lunedì 19 novembre 2012

TATORT 11


7

Adesso che so chi ha mandato
il sicario,
adesso che so
chi lo ha pagato,
entro
nei pensieri di Irene, 
per conoscere il suo segreto,
per sapere perché
quell'uomo dentro il bosco
è stato ucciso.

"Fidati di me,
 io sono la più buona."
Queste le parole di Irene quando mi chiede
di sposarla.
"Fidati di me,
 io ti aiuto più di ogni altra,
 io che frequento tanta gente bene,
 e tanti amici ho potenti e ricchi.
 Fidati di me, 
 così tanta gente ti conosce,
 la gente ricca, la gente buona, 
 la gente che conta.
 Fidati di me
 e tutti sono ai tuoi piedi."
Queste le mille parole buone
che ogni momento mi dice.

Cinquecento e più pagine di libro
posso scrivere se ho voglia
di parole che lei dice
ogni giorno
belle per me.
Parole belle, parole
ancora più belle, parole,
parole, parole, sempre più belle.
Parlare: con lei accanto non serve,
lei pensa per me.
Parole, pensieri, progetti,
idee nuove nuove,
niente è creato
ma tutto è trovato
bello e pronto
e preparato.
Nemmeno più la fatica
di alzarsi dal letto.
"Così è perfetto, così
 deve essere fatto:
 tu rimani nel letto
 che io mi trovo il soggetto
 della tua
 pittura nuova;
 tu risparmi energie
 per le mie sinergie,
 e nel frattempo io ti traccio
 il segno della sponda
 dalla quale tu parti per il tuo
 nuovo viaggio,
 e la strada ti faccio
 del successo
 sicuro, immediato,
 e che Dio sia lodato."

Questo Irene ripete ogni momento
e io mi sento
invogliato
a seguirla nel
suo intendimento
ché già tutto è cambiato:
il sistema di vita
quotidiana,
i cibi, i vestiti, gli amici,
gli ammiratori, i critici, i nemici
(anche questi bisogna
sceglierseli,
più raffinati, più eccentrici, di maggior
risonanza, lei dice e mi insegna:
"che molti nemici
 molto onore ti danno, non è
 vero, amor mio;
 solo pochi nemici, invece,
 ma ben selezionati,
 di rilievo, importanti, facoltosi,
 ti qualificano e valore ti danno,
 non so se mi hai capito, bello mio.")
Adesso anche l'orizzonte è cambiato
della visione artistica
(la mia? degli altri?
ma a chi interessa una risposta,
si hanno forse
certezze
in questo mondo?);
l'orizzonte pittorico
si è dunque spostato più in alto
e non è più lo stesso
che prima tenevo sott'occhio.

E allora tutto
di conseguenza
va cambiato:
vie le mie
vigorose
figure piene di muscoli,
di spigoli, di peli,
di macchie di colore opaco,
via, via per sempre,
abbandonate;
agili figure arrivano
adesso al posto loro
appena accennate, 
allungate
sulla superficie della
tela, e i colori
scelti in modo che si
incastrino tra loro,
surrealismo astratto si chiama
questa roba che faccio adesso.

"È di moda, tira molto,
 e come lo fai tu poi
 sarà un trionfo, fidati
 di me, tesoro mio."

Va cambiato anche il tratto,
la tecnica,
e allora niente più
dipingere con le
dita, con le
mani, ma soltanto con
finissimi pennelli di martora
che lei fa venire 
dall'Inghilterra;
e niente più pigmenti
di poco prezzo
per l'amor di Dio,
ma solo colori nei tubi sigillati
e di gran marca:
soltanto Lefranc & Bourgeois
e Winsor & Newton,
e per gli acrilici
unicamente Lascaux.

E non si tratta di frottole,
non sono i sogni
di una squilibrata
né parole al vento
le promesse di Irene, ma di colpo
il mio atelier
è un porto di mare
dove non si sciopera mai,
e tanta gente che va
e tanta gente che
viene, che non 
ho visto mai
prima di allora, e tutti
comprano
e discutono e danno
consigli
e ordinano nuovi quadri
e disegni; 
e giornalisti che fanno
la fila
per un'intervista
ben pagata, 
e fotografi che fanno
servizi
per rotocalchi alla moda
e riviste d'arte
e di
letteratura,
e intenditori giungono alla porta
e critici d'arte
con la puzza sotto
il naso,
e galleristi
che vogliono prenotare
esposizioni, e già
si fanno i piani di
retrospettive, 
e pingui collezionisti
che si litigano
anche gli abbozzi
e le prove
di colore
a suon di soldoni,
tutto, qualsiasi cosa, purché
sia firmato
e datato.

Nemmeno il mal di testa
a fare i conti
mi viene:
Irene incassa tutto,
e tutto
registra,
e tutto lei sa quel
che mi occorre,
nuovi vestiti
e camicie,
un cappotto di cammello,
un impermeabile chiaro,
scarpe italiane
e stivali, e stivaletti spagnoli,
e penne stilografiche d'oro
(la mia passione),
e orologi da polso di marca
(altra passione mia),
un Omega, un Bulowa, un Cartier,
un Rolex blu, un Baume & Mercier
e infine un
Vacheron Costantin
con la cassa di platino,
untrapiatto;
e un Maserati biturbo
a due porte,
amaranto metallizzato, 
col tridente placcato
in oro,
e sul cruscotto
le nostre due iniziali intrecciate
in oro bianco
con brillantini incastonati,
un unicum costruito
apposta per me.

Ma un prezzo s'ha da pagare,
ché niente ti viene regalato
in questo sputo del creato
e ogni giorno è pagato
il costo del successo, ogni giorno
la ricchezza io la pago
rinunciando
al mio libero arbitrio
che ho ormai rinnegato,
alla libertà di esprimere
quello che penso
che ho ormai abbandonato,
alla libertà 
di cambiare parere
di mutare il mestiere
la professione e l'arte.

E che mi resta da fare?

Solo lavorare in fretta io posso,
veloce sempre di più, 
preciso sempre di
più, conciso sempre di più, e sempre
di più efficiente,
questo solamente
mi è concesso di fare
ripetendo unicamente
sulla bianca tela distesa
le solite
diafane figure
stilizzate di questo
astratto surrealismo
così tanto di moda,
e ricercato
e così tanto acquistato
e pagato
e lodato da tutti,
ché solo da me è odiato
oramai.

Mi faccio schifo
ma tiro avanti
con questa
pittura moscia e
bastarda,
mezzo uomo e mezzo frocio,
mezzo donna e mezzo
troia, ecco cosa
mi sento, e mi faccio
schifo ma
tiro avanti;
e mi faccio schifo
per come
soggiaccio
al volere di Irene,
vorrei sputarmi in faccia
eppure mi adagio
nell'opulenza del
benessere
come una vecchia puttana.

E per soffrire un po' meno
e per riuscire
a guardarmi ancora senza
vergogna dentro
allo specchio
di nascosto da tutti
(da Irene soprattutto
 di nascosto, si capisce),
ricomincio a riempire
fogli e pezzi di tela
dei miei motivi antichi,
delle mie tozze
angolose figure,
dei miei volgari colori
rossi e verdi incrociati
come cazzotti negli occhi
su fondali neri o blu o
giallo cromo o rossi porporini
che messi insieme
sembrano esplosioni
dentro una pattumiera;
però io vivo la mia vita
perdio!
descrivo la carne
e il sangue mio,
la bellezza e le
brutture della mia anima,
senza menzogne
senza voler creare illusioni;
descrivo me stesso come sono
perdio! sporco del grasso,
del fango, del sudore e del marcio
della mia vita da povero disgraziato
sbattuto per il mondo
come un sughero
sopra un mare in tempesta.
E che Irene non scopra mai nulla,
Dio ce ne scampi.

Ma lei che fruga da per tutto
e tutto sempre trova
questa volta la annusa 
in fretta la sua nuova preda
nascosta dentro un pacchetto
legato con lo spago,
messo in fondo a un cassetto.
"Che roba è questa merda?
 Ti dà di volta il cervello?
 Vuoi il tuo suicidio? Oppure vuoi
 rovinare tutto il mio lavoro?
 Nessuno conosce niente
 di quello che facevi prima di
 incontrarmi,
 ché tutto io ho fatto sparire, 
 e che nessuno lo sappia mai.
 Io non ti
 permetterò di rovinare
 l'opera mia.
 Distruggi questa
 merda e ricomincia
 a lavorare come Dio comanda."
"A lavorare come Irene comanda
 volevi certo dire."
Sto a gambe larghe di fronte a lei
come il comandante di una
nave di fronte alla sua ciurma
ammutinata;
ma chi è qui
il ripristinatore dell'ordine
e chi è che si ribella?
"Torna al tuo posto, bastardo!
  non eri niente senza di me,
  ritorneresti un verme
  se io ti piantassi."
L'afferro per un braccio,
la butto fuori dall'atelier,
le sbatto
la porta sul muso e chiudo
a chiave dall'interno.
Lei mi urla e bestemmia dal di fuori,
io le urlo e bestemmio
dal di dentro,
ma oramai ho deciso:
finisco i suoi quadri,
quelli che sono ordinati
quasi tutti pagati
di già,
e nello stesso tempo
riprendo a dipingere 
i miei, poi si vedrà,
poi si decide tutto,
ma che dico, poi io decido tutto.
Così va a finire questa storia
e mi sembra di avere
ritrovato
la mia vita serena,
la mia vita felice.

Adesso aspetto di ascoltare
i pensieri di Irene
fino all'ultimo. Lei ancora dorme
con la testa appoggiata
sul pube del suo uomo nuovo, e io aspetto
per sapere perché
un uomo è morto la scorsa notte
dentro un bosco.




17 commenti:

  1. Messa cosi io mi sarei fatto ammazzare.
    Oppure hai appena delineato il movente.

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    1. Ho finito di trascrivere quel che avevo già da tempo ultimato e che stava ancora nel dimenticatoio. Il prossimo, dal Tatort 12 in poi è tutta roba nuova.

      L'ho scritto infondo ai commenti per l'altro pezzo, ma non lo hai letto.
      Ripeto: cosa hanno combinato i tuoi ragazzi sul tuo blog? Quando cerco di entrarci il mio sistema di sicurezza mi blocca TUTTI i programmi perché mi dice che "c'è un virus o un programma indesiderato", e devo spegnere e riaccendere il mio PC.
      Puoi fartici dare una guardata? Altrimenti ti devo salutare da qui.

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    2. oh oh non lo so.... e non so che fare...mi sa che gli altri però leggono e commentano...vedrò di informarmi, stsera però vado a balli di gruppo...

      Non avevo letto sotto l'altro post...
      Ma come scrivi a mano e poi ricopi? Cazzarola mi sembri mio papà che ha il cell ma l'agendina cartagea in tasca per i numeri di telefono! ahhahaah
      Smack!

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    3. Ho controllato nessun problema sul mio blog....a quanto pare il problema l'hai solo tu.
      Non sarà che la Merkel mi sta boicottando?

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    4. Riproverò, ma la Merkel non c'entra.
      Se i problemi fossero nel mio non potrei entrare in nessun altro blog o programma.

      No riesco a fare anche il copia e incolla, ma non mi andava di ritornare indietro.
      E poi che male ci sarebbe a scrivere tutto a mano?
      Pensa che io scrivo i miei romanzi con la penna ancora, perché trovo ridicolo usare la tastiera, cioè mi sembrerebbe di non scrivere.
      Nel cell i numeri sono dentro, stai tranquilla.

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  2. Quest'uomo che si disprezza per quello che è diventato e che disprezza la donna causa del suo divenire, mi intriga sempre di più.

    Resto in attesa, appoggiata al balconcino con i gerani in fiore.

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    1. Ti invierò un colombo viaggiatore con un geranio nel becco.:))

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    2. Ci sono i gerani color azzurro screziati di nero.
      Mi raccomando...

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    3. Non li conoscevo, ma adesso li cercherò.:)))

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  3. Ciao Vincenzo!
    Dubito che nei pensieri di Irene lui riesca ad entrare facilmente,ha sempre la mente occupata e zozza, sovra'ravanare per bene è troppo furba
    Buona serata :DDD

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    1. Provo ad entrarci io adesso, vediamo se mi frega o se la frego io.
      Buona giornata.

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  4. ahahahah Vincenzo sicuramente tu ce la farai a fregarla…
    :DD

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  5. Bel pezzo. L'ho preferito ai precedenti.
    Descrive bene la discesa agli inferi (più o meno come Dante, ma con finalità diverse) dell'uomo senza corpo, quando ancora un corpo ce l'aveva.
    Descrive bene la situazione classica in cui un uomo smarrisce la propria dignità o meglio la immola all'altare delle tre esse -sesso soldi successo- : tre esse infide come le tre fiere di Dante.
    (oggi ce l'ho con il sommo poeta)
    quando un artista arriva a prostituire la propria creatività e quindi la propria anima a queste tre belve, prima o poi si sentirà alla stregua anzi peggio di una donna che vende il proprio corpo.
    a questo punto mi importa poco sapere se l'assassino è il maggiordomo o uno con le scarpe rosse e i lacci neri (o le scarpe nere e i lacci rossi? :))
    mi importa lo stile che userai per far evolvere un rapporto sado maso in un tragico epilogo, che è poi l'unico modo in cui possono finire queste cose.

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    1. Mi tocco il polso: ascolto il battito del mio cuore. Che cavolo mi succede? Sono completamente d'accordo con te. Oh mio Dio, non sarò mica malato? :)))
      Effettivamente è un bel pezzo, come rilevi tu.
      Purtroppo non ho inventato l'acqua calda, bensì riflesso su carta una situazione del tutto normale: di figli che una volta sposati ti cambiano faccia e abitudini ho una certa esperienza anche io.
      Una donna ti cambia la vita nel bene e nel male, e noi uomini siamo veramente i fessacchiotti che non sappiamo reagire altrimenti che con la violenza alla raffinatezza di voi donne, come dice Kiara nel suo blog (it finally happened).
      Non tutte lo fate a fin di male, sia chiaro, anzi quasi tutte a fin di bene, innanzi tutto il vostro, poi anche il nostro si capisce.
      Sono un tantino acidulo stamattina, me ne rendo conto e me ne scuso con te, che non c'entri nulla se non nel contesto di essere donna, che non è una colpa, bensì un merito.
      Non ha importanza chi sia stato e come lo abbia fatto: il poemetto ha già da adesso esaurito ciò che voleva dire. C'è solo da concluderlo, e adesso capisco perché non lo avevo concluso ancora: aspettavo una mia certa maturazione interiore. Penso di averla raggiunta.
      Ora scriverò il finale, in due serate, perché da lunedì -forse- qui dentro sarà un cantiere.

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  6. concordo con silvia...mi ha tenuta incollata allo schermo ma poi ho avuto difficoltà a staccarmi all'immagine che mi si era fermata in testa..lui che urla da dentro alla stanza per la disperazione di aver realizzato la vendita del suo dono..lei che urla da fuori per la rabbia e la paura di perdere la sua gallina dalle uova d'oro...ok vincè..la cosa se sta a fa seria...mo vedi de daje un tajo che io non posso campà così che tengo famiglia e taaaanti artri penzieri da pensà

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    1. Mi fa piacere da matti incollare bei sederi alla sedia per leggermi, ma che piacerone che mi fa!
      Beh datte na consolata Mariagrà, er prossimo de doppo adè pure l'urtimo, sinnò er troppo stroppia e bona sera.
      Te saluto Mariagrà, statte bona.:))

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