domenica 6 novembre 2011

ANCORA UNA BREVE PAUSA DI POESIA


DICONO DI ME


Dicono di me che cammino
sospeso un metro sopra il suolo,
a testa in giù
come una figura del ramino,
casuale viandante di un pianeta parallelo.
Dicono che vivo pensando
a mille cose contemporaneamente
e non ricordo mai quello
che ho pensato un minuto prima.
Però è bello vivere così,
sono pieno di sorprese e mi
sorprendo sempre, ogni giorno,
da mattino a sera.
Dicono che rendo infelici gli altri;
dicono che sono inaffidabile. Sento sempre
questo aggettivo svolazzarmi accanto
quando parlano di me.
Ignoro il significato di questa parola,
ma non me lo spiegate per favore
ché non lo voglio sapere,
e preferisco vivere inaffidabilmente
scorrazzando nel vento.



IO NON TI ASPETTERÒ


Io non ti aspetterò.
Attraverso gli alberi dalle finestre
di questa casa incomincio
a rivedere l'autostrada,
quindi sta arrivando l'inverno.
Inaridisce il bosco là dove giocavamo
insieme quando ancora eri piccolo
(sei mai stato piccolo? sono
mai stato giovane?);
già non saltellano più i passeri sul pavimento
ghiacciato del nostro balcone;
già sembra che mai sia esistito
un raggio di sole a bagnare le nostre vite;
tutto diventa trasparente e opaco il tempo
trascorso mano nella mano.
Io non ti aspetterò,
ora che te ne sei andato senza
voltarti indietro.
Noi ce ne restiamo qui, da soli
tua madre e io, in questa
casa vuota.

4 commenti:

  1. Bellissima nel suo essere raggelante la seconda, più "sbarazzinamente" poetica la prima. E sempre con l'aria di essere molto, molto vere, oneste, sofferte, vissute.
    Grande Enzo. Grazie.

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  2. Dici tre verità grosse così: la prima poesia è "sbarazzina", un'arte che uso per prendermi in giro, cosa che mi riesce bene e di cui mi vanto. Mai prendersi troppo sul serio, potremmo non esistere, essere solamente sogni di chissà chi, di un essere paraumano intubato in qualche pertugio dell'Universo.
    La seconda poesia è raggelante, non potevi trovare una definizione migliore.
    Ti hanno dato l'aria di essere "molto, molto vere, oneste, sofferte, vissute".
    Ricordo le parole che sapesti trovare -ma fu facile, ti salivano su dall'anima- quando brevemente raccontasti il tuo dramma per la morte della tua mamma. Dalle tue parole filtrava, meglio emanava un gelo che entrava nelle vene di chi leggeva.
    In fondo tu sei sempre così, col tuo sarcasmo amaro, anche quando scrivi i tuoi pezzi d'autore, i più pregiati ed apprezzati.
    Ci sono cose che ti marchiano in eterno e ti cambiano la vita per sempre, caro Nik.
    Stammi sereno, amico carissimo. Grazie a te.

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  3. Non commento ciò che dicono di te, però credo che l'immagine di inaffidabile scorrazzatore ti calzi a pennello.
    Ooops, e dire che non volevo commentare! :)

    La seconda è molto bella ma più difficile da commentare.
    Come medicare una ferita: da qualsiasi parte la si tocchi, c'è da stringere i denti, fa sempre male.
    Il titolo è categorico, ma il finale lo smentisce.
    Perchè non si cessa mai di aspettare un figlio, così come un figlio non cessa mai di aspettare un padre o una madre.
    C'è sempre il legame di quel cordone ombelicale, che viene tagliato alla nascita ma che rimane, da qualche parte.
    E che fa male, quando viene ferito.
    Occorre tempo, per dar modo alle piastrine di fare il loro lavoro.
    Si tratta sempre di aspettare, vedi?
    Ti abbraccio, io che sono stata e sono una figlia imperfetta, dalla nascita.

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  4. Silvia, mi esprimo a botta calda, costi quel che costi.
    Tu è Nik siete due personaggi degni di essere protagonisti di un romanzo, mio naturalmente.
    Lui conosce e tocca corde di uno strumento che suona a meraviglia, basta sentirlo parlare di sua madre, con quale tenerezza estrema carezza coi suoi scabri aggettivi il ricordo di lei. Porta nel cuore un dolore incancellabile, lenito di giorno in giorno dal ricordo che gli eleva la figura materna a mito.
    Tu, quando non parli di politica, sei di una dolcezza infinita.
    "Il titolo è categorico, ma il finale lo smentisce". Centrato immediatamente l'obiettivo, affondato l'incrociatore.
    Se volevo che qualcuno mi consolasse in questa amarissima pagina della mia vita non potevo che fare leggere ai miei amici migliori questa poesia, venuta dal profondo.
    Dici di essere stata e di continuare ad essere una "figlia imperfetta"; vorrei essere io il comunistaccio e sentirmi chiamare papà da tqle imperfettissima figlia.
    Grazie, ricambio l'abbraccio, da padre sconfitto, ma non distrutto.

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