martedì 11 marzo 2014

DECISIONE FULMINEA


Venerdì 7 marzo EJ si alzò dal letto con un diavolo per capello. Quello che lo faceva incazzare era il fatto di non sapere perché fosse così incazzato. Bevve solo una tazza di caffè decaffeinato e uscì di casa. Mise in moto la macchina e senza troppo correre arrivò a Kandel andando a parcheggiare nel cortile riservato ai pazienti del suo cardiologo.
Si appoggiò una mano sul petto: il cuore pulsava regolarmente, poco sotto le 50 pulsazioni al minuto, giudicò EJ. Forse quella visita era inutile, pensò. Invece il suo cardiologo non sembrava affatto contento. Auscultò a lungo.
-Irregolare, disse; troppo irregolare. Deve fare un EKG sotto sforzo.
EJ sentì l'incazzatura arrampicarglisi fin sulla vetta del Cervino: non era niente affatto un esercizio piacevole, ma fece quel maledetto EKG sbavando e sbuffando. Si rivestì e attese. 
Il cardiologo controllò il tracciato senza dire una parola. Poi prese il suo cellulare e digitò un numero. Parlava fitto fitto, usando termini tecnici. EJ non ci capiva niente.
-Martedì prossimo alle 8,30 il professor Gonska l'attende nel suo studio nella clinica dove lei è già stato ricoverato. Non deve mangiare né bere niente.
L'incazzatura di EJ toccava oramai la vetta dell'Everest.
-Devo mettere adesso anche l'apparecchio per le 24 ore?
-Non occorre, sappiamo già abbastanza e poi domani è sabato e qui è chiuso.
EJ non voleva pensarci più sopra e tirò a campare fino a questa mattina, 11 marzo, un bellissimo martedì pieno di sole primaverile, ma EJ aveva l'incazzatura costante che passeggiava sulle creste dell'Himalaya.
Nella clinica cardiologica del St. Vincentius Krankenhaus, dovette ripetere tutte le analisi che aveva già fatto un anno prima: inizialmente controllo delle funzioni della tiroide, poi venti minuti infilato nel tubo, mentre gli venivano monitorate da ogni lato le quattro camere del muscolo cardiaco.
Infine una mezzoretta di attesa tanto per gradire, poi finalmente la sentenza del professore. Spiega con parole semplici, facilmente comprensibili.
-All'interno della cavità atriale sinistra una piccola vena si è messa a lavorare in proprio di tanto in tanto, costringendo il suo cuore a una doppia circolazione. Il pericolo è che si formino trombi ed emboli, che andrebbero direttamente al cervello provocando ischemie.
Ischemia, termine medico fatale in casa di EJ: la causa della morte di sua madre, di suo fratello, di due sue cugine di primo grado.
-Come si può combattere questo pericolo? Chiese EJ.
-Con quotidiane dosi di eparina che diluiscano il sangue.
-Assolutamente escluso, professore. Io soffro di emorragie nasali, che a volte durano delle ore. Lo scorso anno, imbottito di eparina, ebbi un'emorragia di otto ore, che per un pelo non mi causò un infarto.
-Allora bisogna fare un catetere, arrivare alla vena, bruciarla eliminando il problema.
Catetere, altro termine odioso.
-Il guaio è, Herr EJ, che la vena stakanovista non è all'interno della cavità atriale destra dove potremmo arrivare con facilità attraverso un arteria inguinale, ma nella cavità atriale sinistra.
-Nessun percorso diretto?
-Nessuno. Bisogna passare dall'atrio destro, perforare la parete divisoria entrando nel sinistro. Una volta effettuato l'intervento sulla vena si ritira il catetere ed è finito.
-Nessun pericolo di complicazioni? Chiese EJ, che aveva sentito una nota di sospensione nella voce del professore.
-C'è il rischio che a causa della sua età il foro non si chiuda immediatamente.
-Allora?
-Allora si dovrebbe operare d'urgenza a cuore aperto e suturare per evitare un disastro.
-Quale disastro?
-La morte, Herr EJ.
Ripensò che quel problema l'aveva avuto suo figlio sei anni prima, quando aveva 33 anni. EJ ne aveva appena 47 di più.
-E se non facessi niente? Voglio dire niente eparina, niente catetere e rimanessi così?
-Potrebbe andare ancora avanti per anni, oppure capitarle un ischemia o forse più d'una. Se non assume nemmeno eparina il rischio esiste.
-Devo pensarci, professore.
Gonska gli diede un biglietto da visita col numero del suo cellulare.
-Mi telefoni quando avrà deciso.
-Lei esclude che quel foro possa suturarsi da solo?
-Solo il 15% delle possibilità che ce la faccia da solo.

EJ uscì nel sole del primo pomeriggio non più incazzato. Una calma terribile gli aveva invaso le vene come un liquido gelido.
Guidò piano la macchina sull'autostrada. Prima di imboccare il ponte sul Reno uscì dallo stradone e andò a parcheggiare in riva al fiume. Ne percorse una riva andando controcorrente. Non riusciva a pensare a niente. Arrivò fin quasi all'imboccatura del porto fluviale.Tornò indietro osservando la lama del sole che riluceva sulla cresta delle onde che scendevano veloci.
Questa è la vita, pensò EJ; c'è un'andata e c'è un ritorno.
Tirò fuori dalla tasca della giacca il suo cellulare e digitò il numero del professor Gonska.
-Ho deciso: vado avanti così, come il Vater Rhein, senza ripensamenti, inseguendo il mio destino.
Richiuse il contatto e accelerò il passo.Non aveva mangiato niente dalla sera avanti ed era ora che mettesse qualcosa sotto i denti.


9 commenti:

  1. Risposte
    1. Assolutamente. Il mio medico è d'accordo. Lui mi segue da tanto. Io sono di un parere: meno ti entrano dentro e meglio stai. A mia madre diagnosticarono questo pericolo a 42 anni: effettivamente è morta per ischemia, ma 46 anni dopo. Mio fratello ha avuta la prima a 60 anni, molto leggera. Quelle che lo hanno ucciso aspettarono 21 anni. Ignoro per le cugine. Comunque preferisco così. Non me ne preoccupo, ho questa bella virtù, non ho paura di quel che mi riserba la notte e poi l'indomani. Se ben ci pensi viviamo tutti in continuo pericolo di vita per mille ragioni. Occorre non fasciarsi la testa prima di averci centrato l'albero. Io ci riesco.
      Comunque grazie per il tuo interessamento.

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  2. Be', direi che 15% è già un numero abbastanza grande su cui scommettere. (Non mi prenderei mai la responsabilità di consigliarti io, ma visto che la pensiamo uguale...)
    E consolati: grazie al fatto di vivere in un Paese Civile, l'incazzatura è arrivata SOLO all'Everest: fossi dalle nostre parti, starebbe già in zona Nettuno o Plutone, per l'odissea che ti sarebbe toccata... :D

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    1. Purtroppo rimane un 85% che è 5,66 volte superiore alla percentuale di probabilità favorevoli. Troppo per scommetterci, Nick. Mentre passeggiavo sulla vetta dell'Everest ho pensato a cosa mi sarebbe capitato se fossi stato nella patria comune e mi è venuto da ridere. Tu pensa che io da venerdì sette marzo a martedì undici marzo avevo risolto il problema delle analisi e delle visite. Nello stesso tempo in Italy un fumatore medio fuma cinque pacchetti di sigarette e un medico di ospedale mette un centinaio di firme su un centinaio di moduli, che poi si perdono per strada.
      Da vomitare!

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  3. Sarei arrivata alla medesima conclusione. Io sono io, non m'interessano le probabilità, pro o contro che siano.
    Cristiana

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    1. Grazie Cristiana, mi conforta la tua adesione. Non credo di essere matto, ma voglio essere me stesso, e rimanere tale con tutti i miei tanti difetti e i pochi pochissimi pregi, e fidarmi del mio intuito, come sempre ho fatto. Questo finché ragionerò con la mia testa e se un giorno mi rincoglionirò credo di avere dei figli in gamba, che hanno ricevuto gli esempi giusti dal padre loro e che quindi sarebbero in grado di fare la scelta la più possibilmente vicina a quella che avrei fatto io. Ci conto.

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  4. Se tu fossi mio padre credo che condividerei la tua scelta.
    Ho fatto la stessa cosa con mio padre quando ci fu da decidere.
    Chissà forse adesso sarebbe ancora vivo.

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  5. Se tu fossi mio padre credo che condividerei la tua scelta.
    Ho fatto la stessa cosa con mio padre quando ci fu da decidere.
    Chissà forse adesso sarebbe ancora vivo.

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    1. Grazie. Immaginavo la tua risposta, che mi conforta nella mia decisione. Se tu fossi stata mia figlia lo avrei chiesto solamente a te, non chiedermi il perché, ma credo che tu saresti stata in grado di darmi sicurezza. Ai miei figli non ho chiesto nulla, per non caricarli di una responsabilità grave.
      A proposito di rimpianti e di sensi di colpa: il mio terribile senso di colpa risale a 58 anni fa, quando non mi sono battuto come una tigre per evitare a mio padre l'operazione nefasta e perfettamente inutile cui lo sottoposero.
      Non ho fatto abbastanza. E non l'ho fatto anche perché il professore che lo ha operato -il migliore in Italia- era il mio insegnante di patologia polmonare e forse -questo ancora non l'ho scoperto e ho il terrore di scoprirlo- non volevo inimicarmelo per l'esame. Ma mai avrei creduto che sballasse l'intervento, mai e poi mai.
      Purtroppo mio padre ha vissuto 15 anni di inferno, morendo a soli 74 anni. Almeno altri dieci sarebbe vissuto e tutti gli ultimi venticinque senza problemi. Dopo 58 anni ancora mi sento in colpa.

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