Questa notte il sonno non arrivava mai; poi, una volta giunto fin da me, deve aver annusato il suo inquilino, non deve averlo trovato di suo gradimento e se ne è di nuovo andato con modi sgarbati.
Ho approfittato di una buona vena e del silenzio di questo paese quando scende il sole per scrivere tre poesie.
TU MI CHIEDI PERCHÉ
Tu mi chiedi perché non scrivo
mai d'amore; tu vuoi sapere perché
le mie storie finiscono nel pianto; perché
non credo che ci sia espiazione
anche per i delitti non commessi, sensi
di colpa per i dolori mai arrecati,
anche per quelli inferti
a noi stessi; tu mi chiedi perché io viva così,
chiuso nel globo di ghiaccio delle mie
idee, impenetrabile per gli altri;
tu vuoi sapere perché parlo solo con me stesso,
quando ho imparato a farlo
e quando penso di smettere di farlo.
Per tutte le tue domande non ho risposte
sicure, forse per una soltanto, più o meno:
ho imparato a ragionare tra me e me
appena ho iniziato a sillabare
il nome della mia mamma.
Adesso tu prova a indovinare
quando io smetterò di farlo.
AFFOLLARSI ALLA FINE DI UN BINARIO
Affollarsi alla fine di un binario
in attesa di un treno che non arriverà.
Ma tu perché pensi che sia la fine, non potrebbe
essere l'inizio di un binario? Ogni treno
quando arriva riparte. Tutti? Chi lo dice? Questo no.
Però quando arriva -perché arriva, non è vero?-
noi saliremo sui vagoni e resteremo
immobili, in attesa, succeda quello che vuole
succedere, e lì dentro la vita non avrà
mai fine, come un dannato sortilegio dove
tutti hanno capito cosa significa
questo rumore di fondo, sordo, monotono
e continuo come il battito di un'ora implacabile,
come il soffio del cuore grande del mondo,
come un segnale, la misura di un vuoto e di un
pieno, aria che esce ed entra nei polmoni,
aria che passa attraverso ognuno di noi,
che aspettiamo qui in piedi, in fila serrate,
un treno che non arriva mai.
LILA E BERT
Lei ha mollate le Barbie, una in moto l'altra
sul cavallo bianco, lui ha abbandonato sul pavimento
alla rinfusa le macchinette rosse di Mc Queen;
insieme rinunciano al cartone della
topolina danzatrice, a Pippi Calzelunghe,
alle streghe e ai mostri giapponesi invincibili
che esplodono per aria come fuochi di artificio;
stanno sdraiati e zitti sul divano dove
a gambe allungate c'è la nonna, che un po' legge
da un librettino e un po' si inventa
la favola della pesciolina blu e del cucciolo
di pantera. "Lila, grida Alessia; si chiama
Lila la pesciolina". "Bert, urla Fabio drizzandosi
a sedere; si chiama Bert il gatto nero".
"La pantera piccolina", lo corregge sua nonna.
"Sì, quello". E di nuovo s'acquieta Fabio
rinfilandosi un pollice tra i denti.
"Lila ha salvato Bert che annegava, racconta la nonna;
adesso nuota e nuota lungo la riva, badando
che non arrivi il coccodrillo che già lo tiene
d'occhio e vorrebbe mangiarselo per colazione".
"E Bert che fa?", chiede Fabio. "Tiene alla larga tutti
i pescatori pronti a tirar su Lila e friggerla in padella".
"E dove vanno adesso?". "Cercano l'uomo buono,
che li metterà insieme nel grande giardino a giocare
senza più pericoli. Ora tieni, dice la nonna
alzandosi e porgendomi il libretto; devo far
cuocere la pasta, tocca a te spupazzarli".
"E adesso cosa fanno?", chiede Alessia. "Sì, che fanno,
ce lo dici tu?", insiste Fabio. La storia sul libretto
è già finita da un pezzo; Anna Maria ha tirato a lungo
e io adesso che m'invento? "Hanno incontrato
l'uomo buono?", chiedono due boccucce e quattro
occhioni spalancati. Ho deciso all'istante:
qualcuno ha detto che le favole insegnano la vita
ai bambini, allora adesso glielo dico.
"No, hanno incontrato gli uomini cattivi,
che sparano e sparano". "Sono morti?", con un filo
di voce. "No, ma non hanno più bisogno
dell'acqua e della riva per rimanere insieme;
adesso vanno a spasso per il cielo
la pesciolina blu e il cucciolo
di pantera. "LIla e Bert", mi gridano. "Sì, Lila
e Bert, sempre insieme nel cielo pulito".
Se fossi una tua poesia,
RispondiEliminati rampognerei per questo pubblicarmi insieme ad altre, ti direi: non sono un tre per due allo scaffale del supermarket! Non sono in concorrenza sul podio di miss poesia! Ho una mia dignità, un mio perchè, sono nata da sola e voglio essere pubblicata da sola!
Della prima mi piace l'inizio, in particolare: non credo che ci sia espiazione
anche per i delitti non commessi, sensi
di colpa per i dolori mai arrecati,
anche per quelli inferti
a noi stessi;
E' il nostro innato masochismo, che ci fa anelare all'espiazione a prescindere ?
La seconda non l'ho capita, ma l'immagine del treno, della stazione, dei binari, delle partenze e degli arrivi è sempre affascinante, in letteratura, in poesia, nelle canzoni.
Chissà poi perchè, forse per quel senso di destino che si associa alla "locomotiva" che "ha la strada segnata" (Guccini)
mi viene in mente anche il romanzo di Anna Karenina, una storia di angoscia follia e predestinazione che inizia e finisce in una stazione.
Terza posia: come scrittore dovresti inventarne a iosa di storie ai gemellini, a getto continuo come fontana che sgorga acqua. :))
Non capisco se sia un consiglio oppure una minaccia, ma penso che in futuro non farò più sillogi, bensì trascriverò una poesia per volta.
EliminaPenso che la maggior parte degli uomini e donne siano masochisti; altri forse sadici. Mi accorgo di avere più simpatia per questi ultimi, anche se non farei male a una formica.
La seconda poteva anche non essere capita, purché se ne gustasse il senso di precarietà della vita. Lo si può fare in tanti modi: attraverso una canzone, o un libro famoso, o solamente rileggendo le parole con calma.
La terza era una cosuccia carina e basta. Non sempre mi assalgono pensieri profondi, e qualche volta sonnecchio...:))
A questo punto mi aspetto la rampogna.:)
Era una minaccia, of course! :)))
RispondiEliminaMi ha scritto Guccini in persona,
offeso fino all'ultimo pelo della barba: dice che la locomotiva ha la strada segnata è di De Gregori, e che mi toglie la patente di fan ...
Che gaffe!
Però è bella, dai:
Tra bufalo e locomotiva
la differenza salta agli occhi:
la locomotiva ha la strada segnata,
il bufalo può
scartare
di lato
e ....
cadere.
Sì, è bella. La gaffe non l'avevo notata, ma Guccini non mi ha ancora scritto.
EliminaLa rampogna, a dire il vero, me l'aspettavo per il superbo accostamento con Omero...
ricordi Orazio?
"Quandumque bonus dormitat Homerus", tradotto con "anche Omero qualche volta sonnecchia"...
Non te ne eri accorta, lo so!:))
Orazio chi, il cavallo di Clarabella? :))
RispondiEliminaCome potevo accorgermene?
Sto ripetendo la quarta elementare, non lo sapevi?? :))
Non era il cavallo, ma il fidanzato di Clarabella, forse dovevi ripetere anche la terza...:))
RispondiEliminaBella la prima, tenerissima la terza, e la seconda mi ha ricordato le tante scritte da me con argomento e metafore ferroviarie (pensavo anche di intitolare una raccolta "Coincidenze sul binario morto")... Ma devo dire che "Non c'erano più sassi" ha saputo colpirmi di più: se pubblicherai una raccolta tua, secondo me a quella dovrai trovare un posticino... :)
RispondiEliminaConcordo col tuo giudizio in pieno, anche per quel che riguarda "Non c'erano più sassi".
EliminaAttualmente la GDS di Vaprio d'Adda sta curando una mia prima raccolta. Queste logicamente non ci sono.
Credo che nella prossima, augurandomi che ce ne possa essere una prossima, un posticino lo troveranno quasi tutte, perché io non butto niente, o quasi niente...:)
Buon primo maggio, amico mio.