martedì 18 giugno 2013

AMOKLAUF

Uscivo vestito con una tuta mimetica militare, indossavo anfibi di cuoio rosso alti fino ai polpacci; un tascapane colmo di granate a tracolla che penzolava alla mia destra, un altro che mi pendeva a sinistra colmo di caricatori pieni, caricatori con sopra stampigliato l'acronimo CCCP, caricatori di un'arma sovietica. Infatti imbracciavo un Kalaschnikov, il più venduto e preciso e micidiale fucile a ripetizione, sovietico appunto.
Lasciavo la mia macchina in garage; prendevo la mia volgarissima bicicletta da donna scrostata e con le ruote un po' sgonfie; evitavo accuratamente le strade affollate e mi dirigevo al mio vecchio Liceo pedalando velocissimo, ma rimanendo composto. Nemmeno sudavo un po'.
Arrivavo all'ingresso del Liceo. Lasciavo la bici accanto al marciapiedi con un pedale appoggiato sullo scalino di travertino a tenermela pronta per il ritorno. Salivo le scale entrando nel portone verniciato di fresco. Mi veniva incontro Arcangelo, il bidello più anziano, col dito indice della destra premuto sulla bocca.
-Non fare casino, ché già sono iniziate le lezioni.
Lo abbattevo con una brevissima raffica. Mi inoltravo nel corridoio. Da una delle aule usciva fuori dalla porta il professor Trincia.
Un colpo solo, in mezzo alla fronte.
Ma lei dov'è?
Via di corsa alla porta della terza B. La spalancavo. I maschi erano tutti saltati già fuori dalle due finestre nel cortile. Al centro dell'aula le cinque ragazze in lacrime che si abbracciavano;alla cattedra la professoressa Salimei irritatissima con me. 
Due colpi, uno al cuore, uno al fegato.
-Dov'è lei? Urlo alle ragazze.
-Non è venuta oggi, le sono arrivate le mestruazioni.
Come alla fine di ogni mese, dannazione.
Due raffiche veloci e le cinque ragazze giacevano scomposte e senza vita.
Nel corridoio intanto era tutto un urlo e una corsa, come una mandria di bufali selvaggi. Uscivo per ammazzarne qualcuno; mi travolgevano, perdevo il Kalaschnikov, qualcosa mi aveva colpito duro sulla fronte, perdevo molto sangue e sentivo il cuore a mille all'ora.....
Mi aggrappo al comodino, sudatissimo e ansimante. Ci devo aver dato una gran zuccata in uno degli ultimi movimenti inconsulti del mio sonno turbolento, azzannato da un incubo, un attimo prima di rovesciarmi sul pavimento. Un movimento riflesso mi ha consentito di evitare la caduta e di aggrapparmi a quel coso.
Ho bisogno di bere. Vado in cucina, stappo una bottiglia di acqua minerale e bevo a garganella, senza riprendere fiato.
Ghigno: povera Rosalba, non saprò mai cosa volevo farle se salvarla e portarla via con me oppure maciullarla di proiettili. Era la mia ragazza; volevamo sposarci e fare molti figli, poi invece era arrivato lo stronzo da Milano o giù di lì e se l'era portata via.
Torno a letto, non sono nemmeno le quattro ma stanotte penso di non dormire più. Invece crollo e quasi non sento la sveglia che trilla lugubre alle sette meno cinque.
Quando finalmente la sento è al centesimo squillo e sono già le sette passate da dieci minuti. Salto fuori dal letto come una cavalletta assalita da un condor. Mi rado la barba, mi lavo il muso, bevo un caffè e schizzo fuori di casa verso la mia macchina perché ho un appuntamento precoce col sindaco, dal quale vorrei ottenere un paio di permessi un po' ai limiti dei regolamenti e non voglio farlo incazzare per un minuto di ritardo. 
Parcheggio in uno spazio fortunatamente vuoto tra la Casa Comunale e il mio vecchio Liceo.
C'è un tizio che sta salendo i gradini di accesso a due a due. Indossa una tuta mimetica militare; ai piedi anfibi di cuoio rosso alti fino ai polpacci; un tascapane a tracolla gli penzola a destra, un altro ben pieno gli pende a sinistra (ma questo è il mio sogno, che ci fa lui nel mio sogno?); in testa ha un elmetto americano di quelli che ci hanno fatto vedere in mille film (che c'entra l'elmetto? Io non avevo l'elmetto); imbraccia un fucile, (non è un Kalaschnikov ma un volgarissimo canna mozza a pompa). Eh no, bello mio, così non si fa!
Gli corro dietro, mi sta davanti solo pochi passi nell'androne quando lo apostrofo di brutto grugno.
-Ehi tu, amico! Guarda che non puoi cambiare il copione, gli grido; questo sogno è mio e io ne ho tutti i diritti. Togliti quell'urinale dalla testa, procurati un Kalaschnikov e butta via quello schizzapiselli.
Mi guarda con un ghigno perverso sulle labbra mentre mi punta addosso il suo fucile.
Il primo colpo fa un botto infernale. Mi prende dritto nello stomaco. Non fa tanto male ma brucia da matti.
-Che fai stronzo? È alla testa che si mira e togliti quell'elmetto che ti sta scivolando sul naso e non ti fa vedere niente.
La seconda botta ripercorre la strada della prima e me ne allarga la caverna.
Il bruciore è passato. Adesso sto seduto per terra con la schiena appoggiata al muro, intorno a me liquido vischioso e nero, che odora strano.
L'usurpatore del mio sogno mi sta davanti e ghigna. Mi tiene sempre il canna mozza a pompa puntato addosso. Ride. Conosco quel sorriso, quei denti bianchissimi, quegli occhi chiari, trasparenti: il sorriso di Rosalba, i denti bianchissimi di Rosalba, gli occhi chiari di Rosalba.
Sono le ultime cose belle che vedo prima che la terza botta mi esploda sulla faccia.


24 commenti:

  1. Ho letto che sei uno scrittore e che hai pubblicato dei libri... se i libri sono appassionanti come questo post, fammi sapere dove e come li posso trovare. :-)

    Buona giornata Vincenzo.
    Nadia

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    1. Per il momento sono solo due, te ne do le coordinate:
      MARTEDÌ DOPO L'AUTUNNO
      Baku Editore, Milano 2008
      ISBN 978-88-96198-01-8

      FRANCOFORTE SUL MENO ANDATA E RITORNO
      Arduino Sacco Editore, Roma 2011
      ISBN 978-88-6354-580-7
      Puoi provare dal tuo libraio di fiducia, oppure in internet presso le due Case editrici.

      Il mio parere, e non solo il mio, che i due libri siano più appassionanti di questo e di altri miei post. Sed de gustibus non est disputandum.
      Buona giornata anche a te, Nadia.

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  2. Ops dimenticavo... mi auguro che quella furia omicida non faccia parte del tuo carattere, ma sia soltanto pura fantasia. :-D

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    1. "Furia omicida". Conosci il tedesco? Infatti furia omicida è l'esatta traduzione di Amoklauf.
      No, grazie a dio no. Sono un nrratore e mi piace inventare storie, tutto lì.
      :D

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    2. Conosco l'inglese e non il tedesco, ma mi sono aiutata con il traduttore :-D

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    3. Ben fatto, Nadia: documentarsi sempre prima di rispondere.
      :D

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  3. Se esiste il genere letterario thriller-comico, cosa di cui non sono a conoscenza, questo ne sarebbe un bell'esemplare!

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    1. Thriller-comico? Potrebbe essere ma non ne sono a conoscenza.
      Adesso mi sta frullando per la testa un raccontino, di cui non conosco ancora il finale perché "è una mosca che mi ronza intorno" e del quale accenno appena il titolo, che potrebbe essere: "Accidenti, ho dimenticato il cell a casa", che però potrebbe diventare il secondo...

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    1. Precisazione inutile, credimi sulla fiducia. Conosciamo la tua bravura nella sintassi. Promossa cum laude.

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  5. mi viene in mente che al parcheggio del supermercato, oggi, ce n'era una che diceva al marito:
    e non pensare che a me mi vadi la carne!

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    1. Oggi qui da me ha fatto la giornata più calda -finora- dell'anno: quasi 38°. Pensa che io da stamattina ho indosso l'apparecchiatura per l'Horten.
      Ma mi dicono che pure dalle parti tue faceva una bella callaccia. Malgrado ciò riesci a cogliere simili spezzoni di lessico applicato. Complimenti.

      PS: più cha altro mi rallegra il piacere di avere un terzina di commenti tuoi ad un mio thriller-comico. :))

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  6. Io non so letterata, sbajo a scrive, l' apostrofi ndo non vanno, li verbi e li tempi ..ma questo ce lo sapevi già.
    E comunque sto post mè piaciuto..

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  7. Quanno che scrive Sirvia me sento che arivino li verbi dificili, li congiuntivi ar posto giusto e me metto su l'attenti. Quanno che arivi tu cor dialetto bello de noantri me sbrodo e mariccoio drento ar letto, pe fatte capì. E ar penziero già me viè da ride.
    Er poste tè piaciuto? Mariconzolo.
    Ciao Mariagrà, mo però nun risparì pe na settimana.

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  8. Aaaaaaah, siete romani de roma! Deh, 'un s'era capito.

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    1. A Nadiaaaaa, me t'adaggio.
      Nun te preoccupà è na cosa bbona.
      Brutto fusse si te dico che marimbarzi.
      Me sa che qui er traduttore nun te da na mano, tu però ce poi provà.
      Ciao.

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    2. Sei troppo forte, Vincenzo.
      Allora, sai che mi documento sempre prima di rispondere e che cosa ho trovato? Che scrivi pure le poesie in romanesco, per ora ho letto quella del micio nero, ma vado a scartabellarne altre, sta' sicuro.
      Lo capisco il romanesco e a Roma ci capito spesso, perché ho amici e una nipote (la figlia di mio fratello.

      Alla prossima. Ciao.

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    3. Credo che quella del micio nero sia un unicum, ma non ricordo con certezza. Cerca tu.
      Il romanesco di borgata è facile, quello antico del Belli invece no. Lo parlava mio padre e me faceva morì da le risate.
      Alla prossima, ciao.

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  9. Interessante questo incepparsi della scena tra sogno e realtà, come in un gioco di specchi che rimandano all'infinito la stessa immagine, seppur con qualche piccolo scarto.
    Sono curiosa di sapere se l'idea proviene da un sogno che hai fatto veramente, perché iniziando a leggere, pur non essendo romana, m'è venuto da dire "ammazzate oh!"

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    1. Mi piacciono questi incastri tra sogno e realtà, ovvero tra realtà diverse.
      Mi sono inventato tutto; ho scritto fino alla fine; ho postato sul blog; ho riletto e mi è sembrato buono; poi ho letto i vostri commenti e...finalmente ho capito il finale.
      Pensa tu: il mio inconscio me lo aveva dettato e io non lo avevo capito. Ti piace questa?

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  10. Ottimamente!
    A volte le intuizioni si arricchiscono di significati a mano a mano che trovano eco nelle percezioni altrui.
    Ciao Vincenzo e, data l'ora tarda, buona notte e sogni d'oro!

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    1. Mattiniero anche io per impossibilità di traspirazione: stanotte qui in casa 26° al buio e con tutte le finestre spalancate.
      Hai scritto assai bene: le percezioni altrui aprono orizzonti inaspettati.
      Ciao Nina e buona giornata.

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  11. Caldo anche qua ma io lo adoro
    e sono già al lavoro!
    (piccola rima
    di prima mattina)

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    1. Amo il caldo e odio il freddo, questo è un dato di fatto, ma qui si tratta di afa, che è altro.
      Buon lavoro comunque.

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