giovedì 30 ottobre 2014

GUARDATE CHE DIFFERENZA


Questa non è una barzelletta, né una cosa sognata, questa è realtà tedesca che si può confrontare con quella italiana di tutti i giorni, o meglio di tutti i telegiornali della RAI e di Mediaset.
Non passa giorno infatti che tra le notizie di cronaca non appaia quella di una donna assalita in una strada di Napoli, di Palermo, di Roma, di Milano, di Torino di Vattelappesca dove tra i dettagli, abbondantissimi, non venga messo in evidenza il fatto che nessuno -ripeto, nessuno- degli astanti abbia cercato di impedire la violenza personalmente o chiamando le Forze dell'Ordine. Mai. 
È di ieri la notizia che una madre magrebina, dopo una furibonda lite serale col marito -lite udita da tutto lo stabile, come in seguito molteplici testimoni hanno asserito- durante la notte abbia accoltellato il marito, colpendolo tre volte all'addome e alle spalle. Il marito dopo essersi dato alla fuga è riuscito a recarsi al Pronto Soccorso di un ospedale, dove ha riferito di essere stato aggredito per strada da sconosciuti, per salvare la moglie dall'arresto dato che in casa c'erano le tre figlie della coppia. La donna magrebina invece, rimasta sola in casa, forse in preda alla sindrome di Medea e di Didone, ha tentato di scannare le tre figlie che dormivano ignare di tutto, riuscendo solo in parte nel suo folle intento. Le due più grandi sono morte nei loro letti, la più piccola è miracolosamente sopravvissuta e adesso lotta contro la morte. La donna, certa di averle uccise tutte e tre, si è tolta la vita.
Dal letto dell'Ospedale il marito ferito ha cercato di telefonare a casa, ma non ricevendo risposta ha pregato un suo amico di andare a vedere cosa stesse succedendo. È stato l'amico di famiglia a rinvenire le tre donne morte e la bambina ferita.
Nessuno dei coinquilini dello stabile di cinque piani, pur avendo sentito la concitata lite della sera avanti aveva avuto la bella idea di allertare i Carabinieri o la Polizia. Nessuno. Si fecero tutti i fatti propri. Comportamento tipicamente italiota.
Adesso ascoltate quello che è successo a Saarbrücken, Sud ovest della Germania federale, nella nostra Europa, in questo nostro Mondo.
Mio nipote, che abita in un ostello per studenti universitari, stava nel suo miniappartamento giocando con un suo amico una partita di calcio alla play station. Condivano il gioco con urli gutturali in tedesco, italiano, inglese, francese e chissà quale altra lingua, esultando con urla bestiali ad ogni gol segnato. Quando mia nipote, sua sorella, gli ha telefonato ha sentito queste urla ed ha chiesto allarmata cosa stesse succedendo.
"Giochiamo alla play station, le ha risposto il fratello.
Circa un'ora dopo mio nipote telefonava alla sorella e le raccontava:
"Sapessi cosa è successo. Qualcuno allarmato dalle nostre urla ha avvertito la Polizei che stava succedendo qualcosa di grave. Sono arrivate due auto della Polizei, che hanno immediatamente fatto venire un camion dei Pompieri e un'autoambulanza per il pronto intervento. Poi hanno incominciato a bussare a tutte le porte, chiedendo se avessero sentito urla o rumori di violente colluttazioni. Quando sono arrivate da noi, gli abbiamo risposto che stavamo sentendo musica con le cuffie e che non avevamo sentito niente. Pensa che avremmo dovuto pagare l'intervento di tutti e che ci sarebbe costato bello salato quel gioco alla play station".
Lì per lì, quando mia nipote me lo ha riferito mi ci sono fatto due risate. Poi mi è venuto il magone. Ho ripensato a quello che mi avevano detto appena arrivato in Germania, di stare attento a quello che facevo perché quello tedesco era un popolo di poliziotti e di spie. Allora mi sembrò eccessivo che la gente prendesse il numero di targa di un'automobile che parcheggiava due minuti in divieto di sosta. A conti fatti mi viene oggi da pensare che qui la Polizei conta su un popolo di collaboratori, che hanno il massimo rispetto per la loro divisa e per il loro lavoro; da noi invece si cerca di fregare gli sbirri e quando capita li si riempie di botte, come è successo ieri e c'è subito chi chiede le dimissioni del Ministro agli Interni. Questi comportamenti collettivi fanno anche la differenza e spiegano perché loro siano la locomotiva e noi uno degli ultimi vagoni di questo treno europeo.

13 commenti:

  1. Vuoi che commenti? Siamo dei miserabili.

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    1. Credo che tu mai abbia avuta tanta ragione come in questa tua considerazione.
      Ciao sorellona d.s.d.M.

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  2. da una esagerazione all'altra direi...

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  3. Siamo un popolo di furbetti e maneggioni, e mi ci metto anch'io che mi piace tanto lampeggiare a quelli che mi vengono incontro per segnalare che di lì a poco impatteranno un posto di blocco dei carabinieri.. una pratica italiota che, immagino, in Germania manco gli passa per l'anticamera del cervello...

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    1. Cosa dici? Ti fanno diventare scemo segnalandoti pattuglie, posti di blocco e condor in attesa dei grulli. In una superstrada, un gruppo di ragazzi, che evidentemente erano stati beccati, tenevano sollevato un telone di un paio di metri con su scritto: "ACHTUNG GEIER", che significa, attenzione avvoltoio, nome convenzionale con cui si allude alla macchinetta che misura velocità, fotografa e strappa via i soldi dalle tasche.
      Tutto il mondo è paese quando si tratta di pagare multe.

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    2. miii.. m'hai fatto crollare un mito!.. ahah..

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    3. Fossi qui te ne crollerebbero parecchi di miti. Ti racconto una storiella come mi fu raccontata da tedeschi di un certo livello al mio arrivo qui. Riguarda la tanto decantata "precisione teutonica".
      Una mattina lo Chef di una grande azienda riunisce il suo staff dirigenziale per pianificare l'inizio dei lavori per la costruzione di un palazzo a Francoforte. Discutono per ore, poi finalmente il piano programmatico è pronto. Alla prima pagina sta scritto che il giorno 12 di aprile del prossimo anno, alle ore sette in punto l'operaio Hans Müller, specializzato in montaggio impalcature, si troverà in Berlinerstrasse numero 66 con un cacciavite nella mano destra e una vite dell'otto nella mano sinistra. Al suono della sirena inizierà il suo lavoro e così l'intrapresa avrà inizio.
      Come previsto alle sette in punto del 12 aprile Hans Müller, gonfio d'orgoglio, si trova alla Berlinerstrasse numero 66 con un cacciavite nella destra e una vite dell'otto nella sinistra. Al suono della sirena infila la vite dell'otto nel buco già predisposto.
      Due secondi dopo Hans Müller alza il braccio destro e grida.
      "Alt! Il buco è per una dieci."
      L'operaio specializzato in montaggio di impalcature Hans Müller ripone il cacciavite tra i suoi attrezzi, rimette la vite dell'otto nell'apposita sacca, estrae la bottiglia di birra dalla tasca dei pantaloni, la stappa e comincia a bere. Infatti i lavori non possono iniziare.
      Questa se la raccontano tra loro, ridendo come bambini.

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    4. Ah ah ah, me li immagino i tedeschi che ridono per questa storiella!
      E mi immagino la reazione degli astanti italiani, per esempio... :)

      B.

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    5. Io rimase sorpreso e incredulo. Anche io avevo in mente la precisione dei teutoni come un mito infrangibile. Col tempo -soprattutto dopo il mio lungo soggiorno in un teatro a contatto con una delle elite delle forze di lavoro artistiche della nazione- mi sono convinto che non esiste precisione nel loro modo di ragionar di lavoro, solo rispetto. Poi sono casinisti come noi, quanto noi, più di noi. Con una differenza: di fronte al nuovo, al difficile, all'inconsueto alzano le braccia e dicono "das kann ich nicht" e non lo fanno nemmeno con le cannonate. Infatti ogni volta che arrivava un regista straniero col suo Bühnenbildner privato straniero quanto lui me lo appioppavano a me e io, da bravo italiano abituato a grattarmi le pustole da solo fin da piccolo, mi inventavo la soluzione e vaffanculo. Ricordo per una scena della Carmen di Bizet, mentre affrontavo a modo mio un particolare di una scena, il Direttore Tecnico venne da me, si accosciò accanto a me, seduto dentro il Prospekt cioè il fondale, e mi disse: "Lei è cosciente Iacoponi che questo non si dovrebbe fare, mi rassicuri ché ne ho bisogno". "Stia tranquillo, risposi; non è che non si dovrebbe fare in Germania, non si fa nemmeno in Italia, ma quello stronzo dello scenografo ha chiesto un capolavoro e io glielo faccio. Non ci capirà niente e firmerà la sceneggiatura per l'approvazione". "Ma lei questo sistema lo ha già fatto qualche volta?". "Mai, e mi diverto a vedere cosa ne uscirà fuori". Lo scenografo firmò l'approvazione. Avevo inventato una soluzione ad un problema. In seguito lo fecero anche gli altri, made Vincenzo. Forza della fantasia creativa e dell'incoscienza del creatore, ma gli artisti sono degli innovatori.
      Ciao B. come buona domenica.

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  4. Mi astengo dal commentare... l'indifferenza uccide più delle armi!
    un abbraccio
    xavier

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    1. Lo hai detto nel modo migliore, Xavier.
      Un abbraccio assai forte.

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  5. Ciao Vincenzo!
    Fosse così pure da noi.. Qui hanno addirittura assolto tutti i colpevoli a parere mio, di un ragazzo morto in carcere percosso e maltrattato da gente che porta la divisa della difesa pubblica pensa te in che mani siamo...
    Un abbraccio :))))

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    1. Hai aperto una parentesi, mi ci caccio dentro. Quell'assoluzione grida vendetta difronte a Dio e agli uomini di valore. Un fatto è sicuro: quel ragazzo è stato ammazzato, massacrato a pugni e calci, un uomo solo disarmato in una cella assalito dai suoi carcerieri -che escono impuniti- trasportato in infermeria non viene curato, ma tras-curato fino a morire. Non viene effettuata immediatamente l'autopsia ma dopo alcuni giorni su richiesta della famiglia. Si trovano ferite alla gambe, alle costole, non so quante incrinate, e si ha così la causa della morte. Lesioni mortali dovute a botte. I medici hanno barato. Quindi chi era di turno quella notte? In galera. Chi sono quei medici? In galera. E BASTA! Ma il nostro bel fiorentino ha altro da fare che occuparsi di queste quisquiglie e porterà sta nazione ancora più in basso nella disistima della gente per bene.
      Mi sto vergognando di essere italiano.
      Vediamo questo Gentiloni come la conduce la storia infinitamente schifosa dei Marò in India.

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