Il 1988 fu l'anno in cui nella mia famiglia avvenne di tutto, anche un mio cambio di attività in marzo. Avevo una nuova mansione, nuovi colleghi, un nuovo Chef e quasi niente ferie.
Quando arrivò dal Friuli la notizia dell'improvviso peggioramento della salute di mia suocera, Anna Maria volse la prua verso il panico. Non poteva recarsi in Italia da sola: i ragazzi andavano a scuola, poi sarebbero rimasti soli fino alla sera, quando sarei rientrato io in casa.
"È stata ospedalizzata -spiegò la sorella di mia suocera al telefono- ma è stabile".
"Facci sapere tempestivamente se c'è un peggioramento", le risposi guardando Anna Maria stretta in una morsa come un piccolo uccello caduto dal nido in mezzo alla neve.
Il peggioramento arrivò.
"Sì, ma è stabilizzata dicono i medici", così la tranquillizzò la zia.
Parlai col mio Chef.
"Si prenda una settimana e parta domattina".
Rientrai a casa con quella bella notizia. Decidemmo di partire tutti, la notte stessa. Allora viaggiavamo solo di notte.
Alle 21 circa, mentre eravamo quasi pronti, lo squillo del telefono nel silenzio in cui eravamo piombati.
Era sua zia. Pronunciò tre parole:
"Si è spenta", e riattaccò.
Sentivo gli occhi di mia moglie aggrappati alla mia schiena. Deposi il telefono, mi avvicinai a lei seduta sull'orlo di una sedia, e senza pronunciare una sillaba la abbracciai.
Anna Maria nascose il viso quasi dentro di me scoppiando in singhiozzi.
Questo è quanto accadde, cose che non si dimenticano più.
Quando muore tua suocera non è come quando ti muore tua madre: tua suocera è la madre della persona che vive con te, non c'è mai stato nessun cordone ombelicale a legarti a lei, il distacco non è così cruento.
Però, iniziando da subito, si fa strada sempre più insistente un sentimento di disagio, che la morte di tua madre non ti arreca; un senso di colpa latente, che man mano cresce fino a diventare ingombrante, generato da molteplici componenti.
Ho pensato soltanto a mia madre, quasi mai alla sua; potevo essere più docile e più gentile con lei, ma non lo sono stato; potevo essere meno sgarbato, e invece lo sono spesso stato; non ho voluto a questa donna il bene che meritava per aver sempre dato e fatto tutto senza alcuna sollecitazione, per avermi voluto bene come fossi suo figlio.
Questi ed altri pensieri turbinano nella mente e ti fanno stare da cani.
Una mia, una nostra comune amica si trova adesso in questa condizione d'animo. Forse lei è riuscita a dare molto di più di quanto sia stato in grado di dare io, ma qualcosa di sicuro la angustia.
Questo post è dedicato, con umiltà, a lei e alla sofferenza dei suoi cari.
La tua sensibilità di stampo artistico e il tuo amore per Anna Maria ti fanno sentire in colpa, ma secondo me non ce n'è motivo: una certa "distanza" nei confronti della suocera è una condizione normale (nella maggior parte dei casi le cose vanno pure peggio).
RispondiEliminaE' forse più innaturale vedere mio padre più legato alla suocera quasi centenne di quanto non lo fosse con sua madre, ma forse dipende dal fatto che è vedovo, e nella suocera ritrova qualcosa di mia mamma...
Chissà perché trovo sempre sconcertanti queste persone che in determinati frangenti parlano come agenzie di stampa: "ospedalizzata" invece di "ricoverata in ospedale", "si è spenta" al posto di "è morta"... Forse lo fanno per esorcizzare?
Un abbraccio
Vero, però io sapevo che per mia suocera io ero il figlio "maschio" che lei aveva sempre desiderato e mai avuto.
RispondiEliminaTua padre cerca nella suocera quello che ha perduto con il decesso di sua madre, mi sembra di capire. Che tu adesso ti dispiaccia che non fosse così anche con la sua sposa, cioè con tua mamma, lo trovo assolutamente in ordine.
La zia di mia moglie è sempre stata un tantino teatrale -si può dire teatraleggiante?- e parecchio ottocentesca. Quelle parole in quella tristissima serata mi rimbalzano ancora dentro la testa.
Un abbraccio anche a te
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RispondiEliminaSe io fossi stata meno ...
RispondiEliminaSe io fossi stata più ...
Se lei fosse stata più ...
Se lei fosse stata meno ...
E' desiderio naturale di ogni persona voler arrivare, alla morte di una persona vicina, a una sorta di pareggio di bilancio, manco i rapporti interpersonali fossero una mera questione di entrate-uscite,
ma poi ti accorgi che sono tutti quei: Se io fossi stata meno- se lei fosse stata più non sono altro che litanìe inutili,
che nessun santo intercederà per i tuoi sensi di colpa,
e cerchi di fartene una ragione del fatto che nella sfera relazionale certi conti non torneranno mai!
Grazie del pensiero, comunque: ho ricevuto condoglianze via mail, via msm, via cavo telefonico, via abbraccio, via stretta di mano, via bacio, ma via post sei il primo. :)
È la prerogativa di quelli che hanno tanta fantasia creativa riuscire ad essere primi in qualche cosa, a volte in qualunque cosa; ma sinceramente primo nel genere di condoglianze è proprio...la prima volta che mi capita.
RispondiEliminaSpero sia l'ultima, per quel che riguarda me, e anche per quel che riguarda i miei migliori amici e amiche -lì sei l'unica-, data l'età qualcuno potrebbe pensare che sarebbe il caso venissero fatte siffatte condoglianze ad Anna Maria...:)
Se io fossi stato
se lei fosse stata
meno
più,
sembra l'inizio di una poesia ermetica, poco comprensibile ai più ma bella da ascoltare e anche da leggere.
Dietro le nude parole si nascondono mondi di incomprensioni: fanno parte del quotidiano, si sommano giorno dopo giorno e arrivano ad edificare i muri di Berlino. Anche quello è stato abbattuto, con le mani da un popolo di entusiasti.
Ad abbattere quel tipo di muro quotidiano basta un attimo, e poi restano le macerie. Rimuovile, non fissarti sui versi della tua pur bella poesia ermetica.
Esci all'aria aperta e respira a pieni polmoni:
"...bella è la vita e santo l'avvenir...".
:))