martedì 9 marzo 2010

7200 PASSI ALL'ANDATA, ALTRETTANTI AL RITORNO

Qui in Cruccolandia bisogna prenotare telefonicamente o di persona tutto: le ricette dal medico, i giornali dal giornalaio, il pane dal panettiere, i fiori dal fioraio e la carne dal Metzger, dal macellaio -cinque bistecche alte un dito senza osso; in tutto un chilo e mezzo, per domani. Ok, Herr Iacoponi. Le vuole di mattina o di pomeriggio? A che ora di mattina? Domattina alle nove? Ho un altro impegno. Allora domani pomeriggio alle quattro. Ok, Herr Kustermann- perfetto! La folle ed assoluta precisione teutonica.
Questa mattina alle otto e mezza dovevo lasciare la mia macchina all'officina per un Grundreinigung, un lavaggio totale, fuori e dentro, compresi i vetri, gli specchietti e la cera sulla carrozzeria. Alle otto meno dieci sono già immerso nel traffico per superare il ponte sul Reno (ottocento metri circa per cui occorrono non meno di 15 minuti, se qualche vecchietto bavoso non si mette di traverso). Puntuale come un crucco entro nell'area dell'officina con un minuto di anticipo.
Guten Morgen, ho un Termin fra mezzo minuto.
Controllo dell'addetto alla ricezione e successivo sorrisone di accoglienza: il signore è nella lista ed è puntuale. Lascio la chiavi e pongo la logica domanda: Quando passo a riprendermela?
Alle quattordici.
Ohibò! Ed io che pensavo in una cosuccia da un'ora. Siamo a più di cinque chilometri dal centro e non mi par di avere sufficienti spiccioli in tasca, solo due fogli da 50 euro. Nell'automatico del Tram non vanno più di 20 euro e non mi pare di vedere locali aperti nelle vicinanze.
Ma questa è la vita. Dovrò farmela a piedi. Il cielo è sereno da incanto, ma la temperatura è bassissima e tira un vento gelido e insistente.
Ce la faccio, ce la faccio, sono ancora giovane e forte; sono un camminatore eccezionale.
Parto e mano mano mi rendo conto che sgambettare sul suolo ghiacciato non è come andare sui prati nel mese di maggio. Sul cavalcavia il vento mi spinge da dietro come un TIR: mi aiuta nel tratto di salita, ma mi costringe a frenare in discesa, perché vedo per terra brillare tutto il ghiaccio che si è accumulato stanotte, e ci mancherebbe anche che scivolo, perché sfigato come sono in questi ultimi tempi mi scasserei l'ultima gamba sana che mi è rimasta.
Penso che sto camminando da un sacco di tempo e che devo ancora trovare un negozio aperto in questa zona periferica. Sono una delle poche anime in circolazione a piedi, tutti in macchina che sfrecciano via senza degnarmi di uno sguardo. Chissà quanti chilometri ho fatto. Forse è meglio se me ne vado a casa di mio figlio. Lui lavora, anche sua moglie, ma i bambini ci sono e c'è pure di sicuro l'altro nonno, il mio collega.
Affronto stoicamente l'assalto dei due piccoli indiani, senza difendermi perché completamente sfiatato. Luigi mi offre un caffè, mai tanto gradito e benemerito. Ci facciamo un mare di chiacchiere in non so più quale dialetto, mentre gli indiani scorrazzano ululando in totale libertà.
Alle 12 il pasto delle fiere: grazie a Dio quei due ingozzano tutto allegramente senza fare storie. Poi cambio dei pannolini e, finalmente, a letto con un po' di pace per i due nonni.
Alle 13,30 saluto il collega e mi rimetto in movimento. Questa volta ho deciso: conterò i miei passi per fare un calcolo approssimativo della distanza.
Sul cavalcavia questa volta il vento ce l'ho in faccia in salita e in discesa e faccio un mazzo grosso così ad arrivare alle prime case dove trovo un po' di riparo.
Quando metto piede nell'area dell'officina e vedo la mia auto, brillante di nuova vita e colore, ho contato appena il passo numero 7200. Minchia!
È tutto già stato pagato da mia nipote Cristina e dal suo ragazzo. Il loro regalino per il mio compleanno; che carini, dopo tutto si tratta di 89 euro, che io col cavolo avrei speso.
Ringrazio, mi riguardo beato la creatura sbocciata a nuova vita; entro, risposto il mio sedile, metto in moto e parto.
C'è qualcosa che non mi convince: questa mattina la lancetta del carburante stava sul pieno, adesso è una tacca avanti. Le ultime tre cifre sul contachilometri sono 782. A casa controllerò, perché io quasi ogni sera segno lo stand dei chilometri. Una vecchia abitudine.
Però, una bella soddisfazione girare con una macchina che luccica al sole, non lorda di sporcizia come quella di questa mattina. A casa mi incazzo come una bestia: ieri sera il contachilometri si era fermato a 620. Aggiungendo i 15 chilometri per arrivare all'officina fanno 635. Qualcuno è andato a spasso con la mia macchina per 145 dannatissimi chilometri, mentre io facevo in tutto 14.400 passi come un cammello sull'asfalto ghiacciato.

3 commenti:

  1. ...non ci credo!!! nel paese della precisione e puntualità ci sono anche di questi furbettini del quartierino!!!! tutta la mia solidarietà!
    p.s. ma lì non avete il corrispettivo del nostro tanto vituperato Gabibbo??!!??

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  2. suvvia, era solo un giretto di prova per verificare che tutto funzionasse alla perfezione.
    Un classico.
    Tu, piuttosto, avresti dovuto farti trovare lungo il tragitto, e mettere fuori il pollicino, chissà mai che ne avresti guadagnato un passaggino.
    ... segni i chilometri??? no!!! come il marito geloso che controlla gli spostamenti della moglie! ma che ridere!!! è proprio vero che ognuno di noi ha le proprie fissazioni!!!

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  3. ANDRE: A Roma, parafrasando un vecchissimo proverbio italiota si dice che i figli di zoccola stanno ndè la panza de le su matri tre mesi e so già fatti.
    LO faccio io il Gabibbo. Domani mattina torno là perché hanno anche il distributore della ESSO: io rimbocco il carburante fino al pieno e nun lo pago manco si se sbatte pe tera come 'na quaja.
    FUMA: ridi ridi, ché mamma ha fatto li gnocchi!
    Fissazioni le chiami? Prova ad avere due figli maschi oramai maggiorenni che ti chiedono la macchina ogni sera "Tanto tu stai a casa davanti alla TV" Risposta: "Per arrivare a Karlsruhe ci sono solo 15 chilometri; per due fanno 30 e poi non più di dieci chilometri per giretti, fanno 40" Ero un padre generoso, ma non fesso. L'abitudine mi è rimasta, e qualche volta funziona ancora per non farsi prendere per il culo dal primo crucco di passaggio.

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