giovedì 3 giugno 2010

GAMBETTO DI REGINA

Il pianeta Terra è un minuscolo pezzetto dell'Universo, un granellino di sabbia di tutta la spiaggia di Torvaianica. Eppure lì dentro sta concentrato tutto il male, tutto l'odio dell'insieme delle Galassie, e il poco bene, il poco amore che c'è a nostra disposizione.
È tutto un cavolo fritto dire: siate buoni, non fate del male agli altri, vogliate bene al vostro vicino, non gli mettete le dita negli occhi, insomma fate finta che non esiste, perché se poi lui vi sputa in testa tutte le buone intenzioni se ne vanno a puttane.
La cattiveria è fine a se stessa: se io sono un sadico, un violento, la tirerò fuori la mia cattiveria prima o poi, magari solo per massacrare una lucertola inerme.
La bontà non è mai fine a se stessa, ha sempre uno scopo: far del bene significa procurarsi un bonus, un vantaggio, poter chiedere qualcosa in cambio al beneficato, domani o dopodomani, insomma quando potrà tornarmi comodo.
Nemmeno pregare il proprio Dio è un atto di bontà fine a se stesso: se lo prego è perché voglio qualcosa in cambio, la vita eterna, la salvezza dell'anima, un posticino in un angolo del suo Paradiso.
Comunque, a conti fatti, i cattivi, i cattivissimi sono pochi; i buoni ancora meno. In tutto si e no il 5% dell'Umanità. Il resto sono i mediocri, gli eterni coglioni che non sanno decidersi tra il male e il bene. Vorrei tanto essere un cattivo, ma non posso; mi piacerebbe, ma non mi riesce.
Vorrei essere buono, ma non posso rinunciare a questo e a quello. Insomma, gente, ma perché non vi fate i cazzi vostri?
E il mondo è stato assemblato così com'è per i mediocri, cioè per quasi tutti noi. Tutto è stato organizzato per rendere più facile la vita degli incapaci, dei tentennanti, degli indecisi a vita, delle mezze seghe.
Basta guardare cosa ti combinano le Scuole guida, in Germania, in Francia, in Italia, dappertutto.
Arrivati ai 18 anni tutti devono prendere la patente di guida, anche quelli con i piedi di marmo e le braccia di mortadella. Perché poi tutti devono comperare un'auto e viaggiare, e consumare benzina, e motori, e freni e gomme.
Tutti, anche i deficienti cronici, gli impotenti, i drogati e i superstronzi.
Qualche anno or sono viaggiavo da Francoforte a Monaco di Baviera su un VW Passat guidato da una donna, Ursula, la giovane moglie di Pino, un mio amico. Uschi era fresca di patente e voleva mostrarci quanto fosse brava.
Ad ogni scalata della marcia, dalla prima alla seconda, dalla seconda alla terza e così via, si sentiva un muggito del motore un "UUUUUUUUUUUUHHHHH", come quando si dà gas tenendo la marcia in folle. Guardai in basso e vidi che Uschi col piede destro teneva costantemente abbassato il pedale dell'acceleratore.
-Fermati, Uschi -le dissi.
-Ho fatto qualcosa che non va? -mi chiese appena fermato.
-Devi sollevare il piede destro dal pedale del gas quando cambi le marce.
-Il mio istruttore mi ha insegnato così -rispose lei con le lacrime agli occhi.
Uschi era una donna intelligente: dopo pochi chilometri aveva imparato. Ma il metodo era chiaro: non obbligare nessuno a pensare, non creare difficoltà inutili. Le cose principali sono che imparino la segnaletica e non facciano spegnere il motore nel traffico.
Siete idonei per la patente: andate e comperate auto; andate e moltiplicatevi, imbecilli miei.

Questa è la vita, adattata e resa fruibile alle mezze tacche.
Come una partita a scacchi giocata da due scacchisti assai scarsi.
Come per miracolo dopo una mezzora di gioco i pezzi cono distribuiti sulla scacchiera in modo esemplare.
"Oh mio Dio! -pensa il giocatore col bianco- sto giocando una sempreverde"
"Oh mio Dio! -pensa il giocatore col nero- sto giocando una sempreverde insieme a lui"
Tutto così perfetto: mosse e contromosse brillanti entrambe -ma che dico- geniali entrambe.
"Entreremo nei testi delle enciclopedie russe e americane sul gioco degli scacchi" pensano i due giocatori.
-Idioti! Imbecilli! Cialtroni della scacchiera!
L'urlo prorompe dalla bocca del grande maestro internazionale, che è passato dal circolo per vedere sta sempreverde.
Tutti tacciono e trattengono il fiato.
-Tu bianco -grida il grande maestro internazionale- non ti sei accorto che la tua casella H1 è nera?
Occhiata sgomenta del bianco alla scacchiera.
-E tu nero -grida ancora il grande maestro internazionale- non ti sei accorto che la tua casella A8 è nera?
Occhiata di terrore del nero alla scacchiera.
-Siete due idioti -grida il grande maestro internazionale e sferra un calcio alla scacchiera, facendo volare tutte le figure sul pavimento.

Questa è la vita, gente: quando pensi di averla fatta franca lei ti rincorre, ti raggiunge, ti demolisce. Il giocatore bianco e il giocatore nero pensavano di giocare una splendida partita di donna, un "Gambetto di regina", mentre avevano sistemato la scacchiera alla rovescia e non stavano giocando un bel nulla.

2 commenti:

  1. Io sono un mediocre giocatore di scacchi, e più pessimista di te sull'umanità: la penso come quel filosofo che sosteneva "La maggioranza degli uomini è cattiva", anche se spesso è una piccola cattiveria, meschina e quasi impotente (per fortuna), che si sfoga sui figli o su cani e gatti, con violenze psicologiche e gretti abbozzi di sadismo spicciolo...
    Anch'io come te vorrei essere cattivo almeno con chi lo merita, almeno per legittima difesa, ma mi riesce difficilissimo: nel mio dna c'è scritto GENTILE, INGENUO E PURE UN POCO COGLIONE...

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  2. Nik, in fondo essere coglioni è una risorsa. Pensa che anche io vorrei essere cattivissimo, spietato, che fa tanto storia antica e meno antica; che ti mette sul proscenio della storia e della cronaca; che ti fa sentire indistruttibile.
    Per poi trovarmi a rischiare la pellaccia per salvare un cagnetto che si è allontanato dalla sua padroncina, una bambina di sette anni, e che sta in mezzo a una strada.
    Non c'è niente da fare: non siamo nel 5% dei cattivi, cattivissimi e dei buoni buonissimi, che poi diventano primi ministri. Siamo nel gruppone dei minchioni.
    Si va su piano piano, sculettando sui pedali, per raggiungere la vetta e scollinare verso la cena, sufficientemente meritata.

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