martedì 8 ottobre 2013

LA CAGNARA

La prima pioggia d'autunno lo beccò all'uscita del bosco in maniche di camicia mentre faceva il suo footing quotidiano. La macchina l'aveva parcheggiata a un paio di chilometri, all'altra estremità del bosco. Mattia ce l'aveva lasciata una mezzoretta prima e il cielo gli era sembrato abbastanza sereno.
Dopo una breve esitazione riattraversò il bosco di corsa e riuscì a infilarsi nella sua auto prima di essere zuppo d'acqua.
Inutile incavolarsi però: dopo trenta anni di Germania ancora non riusciva a capire le mutazioni di un clima matto come i tedeschi. Per lui, nato a Silvana Manzio in mezzo ai monti della Sila, dove di inverno si ammucchia un metro e mezzo di neve e d'estate per tre mesi di fila la temperatura è sopra i 30°, non era possibile stare dietro agli sbalzi d'umore del tempo. Eppure appena arrivato ci aveva fatto subito il callo, forse perché a Francoforte il mese di novembre era gelido come a casa sua. E poi aveva sedici anni, carne fresca che si adatta in fretta. Al clima di sicuro, certamente non alla nuova situazione: accettare l'evento come un tiro mancino del destino non era stato facile. Suo padre lo aveva strappato al suo amato Istituto d'arte di Cosenza, dove sognava di studiare per diventare un artista famoso.
-Abbiamo debiti grossi e la casa è da ristrutturare dalle fondamenta, gli aveva urlato sul muso; a me servono due braccia lassù e non un pittore quaggiù.
Lo aveva messo a lavorare in nero in una Baustelle, un cantiere di costruzioni di un suo amico polacco. Mattia lavorava come elettricista: tutto il giorno a fare buchi su pareti, soffitti e pavimenti e a tirare cavi elettrici. Dopo un po' aveva calli mostruosi sulle dita e sul palmo delle mani. E ancora non sapeva mettere insieme una merda di frase in tedesco, proprio non gli andava giù quella lingua. Il suo unico amico Saverio, un ragazzo di venti anni che aveva fatto le scuole in Germania, cercava di insegnargli almeno le cose elementari, per comprarsi le sigarette ad esempio, e tentava invano di fargli entrare in testa che die Katze in der Kohle non significava un cazzo nel culo ma la gatta nel carbone.
-Ti devi fare una ragazza, gli disse una sera.
-Tedesca?
-E si capisce. Così lei ti insegna parole e pronuncia, e soprattutto ti corregge, perché vuole capire quello che pensi, lo vuole capire bene.
Così era incominciata la passerella: una dietro l'altra, in tutto una diecina. Aveva imparato un sacco di posizioni strane, contorsionismi in macchina per lo più, tecniche di baci perversi con la lingua che mulinava in cavità diverse, ma non c'erano stati sostanziali progressi nell'altro uso della lingua, per cui la comprensione del tedesco era ancora una specie di sogno proibito.
La comparsa di Ursula D. fu per Mattia una scarica elettrica subita senza guanti protettivi. Ursula era diversa da tutte: era la più bella, la più intelligente, la più affascinante, insomma era la più in tutto.
Ursula entrò in pista con l'impeto di un katerpillar e niente fu come prima.
-Tu da domani seguirai i corsi per principianti alla Berlitz Schule e imparerai il tedesco. Poi basta con questo lavoro che ti massacra le mani. La mia manicure te le mette a posto e un amico di mio padre, che ha un ristorante, ti assume come pizzaiolo. Guadagnerai il doppio di adesso e non ti spaccherai la schiena dentro una Baustelle.
Erano tutti imperativi che non si discutevano. Mattia dovette solo discutere a brutto muso col padre, ma ormai aveva deciso e uscì di casa con un borsone pieno di indumenti sbattendo la porta. Iniziò a diciannove anni la convivenza con Uschi, che ne aveva appena compiuti diciotto, a Sachsenhausen, un quartiere chic di Francoforte, il quartiere famoso per i suoi quasi tremila locali, il regno beato di ogni fine settimana dei francofurtensi.
Due anni dopo Mattia aprì a Bockhenheim, il quartiere degli americani, il primo "Pizza Pye", zu mitnehmen, da asporto, con un investimento ridicolo di appena 40.000 marchi. 
Andò subito a gonfie vele. La pizza che faceva Mattia era ottima, gli americani ingozzano pizza quattro volte al giorno e fanno party un giorno sì e l'altro pure. Dopo un paio di mesi il suo unico forno elettrico Morbidelli non bastava più e dovette comperarne un secondo. Arrivò a fare 600 pizze al giorno e ingaggiò un pizzaiolo giovane e capace.
L'idea venne a Ursula, come al solito.
-Apri un altro Pizza Pye a Darmstadt. Anche lì è pieno di Ami che ti conoscono già.
-E come faccio con due?
-Questo lo affitti al tuo pizzaiolo. Nunzio ha un fratello che lo può aiutare e poi sono affari suoi come se la sbriga. L'essenziale è che ti molli 5.000 al mese, per contratto.
L'idea di Ursula risultò vincente e dopo un po' Darmstadt scaricava 500 pizze al giorno. Sei anni dopo in tutta la zona c'erano otto Pizza Pye tutti di proprietà di Mattia, affittati a cinque carte da mille al mese. Lui aveva aperto un grande magazzino dove stoccava le merci. Faceva il grossista per le sue pizzerie, che dopo dieci anni erano diventate trentotto.
Mattia aveva acquistato un attico sulla Zeil, la via Montenapoleone di Francoforte, zona pedonale e locali di gran lusso.
Ursula gongolava in trionfo perenne. Col suo fisico da modella, le gambe affusolate che sembravano fatte apposta per mettere in risalto i vestiti di marca che indossava, i piedi che infilava solamente in scarpe italiane dal tacco altissimo, i profumi penetranti che adoperava, attirava gli sguardi sbavanti di desiderio degli uomini e quelli carichi di invidia delle donne.
Aveva di sicuro tante qualità preziose, ma anche qualche grosso difetto. Era certa di essere non solo la più bella ma anche la più intelligente, l'inarrivabile e l'intoccabile, al di sopra di ogni sospetto. Infatti a Mattia non veniva in mente niente che non fosse perfetto quando pensava a lei e gli sfuggivano tanti particolari, tanti indizi che Ursula, per capriccio e per presunzione, lasciava dietro di sé. Perché a Ursula piacevano i ragazzi giovani e gagliardi. Non se ne lasciava sfuggire uno, tranquilla che tanto a casa aveva un cagnolino che l'attendeva scodinzolando col guinzaglio in bocca per l'uscita serale.
Ma svolazzando di fiore in fiore l'ape regina ne trovò uno assai bello, profumato ma dal sapore agro che lasciava l'amaro in bocca. Gustav non si accontentava di averla nel suo letto un'ora al giorno, la voleva tutta per sé e per sempre.
-Lascia l'italiano e vieni da me.
-Ma tu sei matto!
Gli rispose e fu l'ultima volta che andò a casa sua. Gustav la cercò per telefono; le inviò lunghi e strazianti sms; e-mail accanite senza avere mai risposta.
"Rispondimi o ti rovino la vita" la minacciò nel suo ultimo sms.
Ursula ignorò la minaccia, che poteva mai farle? E poi aveva già annusato il profumo del prossimo fiorellino e a Gustav non pensava più.
Ma Gustav era ferito e inferocito. Scrisse una lunghissima mail a Mattia e gli raccontò tutto quello che faceva la sua donna con abbondanza di particolari.
Proprio a quella mail stava pensando Mattia, bagnato di pioggia all'interno della sua macchina. Non pensava ad altro da quando l'aveva ricevuta.C'era dovizia di notizie, di nomi, di indirizzi, tutti lontano da Francoforte: l'ape regina cercava il suo polline in provincia, Gustav era di Hanau, gli indirizzi degli altri portavano a Bad Homburg, a Nauheim, a Ginsheim fino ad Heidelberg, nessuno a Francoforte, dove Ursula recitava la parte della donna fedele e innamorata del suo uomo. Nella mail di Gustav c'era il suo numero di cellulare. Lo aveva fatto dopo molta esitazione. Una sola domanda: 
-Puoi dimostrare tutto quello che hai scritto?
-Parola per parola, nome per nome.
A Mattia era bastato.
Un'ira sorda e feroce gli saliva dagli intestini fino alla bocca aumentandogli la salivazione. La prima cosa che pensò, da buon calabrese, fu di ammazzarla con le proprie mani. Ma non voleva farsi un giorno di galera per una così. L'idea dell'omicidio andava scartata. Ma doveva distruggerla, colpirla in quello che aveva di più caro: la borsa e la facciata.
Per la borsa era facile, non erano sposati e non avevano figli, pertanto non occorrevano avvocati né tribunali. Bastava dirle la fatidica parola Schluss, è finita, vattene, e lei doveva sgomberare il campo. Lo avrebbe fatto, a malincuore, forse con qualche lacrima, ma l'avrebbe fatto. Quello però a cui Ursula teneva di più era l'opinione che la gente aveva di lei, il rispetto del prossimo. Ci si può lasciare dopo anni per cento motivi, ma la sua immagine di donna perfetta e superiore doveva rimanere limpida e lucente. Invece lui l'avrebbe smerdata e sputtanata al punto che sarebbe dovuta fuggire dalla sua amatissima Francoforte. Ma come fare?
Fu Ursula stessa a venirgli in soccorso.
-Venerdì mattina parto con Lisa e Karola. Andiamo ad Amburgo. Non ti dispiace vero?
Mattia fece la faccia triste per camuffare l'ondata di cinica gioia che gli aveva intriso le visceri.
-Se proprio avete deciso...
Lei gli fece una carezza e si infilò nel bagno. Dopo un po' Mattia sentì il getto della doccia.
Un'idea favolosa gli era balzata in testa. Come non ci aveva pensato subito?
Mentre lei era sotto la doccia telefonò ad un suo amico albanese, che aveva una piccola ditta di traslochi.
-Puoi venire da me insieme a un paio di ragazzi venerdì mattina verso le undici?
-Devo portare un camion? È per via del permesso del Comune, la Zeil è zona pedonale.
-Basta un furgone, ma porta cartoni per imballaggio, una quantità.
Telefonò poi ad un altro suo amico, un siciliano che aveva un'officina da fabbro a Offenbach.
-Devi cambiarmi la serratura della porta di ingresso. Vieni venerdì pomeriggio.
Adesso restavano due cose da fare: aspettare l'albanese e il siciliano e poi andare a cena venerdì sera nel ristorante di Karl Heinz Koblet, il Bei Karl, che stava proprio di fronte casa sua.

Quando Mattia entrò nel ristorante erano le 20,30 e il locale era pieno, come aveva immaginato. Karl Heinz gli indicò immediatamente il suo tavolo privato nell'angolo più tranquillo del locale. Era quello che Mattia si era augurato. Mentre sceglieva sul menù venne Karl Heinz a sedersi davanti a lui, come previsto.
-Ho visto che pagavi quel trasportatore stamattina. Hanno portato via un sacco di roba, anche mobili.
-Solo una commode di Uschi.
-Lei è andata via stamattina alle sette con un taxi.
-Va ad Amburgo con due amiche per un paio di giorni.
-Poi è arrivato il furgone di una Schlosserei. Tutto oggi. Mi spieghi che succede?
Stava friggendo. Andava a meraviglia.
-Se mi garantisci che tieni tutto per te.
-Come in una tomba.
Sì, pensò Mattia, una tomba scoperchiata.
Karl Heinz aveva due soprannomi: Rundschau dal titolo del telegiornale del secondo canale tedesco, e DDF terzo canale appunto. Era notoriamente la lingua più veloce dell'Assia, capace di ampliare una notiziola fino a farla diventare un romanzo. Prima di domenica tutti avrebbero saputo  tutto nei minimi dettagli, veri e inventati da Karl Heinz. Proprio quello che occorreva per il totale sputtanamento di Ursula.
-Avvicina la testa, disse Mattia, ché certe cose non si possono dire a voce alta.
Gli spifferò tutto dalla a alla zeta, facendogli anche leggere la mail di Gustav dal suo Samsung. Karl Heinz era così agitato che non gli fece nemmeno pagare il conto.
Rientrato a casa Mattia inviò un sms a Ursula.
"Tutta la tua roba è conservata nei magazzini della ditta Donatri di Neu Isenburg. Qui di tuo non c'è più niente".
Schiacciò l'invio e accese la TV.
"Adesso ci pensa Karl Heinz a mettere su una immensa cagnara e a sputtanarti ben bene, grandissima troia", pensò Mattia e si mise a seguire uno spettacolo musicale dopo aver spento il suo cellulare. Dopo una mezzoretta ronfava beatamente.
Si era liberato di un gran peso, ma alla fine di tutto sarebbe riuscito Mattia a salvarsi dalla dannazione?



































10 commenti:

  1. Letto tutto d'un fiato.
    Intrigante e scritto bene.
    Cristiana

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    1. Grazie per il "tutto d'un fiato".
      Musica per le mie orecchie.
      Ciao.

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  2. Bello, triste anche se come reazione mi pare molto poco maschile di solito sono le donne che cercano quel tipo di vendetta. Un uomo se può tiene nascosto il fatto di essere un pluricornuto.

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  3. Ho voluto contrapporre il comportamento di un uomo raffinato anche nella crudeltà a quello dei beceri manigoldi che stanno facendo dell'ammazzamento di donne lo sport nazionale.
    Esibire le proprie corna come un trofeo pur di sputtanare a morte una donna che ti è diventata nemica e odiosa. Non è bello forse?
    Ma non hai attentamente letto: il racconto termina con un interrogativo angosciante.
    Qualcosa di molto pesante pagherà anche Mattia.

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    1. Invece avevo letto attentamente, ed è proprio da quell'ultima frase che è nato il mio commento.
      Ti ci porto con più dettagli forse nell'essere concisa si è perso qualcosa, ecco come la vedo io.
      Mattia è un debole, prima subisce le decisioni del padre poi della sua donna, anche nella decisione finale non riesce a essere uomo e adulto, mettendo la sua donna alla pubblica gogna è come se volesse cercare il plauso e l'appoggio della gente. Non riesce a prevedere che per quella decisione lui sarà per sempre quello che la moglie tradiva per chiunque lo conosca. Un vero uomo avrebbe mandato via la moglie, e fatti i conti con l'evitabile dolore.
      Apprezzo il tentativo di contrapporre alla violenza con cui oggi o forse da sempre, si cerca di risolvere un rapporto finito con una soluzione più soft, ma non la condivido, si tratta pur sempre di vendetta.
      L'uomo o la donna, non faccio differenze di genere, per essere ritenuti tali, non dovrebbero ricorrere alla vendetta, è riuscire a fare i conti con il dolore, la delusione i rimpianti e i rimorsi che li fa tali.
      Hai scritto un bel racconto, soprattutto perchè hai lasciato aperte tante chiavi di lettura, io ho visto questo, giusto o sbagliato mi è servito a riflettere. Grazie e baci

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    2. Ottima chiave di lettura. Io sono convinto che la maggior parte degli uomini in questi ultimi decenni siano deboli e sconfitti designati a prescindere nei rapporti con le loro donne. Tutti sbagliamo, anche quelli che si ritengono forti come me, per eccesso di zelo nella contrapposizione o mancanza di autocritica, non necessariamente per mancanza di dignità -qualuno di sicuro-, salvo poi confondere la dignità con l'orgoglio tipico del maschio ex-padrone. I più deboli tra i deboli rislvono al questione massacrando la donna di botte e di colpi mortali. Altri invece si rifugiano al buio mugolando schiumanti rabbia e desiderio di una vendetta che non hanno il cuore di mettere in atto.
      Così ho realizzato questo racconto, bello dici tu e penso io, facendo come una provocazione: nessun uomo infatti metterebbe mai in piazza le corna che porta e che gli rodono sulla fronte. Per questo Mattia lo fa, perché glielo fa fare il suo creatore e per questo Mattia mi odierà a morte per il resto dei miei giorni.
      Grazie dello scambio di opinioni. Ciao.

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  4. Risposte
    1. Certo che no, e per moltissimi e variegati motivi.
      Abbraccio Mariè.

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  5. Ciao Vincenzo, a parte alcune battute qua e là scritte in tedesco che non ho ben compreso, la tua storia è molto ben raccontata, anche l'attesa di un seguito mi entusiasma non poco.
    Speriamo che Mattia non perda tutto quel che ha conquistato col sudore della fronte.
    Buona serata e a presto.

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  6. Il tedesco è ridotto al minimo. Il seguito non verrà raccontato: ognuno dei miei lettori se lo dovrà immaginare come lo vorrà.
    Io credo che non lo perderà, ma mi sarebbe piaciuto stare in un angoletto tenendo d'occhio Uschi mentre leggeva lo sms di Mattia e guardare la sua faccia...
    Ciao e grazie.

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