mercoledì 22 dicembre 2010

SEGUITO DE "IL CUGINO ADOTTIVO DI K. M."

2.

La cosa comica fu, e tutte le volte che ci ripensava la trovava sempre più comica, che non si stupì affatto della coincidenza, perché non la considerò una coincidenza ma una logica conseguenza di eventi verificatisi negli ultimi mesi. Tutto era incominciato con delle cadute ridicole: ma perché proprio a lui che era sempre stato il più veloce dei suoi coetanei e anche di maschietti due o tre anni più vecchi di lui (il più veloce almeno nella scuola, tanto che il preside intendeva mandarlo alle selezioni regionali per il reclutamento di giovani atleti da avviare alla carriera sportiva), ebbene perché proprio al piè veloce John Cally era venuto in mente di doversi sempre affrettare per stare al passo con gli altri? Un'idea ben strana, che forse era un avvertimento di qualche cosa che stava per capitargli. E gli erano capitate infatti le cadute rovinose e la mezza frattura della tibia; come conseguenza era stato tradotto in un ospedale, che doveva per forza degli eventi essere un posto per soli soldati e futuri soldati. Di qui l'arruolamento forzato e il trasferimento in quel Battaglione. Perché stupirsi adesso se ritrovava lo spilungone senza un dente esattamente nel posto dove avrebbe dovuto incontrarlo?
John Cally Filiput sentiva che c'erano un sacco di cose che doveva raccontargli e così ricominciò a parlargli di continuo, e questa volta gli sembrò che una specie di sorriso avesse preso forma sulle labbra del tedesco. Gli parlava a colazione, a pranzo, a cena; gli parlava durante le marce, nel mezzo delle esercitazioni militari, mentre sfilavano in parata, perfino durante i tiri col fucile al poligono, e qui doveva strillare perché Kurt Marx lo arrivasse a sentire; continuava anche dopo che era suonato il silenzio, anche se doveva abbassare la voce quasi a un sussurro per non disturbare chi aveva sonno, ma soprattutto per non farsi beccare dal sottufficiale di servizio. Ogni tanto qualcuno nella camerata sacramentava, ma Kurt Marx non si lamentava mai, mai protestava e lo ascoltava con occhi sgranati pieni di interesse senza mai aprir bocca.
-Ti sto dicendo tante di quelle cose che agli altri basterebbero per due vite intere, e se tu le potessi riscrivere tutte di seguito penso che ne verrebbe fuori un romanzo di quelli che si vendono bene, gli disse un giorno. Ma adesso viene la parte più difficile: domani ci imbarchiamo per l'Europa e là dovrò parlarti più in fretta che potrò perché dovremo stare attenti alle pallottole che ci spareranno addosso i tuoi paesani.
Si morsicò la lingua per essersi lasciato scappare fuori quella battutaccia. Lo guardò di sottecchi, ma non gli vide apparire sulla faccia nessuna smorfia. La bocca di Kurt Marx rimase serrata.
Nei dodici giorni di mare tra New York e Le Havre, in acque troppo mosse a suo giudizio, John Cally Filiput fu molto impegnato a mangiare e vomitare, rimangiare di corsa e rivomitare immediatamente, e di nuovo rimangiare per poter nuovamente rivomitare come gli era stato raccomandato da alcuni vecchi marinai durante le operazioni di imbarco.
-Mai rimanere a stomaco vuoto, ragazzi. Mettetevi nei pressi della cambusa e mangiate di continuo, qualsiasi cosa, non importa cosa tanto la risputate in fretta. Questa è la regola d'oro per non soffrire troppo il mal di mare.
Arrivati nel porto francese John Cally Filiput pensò che la regola nel caso loro aveva funzionato egregiamente, ma gli dispiacque di non aver avuto il tempo e la voglia tra un conato di vomito e l'altro di commentare dovutamente quel viaggio insidioso e dondolante che lo riportava nel continente dei suoi antenati una settantina di anni dopo che il padre di suo padre, Giovanni Calogero di cui portava il nome, si era imbarcato a Genova a bordo di un tre alberi scozzese con una valigia di cartone pressato e una sacca di tela grezza con dentro le quattro cosucce che possedeva. Lui ci sbarcava adesso con una divisa da fante nuova nuova, che una bella ragazza della Sussistenza gli aveva stirato fresca fresca prima di portargliela in caserma a Richmond. Lo aveva abbracciato e baciato con veemenza, piangendo come una vite tagliata ed era fuggita via lasciandogli le gote bagnate dalle sue lacrime e sul torace il tepore dei suoi seni, che ci aveva tenuti premuti con forza.
-Guarda Kurt quante francesine sono arrivate a portarci fiori, gli aveva detto mentre scendevano la passerella in fila indiana. Fai un sorriso a queste belle pupe, dobbiamo sfruttare tutte le occasioni.
Ma "il tedesco" era rimasto muto e impassibile come sempre; aveva guardato le fanciulle in festa con una espressione truce come quella che dovevano avere i suoi avi quando scorrazzavano nelle pianure d'Europa portando distruzione e terrore nei tempi bui del medio evo. Durante il periodo di addestramento a Richmond aveva incominciato a lasciarsi crescere i baffi, che adesso aveva folti e spioventi e che gli davano proprio un'aria marziale.
Kurt faceva bene a tenere la bocca chiusa, pensò John Cally, perché quel buco nero che si apriva nel mezzo avrebbe guastato inesorabilmente il suo aspetto da guerriero antico. Invulnerabile, pensò John Cally, ecco come sembra; invulnerabile e predestinato alla vittoria. Gli starò sempre vicinissimo, così mi cadrà addosso un po' della polvere dorata del suo immancabile trionfo.
Ma l'unica polvere che in gran quantità gli toccò di ingoiare fu quella degli innumerevoli camminamenti scavati dai soldatini francesi nelle retrovie per portare ordini e contrordini alle truppe di prima linea.
Per un periodo di tre o quattro settimane toccò sempre alla bella coppia formata dal "tedesco" e da John Cally Filiput portare dispacci e lettere sigillate: John Cally portava sotto la camicia, a pelle, gli ordini del Generale ai comandanti dei reggimenti mentre Kurt gli faceva da scorta; al ritorno Kurt Marx portava lui a pelle le risposte dei colonnelli comandanti e John Cally Filiput gli faceva da scorta, da buoni fraterni amici, e tutto filava via liscio, ma era una cosa assai pericolosa, perché a parte le granate tedesche che in quel tratto di strada fioccavano, dovevano stare bene attenti a non farsi scivolare fuori dalla camicia quei preziosi documenti, ché altrimenti sarebbero andati a finire davanti a un plotone di esecuzione. Perciò erano diventati tristi e taciturni, cioè John Cally Filiput era diventato triste, ché Kurt Marx lo era per natura; taciturno poi poteva diventare solo John Cally, ché "il tedesco" doveva essere muto per dote congenita. Dover tacere però faceva star male il povero John Cally più di un attacco di dissenteria. Per questo gli sembrò di riprendere vita quando nel tardo autunno di quell'anno il 122° Reggimento fu trasferito sul fronte belga.

3 commenti:

  1. Spassoso quel mangiare e vomitare lungo la traversata, anche perché sono perfetti i tempi e i ritmi con cui lo dici...

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  2. *Nik- lo so per esperienza diretta. Un massacro, credimi.

    *Silvia-...aspetta, no!

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