giovedì 2 agosto 2012

LETTERA FAMILIARE

Alcune settimane fa ho pubblicato, insieme ad altre poesie, la quarta pagina di questa "Lettera". La ripropongo intera. Queste quattro poesie sono state scritte alcuni anni or sono. Secondo le mie intenzioni dovevano dare il titolo ed essere la parte centrale della raccolta che avevo in mente allora. Non ne ho fatto niente. Perché? Perché la poesia oggi va come una Ferrari con Alonso alla guida e questa mia raccolta camminava come una vecchia 500 FIAT.
Credo di avere distrutto più di venti racconti, scritti nei miei verdi anni, perché puzzavano di Ernest Hemingway lontano due chilometri. Ho sicuramente bruciato una cinquantina di poesie di egregia fattura, troppo egregia, perché sapevano di letteratura classica.
Ma questa "Lettera" riletta adesso mi ha suscitato una certa emozione, significandomi che era valida ancora.


PRIMA PAGINA - Dado, fratello mio

Appena il sole ha girato l'angolo della siepe
dell'orto, riaccende il triste faggio
di nuovo verde e la corteccia di nuovo
rosso più duro. Speditamente
scendono siepi da dietro il vecchio
muro del pollaio, l'intonaco azzurro della casa
è quasi bianco. Il vecchio pino di mare, il fosso
delle rane già buio, la ciminiera dei cementi spenta
fin d'allora, mia madre assai giovane e bionda
che ci chiamava nascosti, cogli occhi alla città
che scoloriva il suo giorno nel rosso
schiumare dell'acqua fuori il porto. Freschi di vita
era uno sguardo, il silenzio, già tutto; e le parole
pensate, mai dette. E tu fratello mio già chinavi il capo
seppellendoti in cuore ogni piega dell'erba
ed ogni sguardo di quell'ultimo giorno.

Quando venne la sera stavamo ancora uniti noi due.
Poi la notte, zigzagando tra le betulle, venne a giacere
ai nostri piedi; e noi parlammo a lungo
senza vederci, perché tutto di noi sapevamo.
Giunse il momento di parlare di morte e tu mi dicesti
come avresti voluto andare, guardando il cielo.

Qui, nel mio arido Nord, dove ho trasferito
la mia anima scabra,
di antico ho portato le tue parole di sempre,
aperte dentro il mio cuore.
Il colore dei capelli e degli occhi è mutato:
abbiamo entrambi una mano
sul cuore, e la vecchiezza non più una promessa.
"E i figli?" Tu chiedi.
I figli invaderanno la stanza
dove ci siamo chiusi per morire.
Non come cervi adulti che abbandonano
il decaduto capobranco. Non così.


SECONDA PAGINA - Partenza come fuga

Il gallo ha cantato ancora tre volte:
era il giorno del pentimento, 
nessuno ha chiesto di me.

Ma era scarna la mia valle, e il pane e il vino
si erano pietrificati sulla nostra tavola.

Soltanto a te, tenerissima madre, era rimasto
uno sguardo pietoso per il figlio esule,
vagabondo e insicuro.

Aggrappavi i tuoi occhi alla schiena del figlio
fuggitivo, tenerissima madre, senza una croce,
una parola santa, un pane biondo
nelle tasche;
e il vecchio quaderno lì sul tavolo
della cucina, con una dedica a te
di pochi versi scritti in fretta a matita.

Sulla mia vecchia strada hanno gettato nuovo asfalto.

Non chiedere di me, mamma.

Dovrà cantare ancora mille volte il gallo
perché il vento notturno ti porti
la mia voce mutata.


TERZA PAGINA - Sull'antemurale del porto

Soffia bruma e lacrime notturne
il vento di levante sui nostri scogli marciti;
tu lo ricordi, padre, io e te soli tra il fischio cieco
del vento, nel fremito dei lampioni arancione
le nostre ombre giganti, una manciata di salsedine sul
collo e il petto ignudi, gli occhi pieni di spazio.

E si sentiva
modulato
il colloquio dei morti;
un lamento per chi non sapeva:
per me, per te un'attesa, o meglio un vaticinio,
e tu coglievi di spuma in spuma lo sbalzo di quelle
alternanze di silenzi e di voci.
Era un antico messaggio che stava sospeso nell'aria,
il paradigma segreto della nostra vita comune,
che custodiamo nel cuore:
era quando tornasti dalla guerra.
In disperato silenzio
stringevi al petto mia madre, ma era me che cercavi
nascosto nell'ombra della stanza.

Ora che lentamente hai disceso la strada
del tuo colle, quale
ricordo tu porti via di me?
Quale dei nostri giorni passati insieme?
Quali parole, quali gesti e quali immutabili dolori?

Cosa sai tu ora di me?

Io, che me ne resto qui
nella patria degli altri
naufrago nella mia pigra indolente paura, 
non posso rivelarti niente.

A cavallo di un muro ai margini della tua collina
ormai ti vedo, e non hai ali, 
né uccelli migratori né rami freschi
in viso.


QUARTA PAGINA - Conclusione

Appeso a una parete vuota pende
il mio silenzio vecchio.
Ora che sono solo
le mie mani stanno aperte sotto le nuvole, il mio
cuore è largo come una vela scarica
in attesa di vento,
sconcerto e disperazione
restano attaccati
ai manifesti murali della mia vita
diroccata e priva d'ombra.
Ora che sono solo
io vado tra fiori inesplosi
e uve acerbe; 
ma vado.





14 commenti:

  1. belle...intense e commoventi. Come se ognuno di noi, leggendo queste righe, abbia vissuto i tuoi stessi momenti di modo che i tuoi ricordi diventano i nostri ricordi..

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    1. Maria Grazia sei forte! Non sai il complimento che fai ad un poeta. In fondo questo è la poesia: suscitare con le proprie emozioni altrettante emozioni, coi propri ricordi i ricordi di ciascuno dei lettori.
      Sono così commosso che scrivo in italiano, parlando con te, pensa un po'. Gattonero direbbe: "qui la cosa si fa seria".
      Ciao.

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    2. enfatti avevo scerto de scrivete in italiano proprio pe fatte capì quanto me avevi emozionato..e te ringrazio per fatto che me dichi che so forte...ce lo sapevo già però..:)))

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    3. E io ce lo sapevo che te ce lo sapevi, mo penza npò si n'omo deve da dì a na donna quant'è forte e lei jarisponne chi io?
      L'emozzione teviè su de sotto de sopra dar davanti e dar didietro in tutte le lengue e li dialetti, ma certe vorte la lengua pura de la matrepatria te dà più giovamento ner dilla nzomma ha capito no?
      Ciao Mariagrà, è sempre npiacere leggite.

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  2. Hai detto bene, la cosa si fa seria, ma non per il tuo italiano. Si fa seria per me, non posso accettare di emozionarmi (commuovermi) leggendo Topolino, e poi trovarmi "questa roba" avanti gli occhi. E' quasi mezzanotte, se sogno questi versi ti denuncio per circonvenzione d'incapace. Ho sospeso, momentaneamente, la lettura della "vecchia roba" per mancanza di tempo. Già il poco che ho letto mi fa girare dolcemente le palle: te l'ho detto, odio commuovermi, un sentimento notoriamente ìndice di vecchiaia, e ai vecchi nulla urta di più che sentirselo dire. Pensa dirselo da soli, che figura...
    (Ahem, salai talmente lusingato dal commento che manco falai caso a una domanda d'attualità, ti giulo di un'innocenza che Alakim se la sogna: col cinese come te la cavi? OK, ci sono plecedenti un cui una vecchia signola ha dato il suo ampio petto, folnito di capezzoli a polipo, a un alabo poi finito maluccio, ma i cinesi sono il nuovo che avanza, ed è pul velo che 'pecunia non olet', ma, cazzo, con quello che lende il petlolio ploplio i cinesi doveva sdoganale? Così, in un paese di seimila abitanti, negli otto negozi cinesi, già stamattina della tua squadla c'ela fuoli di tutto, esposto manco fosselo colori lolo. Va da sé che è tutta invidia, comunque pellomeno 'folza intel' in cinese lo devi impalale. Che pel un lomano intelista è uno schelzo).
    Ciao, peldona lo sgalbo.

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    1. Sempre uno alla volta, micione.
      Leggi la poesia e ti emozioni: mi sta bene, con tutto il rispetto, perché è quello che una poesia deve fare.
      Leggi l'antico e ti emozioni e ti ci incazzi pure, perché dici che la commozione sia un sentimento indice di vecchiaia (sic!).
      Ma cosa dici mai!
      Emozionarsi per leggere Topolino non significa essere sciocchi, bensì avere il cuore tenero, pronto ad emozioni quali che siano, perché la parola deriva alla lunga da emotus participio passato di emovere, scuotere, tirare fuori da.
      Quindi.
      Io mi commuovo per niente, mi vengono lacrime dentro. Vorrei buttarle fuori, ma la mia cultura iniziale -da ragazzo- assolutamente maschilista, me lo impedisce.
      Ero un "balilla" io, non te lo dimenticare; non puoi capire, se non l'hai passato, quale bombardamento intellettuale fosse, per un ragazzino di sette otto anni sentirsi dire "tu sei un uomo, sarai un soldato, non devi fare come le femmine".
      Io comunque non me ne vergogno ad ammettere di essere emotivo e non mi sento vecchio per questo.

      Secondo tomo: la cinesità.
      Da interista ti parlo col cuore in mano.
      Appena ho visto quella maglia ho inorridito: ma che cazz'è sta roba? I colori nerazzurri relegati a mostrine sulle manichine, E non avevo combinato i pantaloncini rossi! Ieri sera a Spalato mi sembrava chje giocasse il Liverpool.
      Un sospetto m'era venuto che ci fosse sotto una questione di sponsor, ma mai, ripeto MAI, avrei pensato ai cinesi, proprietari di un congruo pacchetto azionario.
      Adesso, che Moratti faccia un doppio colpo -apertura di un mercato per la sua azienda e liquidità per la sua squadra, a me può anche andar bene. Chi se ne frega da dove arrivano i soldi, direbbe la massa; ma io no.
      Mi sarebbe piaciuto un socio italiano grosso, e ce ne sono, ma cinese. Va beh che noi abbiamo in squadra di tutto, meno che italiani e Nagatomo è un bel giocatore, ma insomma, ci devo ancora fare la bocca.
      Se poi adesso nei negozi cinesi ci trovi quella maglia strombazzata da per tutto non ci si può far niente.
      Qui impera il dio danaro e da dove viene è sempre il benvenuto.
      Che schifo!
      Comunque ieri sera mi è piaciuto l'approccio di tutti alla partita, il volerla fare e non subirla. Però manca ancora qualcosa per il campionato italiano.
      Ciao, ti peldono lo sgalbo, anche se mi gilano le palle: me le glatto e liglatto e via.:DD

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  3. Dal fondo: pensa a noi che per un'annata ci siamo ingozzati di cioccolata, che solo decenni dopo è venuto fuori che fa bene; allora fu solo purgativa.
    E il purgativo mi porta ai Balilla: no, sono venuto al mondo verso la fine di quella "epopea", ma dieci anni dopo, dove mi trovavo in cattività, a ginnastica ci facevano ancora indossare le magliette bianche con ONB stampigliato. Erano di un buon cotone autarchico, i cinesi erano ancora lontani.
    Da ciò deduco che sei 'meno giovane' di me, il che mi consola e mi incita a tenere duro. Mi hai fatto venire in mente il mio ultimo cambio del posto di lavoro; senza fare domande, senza raccomandazioni, senza capacità particolari (secondo me, lo dico e lo ripeto senza falsa modestia), senza studi e con un'età che avrebbe dovuto escludermi a priori, ero stato chiamato a far parte dello staff di un gruppo che, nel suo genere, era il massimo.
    Gli ormai ex colleghi mi avevano fatto avere una lunga lettera, osannante la mia ascesa nell'alto dei cieli, in cui una frase mi è rimasta scolpita nella mente: "Ci sei di conforto, perché se ce l'hai fatta tu sappiamo di potercela fare tutti". Era, ovviamente, scherzosamente ironica, e mai sapranno quanto, invece, fosse veritiera.
    Ecco, tu mi sei di conforto, in vista dei miei anni a venire, e, se permetti, stavolta me le glatto io.
    Ciao, buona giornata.

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    1. Siete stati addirittura i progenitori, i trascinatori di questa epoca: Il "Torino Talmone" ha fatto sganasciare dalle risate mezza Italia, ma da lì è cominciato tutto.

      Ho fatto le gare della G.I.L. con la maglietta con su scritto "Opera Nazionale Balilla". Che tempi! In casa nessuno parlava di politica per paura che noi ragazzi lo andassimo a raccontare in giro.
      Sì, sono meno giovane di te. Quando ero un giovanotto mi facevo schifo: guarda qui che faccia da buono; guarda qui che braccia secche; guarda qui che scapole sporgenti. Avrei voluto essere 10 centimetri più alto, cioè 1,92, pensa un po'. Adesso che ho un figlio di 2,02 mi devo sentir dire che avrebbe preferito essere alto come me!
      Vestivo sempre di grigio, con scarpe nere. Forse mi sentivo troppo giovane e volevo sembrare più vecchio, chi lo sa che mi frullava nella testa.
      Adesso, a 78 anni e quasi sei mesi, mi sento dire: "Ma come fai ad avere una nipote di 24 anni? Quando ti sei sposato?". Non gli rispondo "a 29 anni" per non farli restare male.
      Siamo una famiglia dove gli anni non vengono rivelati dalla faccia rugosa o altri guai, ringraziando Dio; mio padre, prima di un intervento operativo devastante, aveva 59 anni e io 23, e ci prendevano per fratelli.
      Non sono mai stato un vanitoso, anche perché il mio ideale di bellezza era un altro e perché ho sempre pensato che la bellezza per un uomo fosse un orpello. "Devono guardarmi e tenermi in considerazione per quello che ho dentro la capoccia e non fuori la facciata".
      Però adesso faccio un po'la cocotte quando qualcuno si meraviglia della mia età. Si vede che sto invecchiando, da queste fesserie.

      A me è successo l'inverso. A 35 anni sono stato inviato in Germania da una azienda italiana a preparare il terreno per l'apertura della gemella tedesca. Avevo a che fare con l'Ambasciatore, con l'addetto commerciale dell'Ambasciata italiana a Bonn; con il Console Generale di Francoforte, dove avrebbe dovuto sorgere la prima fabbrica.
      Non ti dico le facce dei miei colleghi, apparentemente più preparati di me e le maldicenze che si saranno inventati.
      L'Ambasciatore non disse nulla; lesse le mie credenziali e non batté ciglio. L'addetto commerciale invece se ne uscì con una frasetta da democristiano: "I suoi dirigenti avrebbero dovuto mandare un elemento più esperto e più anziano di lei", sottinteso e non uno sbarbatello magari chissà quanto raccomandato.
      Estrassi il mio passaporto e glielo misi sotto il naso.
      Letta la data di nascita mi guardò.
      "Cavolo, non l'avrei mai detto".
      Non se ne fece più niente, non conosco i motivi reali.
      Non avrei mai potuto credere che solo due anni dopo sarei arrivato in Deutschland con sole 1500 lire in tasca. La grande azienda aveva chiuso i battenti; io avevo intrapreso una carriera commerciale che non mi competeva, era andata male e quindi ci provavo la seconda volta, da emigrante.
      Non mi ero esaltato la prima volta e non mi sono depresso la seconda. Io sono io, così come sono, nel bene e nel male.
      Per arrivare alla mia età hai bisogno come minimo di altri dieci anni, se ho capito bene. Fai bene a glattalti con entlambe le mani; anzi glattati a pelle che funziona meglio.
      Però sappi che quando sarai arrivato a questa età (glattati un altla volta) ci sarò io a prenderti in giro (e adesso se pelmetti me le glatto io a pelle)!!
      Ciao, micione; buona giornata a te.

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    2. Il giorno che deciderai di fare un post con l'elenco telefonico pari pari, lo leggerò con lo stesso gustoso piacere di come leggo questi tuoi racconti vissuti.
      Il distacco da te in fuga è solo di sette, ma non mi aspettare (ricordi? "Chi si ferma è perduto"), spero che rimanga tale il più a lungo possibile.
      Dalla Cina pare sia arrivata una mezza smentita, incrocia le dita, magari è stata una boutade di qualche giornalista sportivo per distrarre l'attenzione da un processo in corso, con richiesta di condanne pesantucce.
      Vedo che hai tre blog, tutti intestati Vincenzo Iacoponi; uno, questo, brillantemente attivo, gli altri due vuoti come due palloncini gonfiati ad elio. Perché uno dei due non lo dedichi a poesie, o testi, esclusivamente in romanesco? Sono certo che ne hai una caterva e sono lì inutilizzate. Ovviamente dovresti cambiare l'intestazione, ma sarebbe già sufficiente "Enzo Iacoponi", per distinguere il blog in quelli da seguire. Lo so, Trilussa e Belli ti ostacoleranno, ma il fisico per fregartene di loro ce l'hai. Pensaci.
      Ciao, buona serata.

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    3. Allola vuoi ploplio che me li glatto tutto il giolno. Ma tu sei matto! E chi ti vuole aspettale! No, no, vado avanti e tu colli colli e non ti felmale mai!:)))
      La smentita l'ho letta da qualche parte, ma ti dirò che questo fa parte della prassi diplomatica, insomma della manfrina quotidiana. Forse non vogliono farlo sapere, ma io non credo che Moratti si sia inventato tutto. Tante sono le cose da mettere in conto al Morattone, ma gli imbrogli da bottegaia no.
      Storia dei tre blog.
      All'inizio ho fatto un tale casino che me ne usciva sempre uno nuovo e non riuscivo mai a trattenerlo il tempo necessario per postare una fesseria qualsiasi.
      Manuel Rocchi, alias LeNny, alias Sfrenzy Channel, amico mio e della mia stessa religione nerazzurra, mi ha dato tanti consigli e suggerimenti, ma allora non ci conoscevamo ancora.
      Tu mi consigli di aprirne almeno un altro per le poesie in romanesco. A Piè io faccio na fatica a tenenne operto uno e tu me voressi fanne oprì n'antro? Manco a li cani!
      Comunque come si dice, ce devo da penzà.
      Grazzie der consijo e de legge le cose vecchie che avevo scritto.
      Buona giornata a te.

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  4. Appoggio il gatto. E scusate stavolta sono io che mi intrometto nelle vostre chiaccherate...Vincè tu a me hai detto che ce ne vorrebbero di donne come me...in realtà ce ne sono, anzi siamo, tantissime..ma io vorrei invece che ci fossero tanti giovani che, in questa bellissima terra che è l'Italia, dedicassero meno tempo al telefonino e si mettessero li davanti ad ascoltare come era ai vostri tempi, di quanto le cose sono cambiate, di come quello che vi sembrava impossibile è diventato realtà, e dei vostri sogni avverati o dimenticati. Le più grandi ricchezze che abbiamo sono giacimenti di menti lucide, magazzini di ricordi e la possibilità di esportare sogni..Buona lunga vita a tutt'e due...

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    1. A Mariagrà, c'è una cosa che è andata completamente perduta -ce ne stanno tantissime, ma questa me ce coce-: quando eravamo ragazzini noi le nonne stavano tutto il giorno a raccontare storie e noi lì come bambolotti a bocca aperta a sentirle. Quando poi il mio papà raccontava della guerra, noi non facevamo un fiato. Adesso i miei due nipotini per due minuti mi ascoltano -più la nonna che me- poi mi strillano "cartoni", che non vuol dire che vogliono sbaraccare, ma che vogliono vedere i cartoons alla TV. Punto.
      È rimasta solo una persona che ascolta le cose della mia gioventù e di quella della madre, ed è mio figlio Federico, quando ha la luna buona, cioè due ore ogni dieci anni.
      Anche l'altro mio figlio Alessandro mi ascolta, con una orecchia sola, poi se ne esce con certe battute che io gli staccherei la capoccia!
      Delle due femmine nemmeno parlare: Monica mentre parlo le si vedono attraverso gli occhi passare le immagini di quello che sta pensando. Io mi fermo di botto e le chiedo: "dimmi le ultime tre parole che ho detto". Rimane a bocca aperta, oggi che ha la tua età come quando era piccola.
      Stefania invece, appena apro bocca ed inizio un discorso, ne comincia un'altro totalmente diverso rivolgendosi a sua madre, cioè non a me.
      Che je faresti? Un cazzotto su la capoccia e via er cervello drento a le mutanne.
      Non sono d'accordo con te che ci sia l'inflazione di donne come te.
      Ciao Mariagrà, buona giornata.

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    2. e allora..va buò! Io per mia natura non amo che me se facciano tanti complimenti, non lo so perchè..forse da piccola non me ce hanno abituato, forse perchè de cazzate ne ho fatte e allora solo io so come sono..e cosa più importante è che io ho una paura del diavolo di deludere gli altri. Allora, me dico, se mo questo/a pensa de me tutte ste cose belle io prima o poi finirò pe faglie cambià idea...e poi lo penso davvero che ci stanno donne che so meglio de me...magari non tante tante....:DDD

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    3. Sì, poche poche. So quelle poche che cianno er difetto che ciai tu, quello de sentitte na pezza da piedi zozza. Eccheccazzo Mariagrà! Te sminuischi troppo. E mo vai a penzà si questo mo me se loda poi je faccio cambià de sicuro idea co na cazzata...e prima tu falla la cazzata, poi vedemo.
      Voi n'antro consijo senza pagà na lira? Godite la vita che è bella assai e quanno finisce nun te la ridà più nissuno.
      Ciao Mariagrà, salutime a Gaetano.:DDD

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