Il fischio lacerante di un treno che le arrivava alle spalle per un pelo non la fece cadere dalla bicicletta. Traballando sulla sella Marzia controllò la sbandata riuscendo a tenere la bici nello stretto viottolo. Quello sterrato, che per qualche chilometro costeggiava la ferrovia, era la strada più breve per arrivare alla chiesa dei Cappuccini. Mandò all'inferno il treno, che ormai scompariva, e si rimise a pedalare con foga.
Dentro la tasca posteriore dei jeans il cellulare vibrò tre volte: le era arrivato un messaggio. Mise un piede a terra e lesse: "Dove 6?". Marzia digitò la risposta, "arrivo" e premette il tasto di invio.
Cosa aveva di tanto urgente Mattia da comunicarle? Però che idea balorda convocarla laggiù, davanti alla vecchia chiesa. Lì per lì le era sembrata una delle solite stranezze di quel ragazzo indecifrabile, ma si era messa in cammino lo stesso, incuriosita. Era il suo migliore amico, l'unico fin dai tempi delle elementari; di lui si fidava ciecamente e a volte gli aveva rivelato anche segreti intimi. Marzia non aveva un diario come tutte le sue compagne di classe al liceo, aveva Mattia. Un anno più vecchio di lei, proprio due mesi prima era diventato maggiorenne e suo padre gli aveva regalato i soldi per la patente. Un gran bel regalo e adesso lui si dava tante arie, anche se al massimo poteva girare una mezzora con la vecchia UNO di sua madre.
"Avrà conosciuto una ragazza e mi vorrà chiedere un parere", pensò Marzia.
Si era comportata così anche lei quando Luca le aveva fatto la dichiarazione.
-Non lo conosco, adesso mi informo, le aveva risposto Mattia.
Una settimana dopo l'aveva sbalordita con una domanda mai fatta prima.
-Sei ancora vergine?
-Sì, certo...che ti prende?
-Sei sicura?
-Ma che cazzo chiedi? Sai che te ne avrei parlato se mi fosse capitata una cosa così.
-Allora molla il tuo ganzo.
-E perché?
-Perché è uno stronzo. Va in giro a raccontare che ti ha sverginato in riva al lago la prima sera che siete usciti, e che tutte le sere ti ci porta e ti dà una ripassata.
Marzia aveva piantato Luca senza pietà, anche se lui le aveva giurato e spergiurato di non aver mai detto quelle cose. Si era fidata delle parole di Mattia, però in fondo le era venuto il sospetto che fosse geloso di lei e che avesse un po' gonfiato la storia.
Mattia era un tipo strano, sempre stato fin da piccolo, ma a lei piaceva proprio per quello: i ragazzi normali l'annoiavano a morte e lei li scansava come la peste.
Era ormai giunta in coma alla collina, in piedi sui pedali e con la lingua di fuori nell'ultimo strappo. Si fermò prima della breve discesa. Proprio in mezzo al piazzale davanti alla chiesa riconobbe Mattia: fumava appoggiato a una macchina rosso fuoco. La UNO era bianca, suo padre aveva una BMW blu scuro. Chi gli aveva prestato quell'auto?
Mattia le andò incontro appena la vide scendere lungo la discesa.
-Guarda che figata!
-Che macchina è?
-È la mitica MITO a due porta, l'ultima Alfa Romeo: 1600 di cilindrata e 130 cavalli.
Sparava numeri che a Marzia non dicevano niente, ma lui se ne fregava.
-Chi te l'ha prestato 'sto capolavoro?
-Prestata? È mia.
-A chi hai rubato i soldi?
-Mio padre ha messo una firma di garanzia e la Banca ha tirato fuori gli spiccioli.
Ecco cosa aveva di tanto urgente il suo amico, mostrarle la sua auto nuova.
-Non era meglio se passavi a prendermi a casa mia? Gli chiese un po' indispettita. Mi hai fatto venire il fiatone perché ho corso tutto il tempo pensando chissà cosa ti fosse successo.
Altro che fiatone. Adesso che non correva più si sentiva sudata fradicia coi panni appiccicati addosso, lei che odiava puzzare di sudore.
Senza nemmeno curarsi delle sue difficoltà Mattia le aprì la portiera di destra.
-Dai, entra che ti faccio fare un giro.
-E questa la lascio qui? Rispose Marzia indicando la bici.
-Ce la portiamo dietro.
_E dove vuoi metterla, sul tetto?
-Nel portabagagli.
Mattia aprì il portello, tirò giù i sedili posteriori e sistemò la mountain bike per tre quarti all'interno; usciva fuori solo la ruota anteriore. Si sfilò la cinghia dei pantaloni e la ancorò al pianale del bagagliaio, facendone passare una estremità dentro una specie di gancio sul portello. Lo tirò verso il basso e chiuse la cinghia fino all'ultimo buco. Sembrava tutto sufficientemente sicuro.
"Meglio", pensò lei; "così entra aria ed esce la puzza del mio sudore".
Mattia si diede da fare col cambio smanettando come se corressero un rally; lei puntò i piedi e agguantò con entrambe le mani i due lati del suo sedile. Non era per niente tranquilla.
Mattia rallentò immediatamente quando si immise nel traffico della provinciale. La ragazza immaginò che volesse portarla al lago, ma lui invece quando arrivò alla deviazione tirò diritto. Attraversarono due paesi procedendo sempre a buona velocità. Mattia era ammutolito, assorto in chissà quale pensiero.
"Sembra mio padre quando facciamo la gita domenicale", pensò Marzia; "guida e sta zitto, e io e mia madre a lanciarci occhiate".
Attraversarono un altro paese.
"Però mio padre ogni tanto sbuffa, qualche volta borbotta; questo qui non esiste proprio".
-Gratta, disse Mattia all'improvviso.
-Cosa?
-Gratta, non senti?
-Cosa gratta, la bici? Chiese lei girandosi a guardare la sua mountain bike.
-Il cambio, non lo senti sto rumore?
Per questo stava così assorto. Ma lei non sentiva proprio niente oltre il rumore dell'aria risucchiata all'interno dell'auto.
-Non è niente, disse lui; è finito.
Era ormai quasi un'ora che stavano in macchina e Mattia non accennava a tornare indietro né a fermarsi.
-Ma dove stai andando? Chiese lei.
-Qui avanti.
Due parole e basta. Avanti dove? A fare che?
"Vorrà mostrarmi ancora qualcosa", e per un po' smise di preoccuparsi.
Ma i paesi si succedevano gli uni agli altri e Mattia tirava sempre diritto lungo la provinciale. Lo stomaco di Marzia cominciò a contrarsi.
-Ho fame, disse a bassa voce.
Mattia non diede segno di averla sentita.
-Ho fame, gridò lei.
-Potevi dirlo subito, rispose lui cupo e continuò a guidare.
-Voglio mangiare adesso.
-Qui vicino c'è un posto. Mi fermo e ti compro qualcosa. Però non gridare che mi disturbi la concentrazione.
In un paio di minuti arrivarono a vedere l'insegna gialla di un "Mc Donald's". Il parcheggio sui due lati dell'edificio era pieno di macchine.
Mattia non spense nemmeno il motore. Saltò giù e in una manciata di minuti era già di ritorno. Entrò in macchina lanciandole in grembo un sacchetto contenente due confezioni di hamburger.
-Ma si può sapere che hai? Si può sapere dove corri? Chiese Marzia con la bocca piena di cibo.
-Mangia e sta zitta. Devo concentrarmi.
-A che ti serve tutta 'sta concentrazione?
-Devo trovare le parole adatte.
-Che significa "adatte"?
-Devo dirti una cosa, ma non mi vengono le parole.
"Questo è matto da legare", pensò Marzia con rabbia, ma finì di spolverarsi gli hamburger senza più dire una parola.
Intanto la MITO correva di nuovo lungo la provinciale. Era scesa la sera e l'aria che entrava dal portabagagli semiaperto non era più molto piacevole. Marzia teneva le braccia strette intorno alla vita perché aveva freddo e perché non era più tranquilla: il suo migliore amico le stava rivelando una faccia tutta nuova, incomprensibile.
Mattia si fermò in una piazzola di parcheggio.
-Non credevo di doverci pensare tanto, ma non mi vengono su le parole giuste.
Stava parlando a se stesso, come se fosse solo dentro quella macchina.
-Puoi almeno dirmi di che si tratta? Provò a intromettersi Marzia. Posso aiutarti?
-No, faccio da solo. È una cosa importante, devo trovarle da solo le parole.
Rimise in moto.
Lo stomaco di Marzia riprese a contrarsi. I due hamburger non erano bastati, perché l'ultimo pasto era ormai lontano più di sette ore. All'improvviso, senza neanche mettere la freccia, Mattia infilò una traversa a destra, poi un'altra, poi ancora un'altra e si ritrovò sulla provinciale ma nella direzione opposta a quella da dove erano venuti. Alla prima piazzola di sosta si fermò e spense motore e fari. Poco più in là stavano parcheggiati due camion. Sembravano abbandonati, non c'era un'anima, solo il traffico sulla provinciale con le sventagliate dei fasci di luce nei due sensi.
-Devi farcela. Trova ste cazze di parole.
Mattia parlava a se stesso.
"Forse si è dimenticato che io sono qui, o non gliene frega più niente", pensò Marzia.
Chissà che parole cercava; quel ragazzo non era stato mai capace di fare un discorso lungo e sensato, dopo un po' finiva per smozzicare le frasi, grugniva e taceva.
Rimise in moto. Passò in mezzo ai due camion e si avviò nel traffico.
-Guarda che sono capace di trovarle le parole. Poi ti dirò tutto, e le lanciò un'occhiata.
Allora era una cosa che la riguardava, una cosa pesante, brutta, bruttissima, visto che non riusciva a mettere insieme uno straccio di frase. Marzia, preoccupatissima, iniziò ad arrovellarsi provando a trovare un argomento, un motivo, un accidente qualsiasi che la facesse star male e che mettesse così in imbarazzo il suo amico nel rivelarglielo. Forse la sua nuova compagna di banco, Elena, stava cercando di soffiarle Marco, che lei dopo tanti sforzi sentiva di essere finalmente riuscita a sedurre. Erano due giorni che non lo vedeva e adesso che ci pensava nemmeno Elena era venuta in classe negli ultimi giorni.
Ma lui come ci era arrivato? Non conosceva né Elena né Marco, però lei come al solito gli aveva già detto del suo interesse per quel ragazzo. Il paese era non molto grande e ci si vedeva tutti alla sera. Forse Mattia li aveva visti insieme e aveva capito tutto, forse li aveva seguiti di nascosto, forse...
"Deve essere questa la cosa che deve dirmi, sennò perché tutti questi indugi?"
Si erano nuovamente fermati al Mc Donald's. Neanche stavolta aveva spento il motore, ma era tornato con due buste, aveva fame anche lui. Entrarono nel parcheggio di un supermercato, vuoto a quell'ora. Lei iniziò subito a mangiare i suoi due hamburger, mentre Mattia teneva la testa appoggiata al volante.
-Non mangi?
-Dopo.
Marzia non riusciva più a trattenersi.
-Senti Mat, ho capito quello che vuoi dirmi, almeno credo.
-No! Saltò su lui come se gli fosse esploso un petardo dentro le mutande. Non hai capito niente. Non puoi aver capito. Non devi.
-Ma io voglio solo discutere con te della cosa.
-Niente affatto. Te lo dirò io quando mi saranno venute le parole giuste.
Rimise in moto.
-Mangia anche i miei hamburger. Non mi vanno.
Marzia avrebbe magari potuto, ma tenne tutto il tempo la seconda busta chiusa tra le mani. Prima o poi gli sarebbe venuta fame a quel testone.
Passarono davanti alla chiesa dei Cappuccini. Mattia fermò nel piazzale, spense il motore e scese dalla macchina.
"Non vorrà mica scaricarmi qui con questo buio?" Pensò Marzia rabbrividendo.
Mattia prese a girare a lunghi e lenti passi intorno alla MITO, con le mani nelle tasche dei calzoni.
"Deve sentirsi niente affatto bene", si disse Marzia. "Dovrei fare qualcosa per lui, ma che cavolo faccio?"
Rientrò in macchina con un balzo.
-Ti porto a casa. Per questa sera non ce la faccio...non ce la faccio proprio...non mi viene...non mi viene su niente.
Per tutto il tempo Marzia guardò truce davanti a sé.
Mattia fermò a poche decine di metri dal suo portone: sfilò la cinghia da dove l'aveva ancorata, tirò fuori dall'auto la mountain bike e la sistemò sul cavalletto. Richiuse il portello senza far rumore e le aprì la portiera.
-Passo a prenderti domani nel pome. Vedrai che la notte mi aiuta a trovarle 'ste parole.
-Ma vaffanculo! Gli sparò Marzia sulla faccia.
Spinse la bici dentro il portone. Si voltò. Mattia era sempre fermo accanto alla macchina con la faccia da funerale. Lei ci mise poco o niente a trovare due parole di conforto.
-OK! Passa dopo le due e mezza, e sparì dentro il portone.
Bello il titolo. Il problema è che quando non troviamo le parole, cioè spesso, ecco che finiamo per usare quelle sbagliate, e così ... "facciamoci del male, dài!".
RispondiEliminaIl tema è un classico, trattato con originalità.
Tutto quadra, nel racconto, tranne l'automobile. Per me, ovvio.
Un Mattia che si fa comprare da babbo natale un' alfa romeo rosso fuoco 1600 di cilindrata e 130 cavalli (che obbrobbrio è?)le avrebbe trovate eccome le parole, anzi sarebbe passato ai fatti prima dei vari Luca e Marco. (mancano solo Matteo e Giovanni!)
Un Mattia che porta in giro la sua amica tutta sera senza riuscire a farle la dichiarazione è un tipo da macchina usata, trasandata, puzzolente. Lui cerca di renderla presentabile solo quando esce con Marzia (...Marzia?), ma lo fa maldestramente e con rimedi peggiori del male, tipo arbre magique dal profumo intenso, così intenso che la bella lo chiude nel cruscotto dopo esserne quasi stata asfissiata.
Ciao!
L'idea per questo racconto non mi è venuta di notte, né di giorno; me l'ha passata una mia cara amica che mi ha raccontato un fatterello capitato ad una amica sua. Mi ha conquistato subito quell'aura kafkiana della situazione. Poi ci ho messo del mio, chiedendo prima alla mia amica l'autorizzazione a scrivere -sai mai quella sua vecchia amica leggesse il mio blog- quindi di mio ci ho messo la macchina e i giri e giretti che i due fanciulli ci fanno sul far della notte.
RispondiEliminaPerché non ti garba la macchina e vorresti un catorcio puzzolente? Ma è proprio lì il contrasto: da una parte un'auto nuova di zecca, ambita da tutta la mejo gioventù, dall'altra un babbeo che non riesce a dire a una mocciosa il bene che le vuole.
Comunque mi piace l'idea dell'arbre magique. Peccato sia venuta a te e non a me, ma forse sarebbe stato troppo.
NB. Marzia è un nome bello, bello, bello!
Mattia pure.
Non lo sai che io faccio una cernita particolare prima di scegliere i nomi dei miei personaggi?
Comunque sembra che ti sia piaciuto. È consolante.
Ciao.
Molto ben reso e molto tristemente vero, questo kafkiano "non trovare le parole"... però secondo me convincono poco i "precedenti" fra i due. Due amici intimi che si sono sempre confidati e si son sempre detti tutto difficilmente danno origine a una simile scena, con lui così muto e lei così "negativa"... Al limite potrebbe funzionare se lui dovesse dichiarare una vera enormità, ad esempio se fossero due maschi e l'uno scoprisse di amare l'altro ma, sapendolo etero e omofobo, temesse di rovinare per sempre l'amicizia, allora sì che si bloccherebbe.
RispondiEliminaMi piace però questa Marzia che trova noiosi i ragazzi normali. Nella realtà, di solito le ragazze cercano i normali come le mosche cercano il miele (o la mer**)... :D
Buona domenica mon ami!
Sai che mi era venuto in mente di farli essere due maschi? Purtroppo sto imbastendo da tempo una storia con un uomo di una certa età, che rimasto solo scopre la vera sponda del fiume cui appartiene. Mi sembrava di entrare in un campo già parzialmente seminato e quindi contaminare l'idea. Così ho lasciato la storia come mi era stata raccontata.
RispondiEliminaIn fin dei conti è capitato anche a me di avere un'amica al liceo. Non pensavo di esserne innamorato, mentre lei lo aveva capito da un pezzo; quando me ne sono accorto ho cercato mille modi per farglielo capire, meno il più semplice, cioè dicendoglielo. Quando finalmente mi sono deciso, preparando le frasi parola per parola, mi è arrivata una sua telefonata: mi voleva incontrare subito subito. Mi comunicò di essersi fidanzata con uno che mi stava già antipatico e che, da quel momento, mi è diventato odioso.
In fondo Mattia non si comporta tanto diversamente da come mi comportai io con Rosalba quella volta.
Buona domenica anche a te, mein lieber Freund.