venerdì 20 maggio 2011

STORIA MAI RACCONTATA DEL FALSO PICASSO NON PIÙ RITROVATO

PRIMA TAPPA

FILENAME: UN UOMO HA ASSOLDATO
(Un uomo ha assoldato un gruppo di killer, che lo devono uccidere davanti a un pubblico di sei intenditori, che pagheranno poi i suoi debiti. I killer eseguono ma alla fine l'uomo non è morto)


"Per prima entrò una delle due donne. Si diresse da mister BB e gli porse un biglietto. Mister BB lesse e storse il naso. La donna se ne disinteressò e si appoggiò con le spalle al muro, guardando fisso con uno sguardo inespressivo l'uomo che dovevano ammazzare, l'uomo che li aveva già pagati per questo. A lei non gliene fregava proprio niente.
La seconda donna entrò cinque minuti dopo e offrì un altro biglietto a mister KK, con sopra scritto qualcosa in stampatello. Mister KK tirò fuori gli occhiali da una tasca interna della giacca, lesse e subito scosse la testa. Prese una penna, appoggiò il biglietto sul tavolo che gli stava davanti, cancellò un paio di parole e in loro vece scrisse qualcos'altro. Restituì poi il biglietto alla donna. Dopo avergli dato una breve occhiata si appoggiò anche lei al muro accanto alla prima. Non guardò nemmeno una volta dalla parte dov'era l'uomo che dovevano ammazzare.
I cinque uomini che allora entrarono uno dopo l'altro trasportavano ognuno uno zainetto rigonfio e si disposero dalla parte opposta, di fronte alle due donne, accanto all'uomo che doveva morire. Dopo che si furono allineati lungo il muro mister GG si alzò e si avvicinò agli ultimi spettatori rimasti in un angolo: scambiò poche parole con mister JJ e con mister VV; diede uno sguardo a mister TT che si limitò ad annuire. Mister GG si avvicinò allora alle due donne e riferì brevemente gli accordi presi, poi ritornò a sedersi.
La donna che era entrata per seconda si recò allora da quello che sembrava il capo del gruppo. Gli consegnò il biglietto con la correzione di mister KK e gli sussurrò qualcosa in un orecchio. Non aveva altro da fare e ritornò accanto all'altra ragazza.
Quello che sembrava il capo si sfilò dalle spalle lo zainetto. Lo aprì e ne estrasse alcuni pacchetti che distribuì a tutti gli altri. Le due donne disfecero il loro per prime e indossarono le tute di plastica che c'erano contenute, coprendosi la testa col cappuccio e tirandone i laccioli in modo che solo il viso rimanesse scoperto e tutto il resto fosse protetto. In fondo a ogni pacchetto c'era un paio di guanti di latice che ognuno di loro indossò, calzandolo accuratamente.
A quel punto due dei killer presero per le braccia l'uomo che dovevano uccidere, gli sfilarono la giacca, lo fecero sedere su una sedia e gli legarono i polsi dietro alla spalliera; dopo avergli tolto le scarpe legarono le sue caviglie alle gambe anteriori della sedia. Quello che sembrava il capo estrasse dallo zainetto otto tubi di alluminio lunghi una trentina di centimetri, del diametro di poco meno di un centimetro, che avevano la filettatura a entrambe le estremità. Li avvitò insieme due a due formando quattro sbarre di circa sessanta centimetri, ad ognuna delle quali avvitò un ultimo corto elemento che finiva con una punta aguzza. Allineò tre lance sul tavolo con le punte rivolte verso l'uomo legato. La quarta la tenne impugnata nella sua mano sinistra. Girò allora lo sguardo lentamente sui sei spettatori, si avvicinò alla schiena dell'uomo legato e col pollice della mano destra premette sulle spalle dell'uomo ai due lati del collo, immediatamente dietro alle clavicole. Uno dei suoi compagni gli passò un mazzuolo.
Quello che sembrava il capo fece tutto assai velocemente: poggiò la punta della prima lancia dietro alla clavicola sinistra dell'uomo legato; torse vigorosamente verso l'interno il polso della mano che reggeva l'asta mentre premeva in basso in modo che la punta già penetrasse per qualche millimetro e immediatamente colpì la base della lancia con violenza. la punta penetrò profondamente sfiorando il deltoide e la clavicola, perforò il muscolo pettorale e riemerse attraverso la camicia lacerata.
Il sangue schizzò abbondantemente verso l'esterno attraverso le due vie aperte irrorando l'asta e la camicia del condannato, il quale riuscì a fare appena una smorfia nel tempo che il suo carnefice gli infilava la seconda lancia dentro l'altra spalla.
L'uomo che doveva morire mugghiò cupamente, mentre quello che sembrava il capo con estrema velocità gli trapassava i piedi con le ultime due banderillas inchiodandolo al pavimento.
Quando le urla del condannato diminuirono di intensità, quello che doveva essere il capo si rivolse con un gesto energico agli spettatori, e stropicciando entrambi gli indici contro i pollici espresse in modo eloquente ciò che voleva.
Mister BB estrasse allora da sotto la sua sedia una valigia: la depose sul tavolo e ne fece scattare la serratura. Girò poi la valigia verso il capo dei killer mostrandogliene il contenuto. Il capo fece un gesto con la testa e due dei suoi uomini cominciarono velocemente a controllare. Visto che i conti tornavano, richiusero la valigia e si rivolsero verso il capo aspettando ordini. Ricevettero un cenno della testa; allora presero la valigia e se ne tornarono al loro posto. Uno dei due estrasse dal suo zainetto un'ascia e la porse al capo. Questi afferrò per i capelli l'uomo inchiodato a terra e glieli tirò indietro con forza in modo che la sua gola fosse bene in vista. Passò leggermente sulla base della gola il filo dell'ascia come per prendere le misure, poi la sollevò in alto con un gesto lento e solenne. Prima di vibrare il colpo girò gli occhi sulle facce dei sei spettatori.
Le espressioni erano le più varie, dal disgusto, all'orrore, alla paura; il capo si soffermò un po' più a lungo sulla faccia di mister BB che gli stava proprio di fronte: teneva la testa insaccata nelle spalle, il mento proteso in avanti, la bocca semiaperta e guardava la scena strizzando gli occhi, come se la luce lo accecasse.
Il capo sogghignò, irrigidì i muscoli della spalla destra pronto a lasciar cadere la mannaia e rimase un attimo in quella posa, misurando mentalmente la distanza. Poi di colpo abbassò il braccio e scaraventò l'ascia contro la faccia di mister BB.
La lama spaccò in due la mandibola e il mascellare superiore, infilandosi come un cuneo tra gli incisivi; penetrò nel cervello dopo aver solcato e inciso come un rasoio le ossa del palato e terminò la sua corsa sprofondando nelle vertebre cervicali.
Mister BB schiattò all'istante, mentre un'ondata di sangue investiva la parete alle sua spalle.
Dopo tutto avvenne in rapida successione.
Mister GG scivolò dalla sua sedia cadendo ginocchioni senza difesa davanti ai killer schierati. Mister KK, superata la sorpresa iniziale, sfilò da una tasca un revolver, ma tirò fuori la mano tenendolo per la canna; cercava di prenderlo per il verso giusto quando la donna che era entrata per seconda fece scattare la molla di una frusta d'acciaio telescopica: l'asta durissima e flessibile come un bambù si abbatté sul polso di mister KK spappolandogli il carpo. Il revolver finì inservibile sotto il tavolo mentre un secondo colpo di frusta quasi tagliava in due l'avambraccio dell'uomo all'altezza del gomito.
L'altra donna aveva a sua volta estratto la sua frusta telescopica: senza farne scattare la molla la usò come un randello d'acciaio, colpendo di dritto e di rovescio mister GG ai due lati del collo. Al quinto o sesto colpo troncò di netto una vertebra e il cranio quasi del tutto reciso crollò abbandonandosi sul petto di mister GG. La donna rovesciò a terra con una ginocchiata il corpo ballonzolante dell'uomo, che continuò a sussultare ancora per un po'; ma lei non se ne curò più preoccupandosi di aiutare la sua compagna, che sembrava in difficoltà con mister KK.
Malgrado potesse utilizzare solo un braccio si difendeva energicamente. Aveva afferrato una sedia e con quella teneva a bada la frusta che la donna non riusciva a maneggiare con efficacia per via dell'angusto spazio. La sua collega capì al volo la situazione e con due robuste mazzate mandò in frantumi le ossa della mano con cui mister KK reggeva la sedia. Senza più il suo scudo rimase a mister KK solo il tempo per un respiro, sommerso sotto una scarica di mazzate e di frustate da tutti i lati. Mentre cadeva col busto in avanti l'ultimo fendente lo colse con l'estremità della frusta, per questo la parte più sottile e tagliente, e gli fece perdere la testa, che ruzzolò sotto il tavolo fermandosi tra i piedi dell'uomo inchiodato al pavimento.
Mentre quello che era il capo aveva continuato per tutto il tempo a tenere tirati indietro i capelli dell'uomo che avrebbe dovuto uccidere, i suoi quattro uomini, estratte dagli zainetti delle corte roncole dalle lame affilatissime, avevano letteralmente fatto a pezzi gli ultimi tre spettatori che si erano rifugiati nell'angolo più lontano della stanza tenendosi avvinghiati l'uno all'altro.
Si erano sentite poche urla di terrore e di dolore, solo il rumore dei colpi delle fruste e delle roncole, l'ansimare degli assalitori e i tonfi dei corpi e delle parti dei corpi degli assaliti. Tre o quattro minuti di rumori infernali seguiti dal silenzio.
Le due donne uscirono dalla stanza per prime spogliandosi delle tute e dei guanti. Dopo di loro anche gli uomini si tolsero i loro indumenti lordi di sangue.
Quello che doveva essere il capo estrasse dapprima le due lunghe aste che tenevano i piedi del suo uomo inchiodati al pavimento, poi sfilò con estrema cautela le due banderillas dalle sue spalle, provocando altre emorragie e sicuramente altra sofferenza, ma non poteva fare altrimenti. Sciolse per ultimo i lacci che tenevano legate le mani dell'uomo tra loro, e le sue caviglie alle gambe anteriori della sedia; prese da terra la valigia coi soldi, la aprì, ne valutò la metà a occhio infilandola dentro il suo zainetto. Richiuse la valigia e con un calcio la fece arrivare accanto all'uomo ferito. Si sfilò la tuta e i guanti gettandoli per terra accanto ai cadaveri, e raggiunse la sua gente che lo stava aspettando in fondo al corridoio. Senza proferire una parola si allontanò velocemente con tutta la squadra."

PRIMA PAUSA



7 commenti:

  1. letto fino a inizio tortura, stop.
    chiedo dispensa, stop.
    farò pausa anch'io, fino alla fine della storia mai raccontata
    ... e da me mai letta, stop.

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  2. Non credo che tu ti comporti così quando T.P. ti risponde male o fa qualcosa che non ti va.
    Non credo che te ne vai e lo pianti lì.
    Non ti sei accorta che era un "FILENAME"?
    Allora ti do un modesto consiglio: leggi laddove non è un filename (ce ne sono ancora due o tre, ma il prossimo è innocuo), poi salti e vai alla storia. Leggi l'ultimo filename, in chiusura di tutta la storia, che ti farà capire il senso di tutti 'sti filename. D'accordo?
    Spero di sì.

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  3. Ehhh? non ho capito niente, non so neanche cosa sia un filename.
    SCUSA se il mio commento ti è sembrato sgarbato, non era mia intenzione essere scortese.
    Ok, a volte sono un pò scontrosa, lo so.
    (in quale girone li ha cacciati, Dante, gli scontrosi?)

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  4. Era scontroso lui, a quanto risulta: basta leggere alcune pagine del "Convivio".
    Filename significa "titolo del file".
    Si tratta di file staccati, che vengono messi qua e là nel racconto, perché hanno una valenza, che risulterà chiara solamente alla fine.
    Spero di essere stato sufficientemente chiaro almeno stavolta. Sempre disponibile, in caso contrario.
    PS: non sei "un po' scontrosa" sei molto scontrosa, ma sei come un quadro di Mirò: o lo accetti così come è o non lo guardi nemmeno.
    Tschüß!

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  5. Stavolta ci tieni avvinghiati a un bel mistero. Se il sorprendente cambiamento di programma è stato voluto/pagato dall'uomo che doveva morire, perché doveva farsi torturare lo stesso a quel modo? E se non dipende da lui, perché non è stato ucciso? Che altro bolle in pentola?
    Molto azzeccato l'uso spersonalizzante di semplici iniziali, un po' come l'uso dei nomi di colori nelle Iene di Tarantino (che a sua volta si è ispirato, se non sbaglio, a un film precedente) e in Fantasmi di Paul Auster.

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  6. Ciao Nik. Ho diviso il racconto in 12 parti proprio per non gravare su chi legge, dando -spero- la possibilità che si ha a casa propria, di mettere il libro in un cassetto e di uscire a prendere un po' d'aria.
    Mentre lo scrivevo mi andavo a rileggere qua e là quel che avevo combinato per vedere di stare sempre bene in linea. Alla fine l'ho riguardato metro per metro, pezzetto per pezzetto, perché -come tu sai- il rischio di derapare non solo in curva ma anche in rettilineo c'è in certi racconti.
    Speriamo che rimaniate tutti amici miei come prima alla fine dell'ultima parte.
    Silvia ha già alzato le mani, forse un po' troppo presto, secondo me.
    Ciao.:)

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  7. E facciamo questa pausa... Bella Enzo. :)

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