martedì 14 maggio 2013

14 MAGGIO 1943

Erano le 15 passate di una bellissima giornata solare, come la gran parte dell'anno capitava e capita a Civitavecchia. Avevo già finito di fare i miei compiti del giorno, sempre stato veloce nell'adempiere a questo dovere, e stavo affacciato alla finestra della nostra cucina a guardare alcuni miei amichetti che facevano un gioco chiassosissimo nel nostro cortile. A un tratto, senza alcun motivo, tutti si sono fermati e chetati: si guardavano l'un l'altro muti. Successe come d'estate quando le cicale sui gelsi improvvisamente smettono le loro canzoni: qualche attimo dopo avviene un evento, quasi mai gradito.
Così quel giorno, un mercoledì se non ricordo male. Guardai senza sapere il perché verso l'alto e vidi una specie di pisello scuro scendere velocemente non troppo distante da dove stavamo, un mezzo chilometro, ecco. Non lo sapevo, ma quella era la prima bomba americana che scendeva sulla mia città, ancora intatta.
L'esplosione credo sia rimasta non solo nelle mie orecchie, ma che si sia intrufolata nel mio DNA: la sento ancora come allora, un suono lacerante, di lamiera che si contorce, di vita che se ne va velocemente.
Dopo quel primo pisello scuro una serie di suoi fratelli e di scoppi laceranti, mentre un fumo altissimo e nerissimo oscurava la luce del sole: non lo vedemmo più fino all'indomani.
Una mano poderosa, quella di mio padre, mi afferrò per la collottola portandomi via da quella finestra verso l'interno della casa; non sufficientemente in tempo da non vedere saltare in aria la casa di fronte, non più di duecento metri in linea d'aria, dove abitava Marcellino, il mio migliore amico e la sua famiglia.
Si doveva raggiungere il rifugio nello scantinato, come imponeva la propaganda alla radio ogni giorno, ma le bombe erano in volo sopra di noi, scendevano assai veloci e non c'era il tempo. Rimanemmo nel corridoio, tutti abbracciati, laddove per la mia incoscienza infantile io ero quello meno terrorizzato di tutti: mi affascinava  il dondolio del corridoio, da destra a sinistra e di nuovo a destra, una specie di quel che era successo un anno prima sul battello che da Napoli ci aveva portato a Capri, a casa di zia Maria, la sorella di papà.
Ma sovrastava quasi i boati delle bombe la stridula voce acutissima di zia Giulia, la sorella di mamma, capace di prendere le note più alte senza sbagliarne una, che ammucchiava singhiozzi, lacrime e maledizioni per gli aerei nemici che ci volevano morti.
Dopo 13 minuti, lo disse papà che aveva guardato l'orologio al primo botto, tutto finì.
Per alcuni lunghisimi secondi rimase sospeso nell'aria un silenzio surreale, poi il dolore della popolazione si espresse in una serie di urla e di richiami.
Io chiesi a papà di portarmi a vedere cosa fosse successo al mio amico: la sua casa non c'era più, per metà un cumulo di macerie fumanti, per metà una buca profonda sul cui fondo c'era acqua nera e sporca.
Arrivarono i pompieri e tutti gli uomini, chi con una pala chi con le mani, scavarono per ore.
Prima tirarono su la mamma di Marcellino, morta; poi suo padre anche lui morto; poi la sorella di quattro anni, morta anche lei. Marcellino lo trovarono per ultimo: non volevano farmelo vedere, ma io lo avevo capito dalla sua immobilità che non poteva essere vivo.
È in suo onore che scrivo queste righe. Oggi avrebbe avuto la mia età.

18 commenti:

  1. Ricordo triste, tristissimo ma bello.
    Quelli della tua generazione dovrebbero tutti scrivere un libro coi propri ricordi, perchè
    quello fu un momento tragico della nostra storia, quando essa entrò nella vita delle persone senza bussare, a caro, carissimo prezzo.

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    1. Qualcosa scriverò se a fine mese le mie cose dovessero andare a buon fine. Ho già il titolo: "E di donna che non vuole essere nominata", che era la dicitura che il segretario comunale apponeva nella casella "e di" intendendo la madre. Se la madre non fosse stata coniugata col padre del piccolo, rischiava tre anni di carcere e che suo figlio prendesse il nome del marito, anche se stava a centinaia di chilometri da anni. Legge non fascista ma vatikanista, dal 1929.
      Mia mamma era separata dal marito e conviveva con papà. Si sposarono molti anni dopo.
      La storia riguarda appunto mia madre, più che me.
      Se tutto va bene la leggerai.

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  2. Un ricordo straziante e commovente. Chi ha conosciuto le bombe e la distruzione, da bambino, meriterebbe di essere risarcito con la pace nel mondo, per sempre. Invece, purtroppo, non è così. Che delicatezza il ricordo di Marcellino!
    Un caro saluto Nina

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    1. Hai perfettamente ragione; la pace del mondo intero per tutti i bambini privati della loro fanciullezza e innocenza dalle guerre.
      Lo sai che noi bambini -anche i grandi però- camminavamo col naso per l'insù. Cercavamo nel cielo: era da lì che veniva la morte. L'ultimo anno di guerra gli aerei americani erano un incubo: sparavano su tutto quel che si muoveva, e non avevano contrasto alcuno, potevano girare e ritornare e ritornare e sparare e sparare. A Valentano esiste ancora una immensa quercia che ha salvato la mia vita e quella di mia mamma. L'americano ci ha girato tre volte intorno da angolazioni diverse mitragliando, e noi a farci scudo con l'enorme tronco.
      Certe cose non le dimentichi più.

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  3. Le tue parole raccontano una realtà, una tragedia che grazie a Dio non ho mai vissuto

    Chi come te ha perso affetti, amicizie nel modo che hai descritto portano nell'anima cicatrici che mai risaneranno

    Il tempo aiuta ad alleviare il dolore..ma mai completamente.

    Ogni anno, allo scadere di qualche data che ha segnato l'esistenza, riemergono i ricordi e dinanzi agli occhi appaiono nitide immagini che non sempre vorremmo rivedere.

    Da bambina mio nonno mi raccontava spesso della guerra e ti confesso che la cosa mi spaventava parecchio. Il mio terrore più grande era quello di vedere partire mio padre, da un giorno all'altro,per poi non vederlo più tornare. Perchè era questo che mio nonno mi diceva..la guerra non perdona nessuno.

    La tua scrittura sa coinvolgere ed emozionare è molto bello leggerti

    Serena serata!

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    1. I ricordi tristi ciascuno di noi li sottera in un angolo della sua anima piena di cicatrici. Riemergono di tanto in tanto, per certe ricorrenze come questa, per l'appunto. Quel giorno morirono 2932 civili, sta scritto sulla lapide nel cimitero centrale. Su una popolazione di circa trenta mila anime fa il dieci per cento. Una mattanza.
      Serena serata anche a te.

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  4. Grazie anche a te per questi ricordi, gli altri li devo a mio nonno alla sua guerra , alla sua prigionia proprio lì in Germania da dove ora tu scrivi, vi ringrazio, sono ricordi commoventi, ma belli.

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    1. Sono ricordi che fanno ancora tanto male e lo faranno sempre, credimi. Quello che ritorna e che angustia tanto è il sapore agre della paura, che allora ci accompagnava passo passo.

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  5. A parte i ricordi che in famiglia sono molto forti, mi ha sempre molto colpito la descrizione che fa mio suocero su ciò che successe a lui.

    Vissuto da piccolino in campagna, mi racconta che lui aveva un nascondiglio dove pensava che si sarebbe potuto salvare dalle bombe che vedeva cadere, come se ciò avrebbe mai potuto succedere, si è salvato nonostante la sua innocente furbizia, le bombe lo hanno risparmiato,
    mentre mia suocera purtroppo ha perso il padre in guerra, uno dei tanti dispersi, nessuno di loro ha potuto neanche riabbracciare il cadavere.
    Forse la loro bontà d'animo è dovuta proprio alle loro esperienze, li amo molto entrambi!
    I bimbi se guardano il cielo dovrebbero vedere le stelle, il sole, gli uccelli, ma perchè non si riesce ancora a capire quando sia sbagliata la guerra!!!!

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    1. Anche io a Valentano, paese nel viterbese dove eravamo "sfollati", avevo una piccolissima grotta che era il mio rifugio personale. Ci correvo col fiato corto ogni volta che sentivo in alto quel ronzio odioso "whoooon...whoooon...whoooon...", che mandavano le formazioni di "fortezze volanti" americane -le chiamavano così- quando passavano sul nostro paesetto per andare a portare la morte in qualche città lontana.
      Guardo i miei nipotini quando osservano il volo degli uccelli in cielo e ci godo: il loro nonno ci andava cercando cacciabombardieri anglosassoni. Altri tempi.

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  6. Brutta data..oggi 4 anni fa moriva mio marito. I tuoi ricordi sono commoventi, perché sono nitidi. Molte volte mia madre mi racconta degli episodi e ricorda perfino gli odori...cose che non si dimenticano mai.

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    1. Aja Mariagrà, peggio de così nun potevi comincià. Giornataccia allora. Famose da parte noi che semo arimasti ar monno.
      La tu madre se ricorda de l'odori? Beata lei: io m'aricordo de le puzze, ereno tante. Li morti ammazzati puzzeno de più, ce lo sapevi?

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  7. Un abbraccio forte a te.
    E avrei voluto posare un bacio sulla fronte di Marcellino.
    Un altro bimbo che non è riuscito a far volare il suo aquilone sulla spiaggia.
    Io i bimbi che non ci sono più, li immagino sempre mentre corrono su di una spiaggia immensa e bianchissima.
    Ridono e il loro aquilone vola altissimo in cielo.
    Estremamente felici, come tutti i bambini dovrebbero essere.
    Sempre.

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    1. È vero! I bambini dovrebbero correre sulle spiagge infinite del mondo lasciando volare altissimo il loro aquilone colorato, senza che venga mai sera. Invece niente. Ancora oggi ne muoiono a centinaia, ammazzati da guerre stolide fatte da uomini violenti e stupidi.
      Non hnno ancora imparato nulla e quel che peggio non impareranno mai.

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  8. I ricordi che coincidono con una data precisa sono come fotografie, nitidi nei dettagli, e sono sempre in bianco e nero, persi i colori col passare degli anni.
    Pensavo, leggendo: i nazifascisti ci macellavano perché era nel loro dna farlo; i cosiddetti alleati lo facevano per liberarci, e non è che andassero tanto per il sottile neanche loro.
    Ma era fuoco amico, e forse morire per mano degli amici è meno mortale che quello del nemico.
    Ciao, bel racconto, bella fotografia, per niente ingiallita dal tempo trascorso nella soffitta del cervello.

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    1. Noi gli angloamericani li abbiamo odiati finché non sono arrivati a "liberarci" veramente, soprattutto dalla fame boia.
      Ricordo le loro cucine da campo che lavoravano tutto il giorno per sfamare una popolazione di qualche migliaio di persone, che non aveva quasi più mangiato negli ultimi tre giorni -durata dei combattimenti tra alleati e nazifascisti in ritirata- dopo aver mangiato pessimamente nell'ultimo anno di guerra, per noi il 1944. Ci dovevano dare tutto: la cosiddetta minestrina americana, che era una zuppa piena di vitamine anche buona da mangiare; la carne in scatola -mai viste scatolette prima di allora e questi avevano perfino le dosi di caffè già finito in minuscole scatolette, che mettevano nell'acqua calda- il pane bianchissimo mai visto prima. E poi tutti sotto la tenda dell'ospedale da campo adibito ad ospedale per la popolazione. A me curarono un ginocchio che mi ero massacrato tra un roveto dove mi ero infilato di testa per sfuggire a una mitragliata scaricatami addosso da non so chi, amico o nemico, uno che mi voleva ammazzare però. Voleva ammazzare un ragazzino macilento e affamato di 10 anni, pensa tu che razza di schifo che è una guerra. Ci ho pensato tanto in questi anni: secondo me era un ragazzo poco più vecchio di me, con le brache piene di paura, che sparava pure alla sua ombra. Questa è la guerra, gente.

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  9. L'umana pietà si unisce per questo post allo sdegno per la crudeltà delle guerre. Per combinazione in questi giorni su altra piazza virtuale un mio amico ricordava un bombardamento delle nostre terre del Ponente di Liguria, ma del 10 dicembre 1943.

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    1. Mi sembra di aver letto che nel 1943 gli alleati hanno effettuato il maggior numero di attacchi sul suolo italiano di tutta la guerra. Dicono che i primi fossero stati i nazisti a fare il terrorismo aereo, addirettura la legione Kondor in Spagna durante la guerra civile. Guernica è l'esempio dell'inizio della mattanza eternata dal genio di Picasso. Chiunque abbia iniziato lasciami dire che gli alleati, americani in primis che sganciavano senza mirare sugli obiettivi militari, non sono stati meno terroristi dei nazifascisti. Forse volevano provocare la reazione della popolazione civile. In fondo hanno fatto solo delle stragi di cui nessuno mai parla. Il diritto dei vincitori insomma.

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