venerdì 17 ottobre 2014

SCROCCHIAZEPPI

La prima volta che l'ho vista non l'ho vista, l'ho sentita. Piangeva come una vite tagliata, uggiolava come un cane ferito.
Era il mese di aprile del 1946. Rientrato dallo sfollamento ero andato nel quartiere del porto a curiosare in mezzo alle macerie. Non c'erano che pochi muri sventrati ancora in piedi. Il resto erano cumuli di pietre e ceneri con pali di legno e di ferro che ne spuntavano fuori come braccia spezzate e supplicanti.
Lei era accucciata sotto un grosso masso, che forse un tempo era stato una colonna. Una bambina magrissima che piangeva tutte le sue lacrime.
-Ti sei perduta?
-No.
-Perché ti disperi tanto?
-Qui c'era la mia casa. Era bella. C'era un balcone, si vedeva il mare. Da dove sto adesso vedo solo case.
-Dove abiti?
-In via Traiana.
-Pure io. Al 64, ma non ti ho mai vista.
-Io sto al 58, dopo il vapoforno.
Una trentina di metri da casa mia.
-Ma tu non mangi mai?
-Certo che mangio.
-Sei secca come un chiodo.
-Mia madre dice che ho delle belle gambine. Guarda.
-Sì, però troppo secche.
Aveva otto anni. Non le chiesi nemmeno come si chiamasse.
-Io vado a casa, le dissi. Vieni via con me?
Mi seguì singhiozzando ancora per un po'.
Al 58 la salutai.
-Ciao scrocchiazeppi, e me ne andai.

Non posso dire di averla cercata, magari per curiosità, ma certo un'occhiata, passandoci davanti, dentro il portone del 58 l'ho buttata, magari proprio per curiosità, ma non l'ho più rivista.
Un paio di anni dopo, proprio davanti casa sua, spalarono le macerie residue di un paio di palazzi e costruirono l'Arena Bernini, un cinema all'aperto. Ce n'era un altro al Pincio, anche bello, di fronte al Palazzo del Comune, l'antica sede della G.I.L., Gioventù italiana del Littorio, dove avevo passato tutti i sabati della mia infanzia. Ma l'Arena Bernini era il doppio dell'altra, sempre piena. Anche le finestre e i balconcini del 56, 58 e 60 erano pieni di gente.
Una volta, entrati alle 20,30 per un film in technicolor tremendamente barboso, Com'era verde la mia valle, dove si parlava di Irlanda e di irlandesi, vidi un paio di testine che facevano capoccella, nascoste dietro gli stipiti di una finestra del primo piano. Una testina doveva essere la sua, come mi disse tanti anni dopo, perché quello al primo piano era proprio l'appartamento di scrocchiazeppi.

La rincontrai quattro anni dopo il primo incontro del pianto in mezzo alle macerie. Di nuovo non la vidi ma la sentii: un pianto con altissimi singhiozzi, un pianto doppio perché erano in due.
Alle otto di un mattino, davanti all'ingresso della Scuola Media Statale Padre Alberto Guglielmotti, poco distante dall'ingresso del Liceo classico omonimo, due mocciose con indosso un sinale nero, un colletto inamidato bianco e un vistoso fiocco blu piangevano tutte le loro lacrime perché non avevano fatto gli esercizi di algebra né tradotto le frasette dall'italiano in latino, insomma non avevano fatti i compiti a casa.
Io e mio cugino, alunni bravissimi di quel liceo svolgemmo quei compiti in cinque minuti.
Una delle due ragazzine mi sgranò addosso i suoi splendidi occhi in cui brillavano le lacrime. Era molto magrolina, gracile direi. Qualcosa, forse il suo pianto a singhiozzi disperati, mi disse che era lei la mocciosa del 58.
-Grazie, grazie, mormoravano le due.
-Ma che grazie e grazie! Dateci un bacione.
Scrocchiazeppi divenne rossa come il fuoco, ma mi stampò due bacini sulle guance. Come il muso umidiccio di un cucciolo di cane, la stessa sensazione.
Si innamorò perdutamente di me in quel momento, come scrisse sul suo diario del 1950, che lessi di nascosto otto anni dopo.

Ecco, appunto otto anni passarono prima che io incontrassi nuovamente scrocchiazeppi. Mi fu presentata a una festa, non so più da chi né perché né dove, ma conta poco. Contava quello schianto di femmina che avevo davanti.
Mi entrò negli occhi, nella testa, nel sangue.
Mi entrò negli occhi nel tempo che mi occorse per guardarla tutta dalla testa ai piedi, una ventina di secondi.
Mi entrò nella testa a metà del percorso di perlustrazione.
Mi entrò nel sangue immediatamente
-Ti ricordi di scocchiazeppi?
-Sei tu? chiesi sbalordito.
Rideva.
-Ah però, vedo che hai mangiato bene negli ultimi anni, tutta roba buona e di sostanza.
"Quelle tette non possono essere sue, pensai; è gomma piuma, troppo armoniose e cospicue"
Tutta ciccia soda invece, e nemmeno portava reggiseno, come appurai un paio di settimane successive nel buio del portone di casa sua, il fatidico 58 di via Traiana.
Un mese dopo eravamo una coppia indissolubile. L'unica donna che sia riuscita a farmi fare qualcosa che non mi piacesse. Amava le uniformi quanto le detestavo io eppure mi convinse a fare l'ufficiale di complemento.
Se è vero che dietro ogni grande uomo c'è sempre una grande donna, nel caso ci fossimo sposati come avevamo in programma sarebbe riuscita a fare di me un uomo di successo.
Ma cambiò idea all'ultimo momento, temendo di dover aspettare troppo tempo e che io mi fossi trovato un'altra.
Sposò un maggiore della Guardia di Finanza, ventun anni più vecchio di lei, che la portò all'altare nell'arco di sei mesi. Vissero infelici e scontenti per quarantun anni, finché rimase vedova e sola.
Ma a lei e alla sua voglia di uniformi devo molto: per merito suo ho conosciuto Anna Maria con la quale litigo costantemente da cinquantun anni, ma che è stato il mio vero colpo di fortuna. Di questo non posso che ringraziare quella mocciosa tutta occhi e ossa, accosciata in lacrime dietro il residuo di un'antica colonna di marmo, che incontrai sessantotto anni or sono.


*****




20 commenti:

  1. Ho sperato fino all'ultimo che scrocchiazeppi fosse Anna Maria, ma non ho provato delusione quando hai dirottato su un'altra il senso del post.
    Peccato per quella piagnona, non meritava di finire con un tipo in divisa per tutto quel tempo, ma, de gustibus non est disputandum, evidentemente aveva preferito puntare alla divisa anziché a quello che c'era alll'interno di questa.
    Buona serata, Vincè, e buon fine settimana..

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    1. Se Scrocchiazeppi non mi avesse convinto, con sottilissime arti muliebri, che sarei stato un ottimo ufficiale, soprattutto molto bello in uniforme, con uno stipendio sicuro e una carriera piuttosto facile, non sarei mai andato a Lecce a sudare dentro una tuta mimetica; non avrei mai scelto artiglieria proprio perché odio la puzza dei piedi dei fantaccini; non avrei scelto i controcarri. A quel punto non avevo scelta. Esistevano solo tre reggimenti di controcarri: uno, quello di Milano che hanno il berretto con la coda di cavallo, ma mi sarei morto di fame con 64.000 lire a Milano. Un altro a Modena, dio ce ne liberi, con le migliaia di ufficiali che circolano nell'area dell'Accademia militare. I migliori del 23° Corso della Scuola di Artiglieria di Bracciano scelsero tutti Udine, al 155°.
      Ero il terzo del corso e mi mandarono nel Friuli. Il trasferimento al Distaccamento di Cervignano del Friuli per sei di noi -gli altri sei rimasero nel capoluogo- lo considerammo una jattura, soprattutto quando ci apparvero le prime case del paese quella mattina freddissima del 12 gennaio 1960.
      Eravamo però in zona di frontiera, quella frontiera con la Jugoslavia di cui si paventava un imminente attacco, per cui prendevamo 96.000 lire al mese in un paese di dieci mila anime, comprese le galline. In quel paese però c'era la più bella della provincia della Bassa friulana, che mandava tutti in bianco.
      Fu per una scommessa coi colleghi della Calotta -gli ufficiali subalterni, Tenenti con due stelle s S.Ten con una stella come me- che attaccai la fortezza inviolata. Lei si innamorò ma non mollò di un centimetro. Andò a finire che me ne innamorai anche io. Ci sposammo nel 1963 e riuscii a fare quello che non ero riuscito a fare in quei tre anni. La scommessa l'avevo immediatamente data per persa, ma è stata la mia fortuna.
      Si litiga da una vita, per centomila cazzate, ma non me ne andrò mai via, né lo farebbe mai lei. Visto come è strana la vita, micione?
      Buon fine settimana.

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  2. Ma quante ne hai da raccontare tu?
    Bellissimo spaccato di vita.

    B.

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    1. Questa non è una storia inventata, carissima Nuvola, come tante che mi diverto a immaginare. Tutto vero. Tutto successo. A me. Delle volte mi dico che la realtà frega a volte la fantasia più sfrenata e scavallante nei deserti del pensiero. Come in questo caso.
      Spesso, ai margini dell'ennesima discussione, ci sediamo in pace per quanto siamo capaci e ce lo diciamo in faccia. Ci sono delle fasi in cui viene spontaneo ridere, altre in cui ci rinfacciamo altre e altri con cui avremmo -forse sottolineato- trascorso momenti più tranquilli, anni più tranquilli, quelli che io chiamo "gli anni della noia". Non mi sono mai annoiato. Lei non si è mai annoiata. Rompo i coglioni ma non mi ripeto mai. Ti pare poco, B. come Beata te?

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  3. Si, la vita è strana e vira sempre dove pare a lei anche se tu credi di conoscere la via e di aver ben saldo il timone in mano. Magari qualche certezza la tengo, anche se non si può mai sapere. Le divise, ad esempio, mi sono sempre state sulle scatole, e una carriera militare non mi avrebbe mai fregato, a costo di fare la fame. Ma una scrocchiazeppi che amavo alla semifollia, ce l'avevo anch'io.. a volte ci penso a quante vite diverse avremmo potuto dar vita.. ;)

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    1. Non ci pensare Franco, la vita diversa è quella che hai deciso di fare. Sta nella natura umana rivangare nel passato per tirar fuori scheletri e cadaverini. A me servono sti ricordi solo a rinforzarmi nell'idea che quello che ho fatto rimane e rimarrà per sempre. Il resto è fantasia.

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    2. Guai se non ci fosse fantasia, guai... ma geniale anche quel "la vita diversa è quella che hai deciso di fare". Perché la testi minuto dopo minuto, la bruci e la odori, ti odora e ti brucia.

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    3. "La vita diversa...la testi minuto dopo minuto, la bruci e la odori, ti odora e ti brucia". Scrivi come penso io e pensi come io scrivo. Infatti queste tue bellissime parole avrei volute scriverle io. Mi piace e mi affascina questa vita che mi annusa e poi mi brucia.

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  4. Tutto questo racconto per fare ad A.M. la tua ennesima dichiarazione d'Amore! Tenerissimo, bravo! :)

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    1. Capita. Forse in questi ultimi tempi faccio determinate riflessioni e mi viene da ridere, pensa un po' tu.

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  5. bellissimo :'-)
    come passa il tempo...

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    1. A chi lo dici, Riccardì, a chi lo dici.
      L'importante è viverlo bene il tempo che passa ed accingerci a vivere ancora meglio quello che deve arrivare per poi subito passare.

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    2. Vincenzo,
      ma che grande avventura è stata la tua vita.
      Hai scritto tutto meravigliosamente!
      Ma perché l'hai chiamata scrocchiazeppi?
      Solita curiosità Piesca, ciao.

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    3. Gli zeppi in dialetto romanesco sono rametti sottili, pezzetti di legno molto esili; scrocchiare sempre in dialetto romanesco è il rumore di schiocco che fanno tali rametti quando li spezzi. In sostanza una sicura allusione al mucchietto d'ossa che mi trovai di fronte quel mattino di tantissimi anni fa.
      In gergo vengono chiamate così quelle persone magrissime, anoressiche, che puoi incontrare in giro.
      Soddisfatta la curiosità piesca?
      Ciao splendida sorellina della sorellona della sorellina di Maria.

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  6. Sei davvero un grande, ho letto il tuo racconto e ad ogni parola nella mia mente prendevi forma ed io ero in qualche modo li con te. Grazie!
    Buona domenica
    Xavier

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    1. Letto il tuo commento me lo sono andato a rileggere. Lo sai che mi sono rivisto anch'io? Formato ragazzino impertinente all'inizio del racconto, giovanottello paraculo a metà strada e bello strappacore e sciupafemmine quando pomiciavo nei portoni bui. Che strano: quando l'ho scritto non ci avevo fatto caso, o meglio cercavo di rivedere lei. Che stronzata! Io quella ragazzina ce l'ho ancora davanti agli occhi, non ti dico quella donna di venti anni. No, non te lo dico, ma perché dovrei dirtelo? Tu l'hai già capito da solo.
      Buona domenica a te, Xavier.

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  7. Ma l'hai rivista ancora?
    Ognuno di noi porta il/la sua scrocchiazeppi nel cuore.
    Mannaggia.

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    1. No, non l'ho più rivista. Fino ad alcuni anni fa, appena diventata vedova abitava a Firenze, città dove era nata, ma le sue origini sono a Pistoia. Notizie certe le ho fino a trenta anni fa. La sua migliore amica, con cui ero rimasto in contatto, mi riferì della sua nostalgia...per me. Si era pentita di aver mandato tutto all'aria e di aver distrutto "la vera storia d'amore della sua vita". G. mi garantì che erano le sue parole. A me quelle parole fecero un misto di rabbia e di soddisfazione. Mi spiace ammetterlo, ma in questo sono un tantino vanitoso. Comunque io stavo bene come stavo e con chi stavo, non sarei mai più ritornato all'antico.
      Hai uno scrocchiazeppi nel cuore? Maddai!
      Ciao sorellona della sorellina di Maria.

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    3. Inteso come qualcuno che si
      sta ancora mangiando le mani, si'. E forse, se guardo bene indietro, lo sono stata pure io per altri. Bacio amico caro.

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