venerdì 28 settembre 2012

UN MURALE EGIZIO 12 METRI PER 6 METRI

La mattina del 2 maggio 1987 misi mano al mio ultimo "Prospekt" -leggi fondale- nel Badisches Staatsteather di Karlsruhe.
Avevo ormai dato le dimissioni e dovevo solo attendere a luglio la fine della stagione. Avevo il naso pieno dell'arte teutonica di fare teatro, né più né meno un clima da fabbrica: si inizia alle 7 in punto, si stacca alle 16 e si produce "cultura", come se si trattasse di Bruttosozialprodukt. Boh!
L'ultima settimana di aprile quattro Azubi (Aufzubildende, insomma quattro apprendisti) avevano disteso e fissato al pavimento una tela grezza di 36 metri per 18, ma non l'avevano spalmata di bianco.
Era stato Lothar Favre, uno scenografo di Berlino, ospite spesso nel nostro teatro, a pregarmi di non farlo.
-Fammelo all'italiana, Vincenzo.
-Vallo a dire al direttore tecnico e al direttore di sala.
-Già fatto.
-E loro?
-Non ti romperanno le palle.
Farlo all'italiana significava appunto senza "Grundierung", cioè la spalmatura di un denso strato di bianco, elastico quanto si vuole, ma che non permetteva quei begli effetti che Lothar Favre aveva avuto modo di apprezzare nelle scenografie italiane.
-Ma come fate? 
Mi aveva chiesto una volta.
-Semplice: la tela viene impregnata con la pistola a spruzzo da una soluzione di colore in polvere, un grigio chiarissimo per esempio, colla vinilica e molta acqua. Rimane estremamente morbida ed elastica.
-Ho capito tutto; e per gli effetti?
-Niente acrilici, solo colori in polvere, colla vinilica, acqua e tanta abilità.
Quella mattina preparai da solo la miscela: un grigio azzurrino, dato che dovevo realizzare un paesaggio all'alba con tantissimi alberi e un castello medioevale sul fondo. Il fondale dell'ultimo atto della Lucia di Lammermoor di Donizetti.
Venne da me Kubansky, il direttore di sala.
-Vincenzo, vuoi due Lerling per aiuto?
-Sì: Beatrix e Gundula.
Due ragazze in gamba. Due donne, non perché volessi fare il pomicione, ma le donne ascoltano attentamente le tue direttive e le eseguono, venendo a chiedere consiglio se non sanno come andare avanti. Gli uomini si considerano sempre già arrivati, ascoltano poco o niente, fanno di testa loro e combinano gran cagate che poi il pittore deve sistemare.
Appena il telone fu ben asciugato effettuammo insieme la quadrettatura, dopodiché ce ne andammo a casa perché si erano fatte le 16.
L'indomani effettuai l'intero disegno, da solo, perché si deve vedere solamente una mano e non tre.
Mentre lavoravo  mi veniva da ridere. "Guarda un po', mi dicevo, stai realizzando da solo un fondale di un'opera lirica, con due aiutanti che già stanno preparando i colori e la colla. Come un grande maestro dell'antichità. Se qualcuno te lo avesse detto dodici anni fa, quando tutto ha avuto inizio a Francoforte, ci avresti mai creduto?"
Quando mai, mi sarei sganasciato dalle risate.

Era incominciato tutto una sera in un Eis Cafè, una gelateria di Francoforte, dove avevo esposto un mio quadro, "Die Trinker" i bevitori, che mi era venuto proprio bene. 
Il proprietario della gelateria mi aveva telefonato perché c'era qualcuno che voleva conoscermi.
Si chiamava Anke Fuchs. Dipingeva anche lei, ma non mi disse subito di essere scenografa presso le "Stadliche Bühne" di Francoforte. 
-Hai mai lavorato in teatro? mi chiese.
E io lì feci lo sborone, tanto quella come poteva sputtanarmi?
-In un teatro mai, però ho fatto tre stagioni consecutive all'Arena di Verona.
E dai! Che ne sa questa che io a Verona ci andavo in vacanza.
-Quindi te ne intendi di tecnica teatrale?
-Ma certo, che ti pare? 
Allora lei sparò la botta che mi trafisse il cuore.
-Vieni domani in teatro e chiedi di me. Ti faccio fare una prova e se vai bene ti assumiamo subito.
Beccati questa, Iacopò!
-Domattina?
-Sì, perché, hai impegni?
-No, figurati, me ne libero.
L'unico impegno era con le lenzuola e le coperte del mio letto. Insomma mi ero fregato con le mie mani, anzi con la mia lingua.
"Cercherò di farcela con la mia faccia tosta, pensai; in fondo si tratta di dipingere, mica di volare nello spazio".
Dipingere sì, certamente, ma non una tela su un cavalletto, bensì una pezza di tela ruvida 6 metri per 4, fissata al pavimento di legno dentro una sala immensa dove lavoravano una decina di pittori.
E adesso cosa faccio?
Anke Fuchs mi portò il bozzetto: una foto 24 centimetri per 12 dell' "Annunciazione" del Beato Angelico.
-Mi interessa che tu mi faccia col colore questi archi e i capitelli. Anche il paesaggio, che è molto ristretto. Dipingimi l'angelo dettagliatamente; per la madonna mi basta il disegno. Hai tempo tutto il giorno.
Girò sui tacchi e sparì.
E adesso come cazzo faccio?
Mentre mi rigiravo la foto tra le mani mi si avvicinò uno dei pittori.
-Ho sentito dire che sei italiano.
-Sì.
-Di dove?
-Roma o giù di lì.
-Guardami in faccia, romano. Tu non avevi mai messo piede in una "Malersaal" prima d'oggi, non è così?
-Come hai fatto a capirlo?
-Lascia perdere. Allora impara in fretta ché a me non piace che uno dei nostri faccia una figura di merda. Prima di tutto devi fare la quadrettatura.
-Che roba è?
-Come fai a far diventare l'immagine che c'è in quella foto grande come questa tela?
-Sto pensandoci.
-Come facevano gli antichi. Traccia con una matita una linea perpendicolare nel centro della foto, poi le parallele a destra e a sinistra ogni 4 centimetri. Poi traccia le parallele alla base della foto, sempre di 4 centimetri e alla fine avrai tanti quadratini di 4 centimetri di lato. La linea mediana la ripassi con la biro così ti orienti subito. Mi hai capito?
Annuii.
-Adesso devi fare la quadrettatura della tela. Misura la base, così trovi il punto esatto della sua metà e lo segni con una "M" grande, che vuol dire Mitte, cioè metà. Con la squadra di 4 metri per 4 tiri la perpendicolare e la segni subito sulla tela col carboncino. Poi partendo da questa centrale tracci le perpendicolari parallele ogni metro verso destra; poi ritorni alla perpendicolare "M" e tracci le parallele a sinistra ogni metro. Sono sei in tutto. Poi misuri sul lato destro e sinistro della tela e partendo dal basso, cioè dalla base, segni ogni metro.
Poi tiri le parallele alla base, che sono quattro. Ti servono due che ti aiutino a tenere ferma  a terra la cordella, perché non c'è una squadra di sei metri. Tu segni seguendo la cordella e alla fine hai tanti quadrati di un metro di lato.
-Devo tracciare tutto col carboncino?
-Certo, ma guarda che non ti devi mai chinare, sennò lo capiscono tutti che è la prima volta che lo fai.
Prese un bastone rosso, lungo un metro e venti come seppi poi, che finiva con un morsetto.
-Dentro il morsetto metti il carboncino e lavori col bastone impugnandolo in alto come fosse una matita o un pennello lungo. Tutto lavoro di polso, amico mio. La stessa cosa quando dovrai colorare. Prendi quei pennelli lunghi e lavora stando in piedi dentro il Prospekt.
-Sarà dura.
-Tutto lavoro di polso, come se avessi una spada in mano.
-Ti ringrazio. Se mi serve qualcosa ti chiamo.
-Se il disegno è buono e tu sai anche dipingere puoi chiamarmi, ma se non sei capace io non ti conosco. Hai capito?
Forte e chiaro.
Non ho mai sudato tanto in vita mia, ma dopo circa sei ore avevo già colorato tutto quello che la Fuchs mi aveva commissionato e stavo iniziando a dare il colore al manto della Vergine.
Non li avevo visti arrivare, ma erano dietro di me, Anke Fuchs e due gentiluomini. Me li presentò. Erano il direttore tecnico e il direttore di sala.
-Andiamo nel mio ufficio, disse il primo.
"Sono fregato", pensai. Invece mi chiese quando potevo incominciare a lavorare con loro.

Finii il fondale della Lucia a metà giugno, come previsto dal programma, grazie anche alla collaborazione di Beatrix e Gundula alle quali avevo lasciato il compito di dare le luci e le ombre, riservandomi il tocco finale, un pallido rosa per le luci e un marcato blu oltremare scurissimo per le ombre.
Mi spiego: in teatro la luce viene sempre da sinistra, quindi l'ombra sta a destra. Su tutti gli spigoli e le linee di lato (ad esempio le linee esterne dei tronchi d'albero) alla sinistra si passa leggermente un sottile tratteggio rosa -nel mio caso dato che era la luce dell'alba-, dall'altra parte un più corposo segno blu scuro.
Ero soddisfatto di come mi era venuto il lavoro, ma dispiaciuto perché quello era il mio ultimo Prospekt.
Mentre sciacquavo e pulivo i miei pennelli mi arrivò addosso trafelato Markus Prielhofer, lo scenografo ufficiale del teatro, con un librone spalancato a metà nelle mani.
-Vincenzo, bitte, fammi sto lavoro.
Era la foto di un murale egizio di oltre 4000 anni fa, venuto alla luce negli anni cinquanta, Rappresentava una donna semi inginocchiata provvista di grandi ali aperte per tutta l'ampiezza della foto. In alto e in basso in una specie di doppio cassettone una serie di animali stilizzati e di forme strane.
-Io ho finito Markus. Lucia di Lammermoor era il mio ultimo lavoro.
-Ti prego, ti prego, non lasciarmi in merda. Quei somari non me lo farebbero mai bene.
Il guaio era che si trattava di un murale strapazzato dal tempo e dall'assenza di luce per quasi 4000 anni. Considerata la pignoleria asfissiante di Prielhofer, che guardava tutto con la lente in una mano e il bozzetto nell'altra, c'era da diventare scemi. Inoltre per quel lavoro non avrei potuto fare "all'italiana", ma avrei dovuto fare alla tedesca, che significava spalmatura di colore denso e poco elastico.
Cercai di squagliarmela.
-Fattelo fare da Mokross, è lui il primo pittore, mica io.
-Mokross sa fare solo "Nass auf Nass", cioè umido su umido, ma questo va fatto a secco. Ci vuole tanta fantasia. Tu ce l'hai, lui no. E poi nella figura è scarso.
-Ma io ho finito.
-No. Tu finisci a fine luglio, fra sei settimane. Non mi dire che non ti bastano.
-Quanto deve essere grande?
-12 metri per 6. Bastano quattro settimane.
-Lasciami il libro che me lo porto a casa e ci penso su.
-Niente pensare ormai: il lavoro è tuo. Eccoti il libro.

A casa continuavo a guardare quella fotografia pieno di dubbi e con angoscia montante. Quello che mi faceva dannare era che il muro, qua e là, mostrava gobbe e gibbosità; era scrostato in più parti; la veste rossa della donna sembrava essere stata grattata da uno dei loro scarabei sacri. Come diavolo riuscire a rendere l'usura del tempo? 
L'indomani feci un esperimento. Presi una pezza di tela di un metro quadrato, più o meno. La distesi a terra e la fissai al pavimento ligneo della Malersaal. La spalmai con un po' di colore e di Latex, un materiale plastico usato di solito per creare strutture ed effetti speciali, come per esempio le nervature di un tronco d'albero. Su quel materiale, una volta asciutto, passai colori con pochissima acqua. Provai dei verdi scurissimi e del nero, i colori degli elementi di contorno all'interno dei cassettoni e delle ali della mia donna egizia. Il risultato non fu eccezionale, tenuto conto che era una superficie assai limitata, ma non potevo fare altro e che andasse a dar via le chiappe Markus Prielhofer.
Il metodo del Latex apparve subito vincente perché non rimaneva liscio, ma poroso dando la sensazione di un muro scrostato, dove l'intonaco fosse prossimo a cadere a pezzi minato al suo interno da un tarlo invisibile.
Mescolai colori in polvere con molta gomma arabica come collante e poca acqua, il minimo indispensabile, ottenendo una pasta quasi solida. Con un pennello a setole dure, corto, mettendomi ginocchioni dentro il Prospekt, deposi il colore a piccole quantità. In qualche angolo usai le dita della mano destra per lasciare il colore sulla tela. Mi dava una sensazione immensa, come quella che dovette provare Dio mentre creava le montagne, i deserti, le pianure e i boschi.
Col palmo della mano usato a mo' di spatola, una per una, applicai il nero e il verde scuro sulle penne aquiline delle ali. Il viso ieratico e le mani esangui della donna egizia li avevo già finiti. Mancava la veste rossa, quella che mi toglieva il sonno, perché nell'originale sulla foto del libro vedevo striature come se un enorme insetto avesse tentato di strappargliela di dosso.
Fu l'ultima cosa che dipinsi con un colore quasi secco, che impugnai come un sasso e passai sulla tela con grandi gesti del braccio, seguendo le pieghe della veste, senza nessun ripasso, senza nessun ritocco: come veniva, così restava.
Alla fine ero schizzato di rosso fin sui capelli.
Andai in galleria per guardare il mio Prospekt dall'alto.
E li vidi.
Erano tutti lì i miei colleghi, intorno all'opera ultimata, che mi guardavano attoniti. Avevo lavorato quasi tre ore senza sosta e non mi ero accorto di loro.
Ridiscesi lungo la scala e feci fatica perché d'un tratto mi stavano abbandonando le forze.
-Ich gehe nach Hause, dissi a Kubansky; io me ne vado a casa.
Non era neanche mezzogiorno, ma nessuno protestò.
Mentre una volta lavato mi stavo rivestendo, entrò nello spogliatoio Gundula.
-Ti ho fotografato: mi sembravi Michelangelo.

In serata mi arrivò la telefonata di Markus Prielhofer.
-Fantastisch! Sembra proprio quel muro. Sapevo che ce l'avresti fatta.
L'indomani l'egiziana era asciutta, così tolsi i perni e liberai la tela.
-Mi faccia un favore, Vincenzo.
Paulus Flaig, il direttore tecnico, s'era all'improvviso materializzato accanto a me.
-Prego.
-Lo firmi in basso a destra e ci metta la data.
Lo fissai incredulo. Nessun Prospekt viene mai firmato e datato in teatro. Non durano eterni, dopo due o tre anni vengono riciclati o rottamati.
-Ma è un Prospekt, Herr Flaig; nessuno lo ha mai firmato.
-Lo so, ma questo è un capolavoro. Lo firmi.
Così lo accontentai. In basso a destra scrissi in stampatello VINCENZO IACOPONI - 1987.

Due anni dopo andai con Anna Maria a vedere una Bohême. Finito il secondo atto uscimmo per la lunga pausa e andammo nel Foyer. Dal basso lo vidi: incorniciato elegantemente occupava tutta una parete del piano rialzato. C'erano diversi nasi rivolti all'insù sotto il mio Prospekt.
Sta ancora lì, dopo venticinque anni.
So di uno dei mie figli -quello più scorbutico, che telefona solamente quando gli occorre qualcosa- che quando passa da quelle parti entra nel Foyer per andarsi a vedere "il quadro dell'egiziana con le ali" con in basso la firma di suo padre.








34 commenti:

  1. Sono estremamente commossa!
    Prima di tutto, grazie.
    Hai mantenuto la tua parola di raccontarmi ciò che hai vissuto fuori dalla scena.
    Ma ciò che hai provato nel descrivere quest'importanti momenti della tua vita, mi hanno fatto emozionare tanto.
    Mentre leggevo pensavo: waoow pare Michelangelo o Leonardo, poi ho letto di Gundala, non era sbagliata quindi la mia impressione.
    Per ogni cosa che hai scitto ho qualcosa da domandarti, (forse era meglio scrivere a puntate),
    ora però vado.
    Le domande le rimandiamo dopo, Ok?

    La Spia

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    1. Ti ho già detto: avevo idea di scrivere un post sulla mia attività teatrale e tu mi hai dato la spinta a farlo: cotto e mangiato.
      Leonardo no, era troppo raffinato per mettersi a pecoroni sopra una tela lavorandoci con le mani. Michelangelo invece ce l'avrei visto, come te, come Gundula.
      Domanda pure, tranquilla.

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  2. Volevo dire,
    le rimandiamo a dopo. Ciao
    La Spia

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  3. Caspita la fretta fa male,
    volevo dire,
    per ogni cosa che hai scritto.
    Che vergogna!!!
    Se ho fatto qualche altro errore perdonami.
    La Spia

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    1. L'errore lo fai quando correggi. Meglio la spontaneità, la fretta. Io ci vivo nella fretta per cui sono attrezzato a capire.

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    1. Bella, vero? E autentica, questo te lo garantisco, e talmente dentro di me che non ho dovuto fare nessuno sforzo mnemonico nel ricordare date e nomi oramai lontani.
      Mentre scrivevo pensavo: cazzo! Chissà come devono sentirsi dentro certi grandi -e veri- maestri nel rivedere una loro opera appesa in una parete di un museo. Impensabile.

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    2. Non ho dubitato un attimo che fosse vera e anche se non lo fosse stata...sei riuscito comunque a farmela vivere come tale.

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    3. OK, ho tanta fantasia, ma inventarmi così tanti particolari mi avrebbe fatto venire il capogiro.
      Bello che tu dica che te l'avrei fatta vivere lo stesso.
      Un salutone.

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  5. Ciao Vincenzo!
    Che vita fantastica ed emozionante,tutto quello che è arte mi attrae forse dipende dal lavoro che svolgo con passione vivo praticamente in mezzo ai colori ogni giorno,tu sai scrivere come pochi quando ti leggo è emozione è come se vedessi immagini..Tuo figlio ti apprezza ed è orgoglioso di suo padre! Grazie di cuore per aver condiviso con noi una parte di te
    Sorriso

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    1. Ho avuto un gran bel periodo in teatro, è vero, anche se qui in Germania lavorare in un teatro è molto meno attraente che in Italia, dove c'è un'atmosfera quasi surreale. Competenza tantissima -l'opera nasce in Italia e la scenografia teatrale per l'opera nasce in Italia, e tutto quello che si sa sulla pittura teatrale è roba italica- ma la vita nelle ore di lavoro è vissuta diversamente, con moooolta nonchalance, molta fantasia e molto umorismo, nel senso che si ride da mane a sera.
      Mio figlio mi apprezza? Non lo so. Ma so solo che è l'unico che quando arriva a casa, gira e rigira ma poi va a finire sempre con le vecchie foto di suo padre e di sua madre giovani, quando loro ancora non c'erano.
      Desiderio di tornare bambino? Non so.
      Grazie del sorriso, ne ho bisogno.

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  6. Ho lavorato con te, dipinto e steso, ho preso le misure, con un lavoro "di polso", ho mescolato e sudato, impastato e ammirato. Tutto questo l'ho potuto fare solo perchè lo hai scritto in maniera straordinaria. L'unica cosa che mi dispiace, dal profondo del cuore Vincè, è di non poter vedere questo capolavoro.

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    1. Devio esserti proprio commossa tanto se mi scrivi in lingua:))
      Mi piace pensarti mentre immagini di fare quello che descrivo io. È il più bel complimento che puoi fare a uno scrittore, pensaci bene.
      Puoi farti un viaggetto fino a Karlsruhe. Che io sappia sta ancora appeso su quella parete, ma chissà, è tanto tempo che non entro in quel teatro.
      Te saluto, Mariagrà.

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  7. Che fatica Vincè.
    E' stata durissima seguirti per tutto il tempo, mentre completavi il primo Prospekt e quasi ti costringevano a fare il secondo.
    Che poi, meno male hanno insistito.
    Ti ho proprio visto, mentre ti dannavi anima e corpo, per costruirlo mentalmente e poi realizzarlo.
    Io, che da oltre 40 anni riesco a fare solo case, alberi ( i cipressi nello specifico mi vengono bene) e fiorellini di campo, mi inchino.

    Preso nota del posto, se mai dovessi capitarci, nei miei giretti in Europa, stai sicuro che ci vado a vederlo il tuo capolavoro.
    Ti abbraccio.

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    1. Ti ho fatto faticare? Mi pare di vederti dipingere alberi -era una specie di foresta il Prospekt della Lucia- con un pennellino del 2 e poi ritoccare e ritoccare e ritoccare...:D
      Ti rivelo un segreto: io ho tutta una serie di pennelli, per acquarello dallo 0 al 6; per pittura acrilica o a olio dal 4 al 24, con qualche 36. Tutti i tipi, cioè piatti, a lingua di gatto, tondi, tutti.
      Ebbene se vieni a vedere ce n'è un'intera serie assolutamente intonsa, e sono tutti i piccoli, tutti, nessuno escluso, e quasi tutti i medi.
      Io inizio un quadro tenendo a portata di meno una serie completa di pennelli, ma poi comincio con un 24 piatto e tiro avanti fino alla fine con quello, facendo anche i dettagli. Giusto se devo fare una linea prendo una lingua di gatto dell'8 o del 10.
      Se c'è qualche piccolo dettaglio uso la parte appuntita del pennello, cioè il legno del manico, e sennò una delle mie unghie, preferibilmente quella del mignolo.
      Ti piace l'idea?
      Ricambio l'abbraccio.

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  8. Ok, ciao Vincenzo,
    adesso inizio con le mie domande che pero saranno a puntate.
    Se non mi rispondi, non riesco ad andare avanti.
    Per prima cosa dimmi un pò, ma il significato della parola Prospekt è: leggi fondale?
    Perchè sembrerebbe italianizzando che il significato sia prospettiva.
    Inoltre cosa intendi con leggi fondale?
    Devo proprio imparare un pò di tedesco, ma sarà moooolto difficile.

    La Spia

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  9. La parola Prospekt deriva dal latino prospectum, nel significato "posto di fronte", quello che invece in gergo teatrale italiano viene indicato come "fondale", cioè che sta in fondo a tutta la scena. Considera che il tedesco come lingua sta sempre all'opposto della nostra. Loro mettono SEMPRE gli aggettivi prima del sostantivo, e mettono SEMPRE il verbo alla fine della frase. Loro per dire ventuno dicono "einundzweinzig", cioè uno e venti. Per dire che sono le otto e mezza dicono "alb neun", cioè mezzo nove; per dire che sono le otto e venticinque dicono "funf vor alb neun", cioè cinque prima di mezzo nove. Capisci che bello per uno di noi quando arriva quassù?
    Quindi Prospekt è quello che sta dietro e non davanti come da latino sarebbe, prospectum, che sta di fronte cioè davanti al muso.
    Quando ho scritto leggi fondale, avrei dovuto scrivere così -leggi: "fondale" e si sarebbe capito meglio. Scusami.
    Avanti con la prossima domanda.

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    1. Grande Vincenzo,
      credo che con te imparerò molte cose.
      Grazie.
      La Spia

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  10. Ciao Vincenzo!
    Ti lascio una vagomata di sorrisi e tanti te ne porterò'ancora
    Buon fine settimana

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    1. Una vagonata di grazie per i sorrisi, aspettando i tanti altri.
      Buon fine settimana anche a te.

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  11. Le altre mie domande sono:
    La pistola a spruzzo che tu usi per la base della tela sarebbe l'areografo?
    Il colore in polvere, è mescolato alla colla vinilica e all'acqua?

    Poi hai parlato della quadrettatura, non so se questo metodo viene ancora usato, perchè non me ne intendo.
    Forse io avrei steso la tela sul muro ed usato quei fili col carbone che si trovano oggi in commercio.
    Però comprendo che la tela era enorme quindi, prendo appunti e mi non dico altro.
    Sai una cosa con te mi sto davvero divertendo, non immagini quanto.
    Un'abbraccio
    La Spia

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    1. La pistola a spruzzo è un aereofago, ma collegato con un tubo a un compressore (ci sono attacchi ogni 10/15 metri alle pareti, perché c'è un unico compressore centrale enorme nella pancia del teatro), per cui puoi spruzzare con qualsiasi forza, anche la massima, che però fa un enorme polverone.
      La quadrettatura è l'unico metodo possibile in un teatro per riprodurre, ingrandendole, le immagini del bozzetto.
      Non per niente la qualifica italiana è "scenografo realizzatore", per distinguerlo dallo scenografo bozzettista.
      Mi viene da ridere a pensare a una tela 36 metri per 18 -o anche leggermente minore- appesa a un muro.
      E come la disegni? E come la DIPINGI? Con la scala dei pompieri? E il colore che scivola verso il basso dove lo metti?
      Pensare prima di chiedere, bitte!
      Tutti i fondali -TUTTI- in un teatro vengono elaborati a terra, sopra un immenso parquet in legno spesso, dove le tele vengono distese a dovere, tirate e fissate, coi punti doppi e la pistola elettrica, ma non direttamente sulla tela bensì su una striscia di materiale plastico nero molto sottile e resistente, che viene applicata sui bordi nei quattro lati da due o più Lerling, che debbono fare questa fatica mentre il Meister, il pittore, si fuma una sigaretta o beve un caffè o si spidocchia in santa pace.
      Dopo di che i crucchi spalmano un denso strato di colore bianco, molto elastico perché poi la tela deve essere innanzi tutto fornita di "Latten", specie di pertiche piatte di legno, una sulla base superiore, dove vengono fissati i ganci, l'altra sulla base inferiore per tenere ben disteso il fondale una volta sulla scena. Infine, a lavoro ultimato e Prospekt asciutto, arriva la squadra macchinisti, non meno di 20 uomini che arrotola il Propsekt partendo dalla base inferiore, e se lo porta in un ascensore -lunghissimo per tutta una parete e che continua oltre, che porta il tutto in basso sulla scena.
      La spalmatura viene definita "Grundierung", da Grund, base; cioè quello che si deve fare come base per dipingerci sopra.

      Mi fa piacere che ti diverti.
      Ciao.

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    2. Dimenticanza mia: per infilare le Latten ci sono delle sacche già cucite sulla tela dai cucitori, sarti, che stanno in alto, sopra la galleria da cui si domina la Malersaal, e dove i pittori vanno per controllare dall'alto l'insieme del lavoro. Solo così ti accorgi se qualcosa non quadra. I sarti mettono insieme innanzi tutto metri e metri di pezze di tela (sono rotoloni di circa 120 metri per 3 metri, quindi devono essere assemblati, messi insieme e cuciti. Alla dine aggiungono le "Tasken", le sacche per infilare le Latten, che vengono praparate dai falegnami nella loro officina.
      Spero di essere stato chiaro.

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  12. Mi sono ritrovato, a fine lettura, con un sorriso ebete stampato sulla faccia con chi mi stava attorno che mi chiedeva cosa avessi mai visto. Ho visto una vita rispondo con voce stentata. Grazie per le emozioni, ciao.

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    1. Bella definizione, mi congratulo.
      Mi sono riemozionato io nel ricordare.
      Ciao.

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  13. Ciao Vincenzo,
    ora ti dico una cosa che mi ha molto colpito nel tuo racconto.
    Quando hai raccontato del tuo primo ingaggio a teatro, hai scritto che uno dei pittori ti ha aiutato parlandoti della quadrettatura,
    il discorso è questo:
    -Come fai a far diventare l'immagine che c'è in quella foto...
    -Sto pensandoci.
    Lui risponde:
    -Come facevano gli antichi.
    Ecco questa frase è ciò che nella mia famiglia ci tramandiamo da generazioni quando, non sapendo cosa fare, in certe situazioni, ironizzando, ci rispondiamo così.
    Vuol dire, non preoccuparti che un modo per risolvere il problema c'è ed è anche facile.
    E' stato come se anch'io fossi lì con te e il pittore; impressionante.
    Ora devo andare,
    Ho ancora una cosa da raccontarti, non muoverti di lì, d'accordo?

    Un abbraccio
    La Spia

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    1. Io qua sto. Mi sembra un racconto a puntate...:)

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    2. Mi hai fatto sorridere,
      Grazie per quel che hai scritto, detto da te è un gran bel complimento.
      Però quel che io desidero è divertirmi e far divertire,
      quindi detto questo, ora ti dico che,
      nella mia famiglia, c'è una persona mooolto cara che dipinge molto bene, olio su tela ed anche sul muro,
      quando era militare all'età di 18 anni, era considerato molto bene e molto amato da tutti, gli commissionavano quadri che lui riproduceva fedelmente.
      Finito il suo anno da militare, era già stato congedato,
      e attendeva il via, il suo comandante gli chiese un'ultima commissione pittorica, un'affresco emorme all'ingresso della caserma.
      Poteva andarsene, ma dovette finire ciò che aveva iniziato, facendolo con grande amore.
      Il suo dipinto è ancora lì.
      Ecco cosa ne dici di quest'altra sovrapposizione familiare alla tua.
      L'emozione che lui mi descrive è la stessa che tu hai provato e che ci hai fatto condividere.
      Posso lacrimare adesso?

      La Spia

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    3. Non lacrimare troppo perché dopo ti diventano gli occhi rossi come quelli di una civetta.
      Conosco quell'emozione e so che è autentica. C'è molto orgoglio dentro e tanto egoismo, ma un artista DEVE essere egoista, deve sentire il proprio io fortissimamente e promuoverlo e cercare di imporlo.
      Ho sempre pensato che un vero artista non dovrebbe mai sposarsi e mettere su famiglia, ma dedicare tutte le sue forze alla sua arte. Una famiglia è una palla di piombo ai piedi. Cosa ha fatto Picasso? Ha sposato Olga quando era uno dei tanti; poi l'ha piantata con figlio ed ha pensato solo a dipingere, a creare. Ha creato anche Paloma, ha avuto tutte le donne che ha voluto, ma basta con la famiglia. Puro egoismo, ma lui sta lassù, gigantesco e se ne frega di chi lo critica per questo.
      Fai ancora una lacrimuccia adesso se ci riesci.

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  14. Ciao, ti leggo per la prima volta, sono rimasta affascinata dal tuo racconto di vita.
    P.S. sono entrata qui per vedere se anche il tuo blog era scritto in romano come nei commenti da Maria grazia :)

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    1. Ciao e ben arrivata Lillina.
      Pochissimi, due o tre, sono scritti in romanesco, ma se vai al precedente a questo "diteglielo coi botti", è appunto uno dei pochissimi.
      Ciao.

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