domenica 7 febbraio 2010

CHINA RESTAURANT YANGTSE di LIN JIAN KUAN

A Francoforte trentotto anni fà andavo spesso a mangiare al "Mandarin", perché un paio di camerieri erano italiani, amici miei. Loro mi hanno insegnato a distrigarmi tra le pietanze cinesi, dandomi un paio di buone dritte. Innanzitutto se ti siedi e ordini una porzione di pechinese e te la portano puoi star tranquillo che ti hanno servito un vecchio gallinaccio morto di dissenteria: la pechinese la devi ordinare almeno una settimana prima, perché deve essere preparata. E poi costa carissima per la quantità di carne che mangi. Spesso, uscendo fuori devi andarti a fare un panino perché hai ancora fame. Primo accorgimento quindi: mai ordinare una pechinese.
Secondo: tra i menù da 6, 10, 12 e 15 euro mai scegliere il "ciun cian cion" da 15 euro, perché loro ti portano il "cian cin ciao" da 6 euro e te lo fanno pagare 15 euro, come hai ordinato tu.
Terzo: se hai invitato una bella gnocca non fare la gran figata di tentare di mangiare coi bastoncini "perché io qui son di casa". Alla fine non avrai mangiato un cazzo e una volta a casa scoprirai di avere chicchi di riso anche dentro le mutande.
Quarto: se è un ristorante col self service non prendere mai la verdura fumante. Non si capisce se fuma per l'effetto serra, ma la verdura è poi difficilissima da evacuare, perché tende a riuscire così come è entrata, cioè durissima e cruda. Assolutamente vietato il bambus per noi europei: non riesce più e nessuno sa dove vada a finire.
Memorizzate tutte le istruzioni per il corretto uso di un ristorante cinese ho educato la mia truppa con le stesse preziose nozioni.
Da oltre un anno hanno aperto nel centro commerciale di Wörth l'ASIA, un immenso ristorante, grande quanto due campi di pallacanestro paralleli. Arredato con legni e materiali, che vengono dalla Cina, compreso il favoloso soffitto fatto di una intrecciatissima trabeazione in legno dorato, contiene un centinaio di tavoli di legno intarsiato e cristallo. Dentro, tra cuochi e personale di servizio non meno di sessanta persone visibili, oltre naturalmente le diecine di invisibili dentro la cucina.
Io e Annamaria siamo andati a mangiare lì dentro una sola volta. Ho contato i clienti seduti ai tavoli: sessantadue. Il locale sembrava vuoto, come una delle sale d'aspetto della stazione centrale di Milano. È allucinante mangiare mentre una ventina di cinesini vestiti da cinesini come nei loro film sono pronti a scattare per toglierti da sotto il muso il piatto appena hai ingozzato la pietanza. Abbiamo finito in fretta e furia, abbiamo pagato il conto e siamo scappati via.
Mai più qui dentro.
Ma oggi eravamo tutti invitati da mio figlio Alessandro e dalla sua compagna in un nuovo ristorante in Eggenstein. Non potevo trovare una scusa, non volevo: no di certo se mi invita mio figlio, è chiaro. Così alle 14 di oggi, siamo entrati tutti in fila come fanti, in questo nuovo ristorante. Ho capito subito il perché dell'insolito orario. Lì dentro si mangia a tutte le ore, continuativamente. Paghi una tariffa fissa 13,50 per un menù, ti siedi e fai self service. Nessuno controlla, puoi mangiare quanto vuoi. Solamente le bevande sono a parte. La gente si abbuffa fino allo spasimo. Io che sono parco ho preso due menù e mezzo con TUTTO quello che c'era. Ho spazzolato via ogni pietanza con tutte le salse che conoscevo e quelle che ignoravo. Perfino Annamaria ha raddoppiato, il che dice tutto.
Gli unici che hanno fatto solo casino sono stati quei due birbaccioni dei figli di Federico. Hanno solo mangiato frutta e gelato. Ma il loro pasto solito lo avevano già consumato a casa a mezzogiorno.
La cosa che diversificava il China Restaurant Yangtse dall'Asia era che qui in sessanta, settanta metri quadrati c'erano una cinquantina di tavoli, tutti occupati; solo cuochi al lavoro e due cinesine vestite alla loro maniera, come si conviene, che portavano le bevande e liberavano i tavoli dei piatti ormai vuoti. Eravamo assolutamente liberi di muoverci senza che qualcuno della servitù ci assillasse coi suoi inchini. Anzi, adesso che ci penso, non ne hanno proprio fatti.
Soltanto una piccola e breve discussione per il menù dei bambini, condotta in modo molto civile, alla cinese, con ampi sorrisi.
Sostenevano che i bambini occupavano due poltroncine, e loro per ogni posto vendevano un menù. Federico aveva spiegato che i piccoli avevano già mangiato.
-No, no, signole; piccoli bambini piccolo menù, solo tle eulo.
-Non è per i soldi, replicava Federico, ma questi non mangiano più, ci giocano con il cibo e sai poi che succede.
-Fa niente, signole; due piccoli bambini uguale due piccoli menù; solo tle eulo.
Ha portato i due piccoli menù, che sono rimasti intonsi sulla tavola, ma l'onore del popolo cinese era salvo.

4 commenti:

  1. E meno male che sei parco! Figurati se ti volevi abbuffare! Secondo me a te è meglio farti un vestito che invitarti a pranzo, come si dice da queste parti!
    Io sono andata in un ristorante cinese solo 2 volte ed ho mangiato i tradizionali involtini pimavera, il pollo con le mandorle ed il gelato fritto. A dire la verità ho trovato il tutto molto sfizioso e poi mi ha piacevolmete colpito la loro usanza di regalarti, a fine pasto, il bicchierino in porcellana cinese in cui viene servito il saké. Per una sentimentalona come me è stato un bellissimo gesto!

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  2. Non mi piace il cibo cinese, disprezzo il governo cinese, boicotto finchè riesco i prodotti cinesi, la Cina mi fa paura, immagino che tutte quelle formichine siano diventate un gigante che ci vuole schiacciare, mi dà fastidio vedere i capi di stato che si inchinano alla nuova potenza mondiale, apprezzo Obama che ha deciso di incontrare il Dalai Lama nonostante la Cina sia creditore degli Usa.
    LUNGA VITA AL DALAI LAMA
    TIBET LIBERO

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  3. Scusa, ma ti tira il culo? Il mio non è un blog politico. Ho solo raccontato spassosamente, così credevo, una giornata un po' diversa dal solito, ma incasinata come il solito. Chi se ne frega di Obama e del governo cinese.
    Ma forse la mail di Angelina Spinoni ha messo in agitazione i tuoi neuroni, o è stato lo spumante che ti sei bevuta?

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  4. Come dovrei chiamarti? C'è solo una parola ma non la voglio usare, te la spedisco in regime di privacy.
    Se prima di commentare devo farmi le paturnie sul dito, sulla luna, e sull'imbecille che guarda il dito, me ne sto a casa mia, che faccio prima.

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