giovedì 3 luglio 2014

NEKNOMINATION

Tre mesi dopo, prosciugate tutte le sue lacrime, mia moglie puntò feroce un dito contro di me.
-È colpa tua! Sei stato troppo duro con lui. Lo hai reso tu insicuro e fragile.
Questa accusa senza possibilità di repliche produsse nuovi sensi di colpa dentro la mia martoriata coscienza. Per tentare di placarli dovevo venire a sapere cosa veramente fosse successo quel sabato notte di tre mesi prima. La polizia aveva parlato di incidente o di suicidio, e a me che ostinatamente escludevo questa dannata ipotesi la giovane ispettrice della Kripo, Frau Schulz, una donna minuscola con la faccia da topo, aveva risposto con un mezzo sorriso stanco: "Sapesse che strani sistemi adottano i giovani per togliersi la vita; sembra un concorso di originalità e di stranezze." E me ne aveva elencati un paio. Tuttavia non mi aveva convinto: Massimiliano amava la vita, le ragazze, la bellezza; Massimiliano aveva progetti e forti aspettative, non era da lui troncare la sua vita in quel modo. Avevano trovato accanto al suo corpo due bottiglie di Fundador vuote, scolate fino all'ultima goccia e non c'era nella stanza nemmeno un bicchiere con residui di brandy.
"Tracannato direttamente dalla bottiglia entrambe le volte, probabilmente una dietro l'altra" aveva detto Frau Schulz.
"Un litro e mezzo di alcool? -avevo obiettato- Ma perché?"
"Una bravata andata a male -mi aveva risposto la Schulz- oppure la ferma volontà di ottenere un collasso etilico, esagerando al massimo la concentrazione di alcool nel proprio cervello"
Ma non mi aveva convinto.
A Massimiliano stava andando tutto alla grande. Era stato nominato relatore del suo corso all'Università; aveva una splendida ragazza, innamorata cotta di lui, aveva amici fidati; una famiglia che lo adorava e non gli faceva mancare nulla. Quale motivo aveva per farla finita?
Una bravata conclusa in tragedia, aveva insinuato la poliziotta col muso di topo. Macché! Massimiliano era moderato in tutto, non esagerava mai; aveva la capacità di fermarsi sempre un momento prima e che gli altri facessero quel che volevano, lui tirava dritto per la sua strada.
Dovevo documentarmi sulle sue ultime ore, sui suoi ultimi giorni per cercare di venirne a capo.
Incominciai da Helèna, la sua ragazza, che gli era stata più vicina di tutti l'ultimo anno. I genitori li avevo conosciuti al funerale. La madre piangeva quel giorno abbracciata a mia moglie. Vollero sapere se ci stavamo riprendendo.
-Non ci si rimette mai bene in piedi quando ti muore un figlio, risposi. Purtroppo si sopravvive in un mare di tristezza.
Ma Helèna non mi aiutò molto nella mia indagine. Mi disse cose che già sapevo, niente di sensazionale, la solita routine di un giovanotto di ventidue anni innamorato della vita. Escluse anche lei un qualsiasi gesto disperato.
-Gli andava tutto in discesa, perché farlo?
-Perché voleva ubriacarsi? Le chiesi.
Rispose dopo aver riflettuto a lungo.
-Forse qualcuno voleva che si ubriacasse.
Una lampadina rossa mi si accese davanti.
-Sai chi potrebbe essere stato?
-Negativo.
-Chi può aiutarmi, Helèna?
-Forse i suoi intimi amici, Mark e Robert.

Mark tagliò corto con una certa insofferenza, lasciandomi il sospetto che sapesse di più del nulla che mi stava riferendo.
-Ero andato a trovare i miei a Monaco di Baviera. Sono rientrato il giorno dopo la sua morte.
Robert invece era l'anello debole della compagnia, quello che se la faceva subito sotto dalla fifa.
Cominciò a farfugliare alla mia prima domanda. Alla seconda piagnucolava. Gli avevo chiesto se qualcuno aveva fatto ubriacare mio figlio, riempiendolo come un uovo.
Dopo aver deglutito a lungo e mugugnato mezze parole, si nettò dell'abbondante moccio e finalmente parlò in modo comprensibile.
-Ci sono video su Youtube e su Facebook di gente che si ingozza di alcool a garganella e poi crolla mezzo morta.
-C'è anche quello di Massimiliano?
-No, nessuno finisce col morto.
Volevo vederci chiaro e continuai a bombardarlo di domande, finché a tozzi e a bocconi non venne fuori la verità. 
-Si chiama Klaus Beck. È un chitarrista disoccupato. La sua band si è sciolta per mancanza di contratti e lui organizza queste gare che filma mandandone poi i video sulla rete. Campa così.
Incredibile che ci fosse gente disposta a pagare per certe schifezze, ma questi erano i fatti.
-Come si organizzano queste gare e in che cosa consistono, chiesi; fanno a chi beve di più?
La spiegazione che mi diede mi fece accapponare la pelle. Stentavo a crederci, ma Robert era ormai in uno stato in cui non si raccontano più balle.
-È una sfida. Si chiama Neknomination. Le dico quello che fa Klaus. Lui gira un video dove lo si vede stappare una bottiglia di whisky e berla a garganella. Alla fine nomina una persona e la sfida a fare altrettanto. Chi accetta la sfida va a casa di Klaus e lui gira il video.
-Massimiliano è stato trovato con accanto due bottiglie vuote di Fundador. Una l'aveva bevuta Klaus? 
-Impossibile. Klaus beve soltanto Bourbon, ma...
-Ma, cosa?
-Non c'è whisky dentro la sua bottiglia, solo the. Deve averne bevute due per costringere suo figlio a fare altrettanto. Max non beveva mai whisky, solo cognac o brandy. Lo sapevano tutti.
-Quindi Klaus ha truccato la gara. Ma perché fargli bere due bottiglie?
-Voleva fargli fare una figura di merda. Pensava che sarebbe crollato per terra. Voleva fare colpo su Helèna che gli è sempre piaciuta.
Così stavano dunque le cose. Un figlio di puttana per portare via la donna a un altro organizza questo schifo e ci fa scappare il morto. Non potevo lasciargliela passare liscia.
-Come trovo questo Klaus? Chiesi a Robert.
-Abita in un magazzino della Mainkai, nella zona del porto.
-Il numero civico?
-È l'unico con la facciata dipinta di rosso e rossa è la sua BMW decappottabile. Klaus ama il rosso.

Il magazzino con la facciata rosso fuoco era al centro di un ampio piazzale. La decappottabile rossa parcheggiata davanti al portone. Il rosso era il Klaus-colore non si scappava.
Lasciai il mio Mercedes CLS nero accanto alla BMW, presi dal portabagagli lo zaino che avevo preparato, aprii la porta dello stabile e salii le scale verso i piani superiori. "Non c'è ascensore; il montacarichi è dall'altro lato dell'edificio e lui abita all'ultimo piano", mi aveva detto Robert. Il terzo, come potei constatare.
-Cerca qualcuno?
Mi era apparso alle spalle.Era come me lo aspettavo: alto quanto me però più massiccio, ben provvisto di tatuaggi con piercing alle orecchie.
-Se tu sei Klaus, sto cercando proprio te.
Entrò precedendomi in uno stanzone attrezzato come l'atelier di un fotografo professionista. Lampade e schermi bianchi dappertutto.
-Di che si tratta, amico?
-Di una nomination. Mi hanno dato buone referenze su di te.
Ridacchiò.
-In effetti me la cavo niente male.
-Allora si può fare subito. Vedo che qui c'è tutto l'occorrente.
Mi sembrava non tanto d'accordo.
-E lo sfidante dov'è?
-Sono io.
-Me l'ero pensato. Il fatto è che non so se può funzionare con una persona....
Cercava le parole.
-Con una persona anziana, vuoi dire?
-Non più tanto giovane, mi corresse.
-Ho tracannato ettolitri prima che tu nascessi.
-Una boccia intera?
-Pure due qualche volta.
-Sarà una bella competizione allora.
Armeggiò un paio di minuti sulla sua strumentazione accendendo luci e spostando schermi. Infine attivò una telecamera.
-Bene, disse; siamo pronti.
Andò verso un armadio, ne aprì un'anta e ne estrasse una bottiglia di Bourbon del Kentucky.
-Incomincio io, disse.
-Ma non con quella, amico.
Mi guardò con una faccia priva di espressione.
-Io non faccio il pieno di birra.
-Lo so, solamente di the.
Aveva corrugato la fronte. Si poneva domande in gran fretta. Non gli lasciai il tempo di farmele. Estrassi dallo zaino due bottiglie di Jack Daniel's del Tennessee.
-Devi bere queste.
-Non ci penso nemmeno.
-Stappale alla svelta, amico e scolatele.
Fece lentamente di no con la testa. Introdussi di nuovo la mia destra nello zaino e la ritrassi con estrema lentezza. Impugnava una Mauser C96, un cimelio perfettamente funzionante. Armai la pistola tirando indietro il carrello.
-Scommetto che te le scoli tutte e due ste bottiglie.
Gli puntai la Mauser al petto.
-Chi diavolo sei? Gli tremava la voce.
-Il padre di Massimiliano.
Deglutì a fatica. Era sbiancato in faccia.
-Io non c'entro, ha fatto tutto lui.
-Bevi Klaus e facciamola finita.
Teneva d'occhio solamente la canna della pistola, che reggevo ben ferma in pugno. Quel buco nero che non oscillava doveva dargli un senso di vertigine, glielo leggevo negli occhi.
Si decise a stappare la prima bottiglia. Diede un'ultima occhiata alla Mauser e bevve in meno di un minuto. Fece un profondo respiro e scaraventò lontano la bottiglia vuota.
-Quell'altra, Klaus.
Sentii la mia voce dura come una lama di acciaio.
-Non ce la farò mai.
-Massimiliano ce l'ha fatta. Adesso tocca a te.
Non riusciva a stapparla. Finalmente il tappo saltò via. Mi guardò disperato.
-Bevila fino all'ultima goccia.
Ci riuscì in due lunghe sorsate. Alla fine scivolò per terra a pancia all'aria. I suoi muscoli non lo reggevano più. Gli andai vicino e gli toccai il collo: il sangue pulsava velocissimo; aveva gli occhi rovesciati verso l'alto fin sotto le palpebre.
Riposi la Mauser nello zaino, ne tirai fuori un lungo cacciavite.
Gli tenni la testa con la sinistra e gli diedi un colpo secco alla gola, sprofondandovi il cacciavite fino al manico. Quando lo ritrassi dalla ferita non uscì nemmeno una goccia di sangue.
Che culo, pensai; ho salvato i vestiti.
Riposi il cacciavite nello zaino. Diedi una lunga occhiata alla telecamera  che era sempre in funzione, raccolsi lo zaino e me ne andai.
Mentre mettevo in moto il mio CLS arrivarono due auto piene di ragazzi e di ragazzine in minigonna. Ci avrebbero pensato loro ad avvisare la polizia. Una fatica in meno.

Mi chiusi nel mio studio e scrissi una lettera per mia moglie. "Dovevo farlo, le scrissi, altrimenti non avrei potuto sopravvivere".
Sistemai un paio di cose in sospeso. Indossai una camicia pulita e una cravatta. Erano anni che non ne mettevo una, nemmeno al funerale ne avevo fatto uso, ma non volevo fare brutta figura. Preparai una 24 ore con le cose che mi sarebbero servite per fare la barba, lo spazzolino per i denti, un paio di forbicine per le unghie e le mie medicine solite. Ci misi anche la Bibbia. L'avevo comperata una decina di anni prima e mai letta. Quella era l'occasione buona per farlo.
Aspettai alla finestra e quando vidi le due auto verdi della polizia con le luci blu alternanti, ma senza sirena, fermarsi davanti al nostro portone, presi la 24 ore e uscii.

(Un ringraziamento a Cristiana 2011, che mi ha dato l'idea con un suo post)






16 commenti:

  1. Grazie Vincenzo, per aver dato vita, alla grande, alla mia idea.
    Cristiana

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    1. Non c'è di che. L'idea era tutta tua, io ci ho lavorato di fantasia.
      Un abbraccio.

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  2. Molto bello, crudo e anche molto intenso: mi ha ricordato per certi versi il film con Alberto Sordi, Un borghese piccolo piccolo.
    Se penso a quanti genitori perdono i figli e a quanti decidono di ucciderli... mi chiedo come facciano i secondi a non capire il valore della vita.
    Un abbraccio

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    1. Niente è più triste della morte di un figlio, qualunque sia la sua età, perché è sempre la tua creatura. Il pensiero più tragico è che sono i figli che devono portare in spalla la bara del padre e quella della madre, non finire sottoterra prima loro.
      Chi uccide un figlio non merita pietà, considerato che i figli sono sempre bambini incolpevoli. Nessun figlio ti ha chiesto di nascere. Ricordo l'attesa spasmodica mia e di mia moglie per conoscerne il colore degli occhi, la forma del viso, come ci avrebbe guardato, come ci avrebbe sorriso. Se penso a quelle madri che lo gettano in un cassonetto in mezzo al lerciume mi viene l'ira funesta di Achille.
      Un abbraccio anche a te.

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  3. Ciao Vincenzo!
    È grandioso,talmente tanto da sembrare reale.non so cosa sia la vendetta ma in quel caso penso che potrei anche farmela amica..La perdita di un figlio da grandissimo dolore non lo riesco nemmeno ad immaginare...loro ai nostri occhi rimangono sempre bambini anche quando sono adulti da tempo è un cordone ombelicale unito per l'eternità anche quando li lasciamo liberi di vivere la loro vita camminando da soli buttiamo sempre l'occhio tenendoli "sotto controllo" rendendoci disponibili quando ce n'è necessita.Ma come fanno quegli esseri immondi ad uccidere una loro creatura ma che cosa hanno al posto del cuore? domanda che non conosce risposta
    Un abbraccio grande :)))))

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    1. Allora ti è piaciuto, biondissima. Tutto bene. A proposito di perdita di figliho due esempi. Il primo è di un italiano, che adesso è morto porello, che perse il figlio in modo misterioso. Mai si seppe se fosse annegato o fosse STATO annegato. Il padre sembrava trafitto, ma poi l'assicurazione sulla vita gli pagò mezzo milione di marchi e lui si comperò una macchina sportiva e nemmeno fece fare una tomba dignitosa per il figlio.
      L'altro esempio, capitatomi alcuni anni fa, di una famiglia di calabresi che viveva a Francoforte. Avevano due figli, venti anni lui, diciassette lei. Andarono a Monaco di Baviera per un concerto di una moderna band e di notte al ritorno insieme ad altri tre amici la notte dell'autostrada se li inghiottì tutti e cinque.
      Ricordo quei due genitori al funerale, Sembravano invecchiati di venti anni.
      Non si sono più riavuti. Sono ripartiti per l'Italia perché qui tutto gli ricordava i figli. Alcuni anni dopo ho saputo da comuni amici, che la madre era morta dopo due anni di una malattia misteriosa, che i nostri antichi chiamavano crepacuore. Lui l'ha seguita un mese dopo, spontaneamente. Si è impiccato. Guarda tu che razza di tragedia. Ma quei due erano già morti al funerale. Misero sotto terra anche loro, non solamente i ragazzi.
      Non riesco a immaginare, e non voglio farlo, chi uccide una propria creatura.
      Buon fine settimana, Claudia
      Un grandissimo abbraccio.

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  4. Questo terribile "gioco" l'ho conosciuto tramite il web.
    Queste persone così complessate e deboli che non sanno come continuare a vivere e si fanno del male in questo modo.
    Non si rendono conto delle loro azioni e di quanta sofferenza procurino alle loro famiglie.
    Il tuo bellissimo racconto mette in risalto tale realtà anche se è portata all'estremo. Se veramente i genitori dei giovani morti per questa cosa avessero voluto vendicarsi, a quest'ora ci sarebbe stata una strage! ;-)
    Speriamo nel ravvedimento e nella massima attenzione dei nostri ragazzi (anche se ci sono anche molti adulti coinvolti), che le loro scelte siano sempre rivolte verso il rispetto di se stessi e degli altri.
    Ti saluto caro amico.
    P.s. guarda che sono tornata! Ti aspetto.

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    1. Non conoscevo il gioco, l'ho letto da Cristiana 2011 e nel commento le dissi che mi era venuta un'idea. L'ho realizzata. Estrema certamente, come quasi tutte le cose che scrivo io. Era motivo per un nero. Sì, fortunatamente i genitori non sono come il mio così vendicativi, altrimenti dovrebbero fare un servizio speciale i bacchini comunali.
      Sento che sei tornata, sorellina di Maria e me ne compiaccio. È stata una breve vacanza. Verrò a trovarti più tardi. Lo farei adesso, ma sono di corvée, leggi devo andare con la sposa a fare compere.
      Ciao, sorellina di Maria.

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  5. Enzo, ti prego, famme ride! Come ho scoperto che si trattava della morte di un figlio, ho interrotto la lettura... Un abbraccio, ciao!

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    1. Certi argomenti non sollecitano risate. Purtroppo figli ne muoiono a bizzeffe, colpa della droga, dell'alcool degli incidenti del sabato sera, di cui siamo responsabili tutti.

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    2. E infatti il mio era un invito a cambiare argomento e a trattare vicende ilari... La vita già è amara di per sè, se poi ce la dobbiamo amareggiare ulteriormente......

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    3. Va bene. La prossima volta parlerò di voi donne. Più ilare di così...
      :-DDD

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  6. Ciao Vincenzo, il tuo racconto nella sua cruda realtà, ha aperto una ferita che forse non si era mai del tutto chiusa.
    Due anni fa un mio compagno di scuola si è suicidato, e ancora adesso mi sento in colpa per non averne colto i segnali, forse avrei potuto fare qualcosa, forse no ma non lo saprò mai.
    Un abbraccio
    Xavier

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    1. Mi spiace averti rinnovato ore di sofferenza. Non hai colto i segnali, recrimini tu. Ma credimi quando un giovanissimo arriva a fare quel gesto vuol dire che non ha contezza di sé, vuol dire che non ha fiducia nei suoi mezzi e che teme orribilmente il futuro e se ne priva. Anche se tu avessi colto i suoi segnali, sono convinto che avrebbe prima o poi messo fine alla sua esistenza. Non conosco i dettagli, ma vado per esperienza, non diretta grazie a Dio, ma se ne leggono quasi ogni giorno di vite buttate via così.
      Una volta erano le guerre a stroncare vite giovani, oggi l'alcool, la droga, l'esuberanza e la stoltezza di un padre che consegna le chiavi della Porsche al diciottenne appena patentato consegnandolo alla morte, e con lui altri tre amici giovanissimi, come è successo a Roma la notte scorsa. Io mai ho dato ai miei figli le chiavi della macchina (mai posseduto una Porsche, ma nemmeno macchine lente, minimo 2.500 di cilindrata e 150 cavalli), ma se tuo figlio poi a tua insaputa per ritornare a casa monta su un bolide guidato da un incosciente di 20 anni, la frittata è fatta ugualmente.
      Un abbraccio Xavier, di tutto cuore.

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  7. La difficoltà dei ragazzi ad affrontare la vita è racchiusa anche in questi giochi pericolosi che sono reali e terribili. E che spesso poi portano via con sè delle vite.
    A Milano c'è una moda pericolosa quanto assurda che sembra andare per la maggiore, non so se ne sei a conoscenza: i ragazzi attaccano il collo delle bottiglie di liquore agli occhi. Ottengono una scarica di adrenalina fortissima e rischiano di perdere la vista.
    Che dire.
    Poveri genitori e poveri figli.

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    1. Un gioco del genere è il trionfo della stupidità, Mari. Posso immaginare che botta pigliano in testa riempiendo gli occhi di cognac o di whisky a 40°. Pazzesco. E tutto per non darla vinta al gruppo, per non fare la figuraccia del coniglio, insomma per farsi grandi con le ragazze. Dimmi tu se questa non è deficienza! Il guaio è che i genitori, cioè noi, gliele diamo tutte vinte, li proteggiamo, andiamo -o meglio vanno, questo non lo farei mai- a prendere a schiaffi un insegnante che voleva solo insegnar loro l'educazione che a casa non ricevono. Io dico che andrebbero presi a calci nel culo sti genitori di merda innanzitutto, poi i loro pargoli viziatissimi e pieni dei quattrini dei padri, delle madri dei nonni paterni e materni. Calci in culo a tutti con un calciatore automatico a sedici piedi: premi un bottone e parte veloce e sistema otto culi alla volta!
      Ciao sorella maggiore, un bacione.

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