giovedì 21 gennaio 2010

Seguire i consigli degli amici prodest

Ornella ha ragione: un blog deve promuovere commenti. Se ne deduce che debba sollecitare emozioni; quindi non può essere un bollettino meteorologico, né una puntatona di Porta a Porta con Alba Parietti a mostrar le coscione.
Devo tenerlo sempre presente oggi che riparlerò del mio libro, anzi, solamente dei due personaggi maschili, Terenzio Mauteri ed il narratore della storia, di cui, con un vezzo d'autore, non si conosce il nome. Terenzio lo chiama più di una volta "bello" e lo farò pure io, per economizzare spazio.
Bello è colui che narra le cose sue e quelle di Terenzio, quel che capita a Christine, a Marò, a Ima; insomma tiene insieme le fila del racconto. Bello non sono io, ma ha molto di me; accidenti della mia vita entrano nel racconto della sua vita; ha i miei pensieri, esprime spesso le mie opinioni.
Voglio subito chiarire un concetto. Questo libro non è autobiografico, non racconta la storia della mia vita, delle mie sventure e dei miei successi. Eppure se qualcuno mi chiedesse: "Iacoponi, questo tuo libro è autobiografico?", io gli risponderei "Ni".
Ogni autore è autobiografico. Non posso ambientare una storia in Finlandia, dove non sono mai stato; non posso costruire un personaggio senza dargli una base reale, togliendo a persone vere che ho conosciute, perché altrimenti il lettore si accorgerebbe che il personaggio è vuoto, fittizio. Coi personaggi maschili ti salvi sempre, perché sai come reagiresti tu in certe situazioni. Coi personaggi femminili è più delicato e complesso, perché delle tante donne che hai frequentato conosci l'aspetto esteriore dei loro atti, quello che loro hanno lasciato vedere a te uomo, ma non sai quali sentimenti fremevano dentro di loro. Come puoi descrivere il turbamento che avviene in una donna quando sente nascere l'amore dentro di sé non essendo donna? Come puoi immaginare e mettere su carta il tormento di una donna tradita, abbandonata? È un problema che tutti gli scrittori risolvono facendosi aiutare da collaboratrici. Fondamentale è che il personaggio sia credibile. Con questo si chiude il circolo e la divagazione.
Bello combatte e perde sempre con le sue donne: perde con la madre Ima, che lo disprezza ma si deve accontentare di un figlio un po' imbelle per non essere stata capace di produrre niente di meglio; perde con sua moglie Christine, coinvolgendola nelle sue angosce; perde con la sua quasi amante Angela perché mai riesce a decidere cosa voglia fare. Insomma perde sempre.
Come Terenzio, che è il suo alter ego e che perde con Marò. l'unica donna che veramente abbia contato nella sua vita. Le donne invece vincono sempre, anche quando muoiono.
È così strano che io descriva un mondo di uomini perdenti e di donne vincenti? No, perché sono realista e questa è la vita, ammettiamolo, maschietti; a meno che non vogliamo contraffare una vigorosa trombata per una vittoria.
Proprio questa mattina ho terminato di leggere il romanzo d'esordio di un collega di scuderia, Alberto Soana. Tre personaggi, due uomini ed una donna. La donna, Vanessa, è un'arrampicatrice sociale che sa sfruttare il sex-appeal magistralmente, senza contaminare i propri sentimenti. Claudio, un povero Cristo, intelligente quanto confusionario, che confonde una tenzone erotica con una battaglia intellettuale. Ludovico è invece un poveraccio innamorato come un bambino di Vanessa, che non lo scarica perché legata a suo padre.
Finisce in tragedia, ma Vanessa sbaraglia i maschietti su tutta la linea.
Io ho la mia età, Alberto non ha ancora 39 anni.
Voglio dire che non è per via che il ricordo di lotte senza fine ormai sbiadisce e rende i miei personaggi maschili dei perdenti; forse è la sensazione che due uomini intelligenti, che sanno guardare attentamente il mondo, hanno della realtà quotidiana. Forse questa realtà appare loro come una cappa plumbea sopra i tetti dei maschi.
Tornando a "Martedì", Bello e Terenzio si ritireranno soli sopra un isolotto del Mediterraneo in attesa della fine. Ma io il romanzo lo faccio terminare molto prima, mentre Bello si affretta per andare ad imbucare una lettera a suo figlio.
Un atto di amore paterno, un pensiero generoso, una riabilitazione, forse. Almeno nel mio immaginario, nella mia volontà di autore.

6 commenti:

  1. Eppure, Vincenzo, ci sono degli uomini che hanno dimostrato di conoscere alla perfezione l'animo femminile e quali emozioni fremano in noi donne, prendi per esempio Enrico Ruggeri che ha scritto la meravigliosa canzone " Quello che le donne non dicono" interpretata magistralmente da Fiorella Mannoia. Se hai la curiosità di conoscerne il testo cercala in "Angolo Testi" su google, poi segui le indicazioni.

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  2. Gliel'avrà scritta una collaboratrice...
    Sono andata a rileggerla, anche se la conoscevo, e la frase che trovo più veritiera è che le donne sanno nascondere il dolore. Gli uomini invece tendono a mostrarlo, a farsi compassionare, a volte anche a scrollarselo di dosso buttandolo addosso a te. E noi a volte siamo talmente stupide da non scansarci neppure.

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  3. La prima battuta me l'hai strappata di bocca.
    Ero venuto ai commenti per rispondere con le stesse parole ad Ornella, quando ho letto il tuo intervento.
    Omero dice nell'Odissea che gli dei mandano disgrazie e dolori agli uomini più forti, per gratificarli. È un po' l'insegnamento cristiano.
    E che fanno gli uomini? Mostrano le cicatrici agli altri uomini, come fanno i bufali e i leoni:tante cicatrici significano tante battaglie vinte. Ma con le donne hai ragione tu, ci lasciamo consolare.
    Non vi buttiamo il dolore addosso,però; ve lo adagiamo addosso e voi non vi scansate non per stupidità, ma per istinto materno, grazie a Dio.

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  4. Eh già, è il fortissimo istinto materno che mi ha fregato sempre e mi continua a fregare, altrimenti sai quanti vaffa....

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  5. Ce lo ADAGIATE addosso?
    E che differenza fa?
    Se mi ADAGIANO addosso un serpente, l'effetto finale è lo stesso che se me lo buttano, no? Mi sa che ha ragione Ornella: con la storia dell'istinto materno ve la passate comoda...
    Come la storia da te accennata che il dolore rende più forti, o quella che una vita di sacrifici lacrime e sangue ti fa conquistare il paradiso, tutte balle per fare accettare ai poveri la propria povertà e non far loro venire in mente di ribellarsi.
    Il mio bisnonno è morto suicida, malato di pellagra, a 42 anni. Non so sia andato dritto in paradiso, ma sono sicura che avrebbe preferito non nascere povero e vivere più felice.

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  6. Gettare dolore addosso mi fa pensare a palate di dolore e di veleno, Silvia. Adagiare è più soft, ammettilo. Non ti sto prendendo in giro, non me lo permetto: un figlio accosta una guancia che brucia di febbre sulla guancia di sua madre e lei...ne assorbe il calore. È un atto di amore da parte di entrambi.
    Gli dei di Omero mandano dolori e piaceri come pare a loro. Religione greca antica: io non la metto in discussione, ne prendo nota; ma è bello pensarla così. Sono un classicista incallito, pardon.
    Chi ha parlato di sacrifici e sangue per conquistare il paradiso? Io, dici? Letto un po' superficialmente. Io volevo dire che non solo la religione pagana, ma anche una religione di massa come quella cristiana afferma certi criteri. Non sono affatto d'accordo però con tali criteri.
    Mi dispiace per il tuo bisnonno. A volte, però, togliersi la vita non è un atto di viltà ma di coraggio; molto spesso, anzi.

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