domenica 13 novembre 2011

VI GIURO CHE È L'ULTIMA - PER ORA

La punta del chiodo si è allungata, è diventata un trapano e mi ha trapassato il cervello, là dove ha sede la memoria. Mi è venuto su un ricordo, che ho un pochino trasformato con la mia fantasia per vizio congenito di poeta, di narratore, di chiacchierone, fate voi, scegliete voi, a me va bene tutto.
La dedico ai miei amici e lettori più assidui e agguerriti.
Buona lettura.


SI CHIAMA, SI CHIAMAVA GIULIA

Una serata di quelle dove non trovi palo
e non s'è battuto chiodo per tutta la settimana;
piove, fa freddo, mi toccherà tirar mattina
finché c'è benzina girando per tutte le strade
di questa città che non ha mai fine
e all'alba per rabbia una marchetta da cinque
mila lire, e son rimaste le ultime tre marlboro
nel pacchetto e una gran voglia di spaccare tutto.
A una fermata dell'ATAC sotto un ombrello giallo
aspetta un autobus che la riporti al centro, o all'inferno.
Belle gambe, slanciate, vita stretta, deve essere
giovane, stava di sguincio, seminascosta dietro
il cartellone degli orari delle corse e per un pelo
la mancavo, per questo ho frenato troppo lungo,
ma adesso giro nella piazzetta e torno indietro.
"Che fai lì sotto l'acqua? Non passa più
stanotte. Sali, ti do uno strappo". Si gira,
mi mostra il suo bel culo, si vede bene sotto
il cappottino attillato, e lei lo sa.
"Dai, monta ché fa freddo".
"Guarda che vado lontano". Apro la portiera,
allungando un braccio. "Guarda che sto
a Forte Boccea". Mi sto bagnando la mano
ma resto lì tutto storto. Chiude l'ombrello
e entra. Ha un buon profumo e una gran
bella bocca. Gli occhi due lampi neri.
Se incominciava così come potevi pensare
che sarebbe durata otto anni? Si chiama,
si chiamava Giulia e quasi ci facevo un figlio.
La prima notte non è andata a Forte Boccea,
al Tiburtino avevo un miniappartamento,
niente vasca da bagno, solo doccia,
ma grande da starci dentro in due
di prima mattina, dopo che si è svegliata.
"Che ora è?" Dentro un unico accappatoio
tutti e due a girare per il cucinino per preparare
la colazione e poi per mangiarla, appiccicati
lungo tutto un fianco che è diventato bollente.
"Alle otto devo stare in ufficio a Prima Porta"
"E dove?" "Proprio lì dove mi hai rimorchiata".
Quasi otto anni interi e quasi un figlio, in una
casa più grande a Porta Maggiore.
Si chiama, si chiamava Giulia.
Se n'è andata una mattina senza lasciarmi
nemmeno due righe, ma oramai
non aspettavo altro:
litigavamo ogni giorno.

17 commenti:

  1. E meno male che il figlio è rimasto dov'era.
    Litigare ogni giorno non è un buon motivo per lasciarsi. Dipende per cosa si litiga.
    Il motivo sarà stato l'accappatoio, che alla fine a starci in due si è strappato.
    Lei ne voleva comprare due, uno azzurro e uno rosa, lui insisteva per un unico capo XXXLLL blu, osceno.
    Alla fine, sono queste vostre scelte oscene, che noi donne non vi perdoniamo. :)

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  2. Penso che se quei due fossero rimasti dentro un unico accappatoio non avrebbero litigato mai. Il fatto è che la prima cosa che voi donne fate è la divisione dei cassetti e delle ante dell'armadio. È un errore colossale. Fate come facciamo noi: una gran caciara con tutto incasinato, ma felicemente incasinato. Tutto bello mischiato, roba tua roba mia, insomma ROBA NOSTRA. Quando incominci a dividere calzini e mutande, dividi pure quello che normalmente dovrebbero contenere.
    Questo ti fa capire -dai che sei intelligentina- una delle grandi diversità, tra uomo e donna, che porta a complessità di personalità di certe donne e di certi uomini, che poi diventano o dovrebbero/potrebbero diventare personaggi di romanzi.
    C'è una sola diversità che conta. Te l'ho già scritto una volta. I francesi dicono: "vive celle petite difference". Solo quella unisce, tutte le altre "difference" portano allo scontro.
    Grazie del commento, comunque molto pepato e carino, e -pourquoi pas- molto gradito.

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  3. Giuri che è l'ultima? Se è per me ne puoi postare una al giorno... Anche questa era puro Zio Buk...
    Buona domenica, mon ami.

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  4. Nik, mentre la rileggevo, dopo averla corretta qua e là, ridacchiavo pensando a te e a zio Buk.
    Quando rievoco fatti veri accadutimi, anche se ben impastati a cose inventate, mi viene fuori automaticamente questa cadenza bukowskiana. In fondo, volere o volare, appartengo alla beat generation e me ne vanto.
    Buona domenica anche a te, anzi, vista l'ora, buona settimana, amico mio.

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  5. Se non ritratti quel diminutivo d'ora in poi ti chiamerò iacopino.

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  6. Mi sono perso qualcosa? Perché l'ultima? ^____^

    Ciao amico mio. :)

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  7. L'ultima, per ora.
    È in alto nel titolo, ti sei perso quello.

    Ciao amico mio, ciao.

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  8. Se é un racconto fa immaginare, se é una storia vera é andata bene. ciao.

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  9. Soffio: è un racconto, parzialmente inventato, cioè una cosa veramente accaduta, ma accomodata per vizio congenito di narratore. Mi soddisfa che faccia immaginare.
    In effetti -per quanto concerne la parte reale- mi è andata alla grande.
    A proposito: bellissimo il tuo di racconto, complimenti.

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  10. Silvia. Mettiamola giù così. Per il personale sei intelligentissima; per le cose normali, come la letteratura sei intelligente; nelle tue elucubrazioni politiche a volte sei solamente intelligentina, cioè a dire, un complimento di stima.
    Come vedi, sono onesto e non temo rimbrotti.
    Iacopino mi ci chiamava la mia prima ragazza: io 18 lei 15. Vuoi imitarla?

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  11. L'hai messa giù un po' alla muzzo ma ci sei arrivato vicino, in particolare sulla teoria dei diversi tipi di intelligenza.
    Credo di possedere una intelligenza emotiva e intuitiva soddisfacente, ma di essere consapevolmente capra in tutte le altre sue forme, dalla logico-matematica alla spaziale.
    Per la politica, forse possiamo chiamarla intelligenza sensoriale: se UNO è sordo, ad esempio, non c'è intelligenza che tenga. :)

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  12. Non ho mai pensato di essere intelligente in politica, o almeno non credo che debba essere valutato il mio quoziente di intelligenza dal contributo che io ho mai dato o possa mai dare alla politica, altrimenti avrei una quotazione inferiore alla intelligenza di una formica. Diciamo che tu ti ci appassioni, io molto meno, perché comincia tra l'altro a farmi schifo.
    Dal tuo punto di vista sono sordo e forse hai ragione, che ti devo dire?

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  13. Mi è strapiaciuta una tua recente conclusione di discorso: "Non capisci un cazzo di politica. Ciao. S."
    Sai che mi hai fatto un grosso complimento?
    Non credo che te ne rendessi conto, ma pensaci bene.
    Già le sento le tue rotelline che girano, tronn tronn tronn tronn... ecco, ecco, vedo che cominci a capire... tronn tronn tronn...ecco, adesso hai capito.
    Grazie del complimento.

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  14. Rotelline ferme 'sto giro, capito niente!
    Capito solo che sei approssimativo.
    Io non ti ho scritto Non capisci un cazzo di politica , bensì
    Alfano? Non capisci un cazzo
    Che è molto diverso. E' un non capireuncazzo contestualizzato, non generalizzato.
    Ma non ricominciamo, por favor.

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  15. Bremsen, bitte, bremsen.
    Tranquilla: significa solamente: frenare per favore.
    Ciao :)

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