mercoledì 3 febbraio 2010

AHI, DIDO, CHE DOLOR CHE DÁ L'AMOR

Ieri ho letto sul blog di Fuma62 un bellissimo post, dove parlava di un cane che le scodinzolava intorno tra una pisciatina e una cacatina nel bosco dove lei e suo marito stavano passeggiando. Campeggiava in alto una bella foto che il bravo G. aveva scattato al cane.
Somigliava a Dido.
Cinque anni fà mi regalarono un minuscolo cucciolo. "Che razza è?", chiesi al donatore. "È un bastardino. Sua madre è una femmina di Labrador. Suo padre un intruso". Doveva essere piccolo, molto piccolo, perché Dido -lo avevamo chiamato così- aveva il manto e il muso della madre, ma non la stazza. Nemmeno 40 cm da terra, assai poco per un Labrador. Lo osservavo crescere a rilento e ripensavo alle parole di quel signore: bastardino, lo aveva chiamato. Che pessima espressione! I tedeschi chiamano Bastard un figlio di buona donna, mentre un animale lo chiamano Mischling, da mischen che significa mescolare; quindi miscuglio. A me sembra più bello, a prescindere dal suono dolcissimo di Mischling -provare per credere a pronunciare all'italiana così: miscling, non col suono della c indurito dalla h-. È molto più carino di bastardo, ammettiamolo.
E poi era affettuosissimo e premuroso, proprio un bravo ragazzo: ogni volta che Annamaria doveva andare in cortile lui le rimaneva a fianco, non lasciandola mai sola un momento. Usciva tranquillamente al guinzaglio, solo con lei, voltandosi continuamente a guardarla e fermandosi subito se la vedeva indugiare o fermarsi. Non la strattonava mai, come fanno certi cani prepotenti.
Due anni dopo l'amore è finito, perché Annamaria è diventata allergica quasi a tutto, ma soprattutto ai peli degli animali: niente più cani o gatti, niente più Dido.
Lo abbiamo portato in Italia, da nostra figlia Monica, perché ha una casa con un grande giardino ed un ampio cortile dietro; molto spazio insomma, ma soprattutto ha una figlia, Sofia, che adora i cani come tutti i bambini.
Quando siamo partiti Dido c'è rimasto malissimo. Noi più di lui.
Sono tre anni che sta laggiù. Si trova benissimo, è proprio un gran signore, trattato come un figlio, ma non si è dimenticato di noi, soprattutto non ha dimenticato Annamaria. Quando arriviamo d'estate lui inizia ad abbaiare prima che la mia macchina arrivi davanti al cancello, quando ancora non è in vista. Dai suoi ululati altissimi mia figlia capisce che siamo in dirittura d'arrivo. Come farà? Boh! Ci sente e basta.
Nemmeno abbiamo messo le gambe fuori dalla macchina che Dido inizia a galoppare per tutto il giardino e tutto il cortile: scale di casa, cinque gradini, giardino in largo, giardino in lungo fino al cancello, indietro per la lunghezza del giardino, cortile in tondo, scalini cinque, giardino in largo e giardino in lungo fino al cancello e via da capo. Tutto per una diecina di volte, senza fare una pausa e senza che nessuno riesca a fermarlo o almeno a sbarrargli la strada. Quindi salta in braccio ad Annamaria con la coda che vibra come un rotore di un elicottero. Quando che ha scaricato un'ondata di affetto e di bava sulle mani, le gambe e le braccia di Annamaria, viene a dare una leccatina anche a me. Toh, prendi anche tu e accontentati.
In Italia è diventato quasi impossibile portarlo al guinzaglio. Tira e strattona come un forsennato. Si è adeguato ai cani italici: non se ne vede uno tranquillo, morbidamente condiscendere al passo della persona che regge il guinzaglio. A meno che non si tratti di una bestia molto avanti cogli anni fanno tutti come Dido, trascinandosi dietro la padrona o il malcapitato vecchietto. Chissà perché solo i vecchi vanno a spasso coi cani.
Dido tira e tira, schizzando da uno spigolo di una casa all'altro: annusatina dall'alto in basso e pisciatina fugace; altro angolo altra annusatina, altra pisciatina. Uno spasso.
L'anno scorso ci ha festeggiati, ma senza la consueta foga. Cioè, ha abbaiato furiosamente prima che arrivassimo davanti al cancello, ma poi ha corricchiato. Abbiamo visto subito che zoppicava piuttosto vistosamente. Monica ci ha raccontato come era andata.
Nei primi mesi dell'anno era arrivata nella villetta di fronte alla loro una famiglia nuova. Possedevano una cagnetta, molto carina e provocante. Tutto il tempo rimaneva davanti al suo cancello, di fronte al loro guardando ostentatamente in tutte le direzioni, tranne che di fronte, dove Dido. tutto teso e ingrifato, attendeva l'elemosina di uno sguardo. Le orecchie allargate come un elefante africano, spalancate come vele a carpire forse il respiro della bella, la coda tesa e ferma a mo' d'antenna per captare feroni lasciati in libertà, Dido teneva botta ed aspettava paziente che la nuova arrivata lo notasse.
Lei, niente.
Così, dopo un paio di settimane Dido aveva fuso, cotto come un wurstel del suo paese.
Una notte -perché certe avventure avvengono di notte, come nei filmoni di cappa e spada- Dido ha rotto gli indugi: ha scavalcato il muro, non troppo alto a dire il vero, e si è catapultato dalla parte opposta della strada, col suo piccolo cuore in tumulto.
È probabile che il rumore dei battiti del suo cuore gli abbiano impedito di sentire il ringhio di un ospite inatteso e sconosciuto a lui, povero cane casalingo: un randagio, rotto a tutte le intemperie del tempo ed a tutte le disavventure quotidiane. Forse Dido lo ha guardato dimenando la coda in segno di pace, non so. Di certo il randagio non ha accettato la sua amicizia e lo ha addentato ferocemente ad una coscia. Un morso cattivo, alla "Fuori di qui, ché alla prossima ti ammazzo". Dido, pazzo dal dolore, si è trascinato guaendo disperatamente lontano di lì, ma è stato sfortunato andando a capitare nei paraggi di Gustavo, un gattone che staziona sempre in una piazzetta, che è notoriamente molto lunatico e aggressivo. Gustavo ha visto arrivare un cane ululante e ha scambiato i suoi lamenti in grida di guerra. S'è drizzato sulle quattro zampe. ha gonfiato tutti i peli tarsformandosi in una grossa palla ed ha aggredito Dido, gonfiandogli il muso: graffi dolorosissimi dati con le zampe davanti e con quelle posteriori a scalciare, che sono quelle più robuste e che fanno più danno.
Dido è rientrato al volo inseguito da Gustavo furibondo mentre il randagio osservava la scena da lontano. Da bravo cane esperto di tutto sapeva bene che i gatti friulani attaccano e mettono in fuga i cani e non viceversa, come capita nel resto della nazione.
Così è miseramente naufragato quello che poteva essere il grande amore dell'estate. La cagnetta sosta ancora davanti al suo cancello, e adesso osserva sempre quello che succede nel giardino dove gironzola Dido, ma questi non la degna di uno sguardo. Si è proprio offeso e poi la coscia gli fa sempre un male boia.

6 commenti:

  1. Il racconto è delizioso ma credo sia proprio di fantasia, o perlomeno quasi tutto di fantasia! Se era notte, e presuppongo tua figlia e famiglia dormissero, come sei venuto a conoscenza di tutti quei particolari, non ultimo l' ulteriore aggressione di gatto Gustavo? Ah Bicienz', ca nisciun' è fess'!
    Spero che almeno questa volta tu abbia capito che ti sfottendo, mio abile narratore.

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  2. Il morso e i graffi erano ancora ben visibili quando siamo arrivati noi, circa una settimana dopo il fattaccio. Sulla siepe era ancora aperto il varco provocato da Dido; il randagio è un cagnaccio cattivissimo che azzanna anche i cristiani e Gustavo lo conosco di persona: mi voleva saltare addosso tutto gonfio come la criniera di un leone.
    Il resto ho provato ad immaginarmelo. Mica è detto che un blog debba essere un vangelo, no?
    Ma poi che scrittore del cavolo sarei? Mi diverte inventare i particolari. Anche Fuma ieri si deve essere aiutata un po' con la fantasia: te lo vedi un cane che sgagazza il libertà un po' qui, un po' là cantando "come pioveva, così cagava"? Eppure mi ha così divertito! Brava Fuma.
    Tu per caso ci avevi creduto, Ornè?

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  3. Ma certo, certo! Ecco perchè ti ho chiamato abile narratore. Però mi piace prenderti un po' in giro!

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  4. Ehi baby, vuoi farmi incazzare anche tu? Devo dare un'occhiata all'oroscopo? Non è la mia settimana? Sono io che sono sversa?
    Tutto quello che ho scritto sul blog, finora, è pura verità.
    La fantasia nel blog forse l'ho usata a volte come paradosso, ma in quel caso è evidente, che è un paradosso. Uso la fantasia quando scrivo racconti, ma non ne ho mai postati.
    Leone aveva VERAMENTE la dissenteria.

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  5. Alt!
    Non bariamo. Nelle otto righe che nella mail privata avevi dedicato al come nominare me, questo "baby" non c'era.
    Come lo devo interpretare adesso?
    Cosa significa questo linguaggio da tenente della squadra omicidi di San Francisco, quello pelato con la caramella sempre in bocca?

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  6. Non guardo polizieschi, ma mi piace nominare la gente come mi viene, in quel momento, di nominarla. Sono cose istintive nelle quali incidono anche le mode del momento, ad esempio al lavoro ultimamente chiamo tutti "tesoro", e non so perchè e da chi l'ho preso (forse da Ornella).
    Baby lo puoi interpretare come ti pare: del tipo, che ne so, non mi scocciare, o una cosa così. ok, baby?

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