Un buon Incipit è sempre un bel passo in avanti, è un po' come per l'attaccante famoso che segna sempre gol entrare in area di rigore dopo aver caracollato a metà campo e scartato con una finta del corpo gli ultimi due difensori centrali; è insomma "un ber comincio" come si dice a Roma.
Allora ve ne propongo due, che saranno all'inizio dei miei due prossimi romanzi. Ne ignoro attualmente l'ordine cronologico.
Primo Incipit: per il romanzo "FEDERICA CAMBIA PELLE", titolo forse definitivo, forse no.
Tutto per colpa di un maledetto quotidiano sportivo. I quindici giorni di vacanza finivano alle dieci di quel sabato mattina; le due macchine erano ormai cariche a dovere di valige e pacchi assortiti, quella di Federica in pole position davanti al cancello, quando suo padre aveva deciso di andare a comperare il suo giornalaccio color rosa.
Un minuto e torno.
Era sparito veloce dietro l'angolo del bar più vicino: l'edicola era proprio di fronte. Federica aveva allargato le braccia, fissando sua madre già seduta all'interno della seconda macchina, accanto al posto di guida vuoto.
Uno stridore di freni e di ruote che si aggrappavano all'asfalto, un botto e un silenzio innaturale. Poi tutti che accorrevano, certamente per curiosare.
S'era mossa anche Federica per portarsi via suo padre che di sicuro stava in prima fila.
In primissima: si poteva dire al centro della scena, disteso in terra in modo scomposto a ginocchia incrociate. Quello aveva visto Federica: un mucchio di facce sgomente e suo padre distrutto, con la faccia contro un marciapiedi di travertino.
Secondo Incipit: per il romanzo "E DI DONNA CHE NON VUOLE ESSERE NOMINATA", titolo niente male anche se non definitivo.
Mi piace restare sospeso nel dubbio sui titoli; è come l'ultima settimana prima che tua moglie si sgravi del vostro ultimo figlio: l'attesa, la speranza, le mille illusioni. Poi nasce e ti mettono in braccio quel pupazzetto rosso spelacchiato. Tutto lì.
In nessun posto del mondo i pomeriggi d'estate sono così allucinanti come nel quartiere "der ghetto" a Civitavecchia.
Le mura scrostate delle case si spellano sotto il sole a picco e si mangiano l'ombra che si fa stretta come una riga di tinta scura; gli alberi si prosciugano addosso al proprio scheletro; la luce rimbalza sul selciato polveroso e secco, schizzando in mille forme aguzze che ti spaccano gli occhi, e l'aria ti dà l'idea di essere una tela trasparente tirata dalla terra verso il cielo con tale forza che tra poco si scollerà e tu creperai per mancanza di ossigeno.
Ininterrotto il canto malinconico delle cicale. Il resto dei viventi, animali o cristiani, se ne rimane in silenzio rintanato in qualche buco dove non passa il sole.
Non male i due incipit, pur diversissimi fra loro. Mi piace solo poco il termine "cristiani" al posto di "umani". Non per una questione di politically correct (che odio) o di laicismo fuori posto. E' solo che... per un italiano è abbastanza usuale (ed è comprensibile che l'io narrante ne abbia dimestichezza), ma tu prova a immaginare di sostituirlo con "maomettani", e capirai l'effetto assurdo e grottesco che può fare.
RispondiEliminaSui titoli, ti dirò che mentre Martedì dopo l'autunno e Francoforte sul meno andata e ritorno erano a loro modo portentosi, nessuno di questi due mi convince. (Federica cambia pelle è quasi un inciampo, una cacofonia: fosse almeno Lola cambia pelle, o Giulia cambia pelle... :D) Non che sia così importante, e poi l'hai detto pure tu che sono provvisori... :)
Hai perfettamente ragione sul "cristiani", a prescindere. Ci ho pensato al volo: né animali né umani né cristiani o di altro credo, scriverò -penso- "Il resto dei viventi, a due o quattro zampe,etc".
RispondiEliminaSui titoli non so, ma perché ti dà fastidio Federica?
L'altro titolo avrebbe -usiamo il condizionale per non portare sfiga- un valore intrinseco, dato che alla base della storia c'è un figlio extraconiugale negli anni trenta. A quei tempi si usava scrivere sull'atto di nascita: figlio di Caio Tazio e di "donna che non vuole essere nominata".
Altrimenti sarebbe stata la prova vivente dell'adulterio. Solo la donna era adultera fino a una ventina di anni fa, ringraziando Mussolini, la DC e il Vatikano; solo la donna andava in galera,fino a tre anni; solo la donna poteva venire ammazzata dal marito per il fatidico "delitto d'onore" con condanna dell'assassino a un massimo di tre anni!!!
Pensa un po' tu.
Nessun fastidio, Federica è un nome bellissimo, fra i miei preferiti... è solo che se dopo ci metti "cambia" si crea un piccolo inciampo che rende il tutto poco fluido e vagamente sgradevole (per esempio c'è un film dal bel titolo Lola corre, mentre se fosse stato Marco corre diventava brutto), ma sono sottigliezze, e oltretutto sottigliezze opinabili, figurati... :)
RispondiEliminaChe ne dici allora di "Federica muta pelle", che tra l'altro è quello che in pratica fa un serpente, e ci passa con la storia?
RispondiEliminaMi hai letto nel pensiero. L'unico dubbio è che il lettore possa pensare a una "pelle silenziosa" anziché al "mutare pelle" (ma in fondo, come poeta lo sai, aggiungere possibili significati è sempre più un vantaggio che non uno svantaggio...:D)
RispondiEliminaSei in forma strepitosa, Nik, e troppo perspicace per me questa sera.
RispondiEliminaAl "muta" come aggettivo e non come verbo non ci sarei arrivato mai.
Sai che ti dico? Resta Federica -che piace tanto anche a me- e resta muta.
Anche questo passa nella storia di Federica, questo suo silenzio ossessivo.
Bello, bella idea. Vedi come vengono le idee a volte, quasi per scherzo, quando a scherzare sono due belle teste come la mia e la tua, non per dire....:D)
Vengo a ringraziarti qui, caro Enzo, per lo splendido commento che hai lasciato da me. Ho deciso che in questo caso sul mio blog non darò risposte singole ma solo un ringraziamento finale, ma non potevo lasciarti pensare che un commento simile mi avesse lasciato indifferente.
RispondiEliminaGrazie, amico.
Immaginavo il tuo ringraziamento finale, simile a quello dell'altra volta per un analogo post.
RispondiEliminaNon hai nulla per cui ringraziarmi: il racconto in sé assai commovente; la constatazione del tuo profondo turbamento nel riportare quei tuoi appunti aumentava la commozione.
Quando la gente si sfoga riferendo certi drammi si deve ascoltare in silenzio; quando a sfogarsi è uno scrittore si deve non solo ascoltare ma leggere attentamente, perché -malattia professionale forse- lo scrittore riesce sempre a calibrare i suoi sentimenti in parole che stanno sempre un passo sopra le righe, come hai fatto tu.
Voglio dire, a parte la commozione, ciò che poi ti resta è un sapore piacevole, come quando da piccolo mi portavano quasi di peso in chiesa, e io ci stavo come uno schiavo in catene, ma alla fine della cerimonia religiosa c'era sempre il suono dell'organo e quello mi portavo dietro, unica cosa positiva di quell'ora e mezza.
Forse sono uscito dai binari, ma tu avrai capito lo stesso.
Grazie a te di quel suono che ancora mi vibra nella testa e nel cuore.
In questo momento non ho alcuna possibilità di leggere o di spedire email. Mi si è illuminato di verde in alto una riga sulla barra dove si vede un famigerato lucchetto, che purtroppo già conosco.
RispondiEliminaQuando chiedo una msn non mi lascia scrivere il mio indirizzo né la password.
Proverò a spegnere e riaccendere per vedere se ricompare, ma in questo momento sono immerso fino al collo nella cacca.
E non conosco nessuno che mi possa dare una mano.
Ora provo.
Che Dio me la mandi buona!
Ho cambiato tastiera, ho cambiato dito, ma non succede niente.
RispondiEliminaMi spiace che succeda proprio oggi che è il 17 dicembre, una data abbastanza importante.
Userò questo mezzo per quanto è possibile per farvi sapere che non sono estinto.
Domani si vedrà.
Adesso che ho cambiato tastiera sembra che tutto funzioni, ma caro post qualcuno ti snobba ugualmente. Non te la prendere, ci sono io a consolarti, forse gli incipit hanno stufato, forse le vacanze natalizie hanno preso più di quanto dovessero, forse la malinconia che le feste mettono nei cuori si è allargata ed è diventata tristezza.
RispondiEliminaTristezza è: guardare spegnere una sigaretta senza voler tirare nemmeno una tirata.
Tristezza è: guardare un gatto che dorme raggomitolato su se stesso.
Tristezza è: sentirsi tristi e non capire il perché.
Tristezza è: tutta la vita quando non si ride e non ci si diverte.
Ciao post dei due incipit: sono triste.
Preferisco il primo incipit, perchè entra subito nel vivo dandomi un colpo di vita, mentre gli incipit descrittivi come il secondo che hai proposto mi danno un gran colpo di sonno.
RispondiEliminaPasso all'indice di gradimento - titoli:
"Federica canbia pelle" è assai meglio di "Federica muta pelle" che è proprio brutto di per sè più che per il motivo addotto da Nik.
Non vedo infatti quale persona sana di mente potrebbe pensare che la parola "muta" stia tra il soggetto e il complemento in qualità di aggettivo piuttosto che di forma verbale :))
At last, mio nipote mi ha mandato un suo incipit a mio parere di grande qualità, credo che ne farò un post senza il suo permesso.
DIMENTICAVO!
RispondiEliminaChe ne è di quel libro che dicevi di voler scrivere, che mi pareva si intitolasse o sottointitolasse "il diavolo e l'acquasanta"? ;))
Ho inconsapevolmente, cioè senza volere, accontentato sia te che Nik. Il titolo sarà, o meglio, sarebbe (mai dare per scontato che porta sfiga): "Sebastiana cambia pelle".
RispondiEliminaComunque mi piaceva anche Federica cambia pelle, con buona pace di Nik l'esteta.
Adesso mi farai diventare scemo per quel libro che "sicuramente" non si titolava né si sottotitolava il diavolo e l'acqua santa.
Non mi potresti indicare dove e quando te ne ho parlato?
Uno strepitoso grazie!:))
A proposito di nipote che ti manda un incipit, che hai promesso da tempo di postare sul tuo bellissimo blog, ti ricordo amabilmente che hai ancora un post in sospeso che mi riguarda.
RispondiEliminaE ci tengo a quel post, verdammt noch Mal! Ci tengo a vederlo sul tuo bellissimo blog.
Grazie:))
Adesso mi ricordo di avertene dato -su tua richiesta- l'imprimatur.
RispondiEliminaMamma mia, come siamo eleganti e struviti nell'eloquio!
:DDD
che vor dì verdammt noch Mal?
RispondiEliminaallora, ti prometto che il prossimo post sarà quello a cui tieni tanto.
devo solo rifare la foto, che è rimasta sfuocata, ma ci vuole un attimo.
va bene, va bene, vado subito a farla, intanto che non si è ancora fatto buio.
ciuuuusssssete
È il tipico modo crucco di manifestare arrabbiatura e disagio :)
RispondiEliminaVuol dire, letteralmente, "maledizione ancora una volta".
Io l'ho usata solo per farti capire che non ero incazzato nero, ma solo benevolmente incazzato, che è tutta un'altra cosa.
PS. Non ti funziona il traduttore?
Ma ci penso io...ma ci sono qua io...ma cosa vuoi che sia...
Ricordi Zelig quello che faceva l'imitazione di Schuscumacher, il meccanico della Ferrari vestito di rosso?
Era un romagnolo, prova a rileggere in cadenza di Romagna.
Tschüss!