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Riprese conoscenza mentre qualcuno gli scaraventava secchiate di acqua fredda sulla faccia. Gli avevano tolto la catena e adesso non gli gettavano più acqua addosso.
-Tirati in piedi, pezzo di merda, e spogliati nudo, gli gridò un carceriere.
-Faccia alla rete, gli urlò un altro. Allarga le gambe, alza le braccia e non ti muovere più fino a mio ordine.
Eseguì senza fiatare.
Uno starter gracchiò un paio di volte. Il getto violento di acqua bollente che lo investì alle reni fece vacillare l'uomo nudo, che dovette aggrapparsi alla rete metallica addosso alla quale si era appiattito.
L'acqua lo frugò dovunque, salendo e scendendo dai calcagni alla nuca e viceversa.
-Girati adesso! Schiena alla rete, gambe divaricate, braccia in alto.
Quando finì l'uomo nudo scivolò lungo la rete metallica come una vescica che si affloscia. Fu strattonato e infilato a forza dentro una tuta asciutta. Due uomini lo afferrarono per le braccia e lo trascinarono via, riportandolo nella stanza da dove era partito.
*
Non li sentì arrivare, ma i suoi aguzzini erano nella stanza, in molti, almeno in tre.
-Ti facciamo ascoltare una registrazione, disse l'accusatore. Ti avverto che non la riconoscerai subito, ma è la voce della tua compagna, quella che era con te la notte del 2 febbraio.
-La tua compagna è morta, aggiunse la voce metallica della donna, che il prigioniero immediatamente riconobbe. È riuscita a crepare prima di dirci tutto quello che sapeva, la tua puttana. Ma tu completerai tutte le lacune, ci puoi giurare.
"È una trappola, pensò il prigioniero; mi vogliono fregare con questo vecchio trucchetto. Ma non sanno che io la conosco perfettamente la voce di Shari".
Sentì lo scatto secco del play, poi il fruscio del registratore che si avviava. Dopo alcuni secondi gli arrivò un lamento fioco, poi un altro e qualcosa mormorata sommessamente.
Un sordo rumore di fondo si materializzò per quello di un rotore che aumentava di velocità, e l'essere sottoposto a quella tortura urlò, poi singhiozzò ed erano urla e singhiozzi di donna, di una donna agonizzante.
A un tratto con voce fioca, spezzata, cominciò a parlare: parole corte, staccate le une dalle altre, una ventina in tutto, poi la voce si spense.
-Hai riconosciuto la tua amica? Gli chiese l'accusatore.
Forse era la voce di Shari, forse no. Comunque proferiva parole in russo, e Shari era russa.
-Ho ancora dell'altro da farti ascoltare, disse l'accusatore.
Di nuovo il rumore del rotore che aumentava di velocità, di nuovo urla e singhiozzi, poi, quando il rumore del rotore si affievolì, Shari ricominciò a parlare, lentamente ma chiaramente in russo, recitando qualcosa mandato a memoria diligentemente. Questa volta il prigioniero riconobbe con sicurezza la voce della sua sorella di lotta: era Shari, senza ombra di dubbio, e stava morendo.
-Quello che ha detto è stato tradotto: si tratta dell'inizio del primo capitolo del secondo Tomo de "Le anime morte" di Gogol, ma qui hanno certamente un significato particolare che tu ci spiegherai, non è vero? Noi siamo convinti che la tua amica prima di schiattare ti abbia inviato un messaggio. Ti lasciamo un po' di tempo per riflettere, poi ci dirai tutto.
Sentì che uscivano lasciandolo solo, e piombò nella disperazione più nera.
*
Disperarsi però poteva servire solamente a spalancare le porte dell'inferno. Doveva invece ragionare e reagire velocemente, perché non gli avrebbero concesso molto tempo per farlo.
Shari non gli aveva lasciato messaggi, come pensavano i suoi aguzzini, ma lui sapeva quello che Shari aveva fatto: si era rivolta al mito della sua fanciullezza, a quel Nicolaj Gogol che lei adorava, recitandosi brani de "Le anime morte". Si era rifugiata in un mondo virtuale, tuffandovici dentro anima e corpo, e mentre si estraniava da quello reale si rendeva inattaccabile e inaccessibile a tutti.
"Divento un'altra, gli diceva; mi trasformo in un guerriero antico e supero ogni ostacolo. Se un giorno dovessero catturarmi io mi difenderei così dalle loro torture: diventerei indistruttibile. Dovresti provare anche tu".
Ma lui ricordava solamente alcuni brani dell'Iliade.
"Se non ricordi bene puoi sempre inventare, gli aveva ribattuto Shari; alla fantasia non c'è limite alcuno, l'importante è che tu entri nel romanzo o nel poema non solo con la mente, ma con le scarpe, la maglietta e i pantaloni. Mi hai capito? Insomma, aveva concluso, devi riuscire a vivere dall'altra parte insieme coi tuoi personaggi, qui da noi basta che tu continui a respirare".
"Devo provare a imitare Shari", pensò; doveva uscire dal suo corpo, che ne facessero poi quel che volevano.
*
Non li aveva sentiti entrare, ma annusò il lezzo del loro sudore. Si catapultarono su di lui sollevandolo di peso e trascinandolo via. Una porta fu spalancata con stridore di cardini non oleati. Forse quella porta da molto tempo non veniva aperta.
Lo fecero inginocchiare e sedere sui talloni.
-Hanno pensato che per meditare hai bisogno di assoluto silenzio, disse uno dei carcerieri; così adesso ti metteremo nelle orecchie un bel paio di tappi di gomma nuovi nuovi.
Gli mise il primo tappo, spingendolo dentro a forza, e gli infilò il secondo tappo spingendoglielo dentro con ancora maggiore violenza.
Finalmente fu solo insieme al silenzio della sua anima.
"Potrei solamente impazzire, pensò, e sarebbe la liberazione".
Ma non poteva far altro in quella condizione che tentare di attuare il metodo di Shari.
Raschiò dal fondo dei ricordi. Aveva difficoltà a recuperare un paio di versi coi quali dare inizio alla sua declamazione muta. Cercò di localizzare nel poema il punto preciso che cercava: il duello tra Ettore e Achille. Ci provò tentando di formulare una prima frase, ma vacillò la memoria.
Intanto però incominciava a vedere le mura di Ilio. C'era tumulto di guerrieri in fuga, atterriti, che tentavano di rientrare in città, che si urtavano, si calpestavano, terrorizzati da Achille che stava arrivando dopo averne massacrati tanti. Le porte vennero richiuse con vigorose spinte. Ecco, sono tutti in salvo; soltanto Ettore è rimasto fuori: appoggia lo scudo e la lancia ai massi delle mura e pensa allo scontro imminente e decisivo.
"E Achille gli fu vicino".
"Come lo vide Ettore prese spavento, non seppe più attenderlo fermo, si lasciò dietro le porte e fuggì; si slanciò pure il Pelide fidando nei piedi veloci".
Non gli vennero in mente altri versi, ma vide i due che si scagliavano contro e vide Ettore cadere. Adesso egli giace ai piedi di Achille, e improvvisamente scompaiono le immagini delle mura e delle torri marmoree di Ilio, e le immagini dei cadaveri insepolti nella vallata; rimane un paesaggio deserto e brullo, quasi incolore. In mezzo stanno ancora i due eroi, l'uno eretto e vincitore, l'altro disteso ai suoi piedi sconfitto e morto, immobili come due statue.
D'un tratto Achille ritira la lancia dalla ferita di Ettore e la posa a terra insieme allo scudo. Si china e aiuta il caduto a risollevarsi da terra. Si alza Ettore e scuote la polvere dalla sua armatura. Cerca la sua lancia. Si accosta ad Achille e gli mormora qualcosa in un orecchio. L'altro gli indica lontano la lancia conficcata al suolo. Ettore va a raccoglierla e la porta vicino al suo scudo. Si toglie l'elmo piumato mentre Achille fa altrettanto. Sembrano due attori protagonisti di un film, che hanno appena terminato di girare una scena e ne fanno i commenti.
Si volgono verso il prigioniero.
-Sei pronto, uomo? Gli urla Ettore.
Il prigioniero non osa nemmeno respirare, mentre un gelo improvviso gli serpeggia nelle vene.
-Mi sembri sorpreso, uomo, gli grida Achille.
-A me sembra morto di paura, aggiunge Ettore.
-Svegliati uomo, incalza Ettore; siamo qui per te.
-Ci hai chiamati tu, aggiunge Achille, e adesso ci tratti così?
-Vedi che non può parlare, osserva Ettore.
-Dì piuttosto che non vuole parlare, replica Achille.
-Non si fida di noi, pensi tu? Chiede Ettore.
-Non si fida di se stesso.
-Non occorre che tu parli, né che pensi di parlare, grida Ettore al prigioniero.
-Noi adesso ci mettiamo in cammino e veniamo lì dove sei tu, dice Achille. Occorrerà un po' di tempo, ma arriveremo, non avere dubbi.
-Su col morale, gli grida Ettore; non ci metteremo tanto a raggiungerti.
-E non ti chiedere se siamo veri oppure un tuo sogno, aggiunge Achille ridendo; pensa che noi siamo la tua unica speranza, pensa solo questo e fai almeno finta di essere contento.
"Vi attendo con ansia, pensò di rispondere il prigioniero. Volevo intendere che non vedo l'ora di vedervi arrivare".
-Così va molto meglio, uomo, gli grida Achille di rimando; ci mettiamo subito in cammino.
Il prigioniero li vide raccogliere le armi e gli scudi. Si misero in cammino di buon passo, scherzando tra loro. Scomparvero alla sua vista come risucchiati da una parete di nebbia.
Un groviglio di pensieri e di incubi iniziò a turbinare nella mente del prigioniero. Vedeva spettri e ne ascoltava le voci: si era trattato di sicuro dell'inizio del suo crollo. Stava insomma uscendo di senno. Meglio per lui. Fra poco sarebbero tornati e lo avrebbero torturato. Esiste un limite si sopportazione alla sofferenza fisica, ma lui non conosceva il proprio, non era mai entrato in quel tunnel e non aveva idea di come se ne uscisse.
-Siamo più vicini a te, uomo, gli grida Achille.
Erano ricomparsi all'improvviso: camminavano fra dune di sabbia. Il prigioniero aveva subito pensato che si trovassero in un deserto, ma poi aveva sentito il rumore della risacca, gli era arrivato alle narici l'odore aspro e salmastro del mare.
-Siamo su una spiaggia, gli conferma Ettore; adesso c'è da attraversare l'oceano.
Scomparvero nel nulla lasciando il prigioniero in un limbo tra gioia e dolore, un limbo di incertezza.
Non so che cavolo gli pigli ogni volta a sta scatola di merdacchia!
RispondiEliminaLo metto in un modo e mi viene in una altro, poi alla fine mi vengono i caratteri che avevo acelto io.
Evidentemente i caratteri si adeguano alla capoccia dello scrivente: ci deve essere qualcosa di Faul, di fasullo in questa capoccia qui sopra il mio collo.
Fate finta di niente: sono troppo pigro per riscriverlo.
Enzo, il testo lo copi e incolli da un tuo file precedentemente scritto o lo scrivi direttamente nel campo riservato alla pubblicazione dell'articolo? Se lo copi, non incollarlo direttamente, altrimenti mantiene la formattazione da dove lo prelevi. Incollalo prima su "Blocco Note" (programma apparentemente stupido ma molto potente in alcune sue funzionalità) e poi da li lo copi di nuovo e lo incolli nel campo del tuo articolo e vedrai che non avrai più questi problemi ed il carattere sarà uniforme e quello di default da te scelto. :)
RispondiEliminaSpero di essermi spiegato, sono un pò cotto ed è tardi. Ripasso domani. :)
Ciau. :)))
LeNny.
**Lenny- Il guaio è che io scrivo direttamente nel campo riservato alla pubblicazione. Una volta scelto il default e impostata la pagina inizio a scrivere fino alla fine, senza fare alcun cambiamento di marcia o di carattere. Per questo non ci capisco niente quando questo succede -ed è già la seconda volta-; oppure non capisco quando, dopo aver scelto la grandezza dei caratteri, che io vorrei ben leggibili per non costringere i miei lettori a sforzi oculistici, me lo ritrovo pubblicato SEMPRE con caratteri piccoli.
RispondiEliminaSapevo di non essere un asso in materia, ma non credevo di essere un idiota. Comincio a
ricredermi.
A prescindere, ti garba il racconto? C'è chi scappa perché troppo violento.
Troppo? Avete letto qualcosa su Guantalamo, amici? Oppure quello che è successo, con tanto di abusiva documentazione fotografica -sti pirla- e di pose da trionfatori, in una prigione irachena? Mi sono ispirato alla realtà, filtrando al massimo l'orrore.
Allora: ti piace?
Ciau, ciau. :)))
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaTerribilmente crudo, terribilmente vero, terribilmente bello. Meraviglioso questo affiadarsi disperatamente alle parole degli scrittori e dei poeti per trovare l'impossibile forza di resistere nella prova più estrema, truce, dolorosa, spaventosa, inumana.
RispondiEliminaIo non sono un amante delle scene cruente, ma qui non sono gratuite, sono reali e al tempo stesso "esplorate" con talento di scrittore. Non credo che si possa scappare via di qui per la violenza, devi solo dare più tempo per assaporare le tue bellissime cose. Io sono stato felicissimo di trovarlo e di dedicartelo adesso, amico e collega mio, ma quasi restavo spiazzato dal fatto che c'è già la terza fetta. I fedelissimi come me LeNny e Silvia ti seguiranno lo stesso, ma secondo me con più pazienza invece di tre ne conquisteresti 30 o 300, come i tuoi scritti meritano. Chi ti corre dietro, mon ami?
Naturalmente non ho la presunzione di insegnare nulla. Però io ad esempio se un racconto è lungo ce lo lascio una settimana, per dare tempo a tutti, anche a chi è impegnato oppure segue cento blog al giorno. (E' vero che le cose su un blog rimangono comunque, ma è anche vero che quando non sono più lassù in prima posizione per molti lettori è come se fossero state "scalzate", levate, archiviate, messe via. Ed è un peccato.)
Hey, non è un rimbrotto, solo mi ritengo abbastanza Amico da dire qui tutto ciò che mi passa per la testa.
E la cosa principale che mi ci passava dopo aver letto, era comunque quest'ultima: BRAVO, ENZO! E GRAZIE!
**Nik- Hai ragione tu, ed è la seconda volta che me lo dici. Io non sono frettoloso, sono decisionista -ammesso che si possa dire così, ma oggi si dice tutto e il contrario di tutto, comunque mi hai capito- nel senso che quando faccio una cosa la voglio vedere finita al più presto.
RispondiEliminaMa questo è un racconto e sarebbe meglio che io dessi retta a te, che sei mio amico e uno splendido scrittore, e farmi una ragione della mia assenza di calma. Io non ero così una ventina di anni fa, me la pigliavo comoda, sempre, facendo incazzare sistematicamente mio padre, che mi voleva più attivo.
Ci ho fatto una riflessione profonda e mi sono spaventato: vuoi vedere che arrivato alla mia età mi sono fatto prendere dal tremiggio di non farcela a concludere?
Che sia la fifa fottuta di crepare prima di aver toccato un traguardo?
Quella fretta che era venuta addosso anche a mio fratello un paio di anni prima che mettesse le ali?
Ahi, ahi, ahi.
Giuro che il prossimo lo finisco in un mese.
Comunque grazie a te, amico mio, per il tuo appoggio e i tuoi opportuni consigli. Ciao.
Enzo, per quanto riguarda il "problema" della formattazione del carattere, non so più cosa consigliarti sinceramente, dovrei vedere cosa combini. :) Ti consiglierei di controllare nelle tue option come è impostato il tipo di carattere e la grandezza di default ed eventualmente di modificare il tutto dal pannello così da non cambiare nulla e toccare durante la stesura dell'articolo. :) Inutile che ti dica come risolvere adesso andando a controllare il codice html... Se non hai un minimo di conoscenza è meglio lasciar perdere. :)
RispondiEliminaPer quanto riguarda il racconto, posso solo dirti che come la maggior parte dei tuoi scritti, mi piace molto; anche se lo trovo molto "trucido" e violento ma indispensabile per narrare senza tanti fronzoli la verità.
E anch'io mi permetto di suggerirti di ascoltare il consiglio del mitico Zio Scriba: posta i tuoi racconti un pò meno sovente, soprattutto se sono molto lunghi. Capisco la tua voglia ma a volte si ottiene il risultato contrario. Considera che tutti abbiamo un'attività e i Blog amici, per quanto mi riguarda e come penso lo Zione, sono molti e seguirli tutti con una certa attenzione dedica del tempo; se devo correre per stare aggiornato è inevitabile lasciare qualche pezzo per strada.
Spero tu prenda anche il mio pensiero come un consiglio e non come un rimprovero.
Ora passo a leggere la terza parte, heheheh.
Ciao. :)
**Lenny- Quando parla un amico io sto a sentire e prendo nota. Avete ragione tu e Nik, solo che io quella semplice considerazione non l'avevo fatta: devo dare tempo ai lettori di avvicinarsi.
RispondiEliminaPer quanto riguarda i caratteri vedrò di farmi aiutare da un amico di qui, che è certamente più in gamba di me.
Il soggetto era truculento: si tratta di Guantalamo.
Ho avuto per le mani -prima di scrivere il racconto- una relazione segreta di un paio di giornalisti crucchi che parlavano di Guantalamo come di un inferno. Secondo loro è molto peggiore di come la descriva io, che ho voluto dare una interpretazione forse surrealistica del tutto.
Comunque grazie di tutto, amico mio e soprattutto della tua assiduità.
Ciau. :)
Grazie a te, mi fa molto piacere. E poi sei tu che vieni da me e non io da te. :P
RispondiEliminaI feed sono una cosa utilissima e comodissima e ne faccio un forte uso anche dall'iPhone e per i commenti a cui ho partecipato. Se vuoi approfondiamo l'argomento. :)
Ciao.