mercoledì 24 febbraio 2010

"Warum war ich bloß ein Mädchen?"

È il titolo di un libro di Gabi Köpp, che ho finito di leggere ieri. Gabi è una donna di 80 anni, profuga di quella parte della Pomerania che oggi è Polonia ma un tempo era Germania. Gabi non è una scrittrice e se ne avvantaggia lo stile incredibilmente asciutto, a volte telegrafico ma che rende martellante il ritmo di vita che intende narrare. Non ha scritto un romanzo ma la cronaca dettagliata di 14 giorni della sua esistenza, quattordici giorni "lebenslänglich", che durano da una vita cioè. Gabi Köpp ha narrato in prima persona l'orrore che hanno conosciuto oltre due milioni di donne tedesche, ma il numero è per difetto, violentate dai soldati dell'Armata Rossa.
Il titolo si potrebbe tradurre così: perché maledizione sono nata donna? E perché proprio nel Nord della Pomerania, avrei aggiunto io, da dove arrivavano i sovietici?
Già, perché non è capitata questa disgrazia alle donne del Sud della Germania, dove l'esercito invasore era quello anglo americano? Perché inglesi e americani erano meno barbari, o non piuttosto perché le SS non avevano mai messo piede in Gran Bretagna o negli USA? Ma nei territori dell'Unione Sovietica c'erano stati per più di due anni commettendo stragi e orrori; e poi poco prima di entrare nei confini tedeschi l'Armata Rossa era entrata nel campo di sterminio di Auschwitz, venendo a prendere visione di una realtà mostruosa.
Gabi Köpp dice, alla fine del suo libro, che i russi usarono il metodo della violenza sulle donne, soprattutto sulle ragazzine come lei, che aveva solo quindici anni, per tre motivi: per umiliare la popolazione; per vendicare i soprusi subiti da parte delle SS a casa loro e per indicare a quello che sarebbe diventato il popolo della futura DDR, che chi comandava e avrebbe sempre comandato era l'esercito sovietico. Memento semper.
Gabi dice di non aver mai più avuto una relazione con un uomo. La sua psiche era stata sconvolta in quei quattordici giorni nei quali aveva subito anche sessanta violenze in una manciata di ore, giorno per giorno, finché era riuscita a nascondersi e a non farsi più trovare.
Una lettura sconcertante di eventi tragici raccontati con crudezza estrema. Gabi non descive mai gli atti sessuali subiti, ma minuziosamente gli stati d'animo che si succedevano dentro di lei di violenza in violenza, di ora in ora, di giorno in giorno.
È l'unico libro in cui chi ha subito racconta col proprio nome e cognome ciò che ha subito, senza pudori né vergogna. C'era stato solo un libro, circa trenta anni fà, scritto da una anonima vittima. Solo dopo la sua morte si seppe il suo nome; ma era una giornalista e rimane il dubbio che abbia narrato l'esperienza di qualcun'altra.
Gabi è la prima a rivelare al mondo: sono io, sono qui e non mi nascondo più.
Nel 1945 la condizione della donna in Europa era di sudditanza, e lo è rimasta per decenni ancora, finché il movimento delle femministe ha dato una prima scossa. Non è che oggi siano in paradiso, ma certamente non più in quell'inferno, anche se ancora oggi avvengano in mezzo alle strade aggressioni a donne a scopo sessuale.
Non credo che le donne da sole possano migliorare di molto il loro stato di vittime potenziali di un qualsiasi aggressore, laddove il più subdolo è sempre il bravo inquilino della porta accanto.
Siamo noi uomini che dobbiamo cominciare a vedere nelle altre donne, oltre a nostra madre e, ma non sempre, alle nostre sorelle, degli esseri simili a noi in tutto, soprattutto nel rispetto che è loro dovuto, lo stesso che pretendiamo da loro in casa, sul posto di lavoro e qualche volta anche per strada o al bar.

1 commento:

  1. Io invece ho terminato la lettura di "diario di Gusen", di Aldo Carpi, un pittore deportato a Mathausen e poi a Gusen. Avendo già una certa età e non essendo avvezzo alla fatica fisica non avrebbe retto il lavoro in cava, ma si salvò perchè la sua capacità di dipingere fu sfruttata dai capi del lager e perchè trovò delle anime belle che lo protessero. Se non l'hai ancora letto non perdertelo!

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