Carissimi amici, sono finalmente tornato da una luuuuunga vacanza e ricomincio a propinarvi il resto della storia. Lo so che il metodo è anomalo, ma c'è ben poco di "nomalo" in quel che faccio io. Avrei dovuto studiare bene i tempi e finire il racconto prima della mia partenza, ma non mi è passato nemmeno per la capa. I più intelligenti di voi mi scuseranno e visto che siete tutti genietti mi sento già scusato e glorificato.
Grazie, grazie, grazie.
E adesso avanti con la
Nona puntata
-Cosa le devo giurare che non so nulla di nulla? Ho solo visto quella fotografia che mi ha mostrato, ma non so niente altro del quadro, né dove si trova né dei segreti che nasconde.
-Giuri che non rivelerà a nessuno ciò che io adesso le dirò. Nessun altro dovrà venirne a conoscenza oltre a lei.
-Mi pareva di aver capito che c'era già qualcuno che conosceva il suo segreto, qualcuno disposto anche a uccidere.
-Quella gente non farà del male a lei.
-Ma guarda! Come fa a esserne così sicura? Hanno già ucciso Josephine.
-Non hanno però ucciso me.
-E come mai non l'hanno fatto secondo lei?
-Ammazzarono Josephine perché lei tentava di vendere il mio falso "Tête d'homme" a qualche pezzo grosso americano, un politico o un finanziere, non so bene, e quelli che l'hanno assassinata erano convinti che "Tête d'homme" celasse al suo interno il segreto di mio padre.
-E quando si sono accorti che quella crosta era solo un miserabile mezzo per arraffare quattrini come mai non sono venuti da lei a cercarlo 'sto segreto?
-A loro andava bene che rimanesse in mano mia.
-Questa poi! Cosa mi vuol far credere?
-Mi lasci finire. Quei signori volevano impedire che il segreto cadesse nelle mani degli americani, tutto qui. Quando videro che si trattava solamente di una crosta, come amabilmente l'ha chiamata lei, capirono che io non avevo dato ascolto al consiglio di mio padre. Mi inviarono lo stivale perforato per invitarmi a provvedere.
-Non ci capisco più nulla. Di quale consiglio mi sta parlando?
-Nella lettera contenuta nel pacchetto che ebbi da Katharina mio padre mi suggeriva un metodo per far sparire il documento prezioso che mi aveva inviato: avrei dovuto incollare una tela greggia dietro la tela dipinta di un qualsiasi quadro, e nel mezzo ben aderente sistemare il suo dannato foglio con la formula segreta. Lui non sapeva niente di me, quindi ignorava i miei studi d'arte a Brera e la mia mania di imitare lo stile di Picasso. Quando ricevetti lo stivale con la punta forata ed ebbi la certezza dell'avvenuta esecuzione di Josephine mi ricordai del consiglio che mio padre mi aveva dato e decisi all'istante di dipingere un terzo falso Picasso. Montai io stessa la tela con le misure originali de "Le baiser" e la fissai al muro al centro di una parete. Accesi il mio proiettore a specchio e vi inserii il foglio con la formula. Quando segni, parole e numeri risaltarono ben netti sulla tela bianca li ricalcai passandovi sopra la punta di un pennellino intinto in una boccetta di inchiostro di China. Appena asciutto dipinsi la copia di "Le baiser" in una sola notte. Controllai alla fine l'effetto: ponendo una sorgente luminosa davanti alla parte dipinta, io usai il mio proiettore, si poteva leggere in trasparenza sulla parte grezza della tela la formula tutta intera, ma capovolta; mi sembrava di leggere un testo di Leonardo, dopo tutto anche mio padre scriveva con la sinistra. A quel punto bruciai tutto, formula e lettera. Mi tenni solo quella piccola fotografia del nostro gruppetto di famiglia. Il problema era adesso dove sistemare un quadro di quelle dimensioni in modo che non corresse il rischio di essere rubato, danneggiato o tanto meno venduto. Tenerlo qui a Roma in questa casa non potevo, troppo spesso e troppo a lungo ero assente. A casa di mia madre a Harrisburg il Picasso sarebbe stato guardato a vista dalle guardie del corpo dell'ex generale di fanteria e prossimo Governatore della Pennsylvania. Incaricai una nota agenzia di spedizioni d'arte francese, e il trasporto mi costò un patrimonio per via del sontuoso imballaggio a prova di graffi, di lacerazioni, di sporco e di tutto quel che si poteva immaginare, e per l'esorbitante polizza di assicurazione per proteggerlo contro il furto, l'incendio e gli atti vandalici. E certamente dovette essere l'esborso di tanto danaro a convincere mia madre che di un autentico Picasso si trattasse. Conoscendo la sua vanità e la sua totale ignoranza per tutto ciò che era arte avrei dovuto immaginarmelo. Mai però avrei potuto pensare che facesse così tanto baccano in giro, invitando tutti i suoi conoscenti a casa sua per prendere visione del meraviglioso e costosissimo oggetto che sua figlia aveva acquistato in Europa. Negli Stati Uniti se tu sei la persona giusta al posto giusto ti basta alzare la voce ché ti sentono tutti. Per quel che ne so io non esisteva persona più giusta di Edith per queste messe in scena; lei era al posto più giusto trovandosi al fianco di un eroe della seconda guerra mondiale in fortissima ascesa politica, e alzò la voce così tanto che a qualcuno venne in mente di esibirlo in pubblico 'sto quadro così famoso.
Prima tappa, come era logico, il Pentagono in omaggio alla fulgida carriera militare di Allen. Poi al World Trade Center di New York in omaggio al potere economico; naturalmente nelle due torri gemelle, prima mostrato ai facoltosissimi clienti di una Banca al 124° piano della torre sud, poi lasciato troneggiare nella sala delle riunioni del più importante ufficio legale della City al 92° piano della Torre nord. Ignoro dopo quanto tempo fu riportato nella villa del generale ad Harrisburg, ma fu fatto in gran segreto per via di un paio di ispettori del fisco che annusata l'aria ci avevano sentita la puzza di un mare di soldi. Bisognava che il Picasso sparisse alla svelta, e io infatti lo ritrovai dopo un paio di anni nella soffitta di un'ala della villa, risistemato nell'imballaggio originale della esosa agenzia di spedizioni d'arte. Fui felicissima che fosse stato tolto dalla circolazione: ben presto lo avrebbero dimenticato tutti e il quadro se ne sarebbe rimasto tranquillo, preservato nel suo raffinato imballaggio francese, a disposizione di quella delle generazioni future che avrebbe saputo usare al meglio e per scopi pacifici la formula di mio padre. Così vedevo esaudito il suo desiderio e potevo ricominciare a vivere in pace.
-Soltanto una persona col suo sangue freddo nelle vene poteva continuare a vivere tranquilla dopo aver conosciuto e nascosto la formula del più terribile esplosivo mai realizzato.
-Non è la formula di un esplosivo, Verena.
-Di un nuovo ordigno nucleare più complesso e potente, allora.
-Niente affatto.
-Io non riesco a immaginare nulla più distruttivo di una esplosione nucleare.
-Faccia finta che l'effetto devastante della bomba atomica sia contenibile dentro questo mio bicchiere pieno d'acqua. Vada a versare l'acqua del bicchiere dentro il mare e si renderà conto che è incomparabile la differenza tra le due quantità di acqua, come è ovvio; allo stesso modo è impossibile paragonare la capacità di distruzione di una esplosione nucleare a quella infinitamente maggiore che si otterrebbe utilizzando la scoperta di mio padre.
Verena la fissava con gli occhi sgranati e la bocca semiaperta.
-Non riesco a crederle, mormorò.
-Infatti penso anch'io che il mare sia troppo poco, forse è troppo poco anche un oceano; dovrei dire che la differenza da valutare è quella tra un bicchiere d'acqua e dieci, cento oceani, ma non sarei mai precisa abbastanza, cosicché la relazione più prossima proprio quella usata da mio padre con l'espressione "all'infinito", perché è come una reazione a catena di cui nemmeno lui era in grado di prevedere l'intero sviluppo e quindi il risultato finale.
-Non aggiunga altro, per favore; mi ha terrorizzato abbastanza. Non voglio saperne di più.
-Dovrà invece. Solo conoscendone l'orrore tutto intero sono certa che terrà la bocca cucita su questo mostruoso segreto. Mi scrisse tutto nella sua lettera. Sosteneva che l'ipotesi della forza di gravità proposta da Newton a fondamento della meccanica celeste non era superflua, come la fece apparire Einstein con la sua Teoria della Relatività generale, perché anche lui aveva commesso un errore cercando di spiegare il movimento dei corpi nel concetto dello Spazio-Tempo curvo.
Mio padre mi scrisse che tutti i calcoli fatti nel suo laboratorio sui piani delle traiettorie delle orbite dei pianeti del sistema solare avevano registrato una differenza di più o meno trentacinque centesimi di grado di un piano orbitale rispetto agli altri; una differenza insignificante, tanto che proiettandola su distanze di milioni di chilometri dava la possibilità di considerare l'insieme delle orbite come tutte adagiate su un unico piano. Confrontando il nostro sistema solare con altri sistemi conosciuti e calcolando la differenza tra quelle orbite e le nostre il risultato era sconcertante: si poteva dire che tutte le orbite conosciute giacessero su un unico ideale piano. Questo portava a ridefinire l'Universo non come una massa in espansione sferica, cioè in tutte le direzioni in modo pressoché uniforme, bensì in una espansione piatta come un enorme disco. Da questa ipotesi partì mio padre per formulare la sua teoria degli "universi paralleli": due o tre o più universi , oppure, come lui enuncia, universi all'infinito, tutti paralleli tra loro, che si mantengono alla stessa distanza per effetto di una enorme forza, che lui chiamò "magnetismo perpendicolare", una forza che è la risultante di centinaia di migliaia, forse milioni, di magnetismi trasversali e paralleli agli universi, e che agendo tra i vari dischi, cioè tra i piani universali, mantiene l'intero sistema in perfetto equilibrio magnetico. Questo lo portò a rivoluzionare il concetto dello Spazio-Tempo aggiungendo alla formula di Einstein, Energia uguale alla Massa per il quadrato della Velocità della luce, il logaritmo del "magnetismo perpendicolare" che lui fu in grado di calcolare.
-Ferma, ferma! O non ci capirò più niente, le gridò Verena.
-Ho finito.
-Finito? E qual'era l'arma micidiale?
-Mio padre sarebbe stato in grado, cambiando alcuni decimali del suo logaritmo, di fare variare al "magnetismo perpendicolare" l'angolo di incidenza sui pianeti del sistema solare e quindi anche sulla terra.
Per questa volta sei perdonato. :P
RispondiEliminaDevo ripassarmi almeno la puntata precedente.
Bentornato Enzo. :)
LeNny
Bentornato caro amico!
RispondiEliminaQuest'arma micidiale mi sgomenta, e m'incuriosisce assai...
Grazie per avermi aspettato amici.
RispondiEliminaLeNny rileggi pure, mi fa piacere se qualcuno mi rilegge...eh eh eh eh!
Nik, l'arma micidiale che io e te (e i pochi come noi) abbiamo è una sonora risata con pernacchione finale.
Se non fosse che distruggerebbe tutti i miei sogni l'avrei già usata, ti giuro.