tanto giovane dovrebbe ricordare che Benito Mussolini si era circondato di una corte di leccaculo e di laudatori e incensatori che dalle sue labbra pendevano, e non solo da quelle, ma anche dalle sue brache.
Era la corte del Grande Capo carismatico del Fascismo. Gerarchi che rispondevano al nome di Alessandro Pavolini, Luigi Federzoni, Giuseppe Bottai, Achille Starace, Leandro Arpinati e giornalisti accondiscendenti come Luigi Barzini, Ugo Ojetti e Mario Appelius, quello che finiva ogni trombonata alla radio dell'EIAR con la fatidica frase "che Dio stramaledica gli inglesi", qualunque fosse stato l'argomento della slurpata.
Avrete notato che si tratta di soli uomini. Il grande Duce degli italiani le donne se le portava a letto, tutte, più una che lo seguì nella morte e nell'appendimento ai ganci di un distributore di benzina a Piazzale Loreto.
Non solo, ma il fior fiore dell'intellighenzia italica accorreva sotto il grande manto del Duce e ne innalzava le lodi, altro che stupidini e poveracci, TUTTI.
Quindi quella corte era molto ben congegnata e variegata.
Il nuovo aspirante Duce, il "vorrei tanto essere considerato il più bravo di tutti di questo secolo ed anche del prossimo" insomma il capo carismatico di questo regime nascituro che ancora riempie di merda i pannolini, preferisce invece circondarsi di galline sculettanti, di pecore e capre belanti, di elementi effettivamente dal sesso poco chiaro e dall'intelligenza assai ben nascosta, molto ben nascosta, così nascosta che quando la cercano non sono in grado di rintracciarla. E allora, poveri cristi, non possono che ripetere come pappagalli il verbo del Capo, imitandone addirittura gestualità e posa, cioè in sintesi lo stomachino leggermente in fuori e l'andatura a pendolo delle gambette ben addestrate in modo da non fare passi troppo lunghi né troppo corti, ma un qualcosa di mezzo suvvia, proprio come fa il Capo, che ha sempre un polsino della camicia nuova da sistemare, che fa tanto chic volete mettere.
Io li chiamo benevolmente i parafulmini, quelli votati alla cortina fumogena intorno al nume, per impedire che qualcuno possa avvicinarglisi troppo. La maggioranza sono donne, cioè a dire di Vittorio Sgarbi, sono le sue colf, le sue servotte compiacenti a tutto disposte pur di avere un posto nel paradiso terrestre che questo santone sta creando per loro.
Ma quando mai una Maria Elena Boschi sarebbe potuta diventare ministro di qualcosaltro che non fosse il riciclaggio di panni vecchi in una delle tante repubbliche delle cerase? Invece no, ragazzi. Firmerà la nuova Costituzione degli italiani, pensateci bene. E la Serracchiani che inopinatamente diventa Presidente della regione Friuli Venezia Giulia senza mai essere stata almeno una volta in mezzo ai friulani, che sono gente per bene che lascia vivere ma non per questo sono dei minchioni, che quando riferisce le parole auliche del suo sommo pontefice la vedi così ispirata, ma così ispirata da non cambiare mai nemmeno il tono della voce, che le esce come un lamento fugace dalla strozza.
In Sicilia c'è il teatro popolare dei Pupi, delle marionette. Vanno in giro per le piazze di paese alla domenica e nelle feste paesane di un certo livello.
I Pupi stanno lì, appesi in bell'ordine a disposizione del puparo, che li prende e li usa a suo piacimento. I pupi hanno la testa di legno, proprio come i ministri di Renzi, ma tengono la bocca chiusa, almeno loro, mentre il puparo dall'alto ne muove i fili e fa le loro voci, proprio come i ministri del governicchio Renzi, solo che loro la bocca la aprono per dire le loro stronzate. Siamo in un paese libero e democratico che diamine, ciascuno ha il diritto di dire la sua stronzata quotidiana, se il capo è d'accordo. 
E la gente applaude, proprio come succede ai pupi dei pupari siculi.
Questo mi rende felice e rasserenato, al punto che mi sono convinto di scrivere questo pezzullo baggianata di carattere politico, cioè di pseudo politica, cioè questa stronzata, ma anche io ho il diritto nella nostra Italia democratica di partecipare alla festa nazionale della superstronzata.



P.S.
Tranquilli amici, sto scrivendo una poesia, che mi costa un po' fatica, perché per me l'arte, la letteratura è anche dolore e fatica oltre che gioia. Non lo so perché e se qualcuno me lo volesse spiegare gliene sarei riconoscente.





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venerdì 9 ottobre 2015

IL RE È MORTO VIVA IL RE

Questo devo averlo letto su qualche vecchio libro di storia dei tempi del liceo, qualcuno di sicuro lo ha scritto, ma nel nostro caso non vale, è obsoleto, fuori moda, superato dai tempi. Noi, romani e no, diciamo oggi

il sindaco Ignazio Marino si è dimesso
ABBASSO IL SINDACO

Negli anni della mia vita, che non sono pochini, ne ho visti di imbecilli, di papaveri, di insolenti, di sciocchi patentati, ma ognuno di loro aveva qualcosa di non laido, di pulito, di umanamente accettabile, costui no, questo lemure aveva la spocchia del presuntuoso cretino, che discendendo dall'opimo nord nella città del casino quotidiano pensava di poter sistemare le cose con la mano sinistra, mentre con la destra avrebbe continuato a fare i comodi suoi.
Bastava vedergli fare durante i primi tempi del suo regno, e davanti a telecamere schierate naturalmente, la salita che porta al Campidoglio, in piedi sui pedali della sua bici, novello Fausto Coppi come a significare: ammiratemi romani, guardate come salgo senza scorta e non a bordo dell'auto di mia competenza, mira popolo, mira e ammira. 
Poi dimenticava la sua Panda rossa in divieto di sosta e nemmeno voleva pagare le multe, perché lui l'era il sindaco, signori, ma stiamo scherzando?
E via con le cene pagate con la carta del Comune di cui era sindaco, e via i soliti privilegi e mai una decisione che andasse pro le categorie cittadine, sempre cose astratte e senza senso. Vietare il traffico su Via dei Fori Imperiali, dove c'è sempre stato, da quando è stata costruita, perché quella strada non solo porta ai monumenti più famosi nel mondo -un nome solo il Colosseo- ma perchè è l'arteria che taglia la città in  due e collega il nord col sud. Ma lui Roma almeno sulla carta topografica la conosceva? 
Poi sono iniziate le bugie, che sono quelle che in fondo lo hanno fregato.
Ci viene a dire che non sapeva niente di quel che c'era sotto il tappeto, ma allora che razza di primo cittadino sei?
Poi se ne va in ferie nei Caraibi e a Roma la mafia fa un funerale stile "il Padrino" con petali di rosa che piovono dal cielo. Un caso politico, ma lui resta a fare immersioni, tanto chi se ne frega, ormai il mafioso è morto, il funerale è terminato e passata la festa gabbato lo santo, anche se non c'entra un cavolozzo fritto, e poi lui cosa poteva mai fare? E quando finalmente torna, infischiandosene che tra quattro mesi un Papa ha stabilito di fare un Anno Santo special e che questo, dati i tempi, potrebbe significare un massacro con l'ISIS che punta Roma, capitale del Cristianesimo, e un gran casino con i mezzi pubblici che funzionano come funzionano, cioè affatto, lui che fa? Se ne va in giro col suo sorriso stereotipato tirato sul muso, senza preoccuparsi di domande ed obiezioni, perché lui è al disopra di ogni sospetto, lui l'è il sindaco, signori, ma stiamo scherzando?
E poi la chicca bestiale, quella che lo pone al di sopra della montagna dei cretini di cui il nostro territorio montuoso come si sa è pieno: il viaggio a Filadelfia dove Francesco è appena arrivato al culmine del suo viaggio pastorale nelle due Americhe.
Ma certo! Voleva imitare il grande Matteo, che è andato a New York a presenziare la finale del torneo USA di tennis tra le due italiane, che senza di lui non potevano giocare. Ma stiamo scherzando? Se Renzi va a New York a vedere due che si scambiano pallate su un campo di cemento il sindaco di Roma capitale non può andare a presenziare la visita del Papa accanto al suo collega sindaco di Filadelfia?
Il Papa nega pubblicamente -mai visto prima- di averlo invitato e Marino dice allora che ad invitarlo sia stato il sindaco di Filadelfia. Peccato che quello non ne sappia niente.
E chi ha pagato sto bel viaggetto? E il soggiorno? E la limusine? Il popolo romano, che diamine, si tratta del signor sindaco perbacco.
E allora qualcuno del suo partito fa cader fuori le ricevute di cene e pranzetti vari per la modica somma di circa 20.000 euro in un anno e mezzo spesi dal signor sindaco per cavoli suoi, tentando di farle passare come spese di rappresentanza.
Uno schifo così in Italia non s'era ancora visto. Sta roba pensavo succedesse solamente nelle cosiddette repubbliche delle banane.
Ci ha impiegato una giornata intera per dare le sue dimissioni, ma mentre le dichiarava già minacciava di ripensarci, novello Sepp Blattner presidente della FIFA. che si dimette e poi ci ripensa, come certi pezzi grossi delle repubbliche delle banane appunto e delle cerase.
La sconfitta è non solo sua, ma del suo partito che lo ha candidato e sostenuto fino a quando non lo ha scaricato per salvarsi il culo, vero Renzi.
Ma io spero che ci siano conseguenze. Sono certo che l'omarino per scagionarsi vomiterà sul suo partito tutto il veleno che ha dentro e allora aspettiamo gli eventi: io credo che ci sarà da divertirci.














venerdì 18 settembre 2015

DELENDA CARTAGO

Fu Appio Claudio, se non ricordo male, a pronunciare la celeberrima frase Delenda Cartago, sì fu lui sicuramente. 
Cartagine era una fiorente città che aveva il difetto di aspirare all'egemonia sul Mediterraneo, il Mare nostrum , e quindi aveva pestato i piedi di Roma, che pretendeva la stessa egemonia e non solamente sul mare ma sull'intero continente.
C'erano state scaramucce e guerre, poi Annibale aveva disceso le Alpi, invaso il nord Italia e marciato su Roma, facendo fettine dell'esercito romano, quale che fosse il capo.
Ma poi, come si sa in Italia si soggiorna bene, belle ragazze, bel tempo, buona cucina, così lui si era un po' abbioccato. 
Ma ai Romani, quelli antichi quelli buoni, rodevano i zebedei e fu deciso di intervenire. Appio Claudio però, cieco e vecchio, vedeva le cose meglio di tutti e in una infuocata riunione del Senatus populusque romanus, dove non si votava nessuna fiducia al governo di un pupazzo circondato di zoccole, ma il destino della più grande città della storia, riuscì con un discorso accorato ad infuocare i cuori dei senatori. 
"DELENDA CARTAGO", urlò con quanto fiato aveva in gola Appio Claudio ed il senato applaudì freneticamente. 
Tutti sappiamo come è finita: Scipione partì a capo di un esercito, sbarcò in Africa e a Zama massacrò le truppe di Annibale e addio Cartago.
E fu così che non fummo africanizzati già da allora e che portammo avanti la nostra cultura e più tardi la nostra religione.
Adesso una banda di pazzi furiosi e delinquenti sta conquistando un enorme bacino di utenza: dalla Siria alla Libia con attacchi anche all'Egitto e alla Tunisia, per ora guardando già al Marocco e tenendo d'occhio il traguardo finale e cioè l'Europa questi tagliatori di gole stanno facendo terra bruciata intorno a loro.

E NESSUNO BATTE CIGLIO. 

A Pamina sorgeva da secoli il più bel tempio romano, adesso ci sono rimaste soltanto le fotografie, il tempio e tutta l'area è solamente un cumulo di macerie.

Basta questo per far capire anche agli stolti quello che veramente è il traguardo di questi imbecilli: far crollare in quel modo anche il Colosseo e forse anche la basilica di San Pietro.

MA NESSUNO BATTE CIGLIO.

I nostri politici di razza rincorrono le loro flatulenze. Meglio volare a New York con un volo di Stato per vedere due ragazzotte, brave sì ma fermati lì, che si giocano la finale di un torneo dello slam, piuttosto che studiare a tavolino insieme ad altri capi di stato una soluzione al problema.

Perché una soluzione c'è, basta avere il coraggio di metterla in atto.
Tutto si risolve con un imperativo

UCCIDERLI TUTTI    UCCIDERLI TUTTI    UCCIDERLI TUTTI

E BASTA

Finché ne rimarrà uno vivo la mala pianta tornerà prima o poi a rigenerarsi e allora sterminarli tutti, uno dopo l'altro.

Ogni nemico va combattuto sul suo campo con le sue armi, perché ben capisca il senso del discorso ed il significato dell'ammonimento. Lo sosteneva Socrate a proposito dei Sofisti, ce lo racconta Platone nel Fedone, uno dei più bei dialoghi che ci abbia lasciato.
Così è. Cosa vogliamo cianciare di democrazia con gente che sgozza i prigionieri ed altri ne lascia bruciare vivi chiusi dentro gabbie di ferro? Non si tratta con le belve feroci, le si abbatte senza pietà.

PRIMA DI MORIRE VOGLIO VEDERE AFFOGARE QUESTI MOSTRI IN UN MARE DI SANGUE, IL LORO SANGUE SCHIFOSO.

Mi auguro che costoro commettano l'errore fatale di aggredire Israele. Sono solo gli israeliti quelli capaci di reagire mettendo in atto quanto da me auspicato, solo Netarniau o chi per lui sarebbe capace di bombardare il cosiddetto Califfato con missili a testata atomica.
I nostri governicchi sono troppo imbelli per farlo.

E adesso avanti: scrivete che sono un guerrafondaio, un fascista che non me ne frega una beata mazza.


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lunedì 7 settembre 2015

INTROIBO

Gli ci vollero quattro settimane per mettersi in piedi e lasciare l'ospedale, con tutto il personale del suo reparto che gli zufolava di continuo nelle orecchie che era un uomo fortunato, ma tanto fortunato, perché la pallottola si era fermata a mezzo millimetro dal cuore sfiorando l'aorta, che più culo non si può.
Allora va bene, ho culo, pensò; me ne servirò in futuro.
Restò in ospedale ancora due settimane, poi finalmente riprese quella che tutti considerano una vita normale, risvegliarsi ogni mattina nel proprio letto e bighellonare per il mondo in attesa di essere di nuovo nel pieno delle forze. Per fare cosa? Ma per scoprire i segreti dei massimi sistemi, che cavolo.
E poi per riflettere, per cercare di ricordare un sogno nebuloso e strano che doveva aver fatto quando si trovava in stato di incoscienza. C'erano strade, anzi autostrade, in quel suo sogno dove la gente camminava. Niente auto, moto, camion, furgoni o biciclette. Solo gente che camminava dapprima lentamente, poi sempre più velocemente. Andavano tutti in un'unica direzione e nessuno poneva domande. Stranissimo. Nessuno si fermava o faceva una breve sosta, o una chiacchierata coi vicini. Niente, solo camminare, mai fermarsi, mai parlare. Ma si sa come sono i sogni per lo più, sono strani naturalmente, diversi da quello che realmente succede.
Così le sue giornate cominciarono ad accumularsi le une sulle altre in modo altrettanto monotono quanto noioso. Aveva ancora un lungo periodo di riposo da smaltire prima di poter tornare al lavoro usato, pertanto si mise alacremente a pensare a qualcosa di nuovo da fare per ammazzare il tempo.
Una di quelle giornate si trovò dentro la stazione ferroviaria che nemmeno si era accorto di come poteva esserci arrivato. Sedette all'ombra sotto le pensiline e scoprì che ad osservare quell'umanità in corsa che saliva e scendeva dai treni lui ci provava un gusto enorme. Forse perché non gliene fregava niente da dove venissero quei treni e dove fossero diretti, chi lo sa, ma Luca poteva starsene ore ad osservare gente sudaticcia che correva impedita da pacchi e valige.
Un giorno mentre beveva un cappuccino nel bar della stazione si guardò in uno specchio a tutta persona che pendeva da una parete. Si vide e quasi non si riconosceva per quanto era magro. Sarà lo specchio, pensò, che mi allunga la figura. Ma non ricordava di essere mai stato così allampanato nemmeno da adolescente. Dovrò mangiare di più e certamente meglio di come faccio adesso, pensò. Tutto sommato erano più le volte che risolveva tutto con un panino e non si cucinava nemmeno una bistecchina, nemmeno un piatto di pasta, e quella si sa ingrassa per benino. Stasera passo dal macellaio e mi pappo una fiorentina, si disse. Prima però  doveva muoversi di lì perché la sera stava arrivando con passo rapido.
All'inizio fu la luce, anzi il lampo, bianchissimo, accecante. Sul quinto gradino della scalinata del sottopassaggio che dal marciapiedi numero tre portava all'interno della stazione.
Il Luca magrissimo che era arrivato fin lì trafelava e non vedeva più niente.
Lo sapevo, un attentato, pensò. Ho visto il bagliore ma non ho sentito lo scoppio, adesso non mi fa male niente quindi vuol dire che sono morto.
Un attimo dopo gli apparve l'angelo, nel punto esatto dove aveva visto il lampo. L'angelo non si rivelò, non parlò, non fece nulla. In piedi sul quinto scalino sembrava appoggiato alla parete.
Un uomo come gli altri, come me, pensò il magrolino; niente ali, vestito come tutti e non si è fatto la barba di recente, ma lui è l'angelo, si capisce, basta niente.
Il silenzio assoluto teneva fermo il tempo e teneva fermo l'angelo simile a un uomo, appoggiato alla parete, così fermo che sembrava un bassorilievo emerso da quelle pietre.
Forse è così che si resta per l'eternità, pensò Luca, con l'angelo custode che ti sorveglia senza darlo a vedere. Bello, comunque, e poi visto che non puoi più cambiare le cose te lo devi tenere così com'è questo accidente che ti è arrivato, Una volta che hai messo l'anima in pace e il corpo supino puoi galleggiare e dormire.
E già gli sembrava di galleggiare e già gli sembrava di dormire, Così quando l'angelo gli parlò Luca rimase di stucco.
"Mi fai accendere?"
Aveva mezza cicca stretta tra pollice e indice della sinistra. Con la destra si afferrava al muro.
"Mi spiace, non fumo", gli uscì fuori dalla sua magrezza come un soffio.
L'angelo o quel che diavolo era si allontanò da lui trascinando i piedi. Puzzava d'alcool stantio, di sudore rappreso e di denti non curati.
Solo un barbone, ma guarda tu! A Luca veniva da ridere ripensando a tutte le scemenze che gli erano venute in mente: l'attentato, la sua morte sicura, sicurissima, l'angelo...
Però qualcosa gli coagulava nel cervello. Cos'era 'sta storia dell'angelo? Dove l'aveva letta? Oppure l'aveva vista in un film? O se l'era sognata? Pur facendo finta di niente un tarlo minuscolo e impertinente gli rodeva dentro la testa, là dietro nella zona dell'occipite. Piano piano, un tarlicchio giovane e inesperto che non faceva nemmeno tanto rumore, ma stava lì mangiucchiandogli materia cerebrale.
Passarono bene o male un paio di giorni, e un paio di notti, tutti uguali e monotoni i giorni, tutte uguali e monotone le notti. Poi successe di nuovo.
All'inizio fu la luce e un boato assordante. Accidenti, stavolta è un attentato, senza ombra di dubbio, e in casa mia! Pensò Luca assonnato. Saltò giù dal letto trascinando con un piede le mutandine di Simona; inciampò nel lenzuolo che gli era venuto anche dietro. La ragazza si rivoltò dentro il letto mugugnando e cercando di ricoprire quel che s'era scoperto. Bravo! Adesso svegliala pure così fino a domattina non avrai più pace, pensò Luca. Tutto meno che Simona ingrugnata e ingrifata dal sonno malamente interroto, tutto meno che questo. Intanto tendeva le orecchie per captare qualche rumore che solerti carabinieri e poliziotti, sicuramente già prossimi a piombare sul posto, avrebbero classificato come sospetto. Ma il silenzio era assoluto. Sbirciò attraverso le serrande semiaperte e non vide niente di anormale nel largo tratto di strada che si apriva davanti alle sue finestre. Nessun danno evidente alle cose, alle macchine parcheggiate, nessun principio d'incendio. Tutto al suo posto, tutto in ordine. Era possibile che avesse sognato, ma improbabile: lui non sognava mai niente e si arrabbiava sempre tanto a sentirsi raccontare i sogni a colori di Simona.
Passi per la luce, si disse, ma i botti non si sognano, si percepiscono e per essere percepiti devono innanzitutto avvenire; quindi qui dentro o qui fuori è avvenuto qualcosa che ha fatto un gran casino tanto da svegliarmi e ce ne vuole col sonno durissimo che mi ritrovo, quindi si è trattato di un botto grosso assai.
Resosi conto che il ragionamento malgrado l'ora non faceva una grinza, Luca si decise a guardare all'interno dell'appartamento e controllare se per caso non fosse crollato un muro oppure esploso il televisore o il frigorifero. Nel tinello c'era ancora la luce accesa. Meno male che faccio adesso questo controllo sennò domani te le figuri le storie con Simona che non dimentica mai niente. Allungò la mano per spegnere la luce ma rimase col gesto fermo a metà: c'era un uomo seduto al suo tavolo che mangiava qualcosa, e questa era la stranezza, che mangiasse cioè, perché l'uomo era diafano, anzi trasparente, si vedevano i mobili e la carta da parati sui muri attraverso di lui e le sue ali, perché aveva anche le ali il che non era assolutamente strano, perché tutti sanno che gli angeli hanno le ali e sono purissimi spiriti e perciò trasparenti; ma tutti sanno pure che gli angeli non mangiano, o perlomeno credono di saperlo dato che forse non se lo sono mai trovato dentro casa nel cuore della notte un angelo seduto nel tinello, e quindi non possono sapere se mangerebbe o no, e questo qui sicuramente si sta ingozzando tutta la mia colazione e quella di Simona e domattina dovrò alzarmi mezzora prima per riprepararla, e non mi sembra nemmeno tanto educato da parte sua, direi.
"Avevo fame, signore, e io quando ho fame mangio quel che trovo", disse l'angelo, che essendo appunto un angelo leggeva anche nel pensiero degli uomini, come è facile intendere.
"Si serva pure con comodo, signor angelo, si affrettò a dire Luca, compiacendosi che l'altro gli rivolgesse la parola, domattina c'è tutto il tempo per riprepararla la colazione".
"Questa mattina, signore"
"Come dice, mi scusi?"
"Questa mattina, aggiunse l'angelo paziente, e non domattina; non vede che sono le quattro e mezza?"
Accidenti, pensò Luca girando indietro la testa e allungando il collo per vedere se Simona stesse arrivando.
"Non se ne preoccupi, signor Luca, lo rassicurò l'angelo, lei non potrebbe vedermi"
Ve l'ho detto che leggeva nel pensiero e che per lui era un passatempo.
"Nessuno potrebbe vedermi, anzi ad essere chiari e trasparenti, aggiunse ridendo di gusto, mi può vedere soltanto lei"
La notizia mise Luca in agitazione.
"Che vuol dire? Perché tocca solo a me 'sto privilegio?"
L'angelo aveva interrotto la pappata e se lo stava osservando. Se si può dire che un angelo si stesse divertendo alle spalle di un mortale, beh l'ho detto.
"Davvero non le ricordo nessuno? Non le ricordo qualcosa? Ci pensi su, Luca. Non è passato tanto tempo"
Questo qui non sta alludendo al barbone della stazione dell'altra sera, rifletté Luca in fretta e furia. "Cosa diavolo mi deve ricordare?"
"Una strada in leggera salita, da farsi tutta a piedi ma senza alcuno sforzo. Tante corsie individuali e una luce bella forte laggiù in fondo. Non le sovviene proprio nulla?"
Una nebulosa opaca, squarciata da qualche flash incerto e troppo rapido perché Luca ci capisse qualcosa. Ma una traccia l'aveva annusata.
"Ci davamo del tu?" buttò lì pieno d'impaccio.
"Certo, disse l'angelo esplodendo in una risata; ci davamo proprio del tu. Ricordi adesso il mio nome?"
No, quello proprio non gli veniva e Luca fece la faccia della delusione.
"Miricriz"
Come quando a teatro si apre il sipario e appare la scena illuminata, lo stesso effetto fece per Luca sentire quel nome, come se fosse stato la pasword di un programma per caso riaperto.
"Allora tutte quelle strade parallele come corsie di un'immensa autostrada non me le ero sognate",esclamò e fu come una liberazione da un incubo.
"No, tutto vero, niente immaginazione" gli confermò Miricriz con la bocca piena di biscotto salato.
Luca guardò l'angelo che si abboffava. Qualcosa gli sfuggiva, un'idea, una sensazione, un'anguilla appena pescata.
"Cosa ci fai tu adesso qui?" Trattenne il fiato. Ormai la domanda finale del quiz l'aveva fatta; toccava all'angelo.
Miricriz era impegnatissimo con una zolletta di zucchero che sembrava essersi incagliata tra i suoi denti. Si cacciò un dito in bocca, frugò, succhiò, sputacchiò e alla fine se lo riguardò beatamente.
"Non lo vedi? Mi pappo la tua colazione" Si divertiva proprio.
"Sì, vabbè, ingozzatela tutta, ma....dopo che farai?"
"Concludo la tua preparazione"
Aveva pronunciato un verbo dal suono poco rassicurante a giudizio di Luca.
"Concludi? E quando l'hai incominciata a fare sta preparazione?"
"Hai afferrato il concetto, Luca. Quando io avrò concluso noi due andremo via insieme."
"Per quell'autostrada?"
"Chiamala pure così se ti piace farlo, ma questa volta sarà per sempre"
"Ma come farai? Ecco, io mi chiedo come farai e vorrei che tu me lo dicessi subito."
L'angelo rifletté un attimo. Non occorreva adesso spaventarlo.
"Va bene, come vuoi, gli disse. Ti farò prima un paio di domande. Per cominciare dimmi se tu rispetti la legge? Anzi, dì la verità, l'hai mai rispettata?"
Luca taceva, perché quella domanda non se l'era mai posta. Valeva la pena farlo adesso.
"No, nemmeno un po', disse"
Silenzio dall'altra parte. Ma che gli poteva dire, pensò Luca? Oddio, ma che dici...la legge si rispetta, bisogna credere nella legge...nella giustizia...stronzate così, che cazzo gli avrebbe dovuto dire? Per questo rimaneva zitto.
"Legge? Giustizia? Che cosa sono? riattaccò Luca. Imposizioni dall'alto fatte da chi ha il potere su tutti noi, poveri diavoli, che questo potere non l'avremo mai. Vedi, a me quando incontro un carabiniere o un poliziotto mi si drizzano i peli addosso, perché loro sono i tutori della legge, loro la applicano questa cosa e guai a te che non la rispetti. Io sto sempre dalla parte del delinquente che a questa imposizione si è ribellato. Adesso non venirmi a parlare di anarchia e di qualunquismo, perché qui non c'entra. La legge è come le regole nel gioco del calcio: fai un fallo fuori dell'area di rigore oppure dentro e cambia tutto, perché se è dentro ti becchi un calcio di rigore. Poi in effetti l'arbitro non lo vede o lo giudica involontario e non fischia il rigore. Come nella boxe: ci sono le regole e tu puoi riempirlo di cazzottoni dalla cintura in su, ma nemmeno una carezza sotto la cintura e nemmeno ginocchiate nelle palle, niente testate, ditoni negli occhi, morsi alle orecchie come Tyson, niente, solo cazzottoni sopra la cintura e sul muso. Anche lì c'è un arbitro che ci mette il naso e qualche volta lo rimedia anche lui un bel cazzotto sul grugno. Involontario, si dice, nella foga del combattimento, colpo non trattenuto e vorrei sapere chi lo crede veramente, ma è così che viene giudicato. Adesso tu vallo a dare un cazzotto involontario a un carabiniere, poi mi racconti come ti è andata a finire, amico mio bello."
"Tutta sta tirata per giustificarmi la tua insofferenza alle leggi? Lo apostrofò Miricriz. Bastava molto meno per convircermi. Visto che sei così mi sarà più facile prepararti al viaggio. Ascolta: gli umani sono tutti dotati di un cervello, ma riescono a farne lavorare solamente un decimo dell'intero potenziale a disposizione. Adesso io per tre minuti aumenterò questo tuo quoziente di intendimento."
"Vuoi dire che farai funzionare il mio cervello al cento percento?"
"No. In quel caso capiresti tutto e saresti Dio. Lo porterò al quaranta percento."
"Adesso subito?"
"Per tre minuti, ma prima devi pregare"
"Non mi ricordo nessuna preghiera, rispose Luca; sono troppi anni che non prego più"
"Sforzati di trovare qualche parola"
"Che ti pare di questa: introibo ad altare dei, ad deum qui laetificat juventutem meam? La dicevo quando facevo il chierichetto e servivo messa, ma altro non ricordo"
"Può bastare, ma adesso sta attento: iniziano i tre minuti"
Questa volta non fu un lampo ma un immenso scintillio di sorgenti luminose che turbinavano velocissime intorno ad un centro, come nebulose che si accavallassero le une sulle altre in un susseguirsi di luci accecanti e di ombre scurissime. Al posto del rumore, che doveva essere intollerabilmente forte, la voce di Miricriz che gli spiegava appunto che l'audio era stato azzerato da lui per non fargli scoppiare il cervello in mille pezzetti.
Poi vide la corsa dei pianeti e il loro ordinato porsi in fila come per una gara.
Ne scelse uno e già sapeva che si trattava della Terra. Tante volte aveva visto in TV, magari nei programmi di Piero Angela, tentativi di ricostruzione dell'inizio della vita del nostro pianeta. Malgrado tutta la fantasia ed i mezzi tecnici nessuno era andato nemmeno vicino alla realtà che Luca adesso stava ammirando a bocca aperta. Da non poter descrivere, tanta era la sua emozione.
Forse Miricriz gli stava spiegando qualcosa e Luca voleva prendere appunti. Si trovò tra le mani un fascio di fogli di carta e una penna. Iniziò a scrivere a velocitá inaudita: scriveva arabo, cinese, russo, sanscrito, ebraico, greco antico, aramaico con estrema semplicità traducendo in contemporanea in tutte le lingue che l'angelo gli suggeriva.
E poi scrisse formule matematiche che Luca sapeva essere quelle dell'origine dell'Universo e di tutti gli Universi che lo precedettero e di quelli che lo avrebbero seguito. E continuò a scrivere la formula portandola tanto avanti che l'angelo nemmeno sapeva cosa stesse scrivendo, e quando gli chiese come riuscisse a far quello Luca gli rispose:
"Sono arrivato alla fine del quaranta percento che tu mi avevi messo  disposizione e ho scoperto come far funzionare ancora di più del mio cervello. Adesso sono circa all'ottanta percento, manca ancora il venti percento ma ci arriverò in poche ore. Domani avrò il cervello del tuo dio e sarò dio"
"Ti sbagli, Dio è uno solo: c'è già ed è lui che mi manda"
"No, Miricriz. Manderò il mio pensiero per tutto il creato. Dovrò fa così per sopravvivere dato che il pensiero divino è estremo e continuo divenire e devo trovare un posto dove il pensiero dell'altro non è ancora arrivato altrimenti saremmo in due a pensare e a creare nel medesimo posto ed andremmo entrambe in tilt e tutto creperebbe ciò che è stato e ciò che deve essere. Ma io ho qualcosa che lui non ha: lui è eterna innocenza, io invece conosco il male, ne conosco il segreto che l'altro dio non ha mai voluto pensare né provare"
Miricriz cacciò un urlo e scappò via inorridito.
Luca si guardò intorno e vide che non stava più in casa sua, che il sole era già alto, ma questo non gli diede il minimo disturbo. Intorno a lui una pianura senza fine. Era in qualche posto e questo gli bastava. Con un minimo sforzo di volontà deviò il corso di un fiume che di lì passava,scavando una caverna abissale e si immerse in quell'acqua senza respirare. Sapeva di non averne più bisogno perché era diventato purissimo pensiero. Sapeva tutto oramai, o quasi tutto.
A quel punto Miricriz capì che Luca si apprestava a diventare Dio, capì di essere lui responsabile di quel delitto e fuggì via atterrito e piangente.
Ma sentì dietro le sue spalle un'esplosione terrificante che scuoteva tutta la Terra. Si voltò indietro e vide un massa informe e quasi infinita uscire dalla testa esplosa del cadavere che galeggiava in quel lago d'acqua.
La massa implose e tutto venne risucchiato in un buco dapprima gigantesco, ma che poi mano a mano rimpiccioli fino a diventare piccolo come il foro del lavandino dentro la cucina di Luca. Tutto scomparve con un sinistro rumore di risucchio.
Allora Miricriz si alzò, pulì le bricciole dalla tavola e se ne andò senza badare alla ragazza che ancora dormiva ignara di tutto.



Finito di scrivere a Cervignano del Friuli, il 7 settembre 2015.



***





























venerdì 10 luglio 2015

L' APE SULL' UNGHIA


L'ape si è posata sull'unghia
del mio anulare destro.
Sugge qualcosa di mio, di nuovo vola via.

Scende la sera morbida come le tue
palpebre sui miei pensieri piatti,
la mia fatica di respirare
la mia voglia di niente.

È l'ombra del quotidiano morire.



***
Scritta a Maximiliansau la notte del 8 luglio 2015


giovedì 2 luglio 2015

GLI ANGELI CHE SONO RIMASTI QUI


Gli angeli che sono rimasti qui
parlavano con noi.

Diceva l'angelo:
"Ascolta il silenzio...

...l'orrore del silenzio...".

Diceva un altro angelo
dirimpetto al primo:
"Ascolta la violenza del silenzio...

...e la speranza...

...nel silenzio...".

"La speranza è nel suono, nell'armonia e nel clangore
di una voce..."
diceva un terzo.

"E se fosse un suono tragico? Una voce 
di tragedia..."
ribatteva un altro da lontano.

"È voce e quindi è vita. Il silenzio è non vita...
...gli uomini hanno paura del silenzio...

...gli uomini hanno paura della morte....".

"E chi ti dice
che il silenzio è non vita?
Chi ti dice che il silenzio sia morte?

...Ascolta...

...il silenzio assoluto è l'ordine perfetto...

...e l'ordine perfetto è vita...

...vita degli eterni spazi...".

"Vuoi dire vita eterna?"
chiesero in molti.

"Voglio dire quello che ho detto..."

...e poi quello si tacque...

ma gli angeli che rimasero dopo di lui
continuarono a parlare tra loro

e noi potevamo ascoltare.




***

Im Rheinland Pfalz irgendwann geschrieben,
während des XX Jahrhundert.

*


lunedì 8 giugno 2015

COSA NASCONDI


Ho scoperto che i tuoi denti
non sono brutti come avevo pensato,
perché tu sorridi muovendo soltanto
le labbra come Monna Lisa.

Invece hai denti bianchi, diritti, ben scolpiti:
hai sbadigliato e te li ho visti
prima che tu li nascondessi dietro una mano.

Cosa nascondi sotto la criniera foltissima e riccia,
cosa dietro le lenti spesse da miope,
cosa dentro la bocca tenuta come un taglio
per traverso sul tuo viso, le labbra tese
come gli elastici di una fionda?

Cosa nascondi? I tuoi tesori imperscrutabili oppure
i tuoi orrori inconfessabili, Miriam?



In Maximiliansau, il giorno 8 di giugno 2015

***


martedì 26 maggio 2015

GIORNO SOLAMENTE MIO


Una salamandra turchina si nasconde
e riappare sfaccettata di luce solare
tra foglie ombre e silenzi, si contorce e vibra
e cerca la mia traccia, beffarda.

Querulo è l'accordo delle ombre mattutine:
si invaghiscono in me della mia metafora tra silenzi
e preghiera, rapidamente mosse sopra
una scacchiera muta che si impolvera dismessa

e poco usata. Tempi di reflessione.

Tante sono le cose impossibili che brulicano
nella mia mente, autunni di smeraldo
si procacciano la posizione di partenza migliore
cocciuti ritorni non richiesti, visti

di sguincio e di sfuggita,
ameni reportage, foglie appassite e morte.

All'orizzonte l'onda quasi invisibile è tutta
un tremolio, schizzi di cielo la soffocano,
sprofonda la nave che vedemmo partire
dal nostro porto lungo l'arco terrestre
dove lo sguardo si spezza.

Ormai questo giorno è solamente mio.


In Maximiliansau, il 26 maggio 2015 nelle prime ore notturne

***


venerdì 22 maggio 2015

NOTTURNO


Ora che i primi amici incominciano
a lasciarmi e al telefono non rispondono più,
nuove crepe si aprono sui muri di queste mie giornate.

Troppe le volte che tornammo indietro,
troppe le volte che ricominciammo a costruire
ponti che sapevamo sarebbero crollati,
troppe le attese inappagate, troppi i sogni mai
avverati, troppi gli amori trascurati, traditi, lasciati
a terra come carte sporche, spietatamente.

Malgrado tutto nel cuore scorre sempre sangue fresco
e la voglia di amare e il desiderio di rinnovare
il parco dei sogni, delle speranze, anche a costo
di camminare attraverso i rottami

di una vita che di giorno in giorno continua a diroccare.





In Maximiliansau  il  20 maggio 2015, ora tarda.

***  

domenica 17 maggio 2015

UN ' IMMAGINE LIQUIDA




Tutto quello che apparve
è scomparso in un attimo:
ho visto la tua ombra, ti ho cercata
ma tu non c'eri, non ti trovo più.

La tua tristezza oscura il sole.

Ristagna il mio pensiero
sopra un'immagine liquida.




***
In Maximiliansau

***

mercoledì 13 maggio 2015

VENTI VERSI DA DIMENTICARE


Raccogliere un pensiero in pochissime
parole sgrammaticate e scarne
significa forse essere poeti piuttosto che ignoranti
o poco istruiti o troppo succinti oppure
menefreghisti? Io sono tutto questo e altro ancora
io sono me e controfigura di me.
Essere uomo come mi sento io,
uomo uomo per dirla in breve, mi dà
il rispetto di me stesso, al di là di tutte
le cadute di stile, le grossolane
inutili storiacce che racconto, le bestemmie
che dico, le flatulenze che mollo,
i sogni impuri che faccio a occhi sgranati.

Immensa la beatitudine dell'imperfezione,
sorelle e fratelli; me la scandisce il rumore
cupo di ogni battito del cuore dentro il petto,
la lacrima che scopro ogni mattina
dentro un occhio, ora il destro ora l'altro,
che detergo col dorso della mano
quasi con rabbia, sempre con stupore.




***
Scritta in Maximiliansau durante le ore notturne del 13 maggio 2015 

domenica 10 maggio 2015

AL POSTO DELLA VITA


Ogni giorno leggo, ogni momento
penso, stringo nei pugni
l'aria delle mie evolute
immagini;

m'inseguo, mi raggiungo e mi precedo;

respiro, sospiro e qualche volta
piango, ma unicamente quando sono solo.

Tutto
da quando ho messo i sogni
al posto della vita.


**

Maximiliansau, 10 aprile 2015, di notte.

martedì 5 maggio 2015

GRAZIE E ANCORA GRAZIE AM

A precisa domanda rispose con un chiaro "Sí".
Con quella sillaba la signorina Anna Maria Turolo diventava signora Iacoponi.
Succedeva più o meno in questa ora cinquantadue anni or sono.
Io non mi sono mai abbastanza rallegrato di quel sì così deciso. A lei forse qualche volta sarà passato per la testa che meglio sarebbe stato fosse andata in gita con la sua migliore amica.
Ma non c'è andata e di questo innanzitutto la ringrazio.
E ancora la ringrazio per la sua fedeltà, la sua dedizione, la sua pazienza.
Sopportare me non è stato facile nemmeno per mia madre, figuriamoci per lei, abituata come figlia unica ad averle tutte comode.
Con me ha dovuto subito imparare a dimenticare le comodità, ma si è adattata molto in fretta e bene.
Grazie per avermi fatto sempre trovare la strada in discesa, mentre spesso la salita la faceva lei.
Grazie di avermi generato quattro figli belli e sani, nonché intelligenti.
Si sa ogni scarafone è bello a mamma sua, ma sti quattro so proprio belli.
Educati bene -ci ho messo anche del mio, ma lei li teneva sotto controllo tutto il giorno, per cui a lei va il maggior merito.
Due anni fa c'era tutta la famiglia al completo. Oggi arriveranno alla spicciolata, ma arriveranno.
Grazie anche per questa atmosfera, Annamarì da parte di quello che ha detto "sì" un attimo dopo di te.

domenica 26 aprile 2015

HIN UND ZURÜCK *

Come sopra un tapis roulant.  Luca si era subito accorto di muoversi velocemente senza dover mettere i piedi uno avanti all'altro. Adesso, dopo un po' che si spostava col suo angelo accanto, si accorse di stare su un viottolo illuminato che scorreva in avanti. A fianco del suo, sia a destra che a sinistra, altri viottoli luminosi come il suo andavano nella stessa direzione, sopra ognuno di essi un uomo o una donna affiancati da un angelo. Quello che vide lo incuriosì perché gli altri angeli accompagnatori avevano tutti le ali, solamente il suo ne era privo.
-Non sono balle che mi hanno raccontato da piccolo, gli disse Luca. Guardali i tuoi amici: hanno tutti le ali. Sei speciale tu?
Gli sembrò per un attimo che il suo angelo indugiasse per cercare una risposta, poi gli vide abbassare la testa.
-In un certo senso sono speciale. Sono forse l'unico ad essere stato punito per avere impedito al destino di compiere la sua opera. Ci ho rimesso le ali e buona parte della mia reputazione.
-Non vuoi raccontarmi come sia andata?
-È successo non tanto tempo fa, a Berlino durante l'ultima guerra. Io badavo ad un giovane musicista molto dotato. Mi ero innamorato della sua musica e volevo salvarlo da quel disastro. Una notte sentii che stavano arrivando bombardieri inglesi e mi misi all'erta. Percepii che una bomba stava arrivando proprio sopra la casa del mio custodito e che lo avrebbe ucciso, perché quello era il suo destino, che io conoscevo. Ma non potevo lasciarlo morire così, non volevo. Pertanto volai verso la bomba inglese, l'afferrai, mi ci misi a cavalcioni e ne deviai il percorso mandandola ad esplodere lontano dalla casa del mio protetto. Lui si salvò ma io fui immediatamente degradato ad angelo di seconda schiera e mi furono tolte le ali. Un paio di mesi dopo dovetti assistere senza poter fare nulla all'uccisione del mio musicista, perché la sua sorte si compisse. Gli sparò in fronte un russo di diciotto anni morto di paura.
-Non riavrai mai più indietro le tue ali?
-Non lo so. Forse. Ma dovrò assistere a tanti altri come te prima che questo avvenga e non dovrò mai fare errori, mai immischiarmi in cose più grandi di me.
Per un po' Luca rimase in silenzio, ma non troppo.
-Puoi dirmi come ti chiami?
-Miricriz.
-Era il mio destino farmi ammazzare a carnevale, Miricriz?
-Non so dirti. Qualcosa o qualcuno mi ha impedito di intervenire in tempo. Te l'ho detto che sono arrivato troppo tardi, ma certamente quello era il tuo destino. Qualcuno deve aver pensato che volessi ripetere l'impresa di Berlino e mi ha impedito di starti accanto.
Luca si era accorto che qualcosa stava cambiando: le corsie di quell'immensa autostrada erano ormai talmente vicine che praticamente si toccavano congiungedosi in un'unica enorme corsia, ma ognuno degli occupanti manteneva un suo percorso autonomo. Qualcosa però stava cambiando nell'atmosfera intorno a loro. La luce. La luce stava cambiando, non diminuiva di intensità ma cambiava di colore. Luca lo confrontò immediatamente volgendosi indietro a guardare la strada che avevano percorso: quella era intensamente illuminata di luce chiarissima, mentre davanti a sé vedeva una luce buia, una luce scura sul viola che scuriva man mano che si inoltravano dentro di essa.
-Non devi voltarti indietro, gli disse Miricriz, vedi farlo agli altri?
In effetti adesso che glielo aveva chiesto si accorgeva che tutti fissavano col volto teso verso l'alto un punto indeterminato davanti a loro. Ma lui non riusciva a starsene immobile col muso proteso in avanti. Era più forte di lui e continuamente si girava di qua, di là e soprattutto indietro ad osservare la strada percorsa, a guardare gli altri, insomma ad avere qualcosa da fare come se fosse l'unico cui importasse sapere mentre gli altri accettavano tutto.
Più tempo passava più il quadro complessivo cambiava. Non solamente la luce, che adesso virava su uno scuro marrone brillante, ma anche le genti che popolavano la scena. Mentre all'inizio vestivano ognuno i propri abiti, colorati e diversi, adesso Luca vide che tutti avevano indossato una specie di camicione che si infilava in basso in due capaci stivali. Tutto andava sul marrone brillante che si faceva sempre più scuro, sempre più uniforme. Non tutti però avevano vestito il camicione e indossato gli stivali. Luca si accorse con rabbia che lui era rimasto vestito come era quando gli avevano sparato, solo che la diagonale del sottotenente dei carabinieri era bianca e non nera e brillava nel suo chiarore, unica lì in mezzo. Perché solo io, pensò. Ma non chiese niente a Miricriz, che gli sembrava molto turbato.
E gli altri incamiciati e stivalati si erano messi a marciare, rigidi come soldati, uomini e donne, ragazzi e vecchi, tutti marciavano a petto in fuori con lunghi passi marziali. Solamente lui continuava a starsene fermo sul tapis roulant, che si muoveva al posto suo.
-Che cosa sta succedendo, Miricriz?
-Non lo so, ma ho un brutto presentimento. Voltati e dimmi cosa vedi dietro di te.
Adesso gli diceva di voltarsi, vallo a capire. Lo fece però immediatamente, anche perché era esattamente quello che desiderava fare.
-Vedo una cosa strana, Miricriz.
-Cosa?
-Soltanto la mia corsia è illuminata chiara come era all'inizio, le altre sono tutte scure davanti e dietro chi ci cammina dentro. Sai cosa significa?
-Non mi è mai successo prima d'ora ma comincio a capire.
-Dimmi cosa cominci a capire, Miricriz.
Ma il suo angelo gli afferrò un braccio e gli fece cenno di tacere. Anche questa era nuova.
Luca vide che qualcuno si stava avvicinando davanti a loro.
Un angelo enorme, a gambe divaricate sul percorso.
-Fermi, intimò.
Si fermarono e Luca vide che Miricriz si era inginocchiato immediatamente.
-Lui non è ancora pronto, disse il grande angelo. Riportalo indietro.
Nemmeno il tempo di fare una riflessione e già vide che il tapis roulant aveva cambiato direzione tornando a velocità vertiginosa sul percorso già effettuato. Di nuovo la luce chiara si impossessava del tutto, mentre erano spariti improvvisamente tutti gli altri compagni di viaggio.
-Stammi bene a sentire, gli disse Miricriz. Non ho molto tempo, per cui ascolta e non fare domande. Quando ti lascerò tu dimenticherai tutto quello che hai visto. Dimenticherai me, la strada fatta e tutto il resto. Un giorno ci rincontreremo, quando sarà compiuto il tuo destino.


Un lampo giallo, poi qualcosa di verde chiaro. Odori. Di qualche cosa che pungeva dentro le narici. Rumori. Attutiti, ma rumori di qualcosa che si spostava, oppure era qualcuno che camminava adagio. Di nuovo un lampo giallo. Poi il verdino, poi il quadrante di un orologio a muro. Il fastidio ad una gamba, il braccio faceva anche un po' male.
-Si è mosso.
Qualcuno aveva parlato. Qualcuno si avvicina. Il volto di una donna vestita di azzurro chiaro con una mascherina davanti, si vedono soltanto gli occhi. Qualcuna lo chiama.
-Luca...Luca...mi sente?
Forte e chiaro vorrebbe dire ma non gli esce dalla bocca che un fischietto.
-Non parli, è molto affaticato.
Gli prende una mano.
-Mi stringa la mano se mi sente.
Luca stringe la mano.
-Benissimo. Adesso chiamo il dottore.
Ah ecco dove stava. Se c'era un dottore quella era un'infermiera, anzi due, perché ce n'è un'altra, la vede oramai chiaramente. Sembra la sorella gemella della prima ma sono due diverse. Stringe di nuovo la mano della prima infermiera, quella che gli ha parlato.
-Le spiegherà tutto il medico. Lei è stato ferito gravemente, ma penso che ormai ce l'abbia fatta. Sono passati dodici giorni e mezzo e finalmente lei Luca è uscito dal coma.
Se ne è andata, anche l'altra. Adesso arriverà il medico.
Dodici giorni. Allora carnevale deve essere finito da un pezzo. Adesso ricorda qualcosa. Doveva prendere dei soldi contanti al Bancomat. Poi sono usciti i due pierrot.
Luca chiude di nuovo gli occhi, ma non vuole dormire. Aspetta che arrivi il medico.


* "Hin und zurück" significa avanti e indietro, oppure anche andata e ritorno. 



lunedì 20 aprile 2015

MARE MORTUUM - IL NAUFRAGIO DELLA POLITICA EUROPEA

Chi mi conosce sa che non cavalco le tigri, non vado in cerca dell'applauso facile come certi politici che tanto vanno di moda, ma non si può rimanere inerti e zitti di fronte a una mattanza come quella che si sta verificando davanti alle coste della Sicilia.
La notte tra sabato e domenica un barcone con centinaia di fuggitivi, di schiavi moderni a bordo si è rovesciato. Sembra che siano morte annegate più di settecento persone, tra cui una cinquantina di bambini. Questa mattina un altro naufragio. Oramai non si contano più. 
L'Italia, con "Mare nostrum" e adesso con "Triton" -che non si capisce bene cosa sia- si è dovuta accollare il massimo sforzo, come se la cosa riguardasse solamente la nostra nazione e non l'Europa intera. Esiste un trattato, di cui si sapeva poco, il trattato di Dublino del 2003, che stabilisce che gli emigranti, i fuggitivi, non debbano espandersi oltre i confini del paese che li ha ospitati per primo. Una bella stronzata, perché nel 2003 c'era ancora Gheddafi che bloccava il traffico dalla Libia, non c'era stata ancora la primavera araba e non esisteva ancora l'ISIS, né le turbolenze così atroci degli ultimi anni in Africa, né era iniziata la rivoluzione in Siria. In sostanza non si paventava un esodo così massiccio di popolazioni verso l'Europa, cioè verso l'Italia che è il confine più vicino da raggiungere via mare.
Adesso i nostri cari politici vanno in giro a fare chiacchiere e a mostrare il petto, ma nessuno affronta in sede europea l'argomento con cipiglio e voglia di risolverlo. Tanto meno Renzi, che fa il paino passando da un microfono all'altro, da una telecamera all'altra parlando forbito col suo sorrisino da furbetto.
Ma l'Europa gira la testa dall'altra parte e fa finta di niente.
Questa Europa Unita cosa cavolo è? Un'unione monetaria che favorisce quasi esclusivamente la Germania, che altrimenti avrebbe avuto enormi difficoltà a competere col suo Marco fortissimo con la Lira e il Franco francese assai più deboli.
Oltre all'unione monetaria cos'è? Niente. Non abbiamo una politica estera comune, con un direttorio o un ministro degli esteri che parli a nome dell'Europa e non a nome del suo stato di origine; non abbiamo un esercito comune, nè una marina comune, nè un'aviazione comune, insomma non abbiamo Forze Armate sotto un unico comando e vedrete che bel casino che succederà se si tratterà di fermare questi bastardi dell'ISIS, e prima o poi bisognerà farlo. Se si dovesse demandare tutto alla NATO dovremmo fare i conti con gli Stati Uniti, che nella NATO comandano impunemente, che non avrebbero tanto interesse per motivi loro si capisce di farsi coinvolgere.
E allora a cosa serve questa tanto decantata Europa? A poco o niente. Quando le cose vanno bene tutto va ben madama la marchesa, ma poi arriva la crisi economica e ognuno se la deve sbrigare coi mezzi propri. Poi arriva questa crisi nel Mediterraneo e l'Europa fischietta tranquillamente, tanto ci pensano gli italiani, basta dar loro un contributo in soldoni e sono contentissimi. Poi arriverà -a Parigi e a Copenaghen è già arrivata ma se ne sono già dimenticati- anche l'ISIS magari a Roma e a Berlino, con morti e feriti e si faranno cerimonie con l'intervento della Cancelliera in nero e di Mattarella in capelli bianchi. E poi? Poi niente e amen.

Ho interrotto la serie dei racconti di Luca perché nessuno dovrebbe rimanere inerte ad aspettare che gli sparino sui coglioni, ma dovremmo andare tutti in marcia a Bruxelles ognuno con una cesta di pomodori marci per bersagliare quei poco onorevoli deputati che scaldano le sedie nel Parlamento europeo.
Dovremmo, ma non lo faremo. Ignavia, inerzia, attesa della sera che viene e del letto che ci accolga. 
Mamma mia che vita di merda!  

domenica 5 aprile 2015

CRONACA DI UN MARTEDÌ GRASSO DI MERDA

Luca buttò le gambe fuori dal letto con rabbia. Come al solito non aveva sentito la sveglia. Proprio oggi che aveva i minuti contati. Tanto valeva mascherarsi subito e fare innanzitutto un salto in Banca per prelevare i quattro soldi che gli sarebbero serviti.
Mascherarsi! Gli veniva da ridere: aveva deciso da un pezzo di indossare la diagonale smessa da sottotenente di complemento per recarsi alla festa dove l'avevano invitato. Era in congedo da otto anni, ma non aveva messo su un grammo di ciccia dai suoi anni migliori, e poi già l'aveva provata un paio di volte, quando voleva fare uno scherzo alla ragazza: lui il servizio militare lo aveva fatto tra i Carabinieri e lei sniffava. Le aveva detto che l'avrebbe arrestata prima o poi. Uno scherzo lo si può sempre fare, ma a pensarci bene meglio non strafare, non si sa mai che reazione poteva avere quella matta. Così aveva lasciato la bella diagonale nera con gli alamari argentati dentro l'armadio.
Anche indossarla per il Carnevale poteva essere un rischio: vilipendio della divisa o chissà quale accusa avrebbero tirato fuori, ma l'idea gli era sembrata bellissima e oramai chi gliela strappava dalla testa? E poi era una festa privata nella villa di un'amica di amici suoi, non in un locale pubblico; la cosa non avrebbe avuto nessuno strascico.
Dovette fare un salto in cantina dove teneva la scarpiera. Lì c'erano un paio di scarpe di cuoio nere, scarpe di ordinanza, che non calzava quasi mai. Luca usava le Nike durante l'inverno e i sandali nei mesi più caldi. 
Indossata la divisa calcò il berretto con visiera e si rimirò allo specchio: i capelli erano un po' troppo lunghetti, ma non ci avrebbe fatto caso nessuno; bastava bagnarli un po' e lisciarli ai lati della testa.
Uscì claudicando appena per via delle scarpe un po' dure cui non era abituato.
Sul portone un gatto nero quasi gli saltò addosso. Luca scartò di lato con abilità velocemente. Guai se quel gatto fosse riuscito ad attraversagli la strada e dio ci salvi a toccarlo: Luca era terribilmente scaramantico e odiava i gatti. Gli sembrò che un paio di quei pelacci fosse rimasto attaccato ai suoi pantaloni e vi picchiò sopra energicamente col palmo di una mano finché non fu certo di averli ripuliti.
Andò con cautela verso la sua macchina. Qualcuno aveva parcheggiato così male che dovette manovrare per alcuni minuti per essere sicuro di uscire dal suo posto senza fare graffi sulla carrozzeria. Ancora un contrattempo, stava perdendo la pazienza e questo avrebbe significato una cascata di parolacce e di bestemmie di cui non sentiva la necessità.
Il traffico era assai sostenuto e caotico, sembrava che si fossero dati convegno per strada tutti i fannulloni della città, quelli più scarsi al volante, quelli più imbranati. Gli occorse il doppio del tempo normale per arrivare sul piazzale della Banca. Trovò un parcheggio in una zona dove normalmente era proibito lasciare la macchina, ma pensò di fare in fretta, in fin dei conti doveva prelevare pochi soldi al Bancomat, nessuna operazione con lungaggini e perdita di tempo.  Attraversò il piazzale correndo. Una giovane donna, mascherata da olandesina con le treccine bionde tirate in su e gli zoccoletti ben noti, lo guardava con un sorriso sulle labbra.
Sono un bell'uomo in una bella divisa, pensò Luca e ricambiò il sorriso.
Dalla Banca uscirono correndo due Pierrot con una maschera nera sul viso: entrambi avevano dei sacchetti di plastica in una mano e nell'altra una pistola giocattolo. Quello davanti si fermò di colpo spalancando la bocca, quello dietro un po' più robusto alzò immediatamente la pistola giocattolo e sparò.

Luca era rimasto fermo a braccia incrociate e gli sembrava che il tempo si fosse improvvisamente fermato. I due Pierrot erano corsi via, l'olandesina era inginocchiata a terra con le mani davanti alla bocca e gridava come una pazza. Ma che diavolo stava succedendo? E poi quella pallina nera che era uscita dalla pistola giocattolo e che era diventata sempre più grande che voleva dire?
-Non sono arrivato in tempo, disse l'uomo giovane che stava fermo vicino a Luca. Dovevo custodirti ma ho perso l'attimo. Quando sono arrivato era già successo.
Questo era il mio angelo, immaginò Luca.
-Dove sono le ali? Tu non hai le ali?
-Queste sono baggianate che vi dicono da piccoli. Mi dispiace per come è andata, ora dobbiamo sparire da qui in fretta; abbiamo molta strada da fare.
-Sai che l'ho vista arrivare?
-Cosa hai visto arrivare?
-La pallottola.
-Non hai visto arrivare quello che pensi tu.
-Ti dico che l'ho vista, una cosa piccola e nera, che diventava sempre più grande fino a coprire tutta la visuale.
-Quello che hai veduto era la fine della tua vita. Adesso andiamo.
Luca si girò e guardò verso il basso, nella direzione dove stava guardando l'olandesina, là dove stavano accorrendo tante persone e si vide, cioè vide disteso a terra immerso nel suo sangue un corpo umano vestito da ufficiale dei Carabinieri.
-Allora, ti muovi? Chiese l'angelo.
E Luca finalmente si staccò da quella visione e lo seguì.