Ho fatto caso che quasi tutti i racconti e anche alcuni romanzi hanno per argomento e titolo quel che avviene cinque, dieci, venti anni DOPO. Non mi ricordo un titolo come quello che ho messo io a questo post.
Lo faccio io, mi sono detto.
Perché dieci anni prima? Innanzi tutto perché ero più giovane, e anche chi mi legge. Mi sembra un buon inizio.
Un bambino in dieci anni da ciuffo di peli frignante finisce le scuole elementari.
Un ragazzo che aveva finito le elementari è matricola universitaria.
Una matricola universitaria è diventato padre, consapevole o meno.
Tirando questo elastico va a finire che un baldo sessantaseienne sta per diventare un decrepito stronzo buono a niente; e allora smettiamola di tirare l'elastico. Dieci anni prima e buona notte.
Per quel che mi riguarda dipingevo ancora quadri assiduamente -leggi quotidianamente- ed ero lieto di farlo. Avevo appena finito di scrivere lo zibaldone di "Martedì dopo l'autunno", che allora aveva un altro titolo, "Il colore dell'acqua", sostituito poi su segnalazione della mia Editor, che mi faceva notare la presenza in libreria di un certo numero di titoli a base acquosa.
Lo zibaldone era finito e mi accingevo a dare al tutto la forma di un libro leggibile.
Bei tempi.
Annamaria era dieci anni più giovane, anche se oggi lo è ancora e sembra che il tempo non passi sul suo viso. Pesa gli stessi chili di quando ci siamo sposati, quattro figli dopo, beata lei. Anche io ho gli stessi chiletti di dieci anni fa, ma tredici di più di quando ci sposammo.
Allora continuiamolo 'sto giochetto.
Dieci anni prima della fine della guerra di Troia le belle troiane stavano sulla spiaggia a prendere il sole -Elena no, perché Paride era geloso- e salutavano con la manina tutte quelle belle navi greche che arrivavano portando sicuramente villeggianti carichi di soldi.
Dieci anni prima Michelangelo, passeggiando in Piazza San Pietro -dove c'erano solo prati pieni di zanzare tutto intorno e non il colonnato, perché il nonno di Giovan Battista Bernini ancora non era nato- guardava la facciata della Basilica e mormorava tra sé: "Sembra un enorme mattone che un gigante ha lasciato lì. C'è bisogno di qualcosa che la slanci verso l'alto."
Tornò a casa in fretta e furia perché era l'ora di cena, e dopo mangiato, al lume di un candelabro, cominciò a disegnare e progettare la Cupola di Michelangelo, tale e quale a quella che tutti possono ammirare adesso a naso in su.
Dieci anni prima, nel 1930, Sua Eccellenza il Cavaliere Benito Mussolini disse a Starace, segretario del Partito fascista: "Basta guerre per un bel pezzo. Questi italiani non hanno voglia di soffrire. Dobbiamo aspettare la nuova generazione, la generazione fascista, quando i Figli della lupa saranno uomini e quelli che li seguiranno ancora più uomini. Garibaldi ha fatto l'Italia, ma noi faremo gli italiani."
Starace, come sempre sull'attenti, salutò col braccio alzato.
"Sì, mio Duce!" gli urlò che quasi lo assordiva.
Dieci anni prima, nel 1928, una procace milanese di buona famiglia conobbe un bel maschio lombardo di buona famiglia e timorato di Dio, come si doveva.
"Se mi vuoi bene -gli disse- mi devi promettere che mi darai un figlio eccezionale, bello e intelligente, che sarà amato da tutti e diventerà importante come quel maestro romagnolo che adesso sta a Roma. Lo chiameremo Silvio, un nome che mi piace tantissimo."
Dieci anni prima, nel 1996, i delegati tedeschi al Congresso annuale della F.I.F.A., dopo essersi congratulati, abbracciati e sbaciucchiati per l'assegnazione del XVIII mondiale di calcio alla Germania, da alacri crucchi di Cruccolandia quali erano si misero subito al lavoro per fare arrivare lo squadrone teutonico in finale costruendo Gruppi e Calendario ad hoc, come avevano già fatto con successo nel 1974.
"Dobbiamo evitare l'Olanda e il Brasile, ma soprattutto l'Italia che è la nostra bestia nera. Se però per disgrazia ci dovessero capitare tra i piedi gli Itaca, non in finale per l'amor di Dio, ma in semifinale, che gli faremo disputare a Dortmund, la nostra roccaforte. Qui vinciamo sempre noi, undici partite undici vittorie."
Erano felici e soddisfatti. Si diedero pacche teutoniche sulle teutoniche spalle. Gli odiati Itaca a Dortmund non avrebbero mai vinto.
Dieci anni prima -oggi- sto pensando che è bello essere arrivato all'ultima cinquina che mi porterà agli 80 senza malattie e col cervello di un giovanotto, che pensa e agisce qualche volta anche troppo come un giovanotto.
"Mi piacerebbe arrivare ai 90 con la testa funzionante e attiva così."
Poi mi sono tappato la bocca e ho azzerato il pensiero.
Tabula oscura.
Non vedere, non sentire, non capire, non lasciarsi sentire, né capire.
Taci, il nemico ti ascolta.
Qualcuno me lo ha ricordato che non è molto.
Ringrazio Qualcuno e taccio.
Ancora una volta hai rimasto solo!
RispondiEliminaForse non sei simpatico per via del riferimento a Sua Eccellenza il Cavalier Benito Mussolini.
Forse perché sei andato a scandagliare nelle vita intima dei genitori del nostro beneamato capo carismatico.
Forse. Non so.
Oppure anche perché hai parlato di te stesso, dei tuoi anni (ultima cinquina in direzione ottanta). Non si sa.
Ma qualcosa tu la sai.
Sai che io per natura non lascio mai soli bambini frignanti, gattini abbandonati e vecchietti più o meno tranquilli.
Potevo mai lasciare solo proprio te?
Eccomi qui a tenerti compagnia, vecchio amico mio, e buon pro ti faccia.
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RispondiEliminaPerché è stato eliminato?
RispondiEliminaSono un curiosone io.
perchè da domenica il mio picì non fa più quello che gli ordino: o non mi pubblica o pubblica due, tre, quattro volte.
RispondiEliminaHo sudato sette camicie per questo benedetto commento... come se non si sudasse già a colabrodo...
forse anche il picì vuole le ferie che gli spettano.