domenica 4 aprile 2010

LA FORZA DEL DESTINO

Ultimamente al mio orizzonte sbuca con prepotenza il Destino, con la D maiuscola; per meglio dire si eleva dalla linea sottile all'infinito il "concetto di destino", di cui si reclama l'onnipotenza e la preesistenza, e perché no la post esistenza.
Vorrei citare un autore, che a me piace molto, Alessandro Baricco, che nel suo primo romanzo "Castelli di rabbia" dice: "...è molto bella l'immagine di un proiettile in corsa: è la metafora esatta del destino. Il proiettile corre e non sa se ammazzerà qualcuno o finirà nel nulla, ma intanto corre e nella sua corsa è già scritto se finirà a spappolare il cuore di un uomo o a scheggiare un muro qualunque. Lo vede il destino? Tutto è già scritto eppure niente si può leggere."
Ad una persona a me cara piacerà di sicuro. Io sono rimasto affascinato dall'idea del fucile. Sì, perché per poter correre così velocemente il proiettile è dovuto passare all'interno della canna di un fucile, avvitandosi lungo le otto scanalature elicoidali scavate lungo la sua anima. Espulso violentemente dal vivo di volata della canna, continuando la sua corsa folle avvitandosi intorno al proprio asse, il proiettile è cieco e quasi muto, ignaro della sua meta, che è già là, dice Baricco, muro qualunque o cuore di un uomo qualunque, pronto per essere scheggiato il primo, spappolato il secondo.
Una bella immagine, non c'è dubbio, che però avevo già sentita in qualche posto, qualche tempo fa. Siamo tutti degli scopiazzatori, dice una mia amica, e forse ha ragione lei, gliene do atto.
Proviamo però a ragionare su questa storia del destino, per quello che si può senza apparire saccenti e logorroici.
Credere nel Destino è come credere in Dio.
Ciò posto, possiamo dividere il genere umano in: credenti a prescindere; non credenti a prescindere; credenti o non credenti per un distinguo.
Coloro che credono in Dio, e quindi nel Destino che da Lui proviene, per un atto di fede, sono quelli -secondo me- che non hanno la forza, il coraggio, la spudoratezza, la goffaggine di mettere in dubbio che Dio esista, quindi che il Destino esista tout court. Che siano cristiani, musulmani, giudei o buddisti, sono quelli che non hanno dubbi, perché non si pongono dubbi.
Coloro che non credono in Dio, e quindi non credono neanche nel Destino, per una negazione assoluta, a priori "perché non può essere, perché nessuno lo ha mai visto, perché dopo la morte c'è il Nulla", sono -secondo me- i più deboli, perché in mancanza di elementi di discussione procedono per esclusione.
Restano i credenti e i non credenti per uno o più distinguo. Coloro che dicono "potrebbe essere, ma; potrebbe essere, se; potrebbe essere, qualora". Sono, in fondo, gli ottimisti, quelli propensi a concedere al misterioso futuro sempre un alibi, una possibilità, una scorciatoia verso una via di uscita la più indolore che si possa accettare.
Io appartengo a questa categoria, per mille e una ragioni: sono e sono sempre stato ottimista sul mio futuro, sul futuro di tutti, perché voglio crederci -è anche questo un atto di fede- ostinatamente voglio crederci; ho avuto alcune esperienze straordinarie, che terrò per me, non rivelerò a nessuno, ma io so di averle avute; ho avuto un contatto con mia madre un mese dopo la sua morte -ho detto contatto, non ho detto di averla sognata- cosa che non ho mai messo in dubbio.
Penso che la parte intellettuale di tutto questo discorso stia a monte, mentre io qui in pianura -e con me tutti quelli che vogliono seguire il mio esempio- debbo tirar fuori dal torace il mio cuore, strizzarlo come un limone e vedere cosa mi suggerisce: mi dice di credere nella presenza di qualcosa di misterioso e difficilmente spiegabile a parole. Dio, il Destino, il Proiettile è già partito, è uscito fuori dalla canna del Grande Fucile: sopra c'è scritto non solamente il mio DNA, ma tutta una serie di DNA, che appartengono a me, al mio passato e al mio futuro, ai miei futuri.
Questo è quello in cui credo, e se qualcuno pensa che io sia un imbecille, uno che ciurla nel manico, un sognatore, prego, che si accomodi: non muoverò un muscolo per impedirgli nulla, e non sprecherò più parole per contraddirlo.

12 commenti:

  1. come spesso accade, fatico a cogliere fino in fondo il succo delle tue parole; quindi mi limito ad una notazione. Da Dio non proviene alcun destino per l'uomo: Dio ha un progetto per ciascuno e a ciascuno spetta la libertà di coglierlo e seguirlo...se vuole.

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  2. Ciao Andre, ti faccio gli auguri per la Pasqua anche se un po' in ritardo. Si sente che sei cattolico ed io rispetto questa posizione e chi ha il coraggio e l'onore di prenderla. Ma io sono solo battezzato e cresimato e non riesco a distinguere il Progetto divino dal Destino che da Dio proviene -secondo me-, per questo mi trovo in difficoltà di fronte ad argomentazioni come la tua. Tu riesci a coordinare il concetto di destino e quello del libero arbitrio, io no: per me l'uno esclude l'altro e viceversa.

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  3. Destino e libero arbitrio: l'uno, l'altro, quanto dell'uno, quanto dell'altro... che post impegnativo, iaco! L'ho letto ieri sera ma ci ho voluto dormire su, e lo stesso non ho trovato nessuna certezza, solo dei pensieri. Nell'intervallo tra il primo e il secondo tempo del mio sonno ho pensato questo: il DESTINO, o Dio, o qualcosa del genere, esiste. Questo non vuol dire che il DESTINATO non possa esercitare il proprio libero arbitrio. Perchè il destino traccia "solo" gli eventi clou dell'esistenza, non i comportamenti. Tra il sì e il no (espressione COPIATA dal mio prof) della notte mi sono immaginata il destino come il burattinaio MANGIAFUOCO e noi come i suoi BURATTINI. Lui è padrone assoluto, ma noi possiamo fare come Pinocchio: ribellarci, farlo ragionare, dire la nostra, patteggiare. Non si dice forse "scendere a patti col destino"? E come facciamo a tentare di farlo starnutire, 'sto benedetto destino, se non con il nostro libero arbitrio?

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  4. Pimpa non mi piace. Da questo momento ti chiamerò Simba, crasi tra Silvia e bimba (che guarda il fumetto della cagnetta).
    Rifiuto la tua semplificazione tra il destino e Mangiafuoco. Lorenzini ha scritto una fantastica favola, non va oltre.
    Sono d'accordo che qualcosa tra Destino e Dio o qualcos'altro debba esistere. Io l'ho chiamato ENTITÁ DIVINA.
    Tu dici che "il destino traccia solo gli eventi clou dell'esistenza, non i comportamenti" quindi il libero arbitrio esiste.
    Magnifico. Allora proviamo ad immaginare l'evento clou che più clou non si può; cioè la Morte.
    Proviamo a vedere i vari comportamenti, se sono di libera scelta.
    1-MORTE NATURALE: attendere serenamente oppure disperarsi inutilmente. Giusto: 1-0 per Simba.
    2-MORTE PER SUICIDIO: dov'è la differenza del comportamento? Nella scelta del metodo, dell'arma, del mezzo? Oppure nella scelta tra il farlo e il non farlo? Ma se si decide di non farlo non c'è più questo caso di morte. Allora?
    Se qualcuno ha deciso di suicidarsi, questo sarà stato il suo COMPORTAMENTO. Cosa c'entra il destino, il fatum la Moira? 1-0 per Iaco; parità 1-1.
    3-MORTE PER CANCRO: non so se in questo caso esista una effettiva possibilità di diversità di comportamenti, veramente non so. Dubito che Clòthos, Làchesis e Àtropos lascino ai mortali uno spiraglio di scelta.
    Ho pensato alle tre Moire perché alcuni anni fa ho visto morire un mio carissimo amico, un greco, persona eccezionale. Grande amico e gran mangiatore, da greco verace. L'uomo più allegro che io abbia conosciuto, e ne aveva ben donde: gli affari gli andavano benone, aveva una bella moglie, che lo amava, tre splendidi figli -il maggiore è il mio attuale fisioterapista- e la vita gli sorrideva. Aveva 64 anni e un fisico bestiale. Poi d'improvviso si ammalò e nel brevissimo termine di otto mesi si ridusse in fin di vita, larva di se stesso. Ricordo l'ultima volta che l'ho veduto vivo, insieme ad altri comuni amici, nel reparto malati terminali di un nosocomio a Karlsruhe. Cercavamo di parlare di tutto e di tutti per distrarlo un po', e lui ci dava corda. Poi d'un tratto zittì; gli cominciarono a colare lungo le guance lacrime che dovevano essere gelate come le sue mani. Rimanemmo muti, non sapevamo cosa dire né cosa fare, mentre lui continuava a ripetere (a se stesso lo diceva) warum gerade ich? warum gerade ich? warum gerade ich? all'infinito. Perché proprio io? Uno di noi si lasciò scappare di bocca "Schicksal" destino.
    Paulos fece un urlo altissimo: "Was hab'ich mit dem Schicksal zu tun? Leute, ich sterbe."
    Me le suono ancora nella testa le sue parole: Che cosa ho io a che fare con il destino? Gente, io sto morendo.
    Questa si chiama INELUTTABILITÁ della morte; non ci sono possibilità di comportarsi così o così, non le si sfugge, e per chi non è assolutamente credente è una gran fregatura, Simba.
    Credo che sia 2-1 per me, e per tutti.

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  5. Non stiamo giocando a calcetto, e anche se fosse tu non puoi giocare e fare l'arbitro.
    E poi, alla fin fine non si capisce quale è la tua idea precisa.
    nell'ultimo tuo commento hai messo una terza via alla morte che non c'entra: la morte per cancro è sovrapponibile alla numero 1: morte che tu non cerchi. Ed è DESTINO, anche se ti disperi e gli urli contro.
    La morte n.2, quella che tu cerchi, è LIBERO ARBITRIO che manda afc il destino, possiamo dire che è libero arbitrio portato all'esasperazione, alle estreme conseguenze: un'aberrazione, un'eccezione. Pinocchio che si butta nel fuoco prima che ce lo butti Mangiafuoco.
    Uscendo dal discorso morte:
    1.Incontro una persona che mi piace: DESTINO
    2. Tradisco mio marito, o gli resto fedele: LIBERO ARBITRIO

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  6. Vuoi sapere quale è la mia idea precisa?
    Io CREDO nel destino, ma mi da tremendo fastidio crederci, perché vedo limitata, confinata dentro un recinto chiuso col filo spinato, la mia libertà di scelta: se sta già scritto che io domani vada laggiù e poi lassù, e che non torni più qui per il resto della vita, che senso ha dire che scelgo io qual'è la strada che percorrerò? Per me è un vero labirinto senza uscita. Può darsi che sia limitato io, perché no, oppure che io sia di coccio. Tutto può essere, ma io non mi atteggio ad arbitro di niente,né sto giocando a calcetto. Vorrei capire, e basta.
    Fuori dal discorso morte sembrerebbe che hai ragione tu, ma chi ti garantisce che non sia già scritto quello che farai? Rimarrai fedele o non rimarrai fedele di tua libera scelta?

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  7. discussione intrigante tra due penne eccellenti! mi inserisco quatto quatto per dire una cosetta: mi pare che la discussione si sia trasferita di piano. La questione del Destino o del Progetto stà su un piano di senso, quella degli atti su un piano di comportamenti. Ovvero: il problema non è se io son libero di essere qui o là o di fare o non fare o di dire o non dire. Il problema è il senso che io dò alla mia esistenza e alla cose che faccio e che mi capitano. Se so trovare un senso, se so leggere il tutto dentro un percorso, allora importa solo il mio sforzo di coerenza....mi pare

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  8. Caro Andre sei un grande: avresti meritato di iniziare e di concludere questa serie di commenti intriganti e un po' graffianti. Ci ho pensato, ma poi volevo complimentarmi con te per la tua sovrana pacatezza, e fare solo un piccolo ragionamento.
    Il senso che diamo alla vita è quindi più importante della discussione su come venga stabilito un percorso a priori, e soprattutto da chi? Sarebbe come viaggiare di notte dentro una foresta: sappiamo che sopra c'è il cielo, ma attraverso i rami fittissimi non possiamo vedere se è coperto o sereno; sappiamo che da qualche parte la foresta finirà e incontreremo una pianura, ma non sappiamo se la strada che abbiamo iniziato è quella più breve o la più lunga, per cui non sappiamo quando riusciremo ad uscir fuori dalla "foresta oscura"? Ma noi continuiamo il nostro cammino perché sappiamo -questo lo sappiamo per certo- che prima o poi ne usciremo fuori. Ho visto giusto? Ho capito il senso della tua logica? Ma non è forse questo il concetto cristiano di "divina Provvidenza"?

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  9. "Molte volte ho studiato la lapide che mi hanno scolpito: una barca con vele ammainate in porto. In realtà non è questa la mia destinazione ma la mia vita. Perchè l'amore mi si offrì e io mi ritrassi dal suo inganno; il dolore bussò alla mia porta, e io ebbi paura; l'ambizione mi chiamò, ma io temetti gli imprevisti. Malgrado tutto avevo fame di un significato nella vita. E adesso so che bisogna alzare le vele e prendere i venti del destino, dovunque spingano la barca. DARE UN SENSO ALLA VITA PUò CONDURRE A FOLLIA MA UNA VITA SENZA SENSO è LA TORTURA DEL'INQUIETUDINE E DEL VANO DESIDERIO- è UNA BARCA CHE ANELA AL MARE EPPUR LO TEME." da "Antologia di Spoon River"
    Senza scomodare la Divina Provvidenza che ha ben altro di cui occuparsi che delle nostre opulente digressioni.

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  10. Bella. Bella l'immagine: I venti del destino. Che, se si trasformano in tempesta, possono distruggere il timone del tuo libero arbitrio, mandando la tua barca alla deriva. Ma, a parte questa opulenta digressione (?) quale significato dai a questa poesia? di una persona che per paura di ciò che poteva riservargli il destino rinunciò al proprio libero arbitrio, lasciandosi scivolare addosso la vita?
    Cosa ci vuole dire questa poesia? che qualsiasi sia il tuo destino, tu devi viverlo al meglio che puoi, e che i conti, alla fine, li farai con il tuo libero arbitrio, più che con il destino?

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  11. Mi sembra che la tua ultima frase non sia una domanda, ma piuttosto un'affermazione che chiunque potrebbe sottoscrivere, essendo estremamente logica.
    Per questo sono addolorato e non posso che soffrirne. Mi dispiace per te, per Andre ed anche per me, che non riesco ad avere i vostri occhi per guardare il futuro.

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  12. più che credere al destino, come qualcosa di dato una volta per tutte, mi piace pensare che ci siano correnti misteriose, matasse formate che noi poi andiamo dipanando nel corso della vita, che spesso si legano ad altre matasse.
    Non so se rendo l'idea!!
    Penso che ci siano coincidenze magiche, destinate già non lo so, ma certo noi possiamo coglierne il significato eilluminarle.
    Grazie a Silvia sono entrata qui nel tuo blog
    ciao sabby

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