venerdì 18 luglio 2014

ENAS GHERONTAS STEN AKROPOTAMIA *


A Giorgio Saferis

Ma bisogna pensare a come andiamo avanti:
ché sentire non basta.
Ma bisogna pensare dove andiamo,
non come vuole il nostro dolore,

cantavi tu in riva al lungo
fiume che nasce dai grandi laghi chiusi
in fondo all'Africa.

Io qui difronte al mio potamòs
antichissimo padre, tiranno,
divinità non consacrata e mai
sconsacrata, biondo, fuggente e caduco
dai mille volti di giorno e di notte,
mi stordisco e mi inebrio
nel ricordo delle mie stagioni più limpide.

Scorre der Vater Rhein come sangue
umano nelle vene e a me che fisso
senza paura né affanno lontano
per carpire dietro l'ultima ansa
il respiro fuggente della sua vita e della mia
lascia trasalimenti quotidiani
di minuto in minuto più rabbiosi,
pingui di noia per irrisolti quesiti,

a me, viandante irresoluto, cui la stanchezza
le vene aggrava di veleni, aiuta questo fiume grande
a misurare i giorni e la cadenza
delle notti dalle rapide schiume
che bordeggiano a riva e nelle erbe
più nuove si disperdono.

Così, proprio così, mi si disperde in cuore
un flusso di sentimenti che non oso
analizzare, timoroso delle risposte
a ipotizzati quesiti che mai porrò finché
lo sguardo non mi cada sull'ultima
ansa della mia vita.

E allora scorra pur via
lasciandosi dietro
il mesto dondolio
della mia solitudine diventata sabbia
mentre si squamano in pianto
queste sommesse ricordanze.


* Un vecchio sulla riva del fiume

Maximiliansau, 18 luglio 2014



6 commenti:

  1. Non so, questa poesia mi ha suscitato tanti pensieri diversi, insieme al vecchio per un momento ho visto l'imperatore Adriano a piangere il suo amato e perduto Antinoo sulle rive del Nilo mentre il rosso fiume del suo sangue di gelava nelle vene.
    Grazie per i tuoi versi, li adoro sempre!
    Baci

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Conosco la storia di Adriano e del suo amatissimo Antinoo. Ne parlavi tu sul tuo blog pochi giorni or sono.
      Giorgio Saferis è un poeta difficile ma che mi ha sempre appassionato. Per alcuni un piatto freddo, per me l'ultimo dei lirici greci, quelli antichi, Archiloco, Alceo, Pindaro, Bacchilide, ecco quelli lì.
      È sempre un piacere leggerti, ogni momento della giornata.
      Ciao Mel. Bacioni.

      Elimina
  2. Perdonami se ti apparirò "blasfema" col mio scherzoso commento, volevo solo dirti che io personalmente ho pensato bene dove andare: tra poche ore partirò per la mia Sardegna e volevo salutarti ed augurare anche a te serene vacanze. Un abbraccio, ciao! :)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Perché blasfema? Grazie per esserti ricordata di un vecchio amico non solo quando le cose vanno male ma anche in un momento di gioia come la partenza per la tua amata Sardegna. Salutamela e salutami Civitavecchia quando ci passi.
      Un bacione. Ciao!!!

      Elimina
  3. Cosa vorrebbe il nostro dolore? Che ci fermassimo forse, esausti e disillusi. Allora l'aiuto dovrebbe venirci dal pensiero e non dal sentire. O forse dal pensare il sentire, non lasciando che cada a terra, ma raccogliendolo e trasformandolo in movimento, in fluire.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Forse il nostro dolore vuole solo che noi soffriamo, condizione essenziale della vita. Ben altro il godere che dura poco, mentre il dolore regge a lungo.
      Non scambierei questa vita con un altra, anche senza sofferenze, perché sarebbe altro dalla mia, e non mi piacerebbe.

      Elimina