lunedì 7 marzo 2011

COSA PENSANO LE GIOVANI TIGRI ECCETERA

Parte quarta


Per un paio di ore lunghe ma brevissime fecero all'amore una, due, tre volte: Marco non lo ricordava più. Aveva provato sensazioni fantastiche, assolutamente nuove. La carne di Dagmar donna era tiepida e tenera, ma la forza era quella di Dagmar tigre e lei non era in grado di dosarla, soprattutto nell'impeto della passione, e più di una volta lo aveva lasciato senza fiato. Il profumo della pelle di Dagmar donna era però quello che lui oramai da mesi aveva dentro le narici, quel profumo selvaggio ed eccitante della tigre siberiana. La cosa più strana, a parer suo, era però che durante ogni orgasmo Dagmar gemeva come una donna e ronfava come una tigre.
-Resterei qui tutta la vita, gli disse stringendosi a lui. È così bello qui da te, e si guardò intorno.
-La casa è tutta qui ed è modesta: questa camera, un'altra più piccola e un cucinino piccolo piccolo, rispose lui. Il bagno però è bello, con una doccia grande e grossa dove potresti entrare anche da tigre.
Lei gli diede un piccolo pugno come risposta e gli morsicò una spalla.
-Potresti sbranarmi con questi denti? Le chiese.
-Potrei mangiarti di baci.
-È stato bellissimo, Dagmar, irripetibile.
-Sì, irripetibile.
-No, accidenti! Dobbiamo poterlo ripetere tutte le volte che vorremo, esclamò Marco balzando a sedere sul letto. Ma come si fa? Mancano meno di due ore alla fine di questa magia.
-Non aver paura, amore mio: noi lo ripeteremo quante volte vorremo. Te lo prometto.
-Cosa hai in mente di fare? Guarda che adesso me lo devi dire, perché non c'è solo la tua vita in gioco ma anche la mia. Allora Dagmar, qual'è il tuo piano?
-La sera che il mago ha fatto la magia con la pantera, mentre la teneva sospesa sopra la testa dei pitoni si è lasciato scappare un segreto. Glielo ha detto piano piano, perché forse voleva solo terrorizzarla e non credo si sia accorto che io ho ascoltato.
-Che segreto ha rivelato alla pantera?
-Le ha detto: "se adesso io morissi, tu rimarresti per sempre un sorcio". Hai capito adesso?
-Se muore la magia finisce.
-No, se muore la magia non ha più fine.
-E allora?
-Allora noi torneremo prima dello scadere delle sei ore. Tu aprirai la stalla della pantera: tocca a lei di diritto per tutta la paura che si è presa coi pitoni. Appena aprirai il cancello della mia stalla la pantera salterà dentro e sbranerà il mago, così io rimarrò per sempre una donna.
-E il cadavere?
-Non ti preoccupare: non sarà un delitto perfetto ma una messinscena perfetta. La pantera se ne ritornerà soddisfatta nella sua stalla e tu ne richiuderai il cancello. Domattina i tuoi colleghi troveranno Mister Kaleb morto ammazzato per terra, il cancello della mia stalla spalancato e nessuna traccia della tigre.
-Che non sarà mai più ritrovata, esclamò Marco entusiasta. Complimenti vivissimi! È proprio un piano diabolico, non te ne credevo capace. C'è però un grosso problema: come fare con te?
-Starò qui a casa tua. Imparerò a leggere e a scrivere e imparerò anche a cucinare.
-Volevo intendere come fare per i tuoi documenti.
-Che roba sono i documenti?
-Carte con fotografie, passaporto con nome, cognome, data di nascita.
-Inventerai tutto tu.
-Allora diremo che sei una profuga afgana e che hai perduto in guerra tutti i documenti. Chiederai asilo politico: qui lo danno a cani e porci, possono darlo anche a una tigre.
-A una ex tigre, scusa tanto.
-Adesso però vestiti, Dagmar; fra poco più di un'ora scade il tempo che ci ha dato Kaleb.
-Non facciamo all'amore ancora una volta?
-Avremo tutto il tempo per farlo dopo aver sistemato questa faccenda.

Dieci minuti dopo erano di nuovo in macchina. Un quarto d'ora dopo erano bloccati in un ingorgo stradale.
-Dove va tutta questa gente a quest'ora? Chiese Dagmar.
-A lavorare.
-E perché non si muovono?
-Ci deve essere stato un incidente, vedo luci blu che lampeggiano laggiù in fondo.
-Che facciamo, Marco?
-Dobbiamo aspettare, c'è ancora un po' di tempo.
-E se andassimo a piedi?
-Troppo lontano, e poi non si può abbandonare l'auto in mezzo alla strada, è proibito.
-E se scadono le sei ore?
-Ci restano ancora quasi tre quarti d'ora.
Ma dopo venti minuti erano avanzati per poco più di cento metri, ed erano ancora molto lontani dal punto dell'incidente.
-Marco, mi sento male, cominciò a lamentarsi Dagmar.
-Non aver paura, ce la faremo, tentò di rassicurarla. Ma ormai aveva anche lui un ansia maledetta addosso.
-Non è paura: mi sento male, tanto male.
-Cosa ti senti?
-Non lo so cos'è. Mi sento premere forte sul cuore e sulla pancia e poi mi gira la testa.
Marco la guardò e le vide il viso che si stava gonfiando. Gettò un'occhiata al suo orologio: mancava più di un quarto d'ora alla scadenza del tempo massimo.
-Oh Dio, no! Ha barato quel porco.
La guardò di nuovo disperato: Dagmar si stava gonfiando un po' da per tutto.
Poco distante da loro un poliziotto, piantato a gambe larghe e braccia conserte sul marciapiedi, osservava in direzione dell'incidente.
-Ehi, agente! Ehi, signor poliziotto! Gli gridò Marco con quanto fiato aveva in gola.
Il poliziotto si voltò verso di lui e gli fece cenno di pazientare. Marco saltò giù dalla macchina e gli corse incontro.
-Mi aiuti a uscire fuori di qui, la prego. Mia moglie sta male, devo portarla subito in ospedale.
-Mi faccia dare un'occhiata, gli rispose il poliziotto.
Da dove erano potevano vedere solamente la faccia della donna, ma era un gran brutto spettacolo: Dagmar stava nel pieno della crisi, si gonfiava e si sgonfiava velocemente e di continuo.
-Che cosa ha? Chiese il poliziotto allarmatissimo.
-E un'allergia: le devono dare subito un antidoto, sennò muore.
-Si rimetta al volante, le apro la strada.
Cacciò fra le labbra il suo fischietto e in un paio di minuti riuscì ad aprire un varco tra le altre macchine.
-Grazie assai, gli gridò Marco.
-Buona fortuna. rispose il poliziotto. Credo che la sua signora ne avrà bisogno.
-Non solo lei, amico, mormorò Marco.
Dagmar si stava strappando gli abiti di dosso; si lamentava e sbuffava a pieni polmoni.
-Vai di dietro e allungati sui sedili posteriori, le disse.
Lei con un balzo fu dietro. Un attimo dopo qualcosa colpì Marco sulla nuca con forza e lui vide l'estremità di una coda bianca sventolargli davanti al viso. Si girò a guardarla: Dagmar era tornata a essere una tigre siberiana.
-Lì dietro c'è una coperta: tiratela addosso. Che nessuno ti veda per l'amor di Dio.
Era ancora un po' buio e se avevano fortuna non avrebbero trovato nessuno dentro lo Zoo. Lei gli appoggiò una zampa sopra una spalla.
"È andata male, amore mio"
-Adesso che succederà? Chiese Marco angosciato.
"Rimarrà tutto come prima. Avevo fatto un sogno meraviglioso, ma è giusto così: io sono nata tigre e resterò una tigre"
-Hai dimenticato il tuo patto con Kaleb? Ti sta aspettando per portarti via.
"Non ci riuscirà: appena arrivo lo ammazzerò"
-Ti uccideranno per questo, te l'ho già detto.
"No, se lasceremo il cadavere nel corridoio e tu chiuderai la porta della mia stalla. Non sapranno mai chi è stato e non potranno ucciderci tutti"
Ragiona meglio di me, pensò Marco; è più lucida e fredda, mentre io sono soltanto uno stupido e un vigliacco.
"Sei solo impaurito, amore mio -si intromise lei- e tutto per colpa mia"
-No! Gridò Marco. Tutto per colpa di quel maledetto indiano, che sia dannato per l'eternità.
"Sssstt! Non si parla così di uno che sta per morire"

Il parcheggio vicino al suo ingresso era libero come lo aveva lasciato e Marco ci si infilò velocissimo. Uscì dall'auto, diede una rapida occhiata circolare ma non vide anima viva. Aprì la portiera posteriore e Dagmar balzò fuori dalla macchina coi nervi tesi. Fiutò l'aria tutto intorno.
"Non c'è nessuno. Apri"
Marco aprì il cancello di ingresso.
Andò avanti Dagmar, scrutando nel buio e annusando l'aria. Marco la seguiva alla cieca. Un paio di volte lei si immobilizzò, ma in breve tempo furono davanti all'ingresso delle stalle. Marco tirò di nuovo fuori il cartoncino di plastica gialla e in un baleno furono dentro l'edificio.
Se ci aspettasse nel corridoio sarebbe più semplice per Dagmar assalirlo, pensò Marco; poi lo lasceremmo per terra.
Lei si bloccò.
"Non pensare a nulla, ché lui già può sentire"
-Sai dov'è?
Dagmar annusò lungamente.
"Dentro la mia stalla. Apri il cancello e fermati appena entrato, ma non lasciarti toccare da lui. Io entrerò per ultima"
Per la terza e ultima volta usò il cartoncino magnetico. Il cancello si aprì e Marco entrò, fece un passo all'interno e si fermò.
-Volevate fare i furbi. Kaleb pronunciò quelle parole lentamente. Era pronto a tutto e si sentiva nell'aria un gelo mortale.
-Il furbo lo hai fatto tu, amico, gli rispose Marco con la voce che gli tremava. Cercava di vedere dove potesse trovarsi il nemico, ma non vedeva e non sentiva nulla.
-Hai imbrogliato sul tempo, concluse con rabbia e si mosse verso l'interno di pochi centimetri.
Allora lo vide, vicinissimo a lui, e si sentì sfiorare dalle sue dita. In quel momento Dagmar intuì il pericolo e attaccò: Con un balzo gigantesco piombò nella stalla, allontanò Marco con una spallata e planò sul mago con le fauci spalancate e i terribili unghioni della zampe anteriori protesi in fuori.
Marco sentì lo schianto delle ossa spezzate e vide Kaleb che lottava con Dagmar disperatamente. Vide le sue braccia che si avvinghiavano al collo della tigre, che lo strattonava con violenza.
Poi Marco non vide più nulla: sentì un'onda di freddo impossessarsi delle sue membra mentre una forza terribile gli opprimeva il torace come un macigno. Un fuoco voracissimo invase le sue visceri, e Marco sentì il sangue pulsargli alle tempie dolorosamente. Vide lampi chiari davanti agli occhi, sempre più chiari, sempre più veloci e pensò che stava morendo. Poi, di colpo, tutto cessò e si sentì sfinito, ma vivo.

A pochi metri da lui, disteso nel suo sangue e inequivocabilmente morto, giaceva il mago con la testa quasi staccata dal busto. Ma non vide Dagmar. Marco cercò allora di sollevarsi in piedi ma non gli riuscì.
Forse sono ferito, pensò; come diavolo sia successo non lo so, ma mi sento così strano.
"Dagmar, dove sei? Aiutami ché devo essere ferito"
La sentì piangere, qualche metro distante da lui.
-Dio mio, Dio mio! Singhiozzava Dagmar. Ha fatto la sua ultima magia e adesso è morto. Rimarremo sempre così.
Marco alzò la testa e la fiutò, poi la vide, accoccolata nell'angolo più buio.
Che strano, pensò: Dagmar se ne sta nascosta nel buio e io la vedo benissimo. È nuovamente tornata la bellissima donna di poche ore fa; dovrebbe essere felice. perché invece piange? E perché io la vedo così bene al buio? E perché ho questo gelo nelle vene?
"Dagmar, spiegami perché: tu sai"
-Kaleb ci ha puniti, amore mio. Io adesso sono una donna, e tu...
"E io sono diventato una tigre, è così?"
Ma non aveva bisogno di aspettare la risposta.
Dagmar riprese subito il controllo di se stessa e della situazione; in fin dei conti era lei la vera tigre. Raccolse i vestiti di Marco e li indossò.
-Bisogna portare fuori il cadavere da qui dentro, altrimenti uccideranno te, gli disse. Adesso lecca quel sangue, gli ordinò.
"Cosa devo fare?"
-Lecca il sangue!
"E come?"
-Con la lingua, sciocco! Adesso sei una tigre.
Marco provò a immergere la punta della lingua in quel liquido denso e vischioso con molta cautela, ma dopo un po' succhiava di buona lena. Accidenti se era gustoso!
-Adesso porta fuori il cadavere, gli intimò Dagmar.
Lui azzannò la salma del mago per un piede e iniziò a trascinarla.
-Ma no, ma no, cosa fai? Così se ne accorgeranno subito tutti dove lo abbiamo accoppato. Afferralo qui sul dorso e sollevalo da terra.
"Non ce la farò mai" provò a protestare Marco.
-Sì invece. È così che fa una tigre.
Facile però, pensò Marco mentre eseguiva la sua prova di forza e di abilità; credevo fosse più pesante.
-Ottanta chili, gli rispose prontamente Dagmar. Niente in confronto dei tuoi duecentoquaranta.
Marco depose il corpo in mezzo al corridoio. Tornò indietro e leccò velocemente e ingordamente le gocce di sangue cadute durante il trasporto, poi rientrò nella stalla.
-Come si infila il cartoncino? Chiese Dagmar.
"Dalla parte del bordo verde"
Lei eseguì senza esitazione la chiusura del cancello.
"Vattene Dagmar, Tra poco entreranno i guardiani del primo turno. Sai ritrovare la strada di casa mia?"
Lei annuì.
"Brava. Le chiavi sono in una tasca dei pantaloni. Adesso però vattene via, Dagmar, ché stanno arrivando"
-Non ti abbandonerò, Marco.
"Non mi devi abbandonare, Dagmar"
Scappò via un istante prima che accendessero le luci.

*










4 commenti:

  1. Sono ancora fermo alla lunghissima terza parte ma arrivo. Tranquillo che arrivo. In questo periodo il tempo non basta mai.

    Ciao Enzo.

    :)

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  2. Prenditela comoda, io aspetterò a pubblicare la puntata finale.

    Ciao Lenny.

    :)

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  3. Bello e tremendo lo scambio di "specie" dopo essersi sfiorati per troppo poco... Mi ha ricordato il film Lady Hawke, dove c'è un sortilegio molto diverso, ma simile nel perfido risultato separatorio...
    Attendo la quinta, ma vai pure con calma, sia per aspettare LeNny sia perché per me è un periodo incasinato... :D
    Ciao!

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  4. Stai tranquillo.
    Come vedi ho preso per buono il tuo consiglio e lascio tempo ai rientri e alle visite.
    Non ho visto il film Lady Hawke.
    Sono tante, forse troppe, le cose che non ho visto e che non ho letto.
    Le frequentazioni in internet mi hanno svelato quanto io sia ignorante. Ma sono giovane, ho ancora tanto tempo davanti per imparare qualcosa anche io.
    Ciao!
    :D

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