giovedì 9 agosto 2012

PUNTO ZERO





Si chiamava Walter Pidgeon ed era omonimo del famoso attore inglese, col quale sosteneva di avere una improponibile parentela, essendo lui canadese di umilissime origini (si raccontava che sua madre avesse lavorato in un bar a luci rosse in una cittadina della regione del Manitoba), mentre sembra che il vecchio attore avesse un paio di quarti di sangue blu.
Aveva frequentato dei corsi serali all’Università di Vancouver diplomandosi in speleologia. Speleologo quindi, né infame né famoso come si conviene alla media; assai volitivo e non troppo ambizioso, dotato comunque di sufficiente curiosità e coraggio, più quella che questo, per calarsi dentro impervi crepacci naturali del suolo, dove non filtrava mai luce, o quasi mai.
All’età di trentun anni suonati gli capitò l’incontro della vita con la donna materializzatasi accanto a lui lungo le rive sotterranee del fiume Cuyagueteje, nella provincia cubana Pinar del Río: Danielle Maribon, non più giovanissima archeologa francese, né bella né brutta, cui la vita aveva riservato sovente rovine e rovesci privati, che forse cercava nel profondo le risposte ai propri quesiti esistenziali.
L’incontro fu fatale dato il vasto programma di ricerche che Danielle aveva intenzione di portare a compimento, al quale immediatamente gli offrì di prendere parte. La francese aveva forse molta fantasia, di certo la lingua assai lunga e veloce. Gli raccontò di avere conosciuto personalmente il dottor Antonio Nuñez Jiménez, fondatore della Società Speleologica di Cuba, lasciandogli intendere di esserne stata in qualche modo l’allieva prediletta e la collaboratrice più fidata. Al fianco del maestro, gli disse, aveva percorso tutta la Gran Caverna de Santo Tomás nella Sierra de Quemados, la parte non aperta ai turisti, naturalmente, quella più pericolosa.
Walter Pidgeon pendeva dalle labbra della francesina di Charvieu-Chavagneux, città una quindicina di chilometri da Lyon, e quando lei una sera, mentre bivaccavano davanti ad un fuoco crepitante, gli confessò di essere arrivata insieme al grande maestro cubano a 4100 piedi di profondità nella caverna di Lepineux aperta sulla Pierre Saint Martin nei Pirenei, andò in brodo di giuggiole pronto a seguirla in qualsiasi buco avesse voluto infilarsi.
“Andremo insieme nella Grotta Cuba-Magyar, nella Sierra de Trinitad –gli offrì –Per i permessi non c’è alcun problema: io conosco mezzo mondo qui a Cuba”.

Invece nada de nada: niente permessi e andatevene subito via di qui, por favor.
Danielle non era tipo da darsi per vinta. Morto un papa se ne fa un altro, era il suo motto.
“I cubani ci snobbano? Ci scacciano? E noi ce ne andiamo in un isolotto sperduto, ma non troppo, nell’Oceano Pacifico, circa cinquanta miglia dalle coste cilene, di fronte a Chañaral, all’altezza del 28° Parallelo. Ci dovevo andare con Antonio, ma poi sono saltate le sovvenzioni”.
“Ma io non ho il becco di un quattrino –obiettò Walter Pidgeon –dovrai finanziare tutto tu”.
“Antonio Nuñez Jiménez soffriva di mania di grandezza e faceva tutte le cose in grande. Conosco gente a Chañaral: ci bastano poche centinaia di dollari per farci trasportare da un peschereccio cileno. Sono brave persone, stai tranquillo”.

Forse fu per effetto del mal di mare, che era grosso, forse perché la distanza risultò quasi il doppio di quella preventivata da Danielle Maribon, ma quando arrivarono in vista del minuscolo atollo a Walter Pidgeon era venuta la luna storta, e il suo morale era andato a finire sotto le suole. Sbarcarono di sera e decisero di pernottare sulla spiaggia piuttosto che infilarsi immediatamente all’interno della spelonca. Decisione estremamente negativa, perché nel buio degli abissi Walter Pidgeon avrebbe smaltito il malumore e ritrovato il suo entusiasmo. Così invece mise mano a una bottiglia di Tequila messicana per tirarsi su, e si ubriacò.
Andò a finire che litigò con la donzella francese, coprendola di insulti e di improperi. Dato che subito l’alcool gli fece venire sonno, non si accorse che la sua bella aveva ripreso il largo a bordo del peschereccio cileno, piantandolo sbronzo accanto al fuoco, solo sopra un atollo nel Pacifico.
Quando all’arrivo dell’alba Walter Pidgeon si svegliò, non vedendo Danielle né l’imbarcazione dei pescatori, pensò che lei offesissima dalle sue male parole fosse penetrata da sola nella grotta e si affrettò a seguirla, senza immaginare che un destino crudele stava muovendosi contro di lui con pessime intenzioni. Danielle infatti, tornata sulla terra ferma, decise di rientrare immediatamente in Francia con un aereo della Pan American da Santiago quel giorno stesso. Purtroppo l’aereo precipitò al decollo, portato in disastroso stallo dall’imbranatissimo secondo pilota: dall’esame dei resti mortali del comandante risultò che era ubriaco fradicio e per quel motivo aveva scambiato posto e mansioni col suo inesperto collega. Nessun superstite.
Questo non fu solamente un guaio per Danielle, che ci rimise la vita, ma anche per Walter Pidgeon, che perdette l’unica testimone della sua operazione sotterranea, che avrebbe potuto confermare la natura delle ricerche che volevano effettuare, ma soprattutto la data di inizio dell’intrapresa.
È dunque così importante tale data?
Tutto è importante quando si accumulano tanti elementi contraddittori tutti insieme.
Innanzi tutto non si trattava di un atollo sperduto, bensì di un isolotto ben noto, antico avamposto fortificato giapponese nell’ultima guerra mondiale. In secondo luogo la spelonca non era nelle mappe internazionale degli speleologi, avendo pochissimo valore di ricerca.
Del peschereccio e dell’equipaggio scomparsa ogni traccia: poco il danno, considerando che erano contrabbandieri di droga, di armi e di quanto ci fosse di illegale, e che quindi non avrebbero mai testimoniato nulla nemmeno sotto tortura.
L’importanza della data è presto spiegata: Walter Pidgeon sostenne fin dal primo istante del suo ritrovamento, che quando si risvegliò dopo la sbronza era un’alba limpida con vista chiarissima. Disse di aver veduto costruzioni strane, mura merlate e di aver pensato ad antiche fortificazioni spagnole, ma di non aver visto niente altro.
C’è da credergli, perché se infatti avesse veduto le impalcature, i tralicci metallici e tutte le attrezzature erette al centro dell’isola non se ne sarebbe dimenticato. Infatti non poteva non vederle, dato che stavano proprio sopra l’ingresso della spelonca dove si era precipitato, coprendolo come un tetto. C’è da aggiungere che gli equipaggi di guardia in coperta sulle sette o otto navi militari della marina degli Stati Uniti avrebbero visto loro per primi lo speleologo, e che nella notte in cui sbarcò nell’isolotto insieme a Danielle tutti gli uomini addetti ai radar avrebbero avvistato sui loro schermi il barchino clandestino che li aveva condotti fin lì. Sarebbero stati inesorabilmente messi in fuga e Danielle sarebbe ancora in vita, mentre Walter Pidgeon avrebbe vissuto anni più sereni.
Quindi in quella notte era ancora tutto in ordine, per così dire, e così la mattina dopo.

Si può dedurre, ma è pura fantasia perché tutto è top secret per almeno altri 50 anni, che mentre un’operazione illegale terminava, con Danielle che si allontanava e Walter Pidgeon solo nella spelonca ad inseguirne l’ombra, un’altra operazione ancora più illegale stava incominciando. Quando incominciò non lo sapremo mai. Che fu effettuata viene aspramente negato dal governo interessato.
Si concluse comunque circa alle nove e trenta antimeridiane di un’altra limpida mattinata marina, nel momento esatto in cui Walter Pidgeon, riemerso finalmente dalle tenebre del sottosuolo con le orecchie ben chiuse da tappi di materiale speciale acquistati in Inghilterra per proteggere dal gelo i suoi timpani, con gli occhi serrati e bendati per non lasciarsi accecare dall’improvvisa luce del sole, iniziava una lenta inspirazione per rintrodurre aria normalmente calda nei polmoni abituati ad aria assai più fredda. Pertanto occhi che non vedevano e orecchie che non sentivano nel preciso istante in cui un ordigno nucleare di 50 megatoni gli esplodeva trenta metri a piombo sopra la testa.

In virtù di quell’effetto fisico, che sarebbe forse meglio definire metafisico, cui sono stati attribuiti vari nomi e valenze, ma che viene comunemente chiamato “incolumità del punto zero”, Walter Pidgeon avrebbe potuto vantarsi di essere l’unica creatura rimasta illesa dopo che gli era esplosa sopra la testa una bomba atomica cinquanta volte più potente di quella di Hiroshima.
Avrebbe potuto, ma non lo potè mai fare, dato che rimase del tutto all’oscuro degli accadimenti. Infatti una volta scoperta la sua presenza sul luogo, la marina degli Stati Uniti, l’esercito degli Stati Uniti, lo F.B.I. e soprattutto la C.I.A. si gettarono famelicamente su di lui per farne polpette.
Ecco la spia malefica, ecco il terrorista dell’ultima generazione, ecco il mostro!
Fu trasportato a Guantanamo in tutta segretezza, bendato e legato come un salame. Ma non fu possibile cavargli di bocca niente di interessante.

A domanda risponde: “Non ho sentito niente, avevo i tappi nelle orecchie”.
A domanda risponde: “Non ho visto niente, tenevo gli occhi chiusi e bendati”.
A domanda risponde: “No, nemmeno un chiarore, niente di niente”.
A domanda risponde: “No, niente vento, niente calore, niente”.
A domanda risponde: “Che cosa ho visto quando ho riaperto gli occhi? C’era erba tutta intorno a me; era verde. Non c’era il sole, era tutto nuvolo e buio. Ho pensato di avere sbagliato i calcoli col tempo: non erano le 9,30 del mattino, ma le 21,30 della sera”.
La contingenza assolutamente sfortunata per lui fu che nessuno gli spiegò quello che gli era capitato.

Il fatto di essere sopravvissuto al cataclisma gli procurò immediate conseguenze dolorose: dopo Guantanamo un prolungato soggiorno in una clinica specializzata nel Texas; una detenzione ancora più lunga in un penitenziario militare degli U.S.A. senza un’accusa specifica, senza un processo, senza una condanna; così, tanto per vedere quello che si sarebbe dovuto fare di lui.
In effetti era innocuo, nel senso che se anche avesse detto ciò che aveva visto e sentito nessuno gli avrebbe creduto. Ma poiché molti erano ancora convinti che si trattasse di un fottuto bugiardo, che tutto sapeva ma faceva finta di cadere dalle nuvole con domande tipo: “perché mi trattenete qui?”, oppure “che cosa ho fatto di male?”, alle quali nessuno rispondeva mai, fu stabilito che, fesso o furbo che fosse, rimanesse chiuso fino alla fine dei suoi giorni in un manicomio criminale, militare naturalmente.
Nessuno quindi, nemmeno il suo confessore in punto di morte, gli rivelò l’amara verità e Walter Pidgeon morì in una fresca mattina di settembre senza sapere di essere sopravvissuto a pian terreno, mentre al terzo piano scoppiava un inferno nucleare di 50 megatoni.




8 commenti:

  1. Ecco cosa capita agli uomini come vedono una bella gonnella! Rimanere sotto terra tutto quel tempo e non aver nessuna colpa se non quella di aver, incautamente, seguito due gambe..francesi, poi! Povero sig. Pidgeon...l'unica cosa che spero è che almeno abbia visto e trovato quello che cercava là sotto...povero!

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    1. A sua parziale difesa: lui l'ha mandata all'inferno da sbronzo, sai che "in vino veritas"? Magari una parte nascosta di lui -la peggiore? la migliore?- si ribellava all'idea di seguire una gonnella francese...
      Non so dirti quello che ha visto e trovato là sotto. Non mi ci hanno fatto mai parlare da solo.
      M'hai fregato Mariagrà, t'ho arrisposto in lengua. Ecco che capita all'ommini che vedeno (o senteno) na bella sottovesta!!!
      Ciao Mariagrà.

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  2. E il Bikini non lo avevano ancora inventato! Certo che si tratta di un racconto pieno di notizie: per esempio, io a Guantanamo come struttura rieducativa avrei dato non più di una dozzina d'anni; i manicomi criminali, chissà perché, li avevo posizionati in Unione Sovietica (comunque militari puro quelli), in nord America i pazzi, i criminali, i presunti tali o quelli troppo innocenti, li pensavo a spaccar pietre nei deserti o nei canyon; ho trovato strano che tra tutti gli "affamati" che si erano gettati su di lui, l'aviazione fosse assente, considerando che, probabilmente, la supposta l'avevano lanciata loro.
    Il "non ho visto, non ho sentito, non ho parlato", invece, mi ha portato alla mente le tre famose scimmiette; e, per immediata assonanza, tutti quelli che si crogiolano in questo disinteresse a quanto li circonda. In primis i nostri "deliziosi" politici. Ma, naturalmente, è una visione distorta della realtà.
    (Tanto per gradire, fuori tema: mi ha molto eccitato quell'esplosione atomica al terzo piano, con me al piano terra che me la cavo, e (guardando verso l'alto una volta placati tutti i sintomi dello scoppio), con la mano sinistra appoggiata all'avambraccio destro ed entrambe le mani col dito medio in erezione, salutare i dipartiti, disinteressato al fatto che siano poi andati in su o in giù, purché fora 'dle bale).
    Ciao, buon fine settimana.

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    1. Da li inventarono il topless se non vado errato. L'aviazione quando è arrivata ha trovato una fetta di mortadella: il nostro se l'erano accaparrato quegli altri.
      Io questa storia dei matti che vengono mandati a spaccar pietre nei deserti la conoscevo già. C'è un film favoloso con Paul Newman e George Kennedy che ho visto tre volte, che parla chiaramente di questa piaga americana. Però coloro i quali potrebbero essere a conoscenza di un segreto militare segretissimo non escono dai manicomi criminali, e nessuno sa che ci sono entrati, né saprà mai della loro morte. Finiti e basta.
      Sono una grande nazione democratica gli U.S.A., la più democratica di tutte, dove la pena di morte è un optional, dove a volte i processi vengono fatti senza avvocato difensore di ufficio, dove chiunque può comperare un'arma da guerra usata dai marines in giro per il mondo, acquistare caricatori a volontà e massacrare studenti a gogò. Una nazione dove la pensione di vecchiaia è un terno al lotto, dove non sanno quasi il significato di Cassa Mutua obbligatoria per TUTTI, anche per i negri e i messicani che lavorano nel territorio degli States.
      Una grande nazione democratica, ti dicevo, dove esiste un Guantanamo da troppi anni ormai, posto dove non dovrebbero stare nemmeno i topi di fogna, ma invece ci stanno musulmani, trattati peggio dei sorci.
      Mi fermo. Io sono anticomunista viscerale, per vari motivi, non esclusi motivi personali, ma credimi che essere filoamericano significa avere un animo da mascalzone, perché nulla giustifica la violenza dell'uomo contro un altro uomo, mai, in nessuna circostanza. Il Dio Mercato, il Dio Utile, il Dio Guadagno governano quella nazione. Tutto il resto conta poco o molto poco.
      Mi piace la tua figurazione di te a piano terra rivolto verso il terzo piano col braccio destro piegato dalla mano sinistra nel gesto di chi augura al prossimo suo la buona notte, mentre il dito medio di entrambe le mani si attiva in una portentosa erezione, che alla nostra età fa sempre bene, qualunque parte anatomica si eriga.
      Ciao e buon fine settimana anche a te.

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  3. Mi era venuto lo stesso dubbio di Gattonero.
    In effetti Guantanamo è presente come base navale da svariati decenni, ma come "centro di rieducazione" solo da una dozzina d'anni (aperto da Bush figlio).

    Non ero a conoscenza dell'incolumità del punto zero.
    Buono a sapersi: in caso di bombe atomiche basterà ripararsi sotto la bomba.

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    1. Innanzi tutto ben arrivato!
      Il mio racconto non va tanto indietro negli anni, come adesso mi rendo conto che abbiate capito Gattonero e tu.
      Ho saputo da una fonte sicurissima -un dipendente civile in Germania del Pentagono, che ha abitato per due anni nell'appartamento sopra il mio- che esperimenti nucleari sono stati ripresi dopo l'undici settembre, con ordigni sempre più sofisticati e potenti. Da questa notizia mi è venuta l'idea del racconto.

      L'incolumità del punto zero non è una mia invenzione, ma un effetto fisico, che non ho approfondito mai e mai farò, ma che garantisce l'assoluta incolumità della natura e di animali, in uno specifico caso si trattava di tre galline una capretta e un maialino, sistemati una ventina di metri sotto l'ordigno che doveva deflagrare. Risultato: le galline hanno continuato e beccare nel pezzo di prato rimasto intatto, dove la capretta brucava e il maialino cercava il mangime che vi era stato lasciato per lui.
      L'esperimento è stato ripetuto diverse volte.

      Non ripararsi proprio sotto la bomba,a ma un venti trenta metri sotto: nessun boato, nessun calore, come niente fosse.
      Solo il cielo si oscura all'improvviso, e rimane scuro per un bel po'.

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    2. Conoscevo gli americani in tutte le paste, ma non li avevo mai definiti cornuti perché so che loro delle corna hanno una visione diversa dalla nostra: chi non le ha non è americano, sicuramente è di qualche altro mondo. Ma, dopo le tue preziose indicazioni, non ho altro termine per definirli: tre galline, una capretta e un maialino, ossia tre animali in via d'estinzione. Le galline cooptate da Amadori, le caprette che manco più Heidi le saluta, i porcellini che una volta mangiato il lupo sono schiattati d'indigestione...
      E i gatti, che sono il passato e il futuro dell'umanità, non sono stati tenuti in considerazione per 'sta stronzata d'esperimento...
      Nel commento di prima ho parlato di supposte: ecco, di solito queste hanno solo un sito dove andrebbero introdotte; che se le introducano da soli, ma se le trovano brucianti possono anche succhiarle, va bene lo stesso, purché la smettano di scassare la terra con le loro scorregge.
      Vabbé, se non le fanno loro, altri si sono attrezzati per farle, quindi estendo a tutti quelli che ci giocano lo stesso invito.

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    3. Il tizio di cui parlo era un americano di colore, che lavorava in un ufficio "segreto" -mi ha detto lui- nel Consolato U.S.A. di Stoccarda. Era uno sciupafemmine grandioso: in due anni sono passate di qui per un fine settimana le più grandi gnocche crucche che avessi mai visto prima. Sai, qui in Germany l'attrezzo dei negroni Amy è assai apprezzato! Non so come facesse a rimediarne sempre di nuove e appetitose. Le ultime due settimane del suo soggiorno -dimenticavo di dire che l'appartamento sopra il nostro è stato affittato dall'amministrazione militare americana per cinque anni, e ci sono stati anche ufficiali con famiglia- le ultime due settimane del suo soggiorno dicevo è arrivata sua moglie dagli States: una bella donna di colore, ma veramente bella.
      "Bruce, gli ho chiesto, ma non potevi far venire lei dagli U.S.A. invece di andare a caccia ogni fine settimana?"
      "E che sono fesso io? Adesso che ritorno laggiù mi tocca filar dritto. Mi sono fatto una bella mangiata di Votze".
      "Votze", voce popolare e scurrile tedesca, equivalente al romanesco "sorca", al napoletano "purchiacca", insomma mi sono spiegato.
      Mi ha dato lui tutte le informazioni, e io sapevo prima che cominciasse che gli Amy avrebbero invaso l'Iraq. Lui era addetto ai trasporti di militari e di materiali.
      "Enzo, mi disse una sera, sta per scoppiare una grossa guerra. Sapessi quanto materiale, quanti carri armati, quanti mezzi stanno arrivando in Arabia Saudita!"
      "Contro Saddam?"
      "Penso che vogliano andare oltre, Iran forse, perché il materiale è superiore a quello inviato in Marocco e Tunisia per la seconda guerra mondiale".
      Hai capito?
      Non hanno sperimentato con gatti, perché la loro sopravvivenza non avrebbe avuto valore scientifico, conoscendo tutti la famosa storia delle sette vite dei gatti.=DDD
      Ciao, buona domenica, micione.

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