mercoledì 10 marzo 2010

POCHE PAROLE MA BUONE

Le parole, si sa, sono importanti....Possono essere vere o false, oneste o ambigue, rassicuranti o inquietanti. Puoi decidere se sputarle fuori intatte, con gli spigoli, o succhiarle come caramelle, prima, per levigarle.
Queste bellissime parole, targate "originalità di espressione" e scritte da Fuma 62 in un suo recente post, mi permetto di prendere in prestito come incipit sontuoso del mio breve pezzullo odierno. Perché ci azzeccano con quanto capitatomi ieri, che mi ha costretto a fare una veloce riflessione, e cioè: esistono parole, che, anche se impropriamente usate, riescono a raggiungere con la loro immediatezza e stringatezza l'obiettivo di realizzare una intera concezione di vita, con contemporanea opposizione alla concezione di vita altrui, quello che oggidì viene chiamato razzismo, o meglio, negazione dei diritti delle minoranze.
Ohibò! Sento già Fuma saltare in piedi col ditino proteso verso di me: "Tu mi avevi promesso che non ti saresti mai più occupato di politica, e adesso questo."
Calma, calma gente, che vi racconto.
Ieri mattina, al termine dei miei primi 7200 passi sono arrivato con la lingua di fuori a casa di mio figlio Federico. C'erano solamente i due gemellini, Alessia e Fabio, e l'altro nonno a far da sentinella. Superato con stoicismo l'assalto di quei due meravigliosi farabutti, mi sono seduto, ho accettato un buon caffè per ridare calore al sangue, visto il freddo che mi ero cuccato, e mi sono per così dire rimesso un po' in linea di galleggiamento.
Mentre parlavamo con Luigi del più e del meno, i due gemelli si davano da fare per occupare le migliori posizioni sul divano per vedere alla TV il loro programma di cartoni animati. Mezzora in tutto e poi via di nuovo a urlare per tutta la casa.
Ad un certo punto è scoppiato un fiero certame per la conquista di un pupazzetto di pelouche: Fabio ha avuto la meglio ed è immediatamente corso a mettersi al riparo, lui maschio, tra i maschi adulti. Ma non aveva fatto i conti con l'ostinatezza di Alessia, o forse proprio per quella era arrivato sparato, chi lo sa? Fabio deve aver pensato che lei potesse anche aver ragione a volerne una parte. Ha capovolto infatti il pupazzetto mettendo in mostra la parte che di solito non si vede mai, quando il pupazzetto resta dritto in posizione normale. Evidentemente già l'avevano rotto in precedenza, perché usciva fuori del materiale strano, come carta stagnola, da una fessura. Fabio ha incominciato a tirar fuori questo materiale parlando con sua sorella in modo molto sobrio e niente affatto alterato, dando fondo a tutto le sue conoscenze della lingua italiana. Ne è uscito fuori un colloquio di questo genere.
Fabio, porgendo ad Alessia il materiale estratto dal pupazzetto: "Cacca"; come a dire questa è roba tua.
Alessia, raccogliendo la carta stagnola e indicando il pupazzetto: "Mio"; come a dire quando mi dai il resto?
Fabio, dandole un altro pezzetto di carta stagnola: "Cacca"; come a replicare solo questo ti compete, che altro cerchi?
Alessia, raccogliendo anche il secondo resto e continuando ad indicare il pupazzetto: "Mio"; che vorrebbe dire, se mi dai solo la cacca a me non sta bene.
Fabio, ricominciando a tirar fuori altra carta stagnola: "Cacca"; detto in tono imperioso guardando nonno Enzo e nonno Luigi, come a dire non vedi che noi siamo in tre? Cosa vuoi tu pisciona?
Alessia, alzando il tono e quasi gridando: "Mio, mio", che stava a significare se non mi dai il pupazzetto vedi tu quello che succede qui, minimo un carosello.
Fabio, gridando ingrugnatissimo e sbattendo addosso alla sorella un altro pezzo di stagnola: "Cacca, cacca", che voleva dire in modo inequivocabile la porcheria è tutta la tua e vai fuori dalle scatole.
Alessia, radunando nel pugno tutti i pezzetti di stagnola e sbattendoli in faccia a Fabio: "Cacca, cacca, cacca", che significa in linguaggio infantile se non vuoi darmi il pupazzetto allora tienti la tua merda str....
È finita che abbiamo dovuto intervenire e dividerli perché la discussione era diventata rovente e rischiava di degenerare in rissa.
Vedi Fuma l'importanza della stringatezza dei concetti? Con due parole elementari come "cacca" e "mio" la popolazione infantile può esaltarsi e deprimersi, proprio come certi Catoni di casa nostra, che non è che conoscano poi parole migliori di quelle usate dai miei nipotini, o che ne facciano un uso migliore, ma non con la stessa sincerità e serietà, me paresse.

2 commenti:

  1. Bellissimi i tuoi nipotini, e che tenerezza pensare che fossero accuditi dai due nonni!
    Ho il sospetto che abbiano preso lezioni di linguaggio dal nonno italiano: cacca, mio, mio, cacca. Oppure che ci sia una predisposizione genetica al turpiloquio.
    Dai, non prendertela, scherzo, mi è venuta proprio spontanea, non riuscivo a tenermi le parole in bocca.
    A quest'ora ti scordi che mi metto a pensare alla politica (che poi, scusa, per me puoi parlarne quanto vuoi, mica ti ho messo il veto)
    La serietà dei bambini: è un bell'argomento, da farci un post.

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  2. Il veto me lo sono messo da solo, te lo sei dimenticata? Per non entrare in rotta di collisione con te su argomenti tutto sommato futili, perché né io né te, purtroppo, possiamo cambiare -migliorando o peggiorando non si sa-proprio un bel niente. Allora? Allora volemose bene e famese sto piatto de tajatelle ar sugo.
    La serietà dei bambini è proprio un bell'argomento. Ti ho fatto un assist, fallo tu sto gol, che sai trovare così bene le parole morbide.

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