In questi tempi di morta fede e di empietà trionfante vale rivolgersi alla poesia, che nobilita l'animo e mai lo deprime, come fanno le ricorrenti notizie che ci ruzzolano davanti ai piedi e riguardano il Coso Nostro (scusami Zio Scriba per il furto di immagine, ma mi piace troppo, è troppo forte) e tutti i suoi cortigiani, vil razza dannata.
Per non nominare Avetrana: "habemus monstrum horribile visu, horribile dictu". Finalmente! Lapidate Sabrina! Ops. Non si lapida da noi? Speditela in Iran, che ci pensino loro.
OK, amici: ripuliamoci le scarpe inzaccherate dalla merda quotidiana e recitiamoci poesie.
Io ve ne propongo sei delle mie, tre antiche e tre odierne.
La prima è una poesia vecchia di quasi 40 anni.
UNA NOTTE
Eravamo seduti vicino
il mio grande amico ed io,
sotto un palazzo dalle mura nude
come vetri.
Io non trovo i nostri pensieri,
non le parole
che quella notte dicemmo,
ed era fra noi la tristezza
nelle nostre ombre unite.
Il mio grande amico ed io
poggiavamo ognuno la testa
sulle ginocchia,
come viandanti stanchi.
Poi venne l'ubriaco
con i suoi gesti violenti,
le sue parole scabre.
Brancolò nella via
e noi, muti, lo guardammo.
Scritta in Civitavecchia, tanto tempo fa.
La seconda poesia è vecchia di almeno 30 anni.
CITTÀ NATALE
Città,
tu mi sorgi spontanea senza una nebbia
tra memoria e dolore d'abbandono precoce,
quasi una fuga;
il tempo mi ti fa più fresca,
e forse odore il mare
come allora.
Lasciate lì le chiavi di un portone,
le amicizie, le pietre,
e mia madre.
Inutili, inutili queste ed altre parole:
città
io ti ho.
Scritta molto lontano da Civitavecchia, una notte.
La terza poesia è vecchia di circa 15 anni.
E SI CHIAMAVA GIÀ MIMMO
Perché, mi chiedi, quell'uccellino implume,
incoronato da quattro pennette grige e nere, doveva
cadere dal nido
proprio sul tetto della nostra torrida macchina
in questa torrida estate?
E come avrei potuto sennò tornare
bambino, ai miei sogni leggeri,
alla mia infanzia immatura e infinita?
Allora salvai una gatta mezzo morta
e affamata, vecchia
si e no dieci giorni da un caccia
americano a bassa quota,
che voleva ammazzarci tutti e due,
adesso questa
robetta
che avrà si e no dieci ore.
Quattro giorni di lotta contro
una sentenza di morte
già scritta, e bocconcini di mollica di pane,
e biscotti
sbriciolati nel rosso d'uovo;
e Chicco che tritura un grillo verde
afferrato dopo lungo inseguimento,
e glielo infila nel becco a pezzettini;
e tutti voi con la stessa domanda
ogni mattina: "È vivo?"
Adesso è morto, robetta di venti
grammi, è morto
in mano a me che credeva sua madre:
come un guerriero antico ha spalancato le ali,
ha allungato il collo,
ha volto la testa al cielo, al suo cielo
che non lo avrà,
ed è ricaduto sconfitto
nella mia vecchia mano sudata,
dentro il mio cuore sgomento
di vecchio bambino eterno.
E si chiamava già Mimmo.
Scritta in Cervignano del Friuli, in un torrido giorno di agosto.
Pubblicata sulla rivista letteraria "Inchiostro", Anno 15-Numero 5/6 Dicembre 2009/Maggio 2010. Editore: Il Riccio Editore-Verona.
La quarta poesia è vecchia di pochi giorni
SENTIMENTI
È facile lasciarsi prendere per il collo
dai sentimenti,
basta non fuggire, non voltarsi
da un'altra parte,
aspettare la sera
per farsi raggiungere;
poi si naviga a vista
per quel che puoi vedere quando è buio,
ma anche durante il giorno
se sei tutto preso a guardare
dentro la tua barca
non lo vedi lo scoglio
che ti manda a fondo.
E allora? chiedi tu,
solo mangiare e bere
e escrementi alla fine?
Perché? Che cosa resta dell'amore
trent'anni dopo o quaranta?
E dove sono i figli
e dove l'orchidea che ti ho regalato
per la tua festa il mese scorso?
Scritta a Maximiliansau il 25 ottobre 2010
Anche la quinta poesia è vecchia di pochi giorni
SE MI RIUSCISSE
Se mi riuscisse una volta
di pensarti
prima di prendere sonno
mi piacerebbe, sai?
Andrebbe bene anche a te, perché a letto
mi vengono su solo
pensieri buoni, puliti,
e mi verrebbe da dimenticare
le bestemmie che mi fai dire
ogni giorno, ogni ora,
ogni minuto.
Mi verrebbe da dimenticare
le tue bugie,
le stronzate che ti inventi
quando non vuoi uscire con me,
perché già un altro s'è accaparrato
la serata.
E poi non sentire
quanto ti puzza il fiato
alla mattina,
dopo una notte in bianco.
Scritta a Maximiliansau, il 27 ottobre 2010
L'ultima poesia ha solamente poche ore di vita
CI SONO ANCORA
Ci sono ancora due capelli tuoi
sul mio cuscino;
la traccia del tuo sudore è evaporata
dal lenzuolo strapazzato,
che lambisco appena.
Eri passata velocissima come tutte
le cose belle attraverso di me.
Tuo marito ti abbraccia adesso.
A me l'effimero odore di te
disperso nell'oscurità di questa
camera d'albergo
rimane ancora per un po' sopra la pelle.
Poi sarai niente.
Scritta a Maximiliansau, il 5 novembre 2010
A qualcuno piace caldo, a qualcun altro freddo e c'è chi lo vuole tiepidino.
Spero di non avervi costretto a mollare il mio blog prima di arrivare alla fine.
Se non vi fossero piaciute tiratemi le pietre.
Ciao nonnetto. :)
RispondiEliminaPermettimi di usare questo "nomiglolo", il quale trovo molto simpatico e ti ho attribuito dai nostri ultimi discorsi sul mio Blog. Spero non ti disturbi, altrimenti tirami le pietre. :P
Premetto che non sono un amante della poesia e forse per pigrizia ed ignoranza non ho mai voluto avvicinarmi a "LEI". Ma la tua prima poesia (UNA NOTTE) mi piace molto e leggendola, così dal nulla, mi ha fatto tornare alla mente un mio amico, un mio caro amico, il quale ora non c'è più e con il quale ho diviso e condiviso tante giornate della mia adolescenza.
Grazie per avermelo ricordato, mi manca molto.
Ciao Enzo. :)
LeNny
1 Per quanto riguarda Coso Nostro nessun problema. Anzi, vai e diffondi il verbo... :D
RispondiElimina2 Mi sono piaciute tutte e tutte mi hanno in qualche modo colpito (pure io ho un amico che non c'è più, morto suicida a poco più di 30 anni), ma quella che mi ha più profondamente emozionato è stata E SI CHIAMAVA GIA' MIMMO.
3 Ma quali pietre: l'unica pietra che potrei tirare a te (se ne avessi) sarebbe una pepita...
Ciao amico! Continuiamo a Esserci, imperterriti e cocciuti: il Nulla che avanza vorrebbe mandarci affanculo, ma in realtà saremo sempre noi, coi nostri versi e le nostre lacrime, a mandarci lui!!
*LeNny-
RispondiEliminaTutto bene figliolino, chiamami pure nonnetto, tanto lo fanno già in sei.
La poesia è il mezzo per esprimere in un fiato, in un singhiozzo ma qualche volta in un sorriso un momento di felicità o di infelicità, che non sarebbe altrimenti possibile esprimere in un romanzo di 700 pagine.
Per questo adoro le poesie brevi, a corto respiro, come una di Ungaretti, scritta mentre stava in trincea nel 1916, mi pare:
"Stiamo come d'autunno
sugli alberi le foglie".
Non è stupenda?
Se pure avesse narrato cento giorni di trincea, con morti e feriti, non avrebbe ottenuto lo stesso risultato.
Ogni tanto io ne scrivo.
Ogni tanto tu cerca di leggerne qualcuna, non importa di chi.
Come vedi possono ricordarti persone care, momenti che credevi indimenticabili e che invece hai scordato.
Il bello è che se un pittore dipinge un amaranto, per usare un colore caro ad una mia amica, tutti coloro che lo guardano vedono che è un rosso più o meno; se invece un poeta scrive un verso ognuno può farci sopra le proprie riflessioni e sollecitare i propri personalissimi ricordi.
Ciao.
*Nik-
1. Grazie per l'imprimatur gentilmente concesso.
2. È bello sentirsi dire "mi sono piaciute tutte e tutte mi hanno in qualche modo colpito", specie quando il colpito è uno scrittore come te.
"E si chiamava già Mimmo", piace molto anche a me e a quanti l'hanno letta.
3. Aspetta che rimedio un coppo per raccogliere le tue pepite.
Sì, io ci sono, imperterrito e cocciuto. e so che altri, come te, ci sono e ci resteranno altrettanto cocciutamente, e che la realtà incombente vada a dar via il culo!
Ho ripensato al nostro primo incontro scontro e mi sono fatto le matte risate.
Guarda un po' tu che roba, mi sono detto.
Ciao Nik, sono questi incontri che ti riempiono una vita altrimenti di cacca.
Ciao Enzo, ogni tanto riappaio e, come vedi, lo faccio solo con te. E lo faccio perchè mi piace quel tuo modo, garbato e incazzato al tempo stesso, di raccontare la nostalgia che hai nel cuore; mi piace quel tuo inerpicarti sui sentieri della vita con la leggerezza di chi ha, quantomeno, cercato di capirne il senso; mi piace quella tua franchezza che denota un animo nobile e sensibile senza doversene vergognare; mi piace quel tuo scrivere sul tempo che passa e sull'età che avanza con la tranquillità e la consapevolezza di chi se ne è fatto una ragione.
RispondiEliminaBravo Enzo. Sono convinto che in un'epoca diversa da quella in cui viviamo avresti trovato un editore che avrebbe "dato voce" a tutti i tuoi scritti (in prosa e in versi). Invece siamo circondati da una marea di "pensatori mercenari" che vengono pubblicati secondo la volontà di pochi satrapi che si ergono a censori e divulgatori - al tempo stesso - della "sapienza" e ci propinano ciò che vogliono. Mi vengono in mente, ad esempio, tutte le minchiate che erano scritte sui libri di storia negli anni '70, o i best seller fasulli degli anni '80 e '90 (ti pare possibile che Marina Ripa di Meana abbia venduto milioni di copie di una sua autobiografia?), o le "leccate" a tutti i potenti nei libri di Bruno Vespa nel nuovo millennio (anche in questo caso si parla di milioni di copie), etc.
Purtroppo, caro Enzo, viviamo in un'era in cui le televisioni del "Coso Nostro" (e non solo) invitano nei loro talk show opinionisti del "calibro" di Fabrizio Corona o di Alba Parietti o di Valeria Marini - e chi più ne ha più ne metta - e milioni e milioni di pecore rincoglionite li stanno a guardare e a sentire! Questa è l'Italia di oggi. O meglio, questa è l'Italia che, in un modo o nell'altro, ci stiamo "ciucciando" dal dopoguerra in poi. E allora ecco perchè mi piace leggere i tuoi pensieri e le tue poesie, perchè mi fanno immaginare che sognatori come te (e come me) possano un giorno cambiare veramente - e in modo radicale - questo paese (si, con la p minuscola) di merda!
Un caro saluto e alla prossima.
E.
Caro Enrico,
RispondiEliminaho lasciato passare un paio di giorni per poter scrivere una risposta al tuo commento libero dall'onda di emozione che certi tuoi apprezzamenti avevano provocato in me, per essere più pacato e più sereno.
Ma due minuti fa, avendo riletto quello che mi hai scritto, mi sono ritrovato in apnea.
Innanzi tutto grazie di ricomparire ogni tanto e di farlo solo con me. È un onore.
Se penso a quante ce ne siamo dette -molto civilmente peraltro- la prima volta che ci siamo incontrati nel web, sinceramente mi viene da ridere.
Tu sei una persona rara -in questi tempi poi merce rarissima- che non vuole apparire, ma quando lo fa conosce il posto che gli compete, e sa quel che dice.
A differenza di me tu sei garbato ma mai incazzato, e questo certo dipende dalla disciplina di una professione in cui la saldezza dei nervi è uno dei fondamenti, ma certamente anche da una rigorosa educazione famigliare, e da una tua forma mentis.
Io ho avuto una eccellente educazione dai miei, ma il mio temperamento mi ha portato spesso, troppo spesso, a sbagliare, trascinando spesso le persone più care in situazioni che non meritavano.
Anche io sono convinto che l'Editoria sia in debito con me, ma forse io non ho capito che in questo mondo non conta quel che sei ma quel che appari.
Che Marina Ripa di Meana venda quintali di libri dobbiamo farcene una ragione; che Fabrizio Corona, Alba Parietti e la bellona Valeria Marini siano termini di riferimento delle opinioni nazionali è un male che non può e non deve corrompere le menti di un certo livello, che certamente ci sono -la mia e la tua per intenderci, ma non solo grazie a Dio- e questa è certamente l'Italia di oggi, e forse quella di domani.
Lasciate il mondo ai poeti, ai pensatori, agli artisti e alle persone oneste.
Ce la faremo Enrico, questa nostra bella Italia cambierà, e non in peggio, perché peggio di così non si può.
Un carissimo saluto.
Già mi godo la prossima.
Enzo
.... invece mi piace: l'ultima
RispondiElimina...e a me fa piacere che ti piaccia, perché è una bella poesia, non tanto bukowskoviana quanto iacoponiana.
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