Due notti fa ho sognato Padre Pio. Mica un frate qualsiasi, proprio quello. Mi camminava davanti; quando l'ho chiamato si è girato, mi ha guardato e se ne è andato senza dirmi niente. Da un po' di tempo mi capita di sognare gente che, appena gli rivolgo la parola, gira la faccia altrove e se ne va.
L'ho raccontato l'altra sera a casa di mia nipote Cristina. C'era un sacco di gente perché festeggiava gli anni il suo ragazzo. Tutti a farmi le feste, a darmi pacche sulle spalle.
"Adesso ti fa il miracolo".
"Quale miracolo? Mica sto male io".
"Beh, lui te lo fa lo stesso: magari ti fa ammalare, poi ti guarisce".
Hai capito che amici che ho?
Quando ieri pomeriggio gliel'ho raccontato, Chicco mi ha chiesto tutto serio:
"Ma tu ci credi ai miracoli?"
"Poco o niente".
"E all'altro mondo, che ci aspetta dopo morti, ci credi?"
"Assolutamente. Ho le prove che esiste".
A momento gli andava di traverso il pezzo di pizza.
"Come sarebbe a dire che hai le prove?"
Così gli ho risposto che mi era venuta in sogno sua nonna, mia madre, e mi aveva riferito.
Sarebbe da farci quattro risate sgangherate se non fosse vero. Ma è la pura e semplice verità, cioè quasi la verità, perché io mia mamma non l'ho mai sognata.
In un post dello scorso anno ho raccontato quello che mi è successo nel "fatidico 1988": tutto quello che poteva succedere.
Ai primi di luglio, dopo le esequie di mia suocera, Anna Maria rimase a Cervignano e io mi recai da solo a Civitavecchia nella nostra vecchia casa dell'albero di fico. Prelevai mia madre dalla Casa di riposo a San Gordiano e la tenni con me, nella nostra casa, per un intero fine settimana. Non mi mossi, rimasi tutto il tempo insieme a lei: io le parlavo di ogni mia cosa e lei ascoltava ogni mia cosa. Sembrava che lo sentissimo dentro che era l'ultima volta che stavamo l'uno di fronte all'altra, le sue oramai magrissime mani nelle mie.
Parlai di tutto, ma proprio tutto quello che mi saliva in bocca.
A un tratto mi chiese:
"Quando ti sei confessato l'ultima volta?"
"Il giorno prima di sposarmi".
"Dovresti farlo; dovresti pensare alla vita eterna".
Come un lampo nel buio. Non so nemmeno adesso come mi venne di farle quella proposta poco delicata data la sua età.
"Stammi a sentire, mamma. Non ho potuto chiederlo a papà perché se ne è andato all'improvviso, ma tu mi puoi fare un favore?"
Si protese verso di me, pronta a darmi tutto, anche il sangue, anche la sua vita.
"Dimmi che devo fare".
"Quando arriverà quel giorno maledetto, quando insomma andrai dall'altra parte, se di là dopo c'è qualcosa vuoi venirmelo a dire? Vuoi venirmi a dare un segnale, mamma?"
"Sicuro, sicuro! Vengo, stai tranquillo".
Era tutta eccitata all'idea e a me venne da morsicarmi la lingua per averle parlato della sua morte.
Il lunedì mattina la riportai alla Casa di riposo. Non sapevo che quell'occhiata immensa che ci scambiammo, io al volante della mia macchina lei dietro i vetri della sua stanza, mi sarebbe rimasta stampata nell'anima come l'ultima cosa di lei viva.
Cinque settimane dopo il suo funerale, nel nostro paesetto sulla riva occidentale del Reno cominciava a sentirsi nell'aria l'odore del Natale. Faceva un freddo boia; non avevo ancora installato sul balcone l'antenna satellitare e quindi prendevo solo i programmi crucchi alla TV, il che significava quasi ogni sera una barba lunga così con la loro mania del talk show e del bla bla bla sussurrato.
Per questo ci infilavamo il più presto possibile sotto le coperte. Dopo cinque minuti io ronfavo, mentre Anna Maria ricominciava il suo rito propiziatorio alla dea del sonno: fianco destro, fianco sinistro, bocca sotto, pancia all'aria e si ricomincia. Allora avevo ancora il sonno durissimo e lei poteva far cigolare la sua metà del lettone come voleva che io continuavo beato a dormire.
Ma una notte di colpo fui sveglio e perfettamente lucido, coi sensi all'erta.
Nella stanza un'aura strana, quasi da vuoto spinto; un silenzio irreale, totale e una luce come quella di una candela in un banco di nebbia, che mi lasciava intravedere i contorni ovattati dei muri e delle cose.
Ebbi l'enorme sensazione dii una presenza accanto a me e l'impressione che il mio cuore avesse arrestato la sua corsa in attesa dell'evento.
Non dubitai un attimo:
"Dove sei?" chiesi.
Due braccia esilissime, che non vedevo ma che immediatamente riconobbi, mi si strinsero intorno alla vita e qualcosa si posò morbidamente sul mio cuore: il minuscolo capo di mamma. Era il "suo" usuale abbraccio iniziale e finale di ogni nostro incontro.
Era il "suo" segnale , che io le avevo chiesto.
Volli toccarla per sincerarmi come San Tommaso, per mia estrema certezza.
Mamma alla fine soffriva di una immane scoliosi, stava tutta piegata sul suo fianco sinistro.
Allungai una mano sotto la sua testa toccandole una ad una le vertebre che le sporgevano da tempo tutte in fuori come una catena montuosa: i miei polpastrelli percorsero un arco da destra a sinistra.
"Ho capito, mamma; grazie".
Un attimo dopo l'incantesimo era cessato.
Risentii il respiro lento e regolare di Anna Maria; rividi le cose alla luce del lampione fuori nella strada.
Come se niente fosse successo.
Ma tutto era successo: per un attimo il mio tempo era rimasto fermo, eterno, e io in quell'attimo avevo conosciuto il mio futuro più avanzato.
Perchè hai detto una bugia a tuo figlio?
RispondiEliminaPerché, conoscendolo, si sarebbe fatto una sacrilega risata se avesse sentito qual'era la ragione della mia certezza. Conosco i miei polli.
EliminaDue notti fa hai sognato una persona che non mi è mai piaciuta. Evito di dire cosa penso di P.P. per non offendere altrui sensibilità.
RispondiEliminaIl resto della storia però è molto bello. Naturalmente la mia deduzione è che tu abbia sognato ciò che VOLEVI sognare, ma se questa cosa ti è di conforto, chi sono io per levartela?
Un abbraccio, caro amico.
Tu sei un grande amico e puoi sempre dire la tua opinione, ci mancherebbe. Ma io insisto: non era un sogno.
RispondiEliminaAppena mi sono alzato quella notte ho inciampato nella mia scarpa e mi sono quasi, ripeto quasi, storto una caviglia; ho sentito dolore Nik, e alla mattina dopo ce l'avevo un po' gonfia e mi faceva ancora male.
Non l'ho sognata Nik, l'avevo sotto le mie dita. È una sensazione che da allora non mi abbandona più.
Ma tu sei padrone di rimanere fedele alle tue idee, sia ben chiaro, visto che poi me le esprimi con estremo garbo.
Mi è venuto in mente questo post la notte precedente e l'ho scritto; era la notte dell'otto marzo, festa della donna, della donna per me più importante che è stata mia madre.
Non l'ho potuto postare lo stesso giorno perché avevo appuntamenti con dottori e simili.
Oggi l'ho scritto. Capito perché? Certo che lo hai capito.
Un abbraccio anche a te, amico mio.
No, il bello di essere serenamente Dubbioso è non dover essere "fedele" a nessuna idea, né ateo né credente... Anche se penso ci sia una possibilità su un miliardo, tutto è possibile, e noi nulla sappiamo per certo... :)
EliminaBuona notte!
Esatto: nulla sappiamo per certo. Anche io a volte penso che forse VOLESSI sentire sotto le dita "quella" catena montuosa.
EliminaPerdonami mamma se dubito a volte.
Ma che sia tutto qui il significato del mistero? Nel non aver certezze? La grande dubitanza. Ti piace come titolo di un romanzo dell'eterno divenire?
Il tuo augurio ha funzionato, anche se lo leggo adesso: ho passato una notte di tranquillissimo sonno.:))
Ciao, buona domenica.
Per chi come me lavora da tanti anni con i sogni, tu scrivi cose assolutamente provocanti, ma proprio per questo il blog non é sede per commentare.
RispondiEliminaPreferirei che tu accettassi la provocazione e ti lasciassi andare ad un commento, qualunque esso potesse essere.
RispondiEliminaGrazie del tuo contributo ad ogni modo.
Mi scoccia tremendamente dare ragione al mio amico Iacoponi,:)))
RispondiEliminama, in effetti anch'io non ti capisco, Soffio.
Cosa ti manca, un lettino?
Immaginiamocelo, in fondo in fondo (ma proprio in fondo) i bloggers dovrebbero essere persone con quel po' di fantasia, no?
Te saluto, strizza!
Ma no, un lettino non gli manca. Forse alludeva al fatto che lui ai sogni dà un importanza particolare, pensando che io -forse- me ne faccio gioco. Invece no, c'è sogno e sogno, e poi quello non era un sogno.
EliminaCara, non tutti hanno la fantasia mia e tua, o di Nik, non trovi? Ognuno viaggia con la propria fantasia, qualcuno si vergogna addirittura di ammetterlo, pensa tu.
Mi fa piacere che ti scocci "tremendamente" darmi ragione.:)))
Più che Padre Pio in sè stesso, che magari era anche un santo, è tutto quello che è venuto dopo a dare fastidio, tutto quel magna magna che s'appofitta della devozione dei fedeli per speculare.
RispondiEliminaUna mia amica andò alla ostensione del corpo, una cosa secondo me macabra e di cattivo gusto, e tornò schifata dal business imperante.
Guarda che io a Padre Pio non ci pensavo proprio: mi è cascato nel sogno chissà da dove. L'ho usato come movente per raccontare una storia, che mi stava a cuore raccontare.
EliminaForse ho sbagliato, visto che la maggior parte dei miei commentatori non me la passa come buona, forse avrei dovuto tenermela per me; ma io sono del parere che chi scopre una Verità ne debba mettere a conoscenza i suoi amici.
Non sei d'accordo?
Tremendamente d'accordo :))
RispondiEliminaQuesto tuo "tremendamente" mi comincia a diventare simpatico, guarda un po'.:))
RispondiEliminaCaro Vincenzo,
RispondiEliminaè bellissimo questo post e io credo fermamente che sia tutto vero quello che è successo.
Sei fortunato.
Buona notte
Teresa
Sì, credo di essere fortunato.
RispondiEliminaTi ringrazio.
Buona giornata.